Un balilla ribelle.

Nonno Pippo racconta:

Ero alle elementari . Al sabato pomeriggio, quando sarebbe stato così bello poter giocare tranquilli, c’ era invece da assolvere a un altro impegno: le adunate dei “balilla ” nella piazza  principale della città. Era un appuntamento obbligato , infatti l’ eventuale assenza sarebbe stata segnalata al maestro che avrebbe provveduto all’ ammonizione.

Mi era poi particolarmente insopportabile dover  indossare  la camicia nera, i pantaloni corti color grigio verde e il fazzoletto azzurro al collo. Ogni capo era stato lavato e stirato con cura per farmi fare bella figura là, nella piazza, ma per me tutta quella messinscena  aveva il sapore assurdo  dell’ imposizione senza senso.

Una volta , dopo essermi incamminato,  incontrai il solito gruppetto di ragazzini del vicinato; facevamo sempre la strada insieme scherzando e ridendo e, magari anche un po’ mugugnando contro quell’ obbligo dell’ adunata. Quel giorno però, uno di loro aveva portato una palla di carta e ogni tanto faceva qualche palleggio : fu così che cominciammo a fare qualche passaggio, qualche tiro, qualche parata . Non c’ erano macchine in circolazione, perciò non c’ era pericolo e ogni angolo di strada poteva all’ occasione diventare un campo di calcio.  Il sole era alto e il caldo soffocante; correndo, dribblando, crossando , ogni tanto ci scappava qualche scivolata e qualche tuffo acrobatico e alla fine del percorso eravamo sudati, impolverati e la divisa era irriconoscibile.

Ad attenderci in piazza c’ era l’ avanguardista incaricato di gestire l’ adunata dei balilla ; vedendoci arrivare in quello stato pietoso cominciò a rimproverarci urlandoci in faccia che  la divisa era sporca e in disordine;non era quello il modo di presentarsi all’ adunata !!! I miei amici incassarono il rimprovero a testa bassa , ma io  (ribelle per natura ) feci capire a quel giovanotto  che non mi aveva spaventato per nulla. Questi allora , ancor più irritato dal mio atteggiamento, riprese minacciando di raccontare tutto a mio padre e al mio maestro e fu a questo punto che mi scappò un “Vaffa…” , mentre i balilla schierati sotto il sole assistevano sbalorditi al battibecco.

Raccontando…

I racconti di nonno Pippo:

Mia madre aveva eliminato una gonna in tessuto pied-de-poule, che le era venuta stretta o che non le piaceva più, ma visto che i tempi consigliavano un uso oculato delle scarse risorse di famiglia, le venne l’ idea di ricavare da quella stoffa un paio di pantaloncini per me. Si mise al lavoro e in poco tempo i pantaloncini furono pronti. Fu così che , dovendo uscire , mi mise su una sedia per cambiarmi, (dovevo avere  4 o 5 anni) ma quando io vidi che voleva farmi indossare dei pantaloni ricavati da una gonna, mi ribellai :” Cosa da fìmmine è!!!” Mia madre non voleva sentire ragioni e più io strillavo, più lei si invcaponiva, più io mi divincolavo, più lei si convinceva che ci volevano le maniere forti e mi sculacciò fino a che mi arresi….

Certo fu per il ripetersi di episodi come questo che un giorno scappai di casa e mi allontanai parecchio dal mio quartiere. Una signora a un certo punto si accorse  di quel bimbo piccolo che se ne andava tutto solo e mi prese per mano…fece avvisare le guardie municipali che già erano state allertate e mi riportarono  a casa. E fu certo per sfuggire alle proibizioni di mia madre che un giorno la chiusi in cucina (la cui porta poteva essere chiusa dall’esterno) , presi una sedia , la accostai al comò su cui c’ erano i profumi e le creme di mia madre ( così io credevo), presi una boccetta e me la versai in testa. Dopo pochi istanti un liquido vischioso, biancastro e maleodorante  cominciò a colarmi sugli occhi facendomi impazzire dal bruciore. Cominciai a gridare, ma mia madre non poteva uscire dalla cucina e a sua volta si mise a gridare chiedendo aiuto. Acoorsero le vicine, che aprirono la porta della cucina e finalmente fui ripulito: quello che avevo scambiato per un profumo era invece il sidol, il prodotto per pulire il rame!!! Naturalmente anche quella volta finii col prendermi una bella (e meritata) sculacciata.

La buona televisione.

              

Ieri ,leggendo un post sull’ emergenza rifiuti a Napoli, in un blog di un giovanissimo e bravissimo blogger, chiedevo come si  sia potuti arrivare a tale punto di caos….

In serata Saviano mi ha risposto : ha detto cose che avevo sentito dire in maniera episodica e che non riuscivo a organizzare in un quadro unitario e in una sequenza logica.

Sono grata a Saviano per quella ricostruzione dei fatti, perchè penso sia servita non solo a me , ma a tanti altri che come me avevano le idee un po’ confuse . Dalla migliore comprensione delle cause, dovrebbe ora scaturire una più corresponsabile e collettiva disponibilità alla collaborazione per risolvere  l’ emergenza di Napoli, pretendendo però tutti insieme che le autorità locali assumano finalmente le decisioni opportune per  predisporre tutto quanto è necessario perchè il territorio possa al più presto diventare autosufficiente nello smaltimento e nel riciclaggio dei rifiuti.

“Vieni via con me” ieri sera mi ha riservato anche altri motivi di riflessione : lo spettacolo ha saputo tenere alta l’ attenzione nonostante non ci fossero i soliti ingredienti tipici  di un programma che vuole catturare l’audience : ballerine sculettanti e poco vestite, lustrini e volgarità a profusione, chiasso e urla con improperi reciproci tra i protagonisti.

Mi sono piaciute le donne che sono intervenute e che hanno mostrato che si può interessare il pubblico anche non puntando sull’ esteriorità, ma sulla sensibilità , l’ intelligenza e la competenza. Mi hanno commosso poi gli elenchi letti dai due immigrati così come l’ intervento sui disabili.

Sono rimasta incollata al teleschermo fino alla fine e oggi non mi ha  sorpreso l’ alto indice d’ ascolto  (superiore ancora una volta a quello del Grande Fratello): anche la buona televisione può assicurare ottimi ascolti e di conseguenza ottimi introiti; speriamo che la Rai se lo ricordi….

I racconti di nonno Pippo.

Nonno Pippo racconta:

Mia madre era spesso sola perchè mio padre andava volontario nelle campagne d’ Africa; forse per questo temendo, di non riuscire a tenere a freno i suoi figli, aveva deciso di privilegiare i metodi forti.

Io ero molto vivace e mia madre era sempre in ansia: quale sarebbe stata la mia prossima birichinata? Per questo aveva preso la brutta abitudine di prendermi a botte ogni volta che mi vedeva immerso nei miei pensieri: – Stai pensando qualche birichinata? Aspetta che ti sistemo!!!- e giù botte.

Dovevo, io piccolissimo, badare a mio fratello più piccolo di me di poco più di un anno. La cosa si doveva protrarre finchè mia madre avesse completato il bucato o qualche altra faccenda. Se mio fratellino si metteva a piangere, io dovevo battere le mani per distrarlo… per un po’ la cosa poteva anche andare, ma quando la storia si faceva lunga , non ce la facevo a resistere. Fu così che inventai uno stratagemma: cominciavo a battere le mani, poi di nascosto davo un pizzicotto al fratellino che si metteva a piangere e io intanto continuavo a battere le mani…. chiamavo la mamma e le dicevo: Vedi? io batto le mani, ma lui piange lostesso!!!- A quel punto mia madre capiva che era meglio lasciar perdere le faccende  e dedicarsi a consolare il piccolo… e io intanto potevo finalmente giocare tranquillo.

Giornata mondiale dei diritti dei bambini

“Nel mondo 40 milioni di bambini sono vittime di abuso sessuale, 1,2 milioni all‟anno vengono trafficati per essere schiavizzati in lavori pesanti o avviati alla prostituzione e ben 275 milioni hanno assistito ad atti di violenza domestica, diventandone spesso a loro volta vittime. Non c‟è Paese che possa dirsi esente da tutto questo, nemmeno l‟Italia, dove fenomeni come la tratta di bambini, il lavoro minorile, la prostituzione, la violenza in famiglia e fuori dalle mura domestiche, nelle sue più svariate manifestazioni, dilagano”.http://www.terredeshommes.it/
E’ ancora una volta la “Giornata Mondiale dei Diritti dei Bambini” . Ancora una volta si dovrebbe elencare tutto ciò di cui un bambino ha bisogno per crescere sereno e sano , ma suonerebbe come un esercizio sterile ed ipocrita : meglio lasciar parlare i numeri terribili riportati da “Terre des hommes” e riflettere sull’ orrore che essi spalancano davanti ai nostro occhi

Sere d’ inverno…senza TV.

Quando le ore di luce si accorciano sempre più, le serate sembrano interminabili ; così è in questi giorni e così era tanti anni fa quando ancora non c’ era la tv a far compagnia alla gente.

Ricordo (ero molto piccola),  che ci si ritrovava  nell’ unico locale riscaldato che faceva da cucina e da soggiorno : mia madre indaffaratissima come sempre a preparare gli scaldini (il padléni) da mettere nei “pret”, per intiepidire le lenzuola e le coperte, e a cuocere contemporaneamente la polenta sulla stufa a legna.

Intanto io, che ero la più piccola, potevo permettermi il lusso di tiranneggiare un po’ mio padre, stando sulle sue ginocchia, mentre lui faceva un  solitario a cui io collaboravo sistemando le carte che via via “si liberavano” e questo mi permetteva di imparare a riconoscerle e a metterle in ordine crescente. A volte si univa a noi anche mia sorella, la penultima e allora giocavamo a “rubamazzetto”, all’ “asino” , a “cheva in pataja” ;  quest’ ultimo era particolarmente emozionante per i continui capovolgimenti delle sorti del gioco. Il borbottìo della pentola fumante faceva da sottofondo rassicurante

A volte , dopo cena, venivano i vicini (ricordo Baiòc e Giubèn) e allora i grandi giocavano a briscola, a scopa, a scopone o altri giochi più complessi che non ho mai imparato. Io  stavo incollata a mio padre, sulle sue ginocchia per tutto il tempo, fino a che non mi si chiudevano gli occhi .
Dovevo però stare attenta a seguire alcune raccomandazioni : non dovevo parlare delle carte che lui aveva in mano, né tanto meno mostrare reazioni di gioia o di delusione quando avesse pescato carte importanti o sfortunate. Questo mi faceva sentire partecipe del gioco, che seguivo con molta attenzione. E’ incredibile quante cose si possano imparare, quasi senza accorgersene, col gioco delle carte, soprattutto nell’ ambito matematico.

In particolare però io ero affascinata dai segni impercettibili che i giocatori si scambiavano col partner per indirizzarne il gioco o per segnalare una difficoltà: erano strizzatine d’occhio, alzate di spalle, labbra che si imbronciavano o che venivano appena appena inumidite con la lingua, sopracciglia che si inarcavano per un istante. Erano elementi di un codice per me misterioso, che a poco a poco imparai a decifrare con mia grande soddisfazione.
Il gioco si svolgeva tra una battuta scherzosa e uno “sfottò” bonario e non mancavano accenni ai fatti accaduti durante il giorno; alla fine nessuno aveva vinto niente, né tanto meno perso niente : a tutti era bastato stare piacevolmente in compagnia.
Quando non c’ erano i vicini,  si accendeva la radio per ascoltare un po’ di musica o qualche trasmissione radiofonica:  molto seguito era allora  “Il rosso e il nero” , lo spettacolo  condotto dalla voce calda e amichevolmente sorniona di Corrado. Protagonisti di queste serate erano comici come Enrico Luzi, Alberto Talegalli, Tino Scotti , nomi allora molto conosciuti.
Per le dieci o poco più però la serata terminava: l’indomani tutti dovevamo alzarci molto, molto presto.!

Donna è bello!

              Le grandi donne d'ItaliaLe grandi donne d'ItaliaLe grandi donne d'ItaliaLe grandi donne d'Italia

http://www.corriere.it/cronache/10_novembre_16/newsweek-grandi-donne-italiane-francesco-tortora_81487600-f18d-11df-8c4b-00144f02aabc.shtml

Degno di nota è questo articolo che compare sul Corriere.it e che riporta quanto scritto da Newsweek sulle donne italiane più conosciute nel mondo :  non rispondono certo al modello “velina”  reso famoso dalle vicende tragico/grottesche del nostro premier. Tra le donne menzionate (di cui ho copiato alcune  foto), ci sono anche le stiliste dell’ alta moda, la Marcegaglia, la prima femminista che si è battuta per il voto alle donne, attrici famose come Isabella Rossellini, Anna Magnani o Sofia Loren, giornaliste come Rosaria Capacchione e Oriana Fallaci e una preminente figura politica come Sonia Gandhi.

Sono personalità che testimoniano che le donne italiane non sono tutte “a disposizione” del premier (cito qui volentieri la frase della Bindi)  e non rispondono al clichè da lui preferito: sottomesse, vistose, truccatissime e propense al compromesso in cambio di sistemazione in qualche poltrona importante o , se proprio non si può avere di meglio, in cambio di un bel mucchietto di soldi.

Vorrei che tutte le italiane leggessero questo articolo e prendessero spunto per ribellarsi all’ immagine falsa e avvilente che i media danno di loro quotidianamente e finalmente si convincessero che “Donna è bello!!”

Dormire in un abbraccio di piume.

Quando la mamma la mattina rifaceva i letti, si sentiva lo stesso rumore di quando in autunno camminavi tra le foglie cadute ai piedi degli alberi.
Infatti sopra al  rigido materasso di crine di cavallo c’ era il pagliericcio: un saccone di tela con un’ apertura al centro, pieno di foglie di granoturco che la mamma, entrando con la mano nel saccone,  risistemava ogni mattina. Anche dormirci sopra era un po’ rumoroso: ad ogni movimento le foglie scricchiolavano, ma erano fresche d’ estate e isolanti in inverno.

Poco dopo il saccone non fu più riempito di foglie, ma di piume di gallina e allora rifare i letti voleva dire sprimacciare per bene il “materasso”( proprio come si fa ora coi cuscini riempiti dello stesso materiale) fino a colmare la nicchia che ti aveva accolto durante la notte.
Sprofondare la sera in quella morbidezza era veramente una delizia, perchè ti sentivi avvolgere come in un abbraccio e potevi rigirarti a piacere senza sentire alcun rumore.
Ogni tanto poi la mamma svuotava il materasso e metteva le piume al sole dentro a un grosso recipiente e allora trovavi qualche piuma vagabonda nei posti più impensati.

Ero già grande quando vennero di moda i materassi a molle: erano più razionali e forse anche più igienici, ma ti accoglievano senza “abbracciarti”