Si muore di più sul lavoro che in guerra…

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Oggi: un ragazzo di 28 anni abruzzese, muore in un cantiere in Val d’ Aosta : è caduto, nessuno sa come, su un cumulo di tubi ed è morto. Era lontano da casa per guadagnarsi da vivere.

http://www.lettera43.it/cronaca/22036/l-ultimo-saluto-al-militare-tobini.htm   Ieri: a Roma è stato celebrato il funerale di un ragazzo di 28 anni, morto in Afghanistan. Anche lui era lontano da casa per guadagnarsi da vivere. E’ la quarantunesima vittima in dieci anni di guerra.

So già che la notizia di oggi non riempirà i giornali e non avrà l’ attenzione delle maggiori autorità , d’ altra parte come potrebbe essere diversamente? Dall’ inizio dell’ anno sono già 365 le vittime per incidenti sul lavoro ….. come si può leggere sul sito dell’ “Osservatorio indipendente morti sul lavoro”  http://cadutisullavoro.blogspot.com/

Eppure sono certa che il dolore della mamma dell’ operaio sarà straziante come quello della mamma del parà, solo che non sarà abbracciata da Napolitano e non avrà nessun basco da mettere in testa durante il funerale…. Quando si farà qualcosa perchè i luoghi di lavoro siano sicuri almeno come i teatri di guerra per i ragazzi italiani?

Decalogo o alibi?

http://www.giornalettismo.com/archives/135087/il-decalogo-antistupro-che-offende-le-donne/?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter

Chissà, come può accadere che tra  certe tribù di Indios dell’ Amazzonia o tra i Boscimani dell’ Africa le donne possano camminare tranquillamente coperte solo da un tanga, senza che questo autorizzi i maschietti ad aggredirle ad ogni piè sospinto?

Chissà se a Londra, dove puoi vedere donne in burqa e donne che, anche in pieno inverno, girano coperte da pochi centimetri di stoffa,  è stato pubblicato qualcosa di simile al decalogo per la “sicurezza” delle donne pubblicato con la sponsorizzazione del Comune di Roma ?

Al giorno d’ oggi certo qui da noi non si possono cancellare  i sedimenti culturali accumulatisi nel corso dei secoli e abbigliarsi in modo decente è  una questione di buongusto , ma nessun abbigliamento può costituire un alibi per un eventuale aggressore sano di mente .

Pertanto l’ amministrazione di una grande città deve preoccuparsi solo  di rendere sicure le sue strade e di educare i suoi amministrati a fissare nella mente un principio fondamentale : ogni persona, comunque sia abbigliata, ha diritto a camminare per le strade tranquillamente: è la persona che va rispettata e non il suo modo di vestire.

Questo decalogo ha tanto il sapore di un alibi per nascondere la propria impotenza.

Tentare il suicidio per affermare un diritto.

http://bologna.repubblica.it/cronaca/2011/07/23/news/no_alle_nozze_combinate_tenta_di_uccidersi_con_lacido-19495935/?ref=HREC1-6

Un altro caso di negazione del diritto di autodeterminazione delle donne. Una sedicenne di origine pachistana tenta il suicidio bevendo dell’ acido per sottrarsi a un matrimonio combinato e imposto dai maschi di famiglia.

Chissà quanti casi  di soprusi di questo genere restano sconosciuti perchè non sfociano in tragedia, ma vengono subiti nel silenzio e nell’ umiliazione.

 Diventa sempre più necessario a mio avviso che i cittadini stranieri che vivono qui, vengano coinvolti in corsi di istruzione sui principi fondamentali della nostra Costituzione , in particolare per quanto riguarda i diritti delle donne e il diritto di famiglia .  Certe tradizioni (che non derivano dall’Islam) , certe usanze tribali non devono  trovare cittadinanza qui da noi nè devono essere tollerate in alcun modo :

Pace in bici.

Grazie a una segnalazione di UNIMONDO, sono arrivata a questo sito http://www.beati.org/component/content/article/110-commemorazione-di-hiroshima-nagasaki-pace-in-bici-2011?start=1  che sta organizzando , come da alcuni anni a questa parte, una manifestazione per commemorare le vittime di Hiroshima e Nagasaki, intitolata “Pace in bici” .  Si prevede dal 5 al 9 agosto un itinerario tra diverse città del Veneto con tappa finale ad Aviano dove sono tutt’ ora custodite alcune bombe termonucleari.

Credo che questa manifestazione sia quest’ anno, dopo Fukushima, ancora più attuale e opportuna, per tenere alta l’ attenzione su ciò che può accadere privilegiando gli investimenti sull’ energia nucleare, che le tecnologie attuali non sono ancora in grado di controllare.

Visto il tema di oggi, voglio qui copiare la parte finale di una bella poesia di Eugen Jebeleanu: PERDONO, HIROSHIMA.

……..

Voler piangere e non poter stringere fra le braccia
nemmeno un’urna, una tomba almeno.

Dove sono i tuoi bambini, Hiroshima? Forse
nell’oceano
d’argento indifferente.
Forse nel mausoleo infinito
del cielo.
O forse, proprio su questa terra
che io calpesto.
Ogni passo io lo traccio con timore.
Ogni pezzo di terra
nasconde una bara.
Mi sembra che la terra
da me calpestata gridi: – Mamma.

Ahi, aria di smalto, dammi le ali,
che io mi innalzi leggero
per non urtare col passo delle ferite,
che l’ala mia tagli l’aria, come d’angelo.
Ma sfavillando dalle migliaia di lesioni,
si avvicina Hiroshima a me,
si avvicina e si china piano
e mi fa segno:
vieni, amico                                 
e vedi ciò che è stato,
ciò che è.
E narra.

C’ è sempre da imparare…. anche dalle pecore.

Ieri, camminando tra Proserpio e Castelmarte, due tranquilli, silenziosi e deliziosi paesini sopra Erba, mi è capitato di vedere a un certo punto un piccolo gregge  su un prato in cui l’ erba alta doveva essere particolarmente appetitosa..

 Sono rimasta qualche momento ad osservarlo e quello che mi ha sorpreso è che nel brucare l’ erba le pecore procedevano strettamente a contatto e non si allontanavano mai l’ una dall’ altra. C’ era certamente un capo all’ interno del gregge che dirigeva le mosse e tutte le altre seguivano le sue indicazioni con una compattezza e una sincronia incredibile.

Credo che quel comportamento fosse indotto dal numero esiguo da cui era composto il gregge e dal fatto  che non c’ erano nè un pastore, nè un cane da pastore alle viste e questo stare uniti io l’ ho interpretato come una strategia difensiva: uno per tutti, tutti per uno.

Anche dalle pecore si può imparare qualcosa : spesso noi umani, che ci riteniamo tanto “superiori” , nelle difficoltà tendiamo a beccarci tra noi, a puntare il dito contro l’ altro , a rimpallarci le responsabilità…. le pecore no… procedono a stretto contatto, difendendosi reciprocamente: il bene del gruppo è anche il bene del singolo.

Una cartolina dalla Brianza: La Rotonda.

Alla periferia di Inverigo, piccolo centro dell’ Alta Brianza, si può ammirare la Villa Cagnola che è raffigurata in questa stampa ottocentesca.  Vi si accede da un lungo vialetto alberato che parte dalla statale Vallassina e si inerpica su una collinetta. E’ detta anche la Rotonda perchè è caratterizzata da una cupola centrale dal soffitto mirabilmente decorato.

Costruita dall’ architetto Cagnola come propria abitazione, ospita ora la fondazione Don Gnocchi  per il

recupero e la riabilitazione di bambini disabili. E’ circondata da un vasto parco che si inserisce in una zona particolarmente verdeggiante e ancora quasi ignorata dalla speculazione edilizia che ha divorato vaste zone boschive  nei dintorni. Oggi ho avuto modo di ammirare questa villa, solo all’ esterno però,  perchè all’ interno sono ospitati tanti bambini sfortunati, che hanno almeno un piccolo privilegio: quello di essere ospitati in un luogo che  li circonda e li abbraccia con la sua bellezza.

A proposito di testamento biologico…

Da diversi anni non avevo più visto l’ ultima zia ancora in vita : la zia T. , che sempre era stata vicina ai miei genitori nei periodi più difficili. Per questo approfittando di una mia breve permanenza in Emilia sono andata a trovarla.

Ha più di novant’ anni ormai ed è affetta da demenza senile.  Mia cugina la cura con amorevole dedizione da molto tempo.

Al primo colpo d’ occhio non riconoscevo più in lei il viso che ricordavo: troppo deformato dalla malattia; poi a poco a poco si è risvegliata dal torpore, che è il suo stato  abituale, ha accennato un sorriso, che le ha restituito i tratti conosciuti e ha pronunciato chiaramente un “ciao”. Grande è stata  la sorpresa  di mia cugina : a suo dire erano anni che non rispondeva al saluto di nessuno!!!

L’ ho vista bere con la cannuccia, mangiare con gusto una merendina di frutta, imboccata dalla figlia. Chiacchierando sulla difficoltà di accudire un paziente in quelle condizioni, mia cugina ribadiva la sua volontà di non affidare mai la sua mamma a nessuna struttura ospedaliera o assistenziale ed ha raccontato come una persona di sua conoscenza accudisca un genitore in stato vegetativo sottoposto da tempo a nutrizione forzata, mentre il suo corpo è devastato da numerose piaghe da decubito. A un certo punto è stata pronunciata questa frase: ” Stanno nutrendo a forza un cadavere!”

 Ho raccontato questo episodio perchè è stata approvata una legge sul testamento biologico, che impedisce di esprimere la volontà di non essere sottoposti a nutrizione forzata: ora , mentre penso che ogni vita sia preziosa e che per questo vada accudita e tutelata sempre (così come è stato fatto per i miei genitori e come si sta facendo per mia zia), mi pare anche che non si possa togliere a nessuno il diritto di morire, quando la natura ha deciso che “tutto è compiuto”.

 Non vorrei mai diventare un corpo morto cui viene impedito, da un sondino, di esalare l’ ultimo respiro.

Giornata estiva con temporale finale.

Avevo letto le previsioni che dicevano pioggia e temporali soprattutto nel pomeriggio, così stamattina ho cominciato a tagliare l’ erba del prato (prato è una parola grossa per quei 20 m. quadrati ) dietro alla casa. Avevo quasi finito quando è cominciata a cadere una pioggia fine fine che mi ha convinto a lasciar perdere i ritocchi (vicino ai muretti il tosaerba non arriva).

Nel pomeriggio il tempo era incerto e ho approfittato di uno squarcio di sereno per andare in biblioteca e per farmi una passeggiata . Al ritorno ho ripreso il lavoro in giardino e ho tagliato l’ erba anche dell’ aiuola davanti alla casa. Appena finito di rastrellare  l’ erba tagliata , l’ ho messa subito nei sacchi, così è già pronta per essere portata alla discarica comunale.  Mentre riponevo gli attrezzi, mi sono soffermata un attimo a guardarmi intorno: il cielo si era oscurato di nuovo e c’ erano delle nuvole nere che correvano velocissime verso nord, verso la montagna : doveva esserci un vento molto forte lassù…. Un falco roteava sopra i nostri tetti lasciandosi spingere dalle correnti: doveva godersela un mondo… Stavo pensando di andare subito a farmi una doccia per togliermi la polvere e il sudore di dosso, quando è cominciato a tuonare forte e subito dopo sono cominciate le prime gocce. Sembrava una pioggerella tranquilla, ma a poco a poco è diventata più violenta ed è cominciato anche a grandinare.  Chicchi grandi come grosse ciliegie percuotevano i vetri e le persiane : sembravano sassate. Ho rimandato l’ idea della doccia per correre nelle varie stanze a controllare che non entrasse acqua. Per tre volte la grandine è cessata e poi è ricominciata sempre più forte della volta precedente: il tutto sarà durato più di un’ ora, accompagnato da interruzioni di corrente. Alla fine l’ antenna condominiale è fuori uso, gli orti sono coperti da una poltiglia verde e non è rimasto nulla in piedi ; la mia macchina che resta all’ aperto ha qualche bollo in più, ma pazienza : uno più uno meno non fa differenza. Ai miei anziani vicini invece non funzionava più il frigorifero e mi hanno chiesto se da me fosse tutto in ordine. Sono andata a vedere cosa stesse capitando e da come saltava il salvavita ho capito che doveva esserci qualche guaio alla presa di corrente degli elettrodomestici; infatti era appesantita da troppe spine e staccandole la corrente ritornava. Così si è risolto anche quel guaio.

Adesso c’è un gran bel fresco, ma temo che da qualche parte i danni siano stati ben più gravi di quelli registrati qui.