UTE: Biodiversità – La poesia femminile del ‘500

Il prof. Gatti aveva interrotto il suo discorso nell’ultima lezione con la promessa di parlarci di un particolare prodotto comasco: la cipolla di Brunate; ecco che, mantenendo la parola data, oggi ci ha puntualmente aggiornato su questo prodotto, che aveva rischiato di scomparire, ma che ora sta beneficiando dell’interesse di molti appassionati, che hanno dato vita a un’associazione.

I suoi bulbi hanno forme e dimensioni variabili, l’interno è bianco ed emana profumo intenso; viene seminata a marzo e la sua pianta ha un ciclo biennale. Dopo essere stata trascurata per parecchio tempo, ora viene rimessa in commercio. Viene utilizzata in gastronomia e viene apprezzata per il suo sapore delicato; la sua polpa è croccante e viene utilizzata per piatti tipici come la zuppa di cipolle, la luganiga e cipolle e la fitascetta (piatto povero della tradizione comasca).

Sono certamente rare le specie autoctone di ortaggi, infatti la maggior parte delle specie coltivate oggigiorno sono state introdotte in Italia prima dai Greci e dai Romani, poi altre sono state importate dall’America dopo il 1492.

Con l’andare del tempo, le piante si adattano alle condizioni ambientali in cui vivono e ciò ha dato origine a varietà locali con caratteristiche specifiche; a creare tale varietà di prodotti, ha contribuito anche la separazione per molti secoli dei vari staterelli che erano presenti sul territorio italiano.

Ma, oggi, la biodiversità è fortemente minacciata anche nell’ambito degli ortaggi, perché, per esigenze commerciali, vengono privilegiati i prodotti uniformi, di bell’aspetto e adatti alla commercializzazione, mentre vengono abbandonate le specie meno produttive.

Chi vuole oggi praticare un’agricoltura eco-compatibile, deve trasformare la propria azienda e affiancare alla produzione agricola servizi diversi; fortunatamente si va facendo strada una più raffinata sensibilità dei consumatori che sanno apprezzare i prodotti più ecologici e più “naturali”

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LA POESIA FEMMINILE DEL ‘500 – Prima dell’invenzione della stampa i libri erano merce molto rara e costosissima. Infatti la pergamena richiedeva una lunga preparazione e i testi dovevano essere scritti a mano, perciò possedere un libro era paragonabile a possedere oggi un’auto Ferrari!! . Così ha esordito oggi la prof. Granata per poi proseguire con il tema della sua lezione.

Con l’invenzione della stampa il libro diventa più accessibile e si presta a una lettura personale più intima; a Venezia lo stampatore Aldo Manuzio introdusse molte innovazioni nell’arte della stampa e stampò (nel 1501) i primi libri tascabili (Virgilio, Petrarca).

Nel 1520, l’Italia era disastrata e il mecenatismo era in decadenza, tuttavia si diffuse la pubblicazione di diversi trattati: su come si doveva comportare il Principe, su come ci si doveva comportare a corte o a tavola. In quel periodo però le pubblicazioni risentivano delle parlate locali perché erano infarcite di termini usati solo in certe zone. Fu a questo punto che Pietro Bembo cercò di stabilire delle regole che valessero per tutto il territorio italiano e decise che chi voleva scrivere in poesia dovesse rifarsi al linguaggio e allo stile del Petrarca e chi volesse scrivere in prosa doveva avere come modello il Boccaccio. A poco a poco il linguaggio del Petrarca entra nella comunicazione quotidiana fino a diventare una moda.

E’ a questo punto che cominciano ad affermarsi anche delle poetesse; provenivano dalla nobiltà e accoglievano amici e intellettuali nei loro salotti per discutere di filosofia e di letteratura. Tra queste donne ricordiamo soprattutto Vittoria Colonna e Gaspara Stampa. Quest’ultima è musicista e cantante e scrive poesie per l’innamorato che l’ha lasciata. Riorto qui una delle sue composizioni

O diletti d’amor dubbi e fugaci,
O speranza che s’alza e cade spesso,
E nasce e more in un momento istesso
O poca fede, o poche lunghe paci! 

Quegli a cui dissi: -Tu solo mi piaci,- 
È pur tornato, io l’ho pur sempre presso,
Io pur mi specchio e mi compiaccio in esso,
E ne’ begli occhi suoi chiari e vivaci;

E tuttavia nel cor mi rode un verme
Di fredda gelosia, freddo timore
Di tosto tosto senza lui vederme

Rendi tu vana la mia tema, Amore,
Tu, che beata e lieta poi tenerme
Conservandomi fido il mio signore.

Oggi si festeggia S. Ambrogio.

Ambrogio nacque a Treviri nella Gallia, con molta probabilità nel 334, da un alto funzionario dell’amministrazione imperiale. Morto il padre quando Ambrogio era ancora bambino, la madre si trasferì con i figli, il piccolo Ambrogio, Marcellina e Satiro, a Roma. Non sappiamo molto dell’infanzia e dell’adolescenza di Ambrogio. Dopo il primo corso scolastico, secondo l’uso dei tempi passò agli studi di retorica. Ebbe una formazione non solo letteraria, ma anche giuridica e musicale e nella sua famiglia ricevette una solida educazione cristiana; ma rimase catecumeno.
A 25 anni fu inviato, come prefetto del pretorio, a Sirmio in Pannonia; nel 370 circa, passò, come governatore, nella provincia della Liguria e dell’Emilia e poi a Milano. Qui esercitò la magistratura in maniera tanto “equa e paterna” da attirarsi la benevolenza di tutti. Presente nel momento in cui la popolazione era in agitazione per l’elezione del nuovo vescovo, nell’aperta contesa tra ariani e cattolici, mentre Ambrogio s’interponeva con abilità per moderare i tumulti, una voce di fanciullo esclamò: “Ambrogio vescovo! ”. La folla accolse l’indicazione di quella voce e ne fece un grido insistente. Dopo il primo smarrimento, Ambrogio si arrese alla volontà di Dio manifestata attraverso il popolo. Fu battezzato il 30 novembre 373, e il 17 dicembre consacrato vescovo.
Il fratello Satiro lasciò Roma e la sua carriera di alto funzionario statale per venirgli in aiuto nell’amministrazione della diocesi e nella fabbrica delle chiese. Satiro morì pochi anni dopo, nel 378, e Ambrogio ne fece l’elogio funebre in due omelie, che sono un documento di amore fraterno e di speranza cristiana.
A Milano Ambrogio fu molto amato e apprezzato, per la ricchezza umana della sua persona e per la sua evangelica coerenza: egli infatti cedette i suoi beni alla Chiesa, riservandone solo l’usufrutto alla sorella monaca Marcellina, mentre egli visse in semplicità e sobrietà, cercando di aiutare tutti coloro che bussavano alla sua porta. Svolse un’attività pastorale intensissima, senza trascurare la frequentazione assidua della Scrittura. Ne sono testimonianza i numerosi scritti che ci ha lasciato, commenti esegetici, opere morali e ascetiche, elaborazioni dogmatiche e inni.
Con gli imperatori seppe tenere un atteggiamento mite e forte a un tempo, ottenendo il loro appoggio per porre fine alla questione ariana. Con i vescovi convocati al Concilio di Aquileia infatti, nel settembre 381, riuscì a chiudere la lunga stagione delle controversie che avevano diviso i cristiani.
Ambrogio morì a 57 anni d’età (23 d’episcopato) il 4 aprile, all’alba del sabato santo.

(dal sito chiesa di milano.it)

UTE – Letteratura coloniale – Don Milani: il Priore

Il periodo coloniale è caratterizzato da due tipi di letteratura:

  • racconti di viaggi di esplorazione dell’Africa come quelli di Gabriele Casati (Lesmo 1811 – Monticello Brianza 1882) :
  • romanzi romantico-decadenti incentrati sui misteri delle foreste equatoriali, sul fascino delle donne africane, sugli indigeni rappresentati come selvaggi e incivili, sulla bellezza di una terra incontaminata rispetto alla civiltà occidentale corrotta.
  • Tra gli scrittori di questa corrente troviamo Ferdinando Martini: governatore in Eritrea, fa un’analisi realistica dell’Africa, scevra da esotismi; non crede alla missione civilizzatrice, ma ritiene inevitabile la conquista di quelle terre da parte dei paesi più progrediti tecnologicamente.
  • Alfredo Oriani ritiene che l’Italia abbia una irrevocabile missione civilizzatrice assegnatale dal destino. Fu molto esaltato in epoca fascista dopo la sua morte
  • Enrico Corradini si rifà ad Oriani e fa suo il mito del “superuomo” di D’Annunzio. Afferma che le nazioni devono conquistare “un posto al sole” dove far confluire i propri emigranti (tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 furono 10milioni gli Italiani che migrarono verso Argentina e Stati Uniti). Nel 1911 appoggia la guerra per la conquista della Libia ed esprime disprezzo per Arabi e Turchi.
  • Giovanni Pascoli è un grande innovatore della poesia ottocentesca per i temi scelti e per la sensibilità nuova. Anche Pascoli appoggia le guerre di conquista, perchè vede come una tragedia il fenomeno della migrazione. Scrive poesie sulle sconfitte italiane in Africa, ma tali composizioni suonano come “forzate”, non spontanee: i temi nazionalistici non gli si addicono.
  • Gabriele D’Annunzio è un sostenitore dei regimi autoritari, appoggia la guerra in Libia, definisce il Mediterraneo “mare nostro” (come i Latini) ed esalta il mondo romano. Riporto qui di seguito le prime due terzine de “La canzone d’oltremare”

I miei lauri gettai sotto i tuoi piedi,

o Vittoria senz’ali. Ê giunta l’ora.

  • Tu sorridi alla terra che tu predi.
  • Italia! Dall’ardor che mi divora
  • sorge un canto più fresco del mattino,
  • mentre di te l’esilio si colora……
  • Ringrazio il prof, Galli per avermi fatto conoscere un aspetto di Pascoli che non sospettavo
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  • DON MILANI – Nominato Priore a Barbiana, apre subito una scuola serale per gli adulti, ma a causa dell’emigrazioni di questi verso la pianura, la sua scuola si svuota e don Milani allora rivolge la sua attenzione ai ragazzi e convince i genitori dell’importanza dell’istruzione. Comincia con un doposcuola gratuito aperto tutto l’anno, poi i ragazzi studiano a Barbiana e sostengono gli esami nelle scuole statali. Fa leva sulla lettura dei quotidiani perché ritiene prioritaria la padronanza della parola. Offre occasioni di viaggio ai suoi ragazzi, che tratta da padre. La scuola deve essere democratica, cioè offrire a tutti le stesse possibilità, ma gli insegnanti devono assumere un ruolo di guida.
  • Don Milani amava profondamente la Chiesa e per questo criticava aspramente ciò che non riteneva giusto, per questo si attirò l’ostilità delle gerarchie. Accadde anche in occasione di una sua lettera ai cappellani militari in cui sosteneva e caldeggiava l’obiezione di coscienza, in un momento in cui essa veniva punita con il carcere.
  • Nel 1960 comparvero i primi sintomi della malattia che lo porterà alla morte qualche anno dopo.
  • Sempre interessante e piacevole seguire le lezioni del prof. Cossi. Grazie!
  • (P.S. : mi scuso per la stranezza dell’impostazione grafica, ma non sono riuscita a correggerla)

UTE: Le Signorie minori: i Della Scala – Cure palliative: come, dove, quando

La nostra apprezzata e carissima docente Alberta Chiesa ha intrapreso, con questa lezione, un nuovo ciclo di lezioni su un aspetto della nostra storia non molto conosciuto dai più: le Signorie minori.

Per comprendere come siano nate le Signorie, fenomeno marcatamente italiano, bisogna rifarsi al periodo in cui le città italiane sono diventate Comuni. Il nord Italia e parte del centro costituivano il Regno d’Italia facevano parte del Sacro Romano Impero, ma per le ricorrenti lotte di successione, erano spesso abbandonati a sé stessi e l’unica autorità riconosciuta e riconoscibile era quella dei vescovi, che divennero capi religiosi e capi politici. Successivamente furono le famiglie dei nobili a prendere il governo delle città eleggendo uno o più Consoli, ma siccome erano frequenti le lotte per contendersi queste cariche, si pensò di chiamare un Podestà che veniva da fuori città. I contrasti con i Comuni vicini erano frequentissimi e si sentì quindi la necessità di nominare un Capitano del Popolo per guidare l’esercito, appoggiato dalle famiglie più influenti. Sparirono gli organi elettivi e questa carica divenne ereditaria: da quel momento ebbero inizio le Signorie.

Alla fine del ‘300, tramonta il teocentrismo che aveva caratterizzato tutto il Medio Evo e si afferma un nuovo Umanesimo: l’arte non ebbe più soltanto carattere religioso e il mecenatismo dei Signori fece sì che venissero incoraggiate tutte le arti: le città si arricchirono di tesori inestimabili e le residenze nobiliari sfoggiavano la potenza dei loro possessori tramite opere che ancora oggi ammiriamo.

Oltre alle Signorie più conosciute (Visconti, Sforza, Medici) nelle città più piccole si affermarono Signorie minori, tra queste la nostra docente ci ha illustrato la storia degli Scaligeri di Verona.

La città veneta divenne Comune nel 1136 con la nomina di 3 consoli, ma già 30 anni dopo venne chiamato il Podestà Ezzelino i cui discendenti si imposero come Signori della città di Verona. E’ nel 1181 che Arduino Della Scala ottiene il governo della città e la sua famiglia mantenne il potere per quasi due secoli. Tra gli Scaligeri il più conosciuto è Cangrande, grande Mecenate che abbellì la città con palazzi lussuosi e la fortificò con mura possenti merlate a coda di rondine come si usava nelle città ghibelline.

La Signoria degli Scaligeri terminò quando l’ultima discendente sposò Bernabò Visconti e la Marca veronese venne annessa al Ducato di Milano.

Dante fu ospite di Cangrande della Scala e a lui dedicò alcuni versi nel Canto XVII del Paradiso.

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CURE PALLIATIVE – Il dr. Giuseppe D’Amico ci ha proposto un approfondimento del tema su cui vertono le sue lezioni: le modalità di attivazione delle cure palliative.

Quando un malato non risponde più alle cure specifiche, bisogna valutare l’accesso alle cure palliative dopo aver preso in considerazione gli ultimi accertamenti clinici, le condizioni di vita del paziente, la sua autonomia, l’alimentazione e il numero dei ricoveri ospedalieri negli ultimi 6 mesi.

In Italia varie associazioni di medici hanno prodotto delle schede tendenti proprio a valutare la qualità della vita del paziente; tali schede possono essere compilate dal medico o dai familiari e vengono inviate all’ente erogatore delle cure palliative, il quale deve rispondere entro le 24 ore successive.

Si ha quindi un colloquio mirato a conoscere la situazione del paziente, della famiglia e le condizioni abitative (se consentono o meno la presenza di un care-giver). Il colloquio serve anche a spiegare chiaramente a cosa servono le cure palliative, che non possono avere come scopo la guarigione, ma mirano a controllare i sintomi della malattia; inoltre alla fine del colloquio si definisce anche dove potranno essere somministrate le cure: domicilio, Hospice o ambulatorio.

Il cedro pendulo.

lo abbiamo piantato più di quarant’anni fa. Era un esile alberello dall’aria piuttosto triste con quei suoi pochi rametti che parevano davvero piangere. Poi col passare degli anni si è fatto via via più robusto e si è resa necessaria una prima potatura per liberarlo dai rami secchi.

Ora il cedro ha preso tanto coraggio e tanta forza da invadere tutta l’aiuola e da tentare di sconfinare nei giardini vicini. I giardinieri in questo momento lo stanno ridimensionando e io vedo con un po’ di tristezza cadere a poco a poco rami piccoli e grandi. Ci sarà meno spazio per i nidi la prossima primavera, ma il cedro potrà rifiorire e avere una nuova giovinezza.

UTE: Varietà degli esseri viventi presenti sulla terra – Don Milani e i poveri di Sa. Donato.

Proseguendo il discorso cominciato nella lezione precedente, il dr. Gatti ha posto questa domanda: Come preservare la biodiversità?

Vi sono molti modi per preservare la biodiversità: prima di tutto bisogna proteggere le specie a rischio e conservare il loro habitat, combattendo l’inquinamento, immagazzinando, ove necessario, il patrimonio genetico di specie a rischio di estinzione e reintroducendo nell’ambiente esemplari di specie ormai non più presenti localmente. Anche diffondere la conoscenza delle specie a rischio è un modo per favorirne la sopravvivenza.

Gli ambienti, che più hanno subito mutazioni a causa dell’azione dell’uomo, sono le aziende agricole, dove, per motivi di produttività, è stata ridotta radicalmente la biodiversità, abbandonando le specie meno redditizie a favore di quelle con rendimento più vantaggioso. Un tempo le famiglie che vivevano di agricoltura, miravano all’autosufficienza, coltivando specie diverse, ora (a partire dai primi anni 60 del secolo scorso) per la diminuzione di mano d’opera e per l’introduzione di macchine agricole sempre più potenti, si è arrivati alla specializzazione delle aziende, che , a volte, producono un solo tipo di prodotto. Inoltre, poiché le specie coltivate sono più vulnerabili di quelle spontanee, si è resa necessaria l’introduzione di prodotti chimici che hanno inquinato i terreni.

La perdita di biodiversità è un danno per tutto l’ambiente e per la cultura, perchè si perdono tutte quelle conoscenze che per secoli i nostri antenati si sono tramandati di generazione in generazione.

I cereali sono la specie più colpita dall’erosione della biodiversità, infatti dall’inizio del ‘900 ad oggi è scomparso il 90% delle specie di cereali. Sono presenti ad oggi in particolare due tipi di frumento: il grano tenero per la panificazione e la dolceria, il grano duro per la produzione di pasta. Si sta cercando di proteggere il grano “Senatore Cappelli” meno diffuso (nonostante non richieda l’uso di antiparassitari), perché richiede tempi più lunghi per la pastificazione contenendo meno glutine delle altre specie. In sintesi: le cause della diminuzione della biodiversità sono: la ricerca di maggiore produttività, ragioni di mercato e nuove metodologie di coltivazione.

Alla fine il dr. Gatti ci ha mostrato un prodotto del suo orto, che è una vera rarità: la cipolla di Brunate, di cui ci parlerà nella prossima lezione.

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DON MILANI – La prima destinazione di don Lorenzo dopo la sua ordinazione sacerdotale è stata la parrocchia di San Donato di Calenzano, dove il vecchio parroco provava per lui affetto e stima. Alla morte (1953) di quest’ultimo, però, il giovane prete venne chiamato in curia, dove gli furono contestate le sue simpatie per i giovani operai comunisti della sua parrocchia, che egli accoglieva nella sua scuola serale e le sue provocatorie omelie in tempo di campagna elettorale.

E’ per queste sue posizioni che nel 1954 don Milano viene trasferito a Barbiana, una piccolissima parrocchia sull’Appennino, nella cui canonica non c’era né luce, né telefono, né acqua corrente. Anche nella nuova parrocchia don Lorenzo apre subito una scuola serale, convinto com’è che lo sviluppo intellettuale vada di pari passo con lo sviluppo del linguaggio e che sia essenziale insegnare prima di tutto a leggere e a scrivere perché la fede verrà di conseguenza.

E’ nella quiete di Barbiana che scrive il suo primo libro “Esperienze pastorali”, il quale ottiene l’imprimatur del vescovo, ma suscita poi aspre critiche e accuse di eresia da parte di importanti critici cattolici, che gli contestano l’appoggio alle organizzazioni sindacali, le critiche ai cattolici impegnati in politica per la loro scrsa incisività sulle politiche nazionali che privilegiano i ricchi.

In seguito a queste reazioni così negative, il vescovo di Firenze, Dalla Costa, ordina il ritiro del libro dal commercio e l’ “Osservatore Romano” arriva a dire che il libro “non doveva essere pubblicato”.

Don Milani amava profondamente la Chiesa e voleva rinnovarla dall’interno (sull’esempio di San Francesco).

Il prof. Cossi è un grande affabulatore e le sue lezioni sono sempre piacevoli da seguire e interessanti: tutti manifestano grande gradimento.

UTE: Antibiotico-resistenza – Organizzazione aziendale: le risorse umane.

Il nostro Presidente, Umberto Filippi, oggi ci ha intrattenuto su un argomento di particolare attualità: la settimana dal 18 al 24 novembre è infatti dedicata all’uso consapevole degli antibiotici, che sono una grande risorsa per difendere la nostra salute, ma purtroppo vengono mal usati e sono diventati una causa di morte: 33mila morti in Europa, di cui 10mila solo in Italia (dati del 2022).

Gli antibiotici sono di diverse specie e hanno una tossicità selettiva, cioè sono in grado di contrastare generi specifici di batteri. Sono stati scoperti casualmente da Jan Fleming nel 1928, ma sono stati applicati solo nel 1941.

Possono essere battericidi o batteriostatici a seconda del modo in cui aggrediscono i batteri.

Vengono usati sia nella terapia di patologie che colpiscono le persone, ma vengono utilizzati anche in agricoltura, in zootecnia e in veterinaria.

Come già detto, questo largo uso di tali farmaci ha portato all’insorgere dell’antibiotico-resistenza (la cartina che segue illustra dove questo fenomeno è più diffuso)

A questo punto ci si può chiedere: cos’è l’antibiotico-resistenza? E’ la capacità di un batterio di non soccombere sotto l’azione dell’antibiotico.

E’ accaduto (o forse accade ancora) che in zootecnia sono stati usati questi farmaci per curare malattie degli animali , ma anche per prevenirle, mescolando l’antibiotico al mangime. Questo ha ingenerato una mutazione del batterio, che non viene più debellato quando colpisce l’uomo. A questo punto è intervenuta una veterinaria presente in sala per puntualizzare che la prassi corretta, seguita dagli allevatori (ma ci sono sempre i furbetti) è quella di somministrare il farmaco solo in caso di necessità e solo agli animali colpiti dal batterio; inoltre è previsto per legge un periodo di sospensione del trattamento farmacologico prima che l’animale venga inviato al macello.

La mutazione dei batteri può avvenire in tre modi:

  1. Trasduzione: si verifica quando un virus attacca un batterio e ruba parte del suo DNA. Questo virus può quindi attaccare un altro batterio e rilasciare i geni che ha preso precedentemente;
  2. Trasformazione: a volte ci sono geni che fluttuano nell’ambiente intorno ad un batterio. Il batterio può assorbire questi geni e aggiungerli al proprio DNA;
  3. Coniugazione: due batteri possono scambiare i geni fondendosi l’uno con l’altro e trasmettendo i geni l’uno all’altro attraverso una connessione.

E’ importante utilizzare gli antibiotici solo quando è necessario e assumerli secondo la prescrizione medica per tutto il tempo previsto; interrompere il trattamento potrebbe favorire la mutazione dei batteri e ingenerare antibiotico-resistenza. I medicinali scaduti vanno riciclati negli appositi contenitori presenti presso tutte le farmacie.

E’ stata una lezione esposta con la solita chiarezza e con un linguaggio accessibile a tutti i presenti, che hanno molto apprezzato.

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ORGANIZZAZIONE AZIENDALE: LE RISORSE UMANE – Il nostro socio Ermanno Forni e suo figlio Luca ci hanno intrattenuto su un argomento di cui sono particolarmente esperti, avendo avuto modo di lavorare in importanti aziende nazionali ed estere.

Dopo averci descritto la struttura e l’organigramma di una grande azienda , Ermanno ha focalizzato la sua presentazione sulle RISORSE UMANE, quel reparto di un’azienda che si occupa della gestione del personale.

E’ complesso il procedimento necessario per poter assumere un dipendente.

Il primo passo è la SELEZIONE: Bisogna prima di tutto delineare il PROFILO della posizione da coprire; vedere se si può fare un reclutamento interno all’azienda o se bisogna cercare all’esterno; si deve quindi procedere alla scrematura delle candidature pervenute e i candidati che hanno superato gli step precedenti verranno intervistati prima dal selezionatore e poi dal responsabile della funzione a cui il candidato deve essere applicato.

Si procede poi alla VALUTAZIONE: essa è prevista al termine del periodo di prova, ma vengono effettuate anche valutazioni periodiche per controllare il raggiungimento degli obiettivi e l’acquisizione di conoscenze e misurare il margine di miglioramento in vista di eventuali promozioni o aumento di retribuzione. I sistemi di valutazione sono nati negli anni del dopoguerra e non sempre sono adeguati alle condizioni mutate del mondo del lavoro, inoltre spesso sono utilizzati da persone poco qualificate e quindi è molto importante la formazione, che deve continuare per tutto il periodo lavorativo.

Il SISTEMA PREMIANTE – Dopo aver valutato le prestazioni degli individui, si può prevedere di premiare i meritevoli con strumenti monetari (aumento di stipendio) o non monetari (corsi di formazione, riconoscimenti pubblici); naturalmente l’azienda deve poter disporre di risorse adeguate.

Sono importanti per la gestione aziendale anche le RELAZIONI SINDACALI, che sono regolate dai contratti nazionale e aziendali.

Da questa lezione abbiamo potuto comprendere quanto sia complessa e difficile dirigere un’azienda.

Grazie , Luca! Grazie Ermanno!

Ute: Turner e il sublime – Evoluzione geologica e biologica dell’Africa.

William Turner (1775-1851) è uno dei pittori inglesi più rappresentativi e innovatori di inizio ‘800. E’ stato quello un periodo di grandi sconvolgimenti politici, sociali ed economici (rivoluzione industriale inglese) e la cultura, come sempre, ha rispecchiato tali eventi. Neo classicismo e Romanticismo interpretavano in modi diversi le sensibilità del tempo: il Neoclassicismo inseguiva il bello-ideale, frutto dell’ingegno umano (ad es. Canova tra gli scultori); il Romanticismo prediligeva in pittura gli ambienti naturali, variegati. Turner, tra i pittori romantici rappresenta la corrente del “Sublime” che si ispira a situazioni di terrore: calamità naturali, precipizi, incendi …. la natura non è governabile, né controllabile.

Turner fece la sua prima mostra all’età di 14 anni e fin da giovanissimo fu accolto nella Royal Academy. I suoi primi quadri traggono ispirazione dal pittore di paesaggi Claude Lorrain, ma ben presto trova un suo modo originale di esprimersi : a poco a poco scompare l’impostazione classica e le sue tele tendono non a descrivere il reale, ma a suscitare emozioni.

Il Naufragio – 1805

Con il passare degli anni la sua pittura si avvicina sempre più all’astrattismo (di cui è considerato un precursore): le forme sono sempre più sfumate e gli elementi naturali in movimento formano vortici potenti.

Nelle sue opere è anche presente il contrasto tra il passato glorioso e il presente dominato dalla tecnica come si vede nel quadro “La Temeraire trainata al suo ultimo ancoraggio” :

La Temeraire trainata verso l’ultimo ancoraggio.

la bella gloriosa nave che ha combattuto le battaglie contro Napoleone viene trainata da un battello a vapore verso il cantiere dove verrà smantellata.

Sono stati ritrovati molti suoi studi fatti ad acquerello che oggi possono essere considerati vere opere compiute e che richiamano la pittura astratta.

La prof. Beretta sa sempre intrattenere i suoi uditori in modo piacevole e coinvolgente: grazie!

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EVOLUZIONE GEOLOGICA E BIOLOGICA DELL’AFRICA – Quella di oggi del dr. Sassi è stata una lezione di BIOGEOGRAFIA che studia la distribuzione di animali e piante nelle diverse zone del nostro pianeta.

Per capire perchè in Africa non ci sono canguri e in Australia non ci sono elefanti, bisogna ricorrere alla geologia e tornare all’origine dei continenti. Come è risaputo un tempo (260 milioni di anni fa – periodo Permiano)) tutte le terre emerse erano unite tra loro a formare la PANGEA . Poi nel Triassico si cominciarono a delineare delle “spaccature” che si andarono via via accentuando nel Giurassico fino a essere più definiti nel Cretacico. Da questo momento le specie subirono evoluzioni diversificate nei vari continenti ormai separati tra loro

Già nel Triassico i mammiferi (la lezione del dr. Sassi ha dovuto necessariamente delimitare la sua analisi a queste specie) si erano diffusi in tutte le terre emerse, ma è nel Cretacico che compaiono i mammiferi veramente africani, pur continuando le migrazioni di animali dall’Eurasia all’Africa. Tra i veri africani troviamo: l’oritteropo, l’elefante, il lamantino, il dugongo, la talpa dorata, le varie specie di tenrec e altri.

E i leoni, le iene, le giraffe? Sono arrivati in Africa dal nord e i gorilla come le altre scimmie sono originari dell’Asia.

Molto piacevole anche questa lezione: il dr. Sassi non delude mai….