Di nuovo a Messa, ma come?

Dal 18 maggio si potranno celebrare le messe festive e feriali alla presenza dei fedeli.

E’ una bella notizia, che farà contente molte persone che, giustamente,  sentono la mancanza della partecipazione fisica ai riti religiosi.

Sarà bello ritrovarsi, anche se con mascherine, guanti e gel. Un problema però mi lascia un po’ perplessa: i parroci dovranno stabilire il numero massimo di fedeli per ogni celebrazione, penso in base alla superficie delle singole chiese e ci dovranno essere dei volontari all’ingresso che controllano il numero di quelli che entrano, dopo aver loro misurato la temperatura e offerto il gel disinfettante; potrà perciò succedere che uno arriva davanti alla chiesa e si sente dire che non può entrare? O sarà necessario prenotarsi? O dovremo procurarci in anticipo un gettone che indichi a quale messa possiamo accedere?

Questo coronavirus è riuscito a sconvolgere tutte le nostre certezze e le nostre abitudini più radicate.

Rosa canina.

E’ nata qualche anno fa tra le piante di alloro della siepe, certamente portata lì da qualche merlo.

Ora è diventata una bella pianta e puntualmente fiorisce a maggio, come si conviene alle rose. Ma lei è una rosa speciale: la chiamano rosa selvatica, ma a me piace di più dire “spontanea” .  Ogni anno la guardo meravigliata: è la rosa più antica, quella da cui sono derivate tutte le altre specie di rose, che ora mostrano le loro fioriture maestose. Lei no, è rimasta la semplice rosellina di milioni di anni fa, ed è riuscita ad arrivare fino a noi, sempre uguale, sempre semplice e immutabile e generosa con gli insetti che la visitano in cerca di cibo.

Guardarla è per me come tornare col pensiero alle origini della vita.

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Videoconferenza: sanità lombarda

Ieri sera c’è stata una videoconferenza coi consiglieri regionali Angelo Orsenigo e Gianni Girelli sulla situazione della sanità lombarda e su come è stata affrontata l’emergenza coronavirus.

Lo avevamo capito che qualcosa non aveva funzionato, che l’ingranaggio si era inceppato, ma forse non riuscivamo a immaginare fino a che livello di caos si fosse approdati.

La testimonianza di un assessore ai Servizi Sociali di un comune limitrofo, ha fatto capire quali situazioni hanno dovuto affrontare gli amministratori locali senza poter contare sul supporto nè  dell’ATS competente né di chicchessia:nessuna organizzazione, nessuna direttiva di comportamento, solo grandi parole scritte nelle numerose circolari che dipingono una realtà che non c’è.

Se questo è lo stato delle cose ancora oggi, non so con quale fiducia si possa affrontare la ormai mitica fase2.

Il mio amico Marco mi ha raccontato la storia di suo padre partigiano.

Nato nel 1921, rimase orfano a 5 anni della madre, morta partorendo la sorella Angela. Un altro fratello, Gaetano era nato nel 22. A 14 anni perse anche il padre, mio nonno Antonio, a causa di una ferita, mentre tagliava un albero nel podere dove era fattore.
Mio padre già lavorava dall’età di 11 anni alle Coltellerie di Caslino e con il fratello muratore, accudivano da soli la sorellina. Poiché era di carattere ribelle, si attirò le ire del Podestà di Proserpio e del Parroco che riuscirono a sottrarre ai due fratelli la sorellina, che venne portata alle Stelline di Milano e poi adottata da una famiglia con la quale mio padre non volle mai avere rapporti, trattandosi di impiegati fascisti della EIAR.
Lui divenne comunista durante la guerra, ma anche da ragazzo aborriva il Regime e i suoi esponenti o adepti.
Nonostante fosse orfano, a 19 anni, venne arruolato e inviato a Ventimiglia dove rimase alcuni mesi, quando ritirata di Russiafu dichiarata guerra alla Francia, senza partecipare ad alcuna operazione. Invece, credo a metà del 41, venne tradotto in Russia e partecipò alla riconquista di una postazione nei pressi di Nowo Kalitwa (era nella fanteria d’assalto) meritandosi la croce di guerra e acquisendo il grado di sergente maggiore. Purtroppo nelle varie peripezie smarrì la maggior parte dei documenti e non mi parlava volentieri di quanto aveva vissuto. Comunque, a quanto ricordo, partecipò alla disastrosa ritirata del Don e la conseguenza fu il parziale congelamento dei piedi.
Di  quei momenti raccontava solo con piacere l’episodio dell’incontro insperato con suo fratello sulla via del ritorno. Successivamente si sbandò (non so se disertò o se fu in seguito all’armistizio) e comunque, dopo qualche mese di latitanza, venne preso dai tedeschi e mandato in un campo di lavoro in Germania da dove fuggì dopo qualche mese. Arrivò con mezzi di fortuna in Svizzera dove conobbe degli antifascisti che lo indirizzarono alla Brigata Giustizia e Libertà nel Cuneese, comandata da Giorgio Bocca (da ragazzo ricordo che teneva da conto un libro dello scrittore con dedica autografa che purtroppo ho smarrito). Rimase aggregato ai partigiani fino al 25 aprile e al ritorno a casa ebbe l’amara sorpresa di sapere che i genitori adottivi della sorella si erano impossessati della sua misera abitazione vendendo tutti i mobili e gli oggetti suoi dei miei nonni. Conoscendo il suo carattere incazzoso, non oso immaginare quale fu la reazione!
Mi spiace di non aver annotato i racconti che sentivo da piccolo, che allora non è che mi interessassero molto e con mio zio non ne ho mai parlato o, se sì, non ricordo.
Ti allego il diploma della decorazione, un encomio del Sindaco di Proserpio e delle foto, purtroppo tutto in cattivo stato di conservazione.
marco

25 Aprile 2020.

Domani, 25 Aprile, sarà ancora una volta doveroso ricordare l’anniversario della Liberazione e  tutti quelli che si sono battuti per conquistare quei diritti di cui ora noi godiamo e che a volte consideriamo come ovvi e scontati quando invece tali non devono essere considerati mai.

Sarà un 25 Aprile triste: non potremo partecipare alle celebrazioni personalmente, fisicamente, ma questo non toglie che ognuno di noi debba testimoniare, come può, i valori su cui si fonda la nostra convivenza civile. Nel manifesto predisposto per l’occasione si dice che le cerimonie commemorative vedranno la presenza dei soli sindaci di Erba, Eupilio e Pusiano, ma col cuore ci saremo in tantissimi.

25 aprile 2020

Appello di Trapeiros.

20 lettera agli amministratori

Cliccando sul link soprastante, è possibile leggere l’appello che i “Trapeiros” della Comunità di Emmaus di Erba sta diffondendo .  Chiede aiuto per affrontare questo momento critico, visto che il loro settore, nei decreti di questi giorni, non compare tra le attività che possono chiedere contributi.

In fondo alla lettera è riportato l’IBAN.

Solo la solidarietà può consentirci di superare questi momenti di grave difficoltà per tutti.

Dopo un mese di clausura.

E’  da un mese che dura questa clausura: sono uscita una volta sola per fare la spesa e una volta per  una visita medica.

Sono sola in casa, quindi ho avuto modo di stare in silenzio per molte ore e di rabbrividire ogni volta che si sentiva l’urlo di una sirena  passare nella strada vicina, sia di giorno che nel cuore della notte.

Ogni volta il mio pensiero andava a chi era in quell’ambulanza: prima di tutto a colui che veniva portato all’ospedale  e poi a chi lo assisteva e a chi guidava il mezzo: tutti accomunati in una guerra  del tutto nuova senza avere la certezza di aver tra le mani le armi più adatte.

Immagino quanto sia terribile trovarsi improvvisamente trasformati in una fonte di contagio, essere diventati tutt’uno col virus che ti porti dentro: oltre alle sofferenze derivanti dalla malattia, che dicono essere terribili, deve essere straziante doversi sentire un pericolo per chi ti sta vicino e per chi ti soccorre .

So di persone anziane rimaste sole in casa in quarantena dopo aver visto morire più di un familiare….. dev’essere atroce essere da soli a piangere i propri cari senza averli potuti salutare un’ultima volta.

Se penso a queste cose, mi sento molto fortunata: sono al sicuro in casa mia e sto bene; posso spendere il mio tempo come più mi piace, posso cominciare mille cose e lasciarle a metà perchè so che potrò finirle poi, in un momento successivo, non c’è fretta… E le mie giornate sono per fortuna  rese meno monotone dalle telefonate e dai messaggi di figli, nipoti, amici e amiche.

Da un paio di giorni si sentono meno sirene di ambulanze e questo mi aveva fatto sperare in un rallentamento del contagio, cosa  che ieri i dati hanno confermato. I nostri sacrifici cominciano a dare frutti? Speriamo di sì e questa speranza deve renderci ancora più fermi e più convinti che stare alle regole è l’unica strada per uscire da questo incubo.