Chi accudisce malati e disabili gravi non va mai in ferie, lo sanno i nostri parlamentari?

Maria Simona Bellini 03 dicembre alle ore 8.00
Leggo sui giornali di questa mattina, della “Settimana Bianca” – regolarmente retribuita – della quale i nostri Parlamentari godranno dal prossimo lunedì ed avrei una proposta per occuparli in un lavoro “socialmente utile”.
Sono l’unico mezzo di sostentamento della mia famiglia di tre persone, di cui due (mia figlia e il mio compagno) gravemente disabili. Lunedì 6 Dicembre il centro di riabilitazione che frequenta mia figlia, e che quindi mi permette di recarmi al lavoro, chiuderà fino ai primi di Gennaio a causa dei tagli – dicono – che le Regioni stanno operando in questo settore.
Sono 15 anni che il nostro Parlamento – tra mille va e vieni ma senza nessun risultato concreto (la Legge è già passata alla Camera ma ora è di nuovo bloccata in Senato) – discute sul Prepensionamento per i lavoratori che in ambito familiare assistono disabili gravi, 24 ore su 24, 365 giorni l’anno, impegno senza ferie né festività.
Cosa farò da lunedì prossimo? Rischierò il licenziamento assentandomi dal lavoro? Simulerò una malattia che non c’è?
Io la soluzione ce l’avrei… Visto che i nostri Parlamentari sono a riposo, almeno per questa settimana, perché non vengono nelle nostre case a cambiare pannoloni, introdurre cateteri, somministrare pappine, fare nottate di assistenza…. Per le migliaia di euro che percepiscono ogni mese forse potrebbe essere una buona occupazione, non credete?
Noi accetteremo l’aiuto di tutti: di Ministri (specie del Ministro Tremonti, che ne sa veramente poco di disabilità grave!), Sottosegretari, del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio.
La nostra disperazione non ci consente di fare distinguo! Potremo contare sulla loro collaborazione, che ne dite???
Noi, che solleviamo il nostro Paese di ingenti costi sociali senza alcun riconoscimento e nella totale invisibilità, in fondo lo facciamo gratis! Aspettiamo candidature…

M. Simona Bellini
Presidente Nazionale Famiglie di Disabili Gravi e Gravissimi
Ho trovato questa lettera a questo link http://diversamenteaff-abile.gazzetta.it/post/23700930/tutti-per-tetti-tetti-per-tutti, stimolata da una conversazione radiofonica. Mi pare che sia  degna della massima  attenzione, pertanto la riporto qui, sperando di fare cosa gradita e utile.

Sarah, Yara e le altre.

 

Due storie terribili hanno scosso l’ opinione pubblica ultimamente: quella di Sara Scazzi e quella di Yara Gambirasio. Nel primo caso le indagini tardavano a prendere il via: si facevano ipotesi di allontanamento volontario per sfuggire ad un ambiente ristretto e senza troppe opportunità. Per questo la madre ha scelto di esporsi davanti ai teleschermi per attirare l’ attenzione su quella che era per lei una scomparsa tutt’ altro che volontaria…Da qui i media si sono scatenati, anche incentivati dai parenti tra i quali si nascondevano i colpevoli. Ne è seguito un vero bailamme: in tutte le ore del giorno non si sentiva parlare in TV che del fatto di Avetrana e lo sciacallaggio è arrivato fino ad inventarsi le gite turistiche sui luoghi del delitto. Il fatto ha evidenziato il peggio della nostra società di oggi: quella che ne vien fuori con più dignità è la madre di Sara, che, una volta scoperta la verità sulla sorte della figlia, si è sottratta alle telecamere, dopo essersi detta certa di riincontrare la sua bambina , così come la sua religione (è Testimone di Geova)gliene dà certezza.

Per Yara, non si potevano fare troppe ipotesi: la sua vita semplice di ragazzina sportiva non offriva spunti per immaginare nulla. Per questo le ricerche sono partite subito e la famiglia ha potuto aspettare i risultati delle indagini chiusa nella sua casa, lontana da ogni occhio o microfono indiscreto, immersa nella preghiera.

Sono due storie tristissime, che riempiono di angoscia chi ha figli e nipoti piccoli che cominciano a muovere i primi passi in un mondo dove gli orchi si nascondono sotto le sembianze di  una cugina, di uno zio o di un conoscente che tutti i giorni saluti amichevolmente.

 Come mettere in guardia le nostre bambine e i nostri bambini da questi pericoli oscuri senza inculcare loro la paura che tarpa le ali , senza togliere loro la gioia di vivere?

Una predica silenziosa.

http://www.repubblica.it/cronaca/2010/12/06/news/yara_famiglia-9870283/?ref=HRER2-1

Il timore che ha colto tutti fin dai primi momenti si sta rivelando profetico: Yara è stata uccisa… resta solo da trovare un piccolo cadavere sepolto da mani sacrileghe in chissà quale angolo nascosto. In paese c’ è chi vorrebbe approfittare di questa ghiotta occasione per gridare odio verso gli stranieri, ma la famiglia Gambirasio , per bocca della mamma di Yara, dice parole ammirevoli:: 

“Mia figlia è nelle mani di Dio, e Dio saprà fare in modo che chi me l’ha portata via paghi per quello che ha fatto. Ma ora, per carità, nessuno aggiunga violenza a violenza”.
 

E’ ammirevole la famiglia Gambrasio : chiede silenzio e rispetto  e non offre nessuna occasione a giornali , televisioni, politici per speculare sul suo dramma.

L’ esempio di questa famiglia e le parole di questa mamma sono la più efficace ” lezione di Cristianesimo vissuto” che io abbia mai sentito.

Dal panettiere.

Giovanotto: – Lo sa che il giovedì lavoro in un negozio come questo? Lo faccio per arrotondare…. a furia di arrotondare sto diventando un compasso …

Fornaia:-Sempre in vena di scherzi, neh!!-

Giovanotto:- Una volta arrotondavo lavando i vetri al semaforo, ma adesso con le rotonde è dura….-

Il giovanotto se ne va salutando , mentre la fornaia , diventata seria d’ un colpo, dice alla cliente che stava servendo:- Lui ci scherza su, ma la sua è una situazione veramente difficile!-

Non ho osato chiedere particolari, ma ammiro quel giovane che affronta con il sorriso le sue difficoltà.

Non sono mica tutti bamboccioni…

Un balilla ribelle.

Nonno Pippo racconta:

Ero alle elementari . Al sabato pomeriggio, quando sarebbe stato così bello poter giocare tranquilli, c’ era invece da assolvere a un altro impegno: le adunate dei “balilla ” nella piazza  principale della città. Era un appuntamento obbligato , infatti l’ eventuale assenza sarebbe stata segnalata al maestro che avrebbe provveduto all’ ammonizione.

Mi era poi particolarmente insopportabile dover  indossare  la camicia nera, i pantaloni corti color grigio verde e il fazzoletto azzurro al collo. Ogni capo era stato lavato e stirato con cura per farmi fare bella figura là, nella piazza, ma per me tutta quella messinscena  aveva il sapore assurdo  dell’ imposizione senza senso.

Una volta , dopo essermi incamminato,  incontrai il solito gruppetto di ragazzini del vicinato; facevamo sempre la strada insieme scherzando e ridendo e, magari anche un po’ mugugnando contro quell’ obbligo dell’ adunata. Quel giorno però, uno di loro aveva portato una palla di carta e ogni tanto faceva qualche palleggio : fu così che cominciammo a fare qualche passaggio, qualche tiro, qualche parata . Non c’ erano macchine in circolazione, perciò non c’ era pericolo e ogni angolo di strada poteva all’ occasione diventare un campo di calcio.  Il sole era alto e il caldo soffocante; correndo, dribblando, crossando , ogni tanto ci scappava qualche scivolata e qualche tuffo acrobatico e alla fine del percorso eravamo sudati, impolverati e la divisa era irriconoscibile.

Ad attenderci in piazza c’ era l’ avanguardista incaricato di gestire l’ adunata dei balilla ; vedendoci arrivare in quello stato pietoso cominciò a rimproverarci urlandoci in faccia che  la divisa era sporca e in disordine;non era quello il modo di presentarsi all’ adunata !!! I miei amici incassarono il rimprovero a testa bassa , ma io  (ribelle per natura ) feci capire a quel giovanotto  che non mi aveva spaventato per nulla. Questi allora , ancor più irritato dal mio atteggiamento, riprese minacciando di raccontare tutto a mio padre e al mio maestro e fu a questo punto che mi scappò un “Vaffa…” , mentre i balilla schierati sotto il sole assistevano sbalorditi al battibecco.

Raccontando…

I racconti di nonno Pippo:

Mia madre aveva eliminato una gonna in tessuto pied-de-poule, che le era venuta stretta o che non le piaceva più, ma visto che i tempi consigliavano un uso oculato delle scarse risorse di famiglia, le venne l’ idea di ricavare da quella stoffa un paio di pantaloncini per me. Si mise al lavoro e in poco tempo i pantaloncini furono pronti. Fu così che , dovendo uscire , mi mise su una sedia per cambiarmi, (dovevo avere  4 o 5 anni) ma quando io vidi che voleva farmi indossare dei pantaloni ricavati da una gonna, mi ribellai :” Cosa da fìmmine è!!!” Mia madre non voleva sentire ragioni e più io strillavo, più lei si invcaponiva, più io mi divincolavo, più lei si convinceva che ci volevano le maniere forti e mi sculacciò fino a che mi arresi….

Certo fu per il ripetersi di episodi come questo che un giorno scappai di casa e mi allontanai parecchio dal mio quartiere. Una signora a un certo punto si accorse  di quel bimbo piccolo che se ne andava tutto solo e mi prese per mano…fece avvisare le guardie municipali che già erano state allertate e mi riportarono  a casa. E fu certo per sfuggire alle proibizioni di mia madre che un giorno la chiusi in cucina (la cui porta poteva essere chiusa dall’esterno) , presi una sedia , la accostai al comò su cui c’ erano i profumi e le creme di mia madre ( così io credevo), presi una boccetta e me la versai in testa. Dopo pochi istanti un liquido vischioso, biancastro e maleodorante  cominciò a colarmi sugli occhi facendomi impazzire dal bruciore. Cominciai a gridare, ma mia madre non poteva uscire dalla cucina e a sua volta si mise a gridare chiedendo aiuto. Acoorsero le vicine, che aprirono la porta della cucina e finalmente fui ripulito: quello che avevo scambiato per un profumo era invece il sidol, il prodotto per pulire il rame!!! Naturalmente anche quella volta finii col prendermi una bella (e meritata) sculacciata.

La buona televisione.

              

Ieri ,leggendo un post sull’ emergenza rifiuti a Napoli, in un blog di un giovanissimo e bravissimo blogger, chiedevo come si  sia potuti arrivare a tale punto di caos….

In serata Saviano mi ha risposto : ha detto cose che avevo sentito dire in maniera episodica e che non riuscivo a organizzare in un quadro unitario e in una sequenza logica.

Sono grata a Saviano per quella ricostruzione dei fatti, perchè penso sia servita non solo a me , ma a tanti altri che come me avevano le idee un po’ confuse . Dalla migliore comprensione delle cause, dovrebbe ora scaturire una più corresponsabile e collettiva disponibilità alla collaborazione per risolvere  l’ emergenza di Napoli, pretendendo però tutti insieme che le autorità locali assumano finalmente le decisioni opportune per  predisporre tutto quanto è necessario perchè il territorio possa al più presto diventare autosufficiente nello smaltimento e nel riciclaggio dei rifiuti.

“Vieni via con me” ieri sera mi ha riservato anche altri motivi di riflessione : lo spettacolo ha saputo tenere alta l’ attenzione nonostante non ci fossero i soliti ingredienti tipici  di un programma che vuole catturare l’audience : ballerine sculettanti e poco vestite, lustrini e volgarità a profusione, chiasso e urla con improperi reciproci tra i protagonisti.

Mi sono piaciute le donne che sono intervenute e che hanno mostrato che si può interessare il pubblico anche non puntando sull’ esteriorità, ma sulla sensibilità , l’ intelligenza e la competenza. Mi hanno commosso poi gli elenchi letti dai due immigrati così come l’ intervento sui disabili.

Sono rimasta incollata al teleschermo fino alla fine e oggi non mi ha  sorpreso l’ alto indice d’ ascolto  (superiore ancora una volta a quello del Grande Fratello): anche la buona televisione può assicurare ottimi ascolti e di conseguenza ottimi introiti; speriamo che la Rai se lo ricordi….

I racconti di nonno Pippo.

Nonno Pippo racconta:

Mia madre era spesso sola perchè mio padre andava volontario nelle campagne d’ Africa; forse per questo temendo, di non riuscire a tenere a freno i suoi figli, aveva deciso di privilegiare i metodi forti.

Io ero molto vivace e mia madre era sempre in ansia: quale sarebbe stata la mia prossima birichinata? Per questo aveva preso la brutta abitudine di prendermi a botte ogni volta che mi vedeva immerso nei miei pensieri: – Stai pensando qualche birichinata? Aspetta che ti sistemo!!!- e giù botte.

Dovevo, io piccolissimo, badare a mio fratello più piccolo di me di poco più di un anno. La cosa si doveva protrarre finchè mia madre avesse completato il bucato o qualche altra faccenda. Se mio fratellino si metteva a piangere, io dovevo battere le mani per distrarlo… per un po’ la cosa poteva anche andare, ma quando la storia si faceva lunga , non ce la facevo a resistere. Fu così che inventai uno stratagemma: cominciavo a battere le mani, poi di nascosto davo un pizzicotto al fratellino che si metteva a piangere e io intanto continuavo a battere le mani…. chiamavo la mamma e le dicevo: Vedi? io batto le mani, ma lui piange lostesso!!!- A quel punto mia madre capiva che era meglio lasciar perdere le faccende  e dedicarsi a consolare il piccolo… e io intanto potevo finalmente giocare tranquillo.