Yasmine, salvata dalle acque come Mosè.

E’ una storia che pare richiamarne un’altra antichissima: quella di Mosè, salvato dalle acque del Nilo.

Ricordate? Il faraone aveva ordinato che tutti i figli maschi degli Ebrei fossero uccisi perché il popolo schiavo stava diventando troppo numeroso. Ma la madre di Mosè lo pose dentro a un cesto e lo affidò al Nilo e Mosè poté essere salvato e diventare il liberatore del suo popolo.

Nella storia linkata sopra si racconta non di un neonato maschio, ma di una bambina di 11 anni, salvata non dalle acque del Nilo, ma da quelle del Mediterraneo; al posto del cesto due salvagenti ricavati da gomme d’automobile; a salvarla non è stata la figlia del re, ma le braccia solidali dei volontari di una ONG.

Yasmine ha visto morire tante persone intorno a lei e solo una forza che sa di miracolo può averle consentito di resistere al freddo in acqua per tante ore, al buio, gridando per chiedere aiuto.

Avrà una famiglia a cui ricongiungersi? Troverà protezione adeguata nel nostro paese? Mi piace pensare che se si è salvata è perché è una bambina speciale con una missione speciale, che forse non sarà quella di salvare un popolo, ma certamente quella di farci vergognare, come europei, di non saper porre fine alle tragedie del mare …

P.S.: Ieri ho sentito che negli ultimi dieci anni sarebbero morte nel Mediterraneo almeno trentamila persone!!!

Ute: Tibet, storia di uno yogin: Milarepa -Don Lorenzo Milani

Tibet territorio remoto di alta montagna, dove si è affermato il buddismo (detto appunto tibetano o tantrico)

Il buddismo arriva in Tibet dopo mille anni circa dal suo sorgere. Prima c’era una cultura Bon (sciamanica): Il Buddismo viene accolto con entusiasmo dai tibetani.

Uno dei cardini del buddismo è la reincarnazione, ma forse è meglio parlare di rinascita: sono solo le particelle irrisolte della nostra vita che portiamo con noi nelle prossime vite.. I Buddisti non si chiedono da dove viene la nostra vita, ma si prefiggono di perseguire il distacco dalle cose materiali. Bisogna operare per migliorare se stessi e coloro che ci stanno vicino. Se si raggiunge il distacco dalle cose e dalle passioni umane, si può non rinascere e raggiungere il NIRVANA senza dover più tornare in questo mondo in cui bisogna convivere col bene e col male.

Nel buddismo tibetano c’è un capo spirituale: il Lama; l’ultimo vive in India dopo l’invasione cinese.

“Milarepa (1052-1135) è uno dei più celebri santi e maestri spirituali del Tibet, noto per la sua straordinaria trasformazione da un giovane che viveva nel peccato e nell’ignoranza a un grande yogi e illuminato. La sua vita è una testimonianza di pentimento, disciplina e realizzazione spirituale.

Milarepa nacque in una famiglia benestante, ma la sua vita cambiò drammaticamente dopo la morte del padre, quando sua madre e lui furono truffati da un parente. La madre, arrabbiata per la perdita della loro ricchezza, spinse Milarepa a cercare vendetta, e lui, per procurarsi il potere, si rivolse a pratiche magiche. Con l’aiuto di un maestro stregone, Milarepa riuscì a compiere vari atti di vendetta, causando morte e distruzione. Tuttavia, il senso di colpa per le sue azioni malvagie lo tormentava profondamente.

Deciso a cambiare, Milarepa si rivolse al maestro spirituale Marpa, il quale lo sottopose a duri e umilianti test per purificarlo dalle sue azioni passate. Milarepa dovette affrontare sofferenze fisiche e psicologiche, ma alla fine Marpa lo accettò come discepolo. Grazie alla sua ferrea determinazione, Milarepa ottenne la realizzazione spirituale e diventò un grande yogi.

Milarepa è anche famoso per le sue meditazioni in solitudine sulle montagne, dove cantava le sue celebri “canzoni di Milarepa”, che esprimono la sua profonda saggezza. Divenne così una figura di grande rispetto nel Buddhismo tibetano, ispirando generazioni di praticanti con il suo esempio di vita dedita alla purificazione, alla meditazione e alla compassione.

Muore a 84 anni bevendo volontariamente un veleno e dando appuntamento ai suoi discepoli per la sua cremazione. Quando alla pira viene appiccato il fuoco, scendono dal cielo petali di fiori.

Morì a 84 anni bevendo volontariamente un veleno e dando appuntamento ai suoi discepoli per la sua cremazione. Quando alla pira venne appiccato il fuoco, scesero dal cielo petali di fiori.

Sempre molto originali le lezioni del dr. Creuso!!!

%/%/%/%/%/%/%/%/

DON MILANI: CONCLUSIONI – Nel 1963 compare su La Nazione la lettera dei cappellani militari che condannano l’obiezione di coscienza, che veniva allora punita col carcere (da ricordare il processo a Gozzini che affermava il suo dovere di non prendere le armi proprio per il suo essere cristiano).

Don Milani, in risposta alla lettera dei cappellani militari, afferma che Gesù non è mai stato dalla parte dei violenti, tanto da lasciarsi uccidere senza nessuna reazione, inoltre critica fortemente, alla luce della Costituzione, gli autori della lettera con un testo che diffonde tramite la stampa nazionale. Solo Rinascita (comunista) dà risalto allo scritto di don Milani, scatenando reazioni violente da più parti e subendo un processo per incitamento alla diserzione e alla disubbidienza militare. Non potendosi recare a Roma per le udienze, scrive una dettagliata memoria difensiva, nella quale partendo dall’obiezione di coscienza sofferma la sua analisi sull’obbedienza: è sempre giusto obbedire alle leggi anche quando sono ingiuste? Non è contrario al servizio militare in sé è contrario alla punizione per chi lo rifiuta.

Ora don Milani è sentito come un personaggio che ha osato sfidare le gerarchie religiose e civili. E’ indubbia la sua dedizione totale ai suoi ragazzi , ma il suo carattere non era certo facile e mal tollerava la pretesa di etichettarlo attribuendogli posizioni politiche che non gli appartenevano.

Nel 1966 viene ricoverato per la sua malattia e il suo arcivescovo gli scrive criticandolo duramente, cosa che lo farà soffrire molto. Muore nel 1967.

Grazie al prof. Cossi per aver messo a fuoco la figura di questo prete un po’ ribelle, ma pieno di amore per il suo prossimo e per la sua Chiesa.

UTE: Biodiversità – La poesia femminile del ‘500

Il prof. Gatti aveva interrotto il suo discorso nell’ultima lezione con la promessa di parlarci di un particolare prodotto comasco: la cipolla di Brunate; ecco che, mantenendo la parola data, oggi ci ha puntualmente aggiornato su questo prodotto, che aveva rischiato di scomparire, ma che ora sta beneficiando dell’interesse di molti appassionati, che hanno dato vita a un’associazione.

I suoi bulbi hanno forme e dimensioni variabili, l’interno è bianco ed emana profumo intenso; viene seminata a marzo e la sua pianta ha un ciclo biennale. Dopo essere stata trascurata per parecchio tempo, ora viene rimessa in commercio. Viene utilizzata in gastronomia e viene apprezzata per il suo sapore delicato; la sua polpa è croccante e viene utilizzata per piatti tipici come la zuppa di cipolle, la luganiga e cipolle e la fitascetta (piatto povero della tradizione comasca).

Sono certamente rare le specie autoctone di ortaggi, infatti la maggior parte delle specie coltivate oggigiorno sono state introdotte in Italia prima dai Greci e dai Romani, poi altre sono state importate dall’America dopo il 1492.

Con l’andare del tempo, le piante si adattano alle condizioni ambientali in cui vivono e ciò ha dato origine a varietà locali con caratteristiche specifiche; a creare tale varietà di prodotti, ha contribuito anche la separazione per molti secoli dei vari staterelli che erano presenti sul territorio italiano.

Ma, oggi, la biodiversità è fortemente minacciata anche nell’ambito degli ortaggi, perché, per esigenze commerciali, vengono privilegiati i prodotti uniformi, di bell’aspetto e adatti alla commercializzazione, mentre vengono abbandonate le specie meno produttive.

Chi vuole oggi praticare un’agricoltura eco-compatibile, deve trasformare la propria azienda e affiancare alla produzione agricola servizi diversi; fortunatamente si va facendo strada una più raffinata sensibilità dei consumatori che sanno apprezzare i prodotti più ecologici e più “naturali”

%/%/%/%/%/%/%/%/%

LA POESIA FEMMINILE DEL ‘500 – Prima dell’invenzione della stampa i libri erano merce molto rara e costosissima. Infatti la pergamena richiedeva una lunga preparazione e i testi dovevano essere scritti a mano, perciò possedere un libro era paragonabile a possedere oggi un’auto Ferrari!! . Così ha esordito oggi la prof. Granata per poi proseguire con il tema della sua lezione.

Con l’invenzione della stampa il libro diventa più accessibile e si presta a una lettura personale più intima; a Venezia lo stampatore Aldo Manuzio introdusse molte innovazioni nell’arte della stampa e stampò (nel 1501) i primi libri tascabili (Virgilio, Petrarca).

Nel 1520, l’Italia era disastrata e il mecenatismo era in decadenza, tuttavia si diffuse la pubblicazione di diversi trattati: su come si doveva comportare il Principe, su come ci si doveva comportare a corte o a tavola. In quel periodo però le pubblicazioni risentivano delle parlate locali perché erano infarcite di termini usati solo in certe zone. Fu a questo punto che Pietro Bembo cercò di stabilire delle regole che valessero per tutto il territorio italiano e decise che chi voleva scrivere in poesia dovesse rifarsi al linguaggio e allo stile del Petrarca e chi volesse scrivere in prosa doveva avere come modello il Boccaccio. A poco a poco il linguaggio del Petrarca entra nella comunicazione quotidiana fino a diventare una moda.

E’ a questo punto che cominciano ad affermarsi anche delle poetesse; provenivano dalla nobiltà e accoglievano amici e intellettuali nei loro salotti per discutere di filosofia e di letteratura. Tra queste donne ricordiamo soprattutto Vittoria Colonna e Gaspara Stampa. Quest’ultima è musicista e cantante e scrive poesie per l’innamorato che l’ha lasciata. Riorto qui una delle sue composizioni

O diletti d’amor dubbi e fugaci,
O speranza che s’alza e cade spesso,
E nasce e more in un momento istesso
O poca fede, o poche lunghe paci! 

Quegli a cui dissi: -Tu solo mi piaci,- 
È pur tornato, io l’ho pur sempre presso,
Io pur mi specchio e mi compiaccio in esso,
E ne’ begli occhi suoi chiari e vivaci;

E tuttavia nel cor mi rode un verme
Di fredda gelosia, freddo timore
Di tosto tosto senza lui vederme

Rendi tu vana la mia tema, Amore,
Tu, che beata e lieta poi tenerme
Conservandomi fido il mio signore.

Oggi si festeggia S. Ambrogio.

Ambrogio nacque a Treviri nella Gallia, con molta probabilità nel 334, da un alto funzionario dell’amministrazione imperiale. Morto il padre quando Ambrogio era ancora bambino, la madre si trasferì con i figli, il piccolo Ambrogio, Marcellina e Satiro, a Roma. Non sappiamo molto dell’infanzia e dell’adolescenza di Ambrogio. Dopo il primo corso scolastico, secondo l’uso dei tempi passò agli studi di retorica. Ebbe una formazione non solo letteraria, ma anche giuridica e musicale e nella sua famiglia ricevette una solida educazione cristiana; ma rimase catecumeno.
A 25 anni fu inviato, come prefetto del pretorio, a Sirmio in Pannonia; nel 370 circa, passò, come governatore, nella provincia della Liguria e dell’Emilia e poi a Milano. Qui esercitò la magistratura in maniera tanto “equa e paterna” da attirarsi la benevolenza di tutti. Presente nel momento in cui la popolazione era in agitazione per l’elezione del nuovo vescovo, nell’aperta contesa tra ariani e cattolici, mentre Ambrogio s’interponeva con abilità per moderare i tumulti, una voce di fanciullo esclamò: “Ambrogio vescovo! ”. La folla accolse l’indicazione di quella voce e ne fece un grido insistente. Dopo il primo smarrimento, Ambrogio si arrese alla volontà di Dio manifestata attraverso il popolo. Fu battezzato il 30 novembre 373, e il 17 dicembre consacrato vescovo.
Il fratello Satiro lasciò Roma e la sua carriera di alto funzionario statale per venirgli in aiuto nell’amministrazione della diocesi e nella fabbrica delle chiese. Satiro morì pochi anni dopo, nel 378, e Ambrogio ne fece l’elogio funebre in due omelie, che sono un documento di amore fraterno e di speranza cristiana.
A Milano Ambrogio fu molto amato e apprezzato, per la ricchezza umana della sua persona e per la sua evangelica coerenza: egli infatti cedette i suoi beni alla Chiesa, riservandone solo l’usufrutto alla sorella monaca Marcellina, mentre egli visse in semplicità e sobrietà, cercando di aiutare tutti coloro che bussavano alla sua porta. Svolse un’attività pastorale intensissima, senza trascurare la frequentazione assidua della Scrittura. Ne sono testimonianza i numerosi scritti che ci ha lasciato, commenti esegetici, opere morali e ascetiche, elaborazioni dogmatiche e inni.
Con gli imperatori seppe tenere un atteggiamento mite e forte a un tempo, ottenendo il loro appoggio per porre fine alla questione ariana. Con i vescovi convocati al Concilio di Aquileia infatti, nel settembre 381, riuscì a chiudere la lunga stagione delle controversie che avevano diviso i cristiani.
Ambrogio morì a 57 anni d’età (23 d’episcopato) il 4 aprile, all’alba del sabato santo.

(dal sito chiesa di milano.it)

UTE – Letteratura coloniale – Don Milani: il Priore

Il periodo coloniale è caratterizzato da due tipi di letteratura:

  • racconti di viaggi di esplorazione dell’Africa come quelli di Gabriele Casati (Lesmo 1811 – Monticello Brianza 1882) :
  • romanzi romantico-decadenti incentrati sui misteri delle foreste equatoriali, sul fascino delle donne africane, sugli indigeni rappresentati come selvaggi e incivili, sulla bellezza di una terra incontaminata rispetto alla civiltà occidentale corrotta.
  • Tra gli scrittori di questa corrente troviamo Ferdinando Martini: governatore in Eritrea, fa un’analisi realistica dell’Africa, scevra da esotismi; non crede alla missione civilizzatrice, ma ritiene inevitabile la conquista di quelle terre da parte dei paesi più progrediti tecnologicamente.
  • Alfredo Oriani ritiene che l’Italia abbia una irrevocabile missione civilizzatrice assegnatale dal destino. Fu molto esaltato in epoca fascista dopo la sua morte
  • Enrico Corradini si rifà ad Oriani e fa suo il mito del “superuomo” di D’Annunzio. Afferma che le nazioni devono conquistare “un posto al sole” dove far confluire i propri emigranti (tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 furono 10milioni gli Italiani che migrarono verso Argentina e Stati Uniti). Nel 1911 appoggia la guerra per la conquista della Libia ed esprime disprezzo per Arabi e Turchi.
  • Giovanni Pascoli è un grande innovatore della poesia ottocentesca per i temi scelti e per la sensibilità nuova. Anche Pascoli appoggia le guerre di conquista, perchè vede come una tragedia il fenomeno della migrazione. Scrive poesie sulle sconfitte italiane in Africa, ma tali composizioni suonano come “forzate”, non spontanee: i temi nazionalistici non gli si addicono.
  • Gabriele D’Annunzio è un sostenitore dei regimi autoritari, appoggia la guerra in Libia, definisce il Mediterraneo “mare nostro” (come i Latini) ed esalta il mondo romano. Riporto qui di seguito le prime due terzine de “La canzone d’oltremare”

I miei lauri gettai sotto i tuoi piedi,

o Vittoria senz’ali. Ê giunta l’ora.

  • Tu sorridi alla terra che tu predi.
  • Italia! Dall’ardor che mi divora
  • sorge un canto più fresco del mattino,
  • mentre di te l’esilio si colora……
  • Ringrazio il prof, Galli per avermi fatto conoscere un aspetto di Pascoli che non sospettavo
    • %/%/%/%/%/%/%/%
  • DON MILANI – Nominato Priore a Barbiana, apre subito una scuola serale per gli adulti, ma a causa dell’emigrazioni di questi verso la pianura, la sua scuola si svuota e don Milani allora rivolge la sua attenzione ai ragazzi e convince i genitori dell’importanza dell’istruzione. Comincia con un doposcuola gratuito aperto tutto l’anno, poi i ragazzi studiano a Barbiana e sostengono gli esami nelle scuole statali. Fa leva sulla lettura dei quotidiani perché ritiene prioritaria la padronanza della parola. Offre occasioni di viaggio ai suoi ragazzi, che tratta da padre. La scuola deve essere democratica, cioè offrire a tutti le stesse possibilità, ma gli insegnanti devono assumere un ruolo di guida.
  • Don Milani amava profondamente la Chiesa e per questo criticava aspramente ciò che non riteneva giusto, per questo si attirò l’ostilità delle gerarchie. Accadde anche in occasione di una sua lettera ai cappellani militari in cui sosteneva e caldeggiava l’obiezione di coscienza, in un momento in cui essa veniva punita con il carcere.
  • Nel 1960 comparvero i primi sintomi della malattia che lo porterà alla morte qualche anno dopo.
  • Sempre interessante e piacevole seguire le lezioni del prof. Cossi. Grazie!
  • (P.S. : mi scuso per la stranezza dell’impostazione grafica, ma non sono riuscita a correggerla)

Festa delle Associazioni all’Excelsior.

Ieri sera è stato bello vedere premiare tanti giovani per il loro impegno scolastico o per i risultati sportivi conseguiti in campo regionale, nazionale o addirittura internazionale. Sono state premiate anche intere classi degli Istituti Scolastici cittadini per i progetti realizzati con l’aiuto dei loro docenti. Questa sfilata di ragazzi pieni di entusiasmo e con tanta voglia di fare mi ha riempito il cuore di speranza: il futuro non può fare paura se sarà nelle loro mani.

Sono state poi festeggiate anche le associazioni che si occupano di solidarietà e che quest’anno hanno compiuto un “anniversario” importante. Tra queste è stata premiata anche la nostra UTE che vanta trent’anni di attività a beneficio dei cittadini adulti del territorio erbese: ha ritirato il riconoscimento il nostro Presidente dr. Umberto Filippi.

Come ha ricordato il Sindaco Caprani, l’Italia è il paese con la più elevata presenza di associazioni di volontariato e forse è per questo che il nostro paese continua ad andare avanti senza troppi scossoni: il volontariato sopperisce molto spesso alla mancanza di servizi efficienti e alle carenze delle istituzioni ufficiali.

W il volontariato ! W i volontari!!!

Dimenticavo: a rallegrare lo spettacolo è intervenuto il coro Gospel dell’ass. NOI, VOI , LORO che ha eseguito con grande bravura brani noti e meno noti molto applauditi dal pubblico in sala.

Il momento in cui il dr. Ghislanzoni legge la motivazione e consegna al dr. Filippi il riconoscimento .

UTE: Le Signorie minori: i Della Scala – Cure palliative: come, dove, quando

La nostra apprezzata e carissima docente Alberta Chiesa ha intrapreso, con questa lezione, un nuovo ciclo di lezioni su un aspetto della nostra storia non molto conosciuto dai più: le Signorie minori.

Per comprendere come siano nate le Signorie, fenomeno marcatamente italiano, bisogna rifarsi al periodo in cui le città italiane sono diventate Comuni. Il nord Italia e parte del centro costituivano il Regno d’Italia facevano parte del Sacro Romano Impero, ma per le ricorrenti lotte di successione, erano spesso abbandonati a sé stessi e l’unica autorità riconosciuta e riconoscibile era quella dei vescovi, che divennero capi religiosi e capi politici. Successivamente furono le famiglie dei nobili a prendere il governo delle città eleggendo uno o più Consoli, ma siccome erano frequenti le lotte per contendersi queste cariche, si pensò di chiamare un Podestà che veniva da fuori città. I contrasti con i Comuni vicini erano frequentissimi e si sentì quindi la necessità di nominare un Capitano del Popolo per guidare l’esercito, appoggiato dalle famiglie più influenti. Sparirono gli organi elettivi e questa carica divenne ereditaria: da quel momento ebbero inizio le Signorie.

Alla fine del ‘300, tramonta il teocentrismo che aveva caratterizzato tutto il Medio Evo e si afferma un nuovo Umanesimo: l’arte non ebbe più soltanto carattere religioso e il mecenatismo dei Signori fece sì che venissero incoraggiate tutte le arti: le città si arricchirono di tesori inestimabili e le residenze nobiliari sfoggiavano la potenza dei loro possessori tramite opere che ancora oggi ammiriamo.

Oltre alle Signorie più conosciute (Visconti, Sforza, Medici) nelle città più piccole si affermarono Signorie minori, tra queste la nostra docente ci ha illustrato la storia degli Scaligeri di Verona.

La città veneta divenne Comune nel 1136 con la nomina di 3 consoli, ma già 30 anni dopo venne chiamato il Podestà Ezzelino i cui discendenti si imposero come Signori della città di Verona. E’ nel 1181 che Arduino Della Scala ottiene il governo della città e la sua famiglia mantenne il potere per quasi due secoli. Tra gli Scaligeri il più conosciuto è Cangrande, grande Mecenate che abbellì la città con palazzi lussuosi e la fortificò con mura possenti merlate a coda di rondine come si usava nelle città ghibelline.

La Signoria degli Scaligeri terminò quando l’ultima discendente sposò Bernabò Visconti e la Marca veronese venne annessa al Ducato di Milano.

Dante fu ospite di Cangrande della Scala e a lui dedicò alcuni versi nel Canto XVII del Paradiso.

%/%/%/%/%/%

CURE PALLIATIVE – Il dr. Giuseppe D’Amico ci ha proposto un approfondimento del tema su cui vertono le sue lezioni: le modalità di attivazione delle cure palliative.

Quando un malato non risponde più alle cure specifiche, bisogna valutare l’accesso alle cure palliative dopo aver preso in considerazione gli ultimi accertamenti clinici, le condizioni di vita del paziente, la sua autonomia, l’alimentazione e il numero dei ricoveri ospedalieri negli ultimi 6 mesi.

In Italia varie associazioni di medici hanno prodotto delle schede tendenti proprio a valutare la qualità della vita del paziente; tali schede possono essere compilate dal medico o dai familiari e vengono inviate all’ente erogatore delle cure palliative, il quale deve rispondere entro le 24 ore successive.

Si ha quindi un colloquio mirato a conoscere la situazione del paziente, della famiglia e le condizioni abitative (se consentono o meno la presenza di un care-giver). Il colloquio serve anche a spiegare chiaramente a cosa servono le cure palliative, che non possono avere come scopo la guarigione, ma mirano a controllare i sintomi della malattia; inoltre alla fine del colloquio si definisce anche dove potranno essere somministrate le cure: domicilio, Hospice o ambulatorio.

Erba non è una città per i giovani?

Quante volte sentiamo dire che i giovani d’oggi sono interessati solo al cellulare, che fanno fatica a stabilire relazioni sociali positive, che si disinteressano della vita reale che li circonda?

Forse anche questo è diventato un luogo comune o forse quanto detto sopra è vero per una parte dei nostri giovani; certamente non vale per tutti.

Un gruppo di giovani del nostro territorio da anni ha dato vita a un’ encomiabile associazione chiamata “LO SNODO” e si impegna in modo ammirevole, con costanza ed entusiasmo, per realizzare eventi e iniziative indirizzate ai coetanei.

Sarebbe logico aspettarsi che un’associazione di questo genere, che già ha fatto tanto per i giovani del territorio e che può fare ancora moltissimo, riscuotesse il plauso di tutti e in particolare dell’amministrazione comunale cittadina, invece (strano a dirsi) non è così: per l’evidente ostilità dell’amministrazione comunale infatti LO SNODO potrebbe essere sfrattato dai locali della stazione di Erba.

Se i cittadini erbesi accetteranno passivamente e con indifferenza l’eventuale allontanamento dei ragazzi dello SNODO, dimostreranno di non avere interesse per i propri figli e nipoti…