Tempesta di vento.

Muggisce come belva ferita tra i palazzi e per le vie, sospinge la poca gente che passa frettolosa tenendo il bavero del cappotto con le mani.

La furia del vento si accanisce contro ogni cosa; strapazza gli alberi, solleva e sbatte lontano gli arredi da giardino che aspettano l’estate e fa roteare immondizia di ogni genere insieme alle  foglie morte.

IO resto chiusa in casa e ascolto la voce rabbiosa del vento.

Tutti insieme appassionatamente.

Ieri sera sono andata con la mia amica D. , segretaria dell’UTE, alla riunione delle Associazioni cittadine, convocata dal Comune di Erba. Ero lì solo per fare compagnia alla mia amica e invece al momento dell’appello ho sentito chiamare il Centro Italiano Femminile, di cui sono presidente. Ero molto sorpresa e ho esitato un attimo a rispondere, tra i sorrisi divertiti dei presenti che non capivano il mio imbarazzo. Ho poi avuto modo di spiegarne il motivo quando mi è stata data la parola.

Erano tante le associazioni presenti e a ognuno dei loro rappresentanti è stato dato modo di presentare la propria attività e i propri progetti; è stato interessante scoprire quante forme diverse può assumere il volontariato, in quante direzioni si esprime la solidarietà e la voglia di cultura. Ho poi sentito in ogni intervento una grande passione per la propria associazione, nonostante la fatica di portarla avanti in tempi non certo facili.

Tutti, infatti, hanno espresso il rammarico per non poter più contare, da molti anni, sul sostegno economico dell’amministrazione comunale, ma tutti hanno convenuto che è bene conoscersi e incontrarsi per poter mettere in atto collaborazioni che mettano a frutto le rispettive competenze e consentano l’ottimizzazione delle scarse risorse disponibili: a guadagnarne sarà l’intera collettività cittadina.

Qualcuno, al momento del congedo, ha chiesto i programmi dell’UTE  e questo mi ha fatto piacere.

 

Ute: l’utilizzo delle farine (Angela D’Albis) – Il Vampiro: la paura del diverso. (Diana)

Alle 15.00, la dr.ssa Anna Sartori, titolare della nota pasticceria di Erba, ci ha parlato dell’utilizzo delle farine alimentari.

Ci ha spiegato che, in passato, soprattutto nei periodi di crisi, come durante le guerre, la cultura gastronomica era legata al nutrimento, perché c’era denutrizione.

Adesso che questo problema non c’è più, il cibo è più che altro un piacere. Tuttavia, questo passaggio della cultura gastronomica dalla necessità del nutrimento al piacere, ha reso i cibi sempre più “raffinati”. La raffinazione, cioè il rendere il cibo più “puro” e più “fine”, ha portato delle conseguenze sul nostro stile alimentare. Il processo di estrazione ha tolto l’equilibrio naturale del cibo. Per esempio, raffinare la farina, vuol dire togliere la crusca.

veleni bianchiDopo questa introduzione, la lezione si è focalizzata sull’uso delle farine.

La docente ha ribadito che la farina raffinata, cioè resa “pura” e “sottile”, può essere considerata un “veleno”. Sono quatto i “veleni” che hanno un impatto negativo sul nostro organismo: sale, zucchero raffinato, latte e farina.

La parola “farina” deriva da FAR – Farro e significa: prodotto della macinazione di frutti o semi.

Quindi, le farine sono prodotte da un’infinità di piante che hanno caratteristiche e proprietà diverse.

Per ricostruire l’equilibrio naturale dei cibi, ribadisce la docente, dobbiamo imparare ad ampliare la conoscenza dei vari tipi di alimenti e saper variare il loro utilizzo. Questo, però, senza dimenticare la “tradizione”.

Infatti, la dottoressa ha concluso la sua lezione parlandoci dei prodotti “tradizionali”, “emozionali” e “d’avanguardia”.

Come alla fine della scorsa lezione, c’è stata una degustazione che ha spiegato praticamente questi concetti. Abbiamo assaggiato un delizioso pezzettino del dolce tipico erbese “masigott” (prodotto tradizionale), un “crumiro” che ricordava i biscotti della nostra infanzia (prodotto emozionale) e un delizioso dolcetto fatto con farina di mais, riso, senza zucchero e senza uova (prodotto d’avanguardia).

________________________________________

Il prof. Galli, dopo aver ripercorso con noi lo sviluppo del mito del vampiro nella cultura popolare antica e poi la sua introduzione nella letteratura ad opera di numerosi scrittori a partire dall’ottocento, ha oggi concluso il suo ciclo di lezioni su questo tema parlandoci di alcuni scrittori italiani e stranieri che si sono ispirati a questo personaggio inquietante.

Nella letteratura italiana (tra le più gloriose e antiche in Europa), il romanzo giallo o horror è sempre stato ritenuto una produzione  di serie B, perciò non ci sono molte opere in questo campo.

Tra i primi a scrivere un racconto ispirato ai vampiri è stato Emilio Salgari: due fratelli partono dalla Sicilia e vanno in America in cerca di oro e, nella foresta, incontrano un grande pipistrello che si nutre del sangue di piccoli mammiferi.  Dopo una serie di avventure, i due tornano in Sicilia carichi di oro e vivono felici e contenti.

intervista col vampiroDopo Salgari, anche Daniele Oberto Marrama e Luigi Capuana  hanno scritto romanzi il cui protagonista è il vampiro; non ha resistito al fascino del personaggio nemmeno il famosissimo Conan Doyle, che, in un suo racconto, con la sua proverbiale razionalità, riesce a dimostrare che colei che era stata ritenuta una vampira è in realtà una creatura di grande altruismo.

L’invenzione del personaggio del vampiro è in definitiva la proiezione della paura del “diverso” e quando, alla  fine dell’ottocento, cominciarono  le prime manifestazioni delle suffragette, che rivendicavano parità di diritti rispetto agli uomini, eccole diventare nella mente di molti quel “diverso” di cui avere paura.  Un poeta come Baudelaire ha rappresentato la donna come creatura malvagia, dal fascino fatale, che porta alla perdizione.

Il terribile fenomeno dei femminicidi che riempiono quotidianamente le cronache odierne testimoniano come ancora molti uomini non riescano accettare che una donna rivendichi il suo diritto alla libertà di decidere della propria vita.   (nella foto un affascinante vampiro dei nostri giorni)

Teatro: U Parrinu”.

Sabato sera è stato un teatro gremito in ogni ordine di posti ad applaudire con grande commozione la fine dello spettacolo “U PARRINU” scritto e interpretato da Christian Di Domenico.

Un monologo, che ha come temi la legalità, la capacità di perdonare e di chiedere perdono, ha catturato l’attenzione degli spettatori,  in prevalenza  studenti delle scuole medie inferiori e superiori della città e del circondario.

Per quasi un’ora e mezza un silenzio assoluto ha accompagnato la performance dell’attore che ha raccontato come la sua vita sia stata intrecciata in vari momenti alla vita di don Puglisi  e ha messo in risalto il coraggio di un piccolo prete che ha trovato nella fede e nell’amore del prossimo la forza di sfidare la violenza mafiosa con la consapevolezza dei rischi cui andava incontro. Quel colpo di pistola che lo ha freddato crudamente davanti alla porta di casa non è arrivato certo inaspettato.

La scelta di mettere in scena questo monologo mi pare doppiamente indovinata;  infatti oltre a rendere onore alla memoria del beato don Puglisi, fa toccare con mano la crudeltà e la pervasività della mafia, in un momento in cui statistiche ben documentate testimoniano come la criminalità organizzata stia assediando anche queste nostre zone, un tempo estranee a questi fenomeni

 

UTE: Il conflitto costruttivo che fa bene alla relazione.

Dopo avere richiamato i concetti esposti nella lezione precedente, la dr.ssa Todaro ha affrontato un argomento molto  interessante: come risolvere i conflitti nella comunicazione, in modo da non mettere in crisi le relazioni, ma anzi migliorarle.

conflittiOgni conflitto si può riportare alla relazione genitori/figli, infatti in ogni situazione c’ è una persona che ha un ruolo di “superiorità” e un altro che tenderebbe a soccombere. I contrasti nascono dal fatto che ognuno di noi è diverso dagli altri, ha idee e bisogni diversi, ma se affrontati in modo positivo possono diventare un’occasione per capirsi più a fondo. Non è bene evitare ad ogni costo i conflitti, perchè questo non farebbe che creare barriere difficili da abbattere  in seguito.

Il conflitto è distruttivo quando uno dei due vuole per forza imporre il suo parere, anche a costo di umiliare l’altro, per questo quando si sta per litigare è bene chiedersi quanto sia importante per noi la persona con cui stiamo portando avanti questo conflitto: vale la pena di rompere la relazione? Se la risposta è “no” si deve cercare, attraverso l’autocontrollo, di arrivare a una soluzione condivisa: nessuno dei due contendenti deve risultare perdente.

Se siamo in condizione di dover fare delle critiche, esse devono mirare a ottenere un risultato positivo, mantenendo aperto il dialogo. Le critiche devono essere dirette e fatte in privato, devono essere chiare, e prive di ironia e far intravedere una soluzione realistica.

Nei conflitti bisogna essere assertivi, cioè non aggressivi né passivi, tenendo sempre presenti:  il rispetto dovuto all’interlocutore, i suoi diritti e i suoi bisogni.  L’assertività produce autostima, fiducia e dignità.

E’ importante anche la metacomunicazione, cioè saper riflettere sul tipo dio comunicazione che stiamo mettendo in atto, per saper capire quando è opportuno allentare la tensione con una battuta, con frasi come ” Sto scherzando!” o “E’ un ordine” (verso un bambino recalcitrante).

Perchè i litigi siano occasioni positive, costruttive, è bene tenere sempre al centro della nostra attenzione il nostro interlocutore, ascoltarsi per capirsi bene, focalizzare bene il problema e non rivangare il passato.

La lezione è terminata con un bell’aforisma di Mark Twain: “Se uno ha un dollaro e tu hai un dollaro e ve lo scambiate, resterete come prima; ma se uno ha un’udea e tu ne hai un’altra e ve le scambiate, avrete due idee ognuno” (e forse una terza risultante come sintesi delle prime due).

E’ stata una lezione interessante, che sarebbe molto utile riproporre a gente di mia conoscenza.

Ute: Giuditta Bellerio Sidoli (A. D’Albis)- La mano (Diana)

Giuditta Bellerio SidoliLa Professoressa Chiesa ci parla oggi di un’altra donna, eroina invisibile del Risorgimento, militante repubblicana, compagna dimenticata di Giuseppe Mazzini: Giuditta Bellerio Sidoli.

Prima di introdurre la figura di questa eroina, che nessuno più ricorda e che non viene citata nei libri di Storia, la docente espone in breve la vita e il pensiero politico di Giuseppe Mazzini.

Nasce a Genova nel 1805 e viene educato ai principi morali del Giansenismo dalla madre, che influisce sull’educazione del figlio e sarà sempre una sua instancabile sostenitrice.

Dopo essersi iscritto a Medicina, per compiacere il padre, Giuseppe Mazzini cambia facoltà, si iscrive a Legge, si laurea e diventa carbonaro.

A causa delle sue attività sovversive, fugge in Francia dove, nel 1831, fonda la Giovine Italia, associazione politica che aveva come obiettivo quello di riunire gli stati italiani in una sola repubblica. In seguito fonda anche la Giovane Europa. Mazzini crede nell’ideale repubblicano, nel suffragio universale e in una maggiore giustizia sociale.

Purtroppo, tutti i moti mazziniani falliscono. Mazzini si sente sconfortato ed entra in uno stato di crisi nota come “tempesta del dubbio”. Egli si sente responsabile di aver sacrificato tante vite in tentativi destinati al fallimento. Solo la madre lo sostiene moralmente.

La docente ci dice che, probabilmente, la causa del fallimento dei moti mazziniani è stata l’incapacità di Mazzini di coinvolgere i contadini e la borghesia.

Pur non andando d’accordo con Cavour, che vuole l’Italia unita monarchica, Mazzini appoggia la spedizione dei Mille di Garibaldi che considera una valida opposizione a Cavour. Continue reading “Ute: Giuditta Bellerio Sidoli (A. D’Albis)- La mano (Diana)”

Ute: Paolo Malaguti – i Profeti.

La prof.ssa Granata che è solita aggiornarci sulle novità letterarie, oggi ci ha parlato di un giovane scrittore veneto: Paolo Malaguti, che ha ormai al suo attivo numerose opere.

Paolo MalagutiLa prima si intitola: “SILLABARIO VENETO” in cui l’autore riporta parole in dialetto veneto con la loro etimologia e ad esse associa episodi autobiografici e ricordi di vario genere.

Due anni dopo, Malaguti pubblica “LUNGO LA PEDEMONTANA” in cui racconta i cambiamenti avvenuti nel territorio del Grappa, che lui scopre percorrendolo in bicicletta.

Il primo romanzo “SUL GRAPPA DOPO LA VITTORIA” è del 2009. Il protagonista è un bambino che racconta episodi sempre taciuti della Grande Guerra, come ad esempio dopo la disfatta di Caporetto molte famiglie siano state allontanate dalle loro case, requisite per alloggiare soldati e ufficiali; racconta anche le brutalità compiute da soldati e disertori.

Continue reading “Ute: Paolo Malaguti – i Profeti.”