Aiutateci a ricordare!!!

Per ricordare la fine della Grande Guerra (1918), il gruppo culturale Lazzati della Parrocchia di Arcellasco, invita i concittadini ad aprire cassetti e scatoloni alla ricerca di foto e documenti che ricordino quell’evento e, insieme, si vorrebbe riportare alla luce i momenti sereni e laboriosi degli anni a seguire. A questa iniziativa è stato dato il titolo di “GUERRA E PACE”.

War or Peace
War or peace

Chi volesse rispondere a questo appello, deve scrivere dietro ogni documento (foto, poesie, lettere, cartoline…): nome, cognome e numero di telefono, quidi consegnare il tutto in busta chiusa in SEGRETERIA PARROCCHIALE ENTRO LA FINE DI APRILE.

Il materiale eventualmente raccolto verrà utilizzato per una possibile mostra e/o un calendario; sarà cura del gruppo culturale conservare con cura ogni documento e restituirlo a conclusione dell’iniziativa.

Quaresima, tra tradizioni e superstizioni.

Anche qui è cominciata la Quaresima, che, nel rito ambrosiano, dura 4 giorni in meno rispetto al rito romano.   L’imposizione delle ceneri non avviene perciò di mercoledì, ma la domenica e vuole  richiamarci a un rinnovamento spirituale a un rinnovato impegno.

Pare che la celebrazione della Quaresima (da quadragesima) risalga al II secolo dopo Cristo e che allora prevedesse non solo  l’astinenza dalle carni, ma anche da altri alimenti di origine  animale come il latte, il formaggio e le uova, per tutto il periodo quaresimale.

Durante la celebrazione dei riti religiosi in questo periodo il sacerdote indossa paramenti viola e si dice che l’ avversione della gente di teatro per questo colore sia legata al fatto che in Quaresima anticamente erano proibiti gli spettacoli teatrali e questo per gli attori significava non realizzare incassi e soffrire la fame.

“Nel territorio salentino si personificava la Quaresima con un fantoccio di paglia, chiamato “Quaremma, Coremma o Caremma“. Il fantoccio aveva le sembianze di una donna, vestita di nero, con in mano il fuso e la conocchia, si esponeva all’esterno delle case, sulle terrazze o sui balconi. In altre zone dell’Italia Meridionale la Quaremma veniva appesa ad un filo che correva da una casa all’altra, di finestra in finestra, per le vie del paese, e poi, pubblicamente bruciata o sparata con il fucile il giorno di Pasqua. Dare fuoco alla Quaremma metaforicamente significa dare fuoco alla povertà, bruciare collettivamente la miseria” (da Quaresima e Quaremma).

Buona Quaresima a tutti!

Quanti anni sono passati?

pierantonio-001Portavo ancora le calzine corte… Antonio era piccolissimo…forse quattro anni? E mia madre aveva ancora dei capelli scuri…

Ma eravamo già in vicolo Sport perciò la foto risale presumibilmente ai primi anni ’60.

Raccontando il Natale….

Il mio Natale: una volta , qualche tempo fa….oggi….
In Emilia, nel paese in cui sono nata, i bambini trovavano i regali ai piedi del letto il 13 Dicembre, perché era Santa Lucia che ci faceva trepidare di ansia e ci portava cose semplici, ma straordinarie: un libro o un giocattolo, qualche cioccolatino, un pupazzetto di zucchero, un mandarino!!
Per questo il Natale non era atteso per i doni sotto l’albero, ma per la festa che si sarebbe fatta in famiglia e il cui peso gravava quasi interamente sulle spalle già un po’ curve di mia madre.
L’antivigilia lei cominciava a preparare lo stracotto, che riempiva la casa di un inconfondibile buon profumo.
Nel primo pomeriggio della vigilia, poi, si metteva a impastare la sfoglia per i tortelli di zucca da mangiare la sera. Al suo richiamo, ci radunavamo tutti intorno al tavolo per provvedere a riempire e a richiudere le pastelle. Era un’operazione che impegnava tutta la famiglia: la nonna, le mie sorelle, mio padre e c’ero anche io, che ero la più piccola e che ogni tanto mi mangiavo qualche pizzico di ripieno. Era così buono: un po’ dolce e con quel sapore di amaretti che restava in bocca ….

La sera, dopo aver mangiato i tortelli, c’era sempre un pezzetto, (ma proprio un pezzetto) di anguilla marinata e il “cenone” era finito. Nel dopocena, si dovevano fare i tortellini per il giorno seguente e mia madre di nuovo al tagliere a impastare e a tirare col mattarello una sfoglia, che lei avvolgeva ogni tanto sul mattarello per poterla sollevare e guardare controluce per vedere se fosse sottile al punto giusto. La sua perizia faceva sì che “il pastèli” fossero quasi tutte della stessa grandezza. Noi, incaricate di riempirle, dovevamo misurare bene la quantità di ripieno, perché se qualche tortellino risultava troppo grande o troppo piccolo, mio padre protestava perché avrebbe disturbato la perfetta armonia che andava costruendo sul tavolo, allineando in perfetto ordine i tortellini che solo lui, dicevamo, sapeva richiudere alla perfezione.
L’operazione si protraeva per gran parte della sera e alla fine c’era chi andava a letto e chi andava alla Messa di mezzanotte, che a me piaceva in modo particolare per le luci e i canti che creavano un’atmosfera magica.
In quella occasione o la mattina seguente, tutti mettevano addosso qualcosa di nuovo: c’era chi sfoggiava il cappotto appena acquistato, chi i guanti, chi un copricapo di lana o anche solo un paio di calze.
Nella giornata di Natale non si facevano cose particolari all’infuori di gustare un pranzo più ricco del solito: ai tortellini in brodo, facevano seguito il lesso misto e il pollo arrosto con contorno di insalata e si finiva col panettone che mio fratello aveva avuto in regalo dai suoi datori di lavoro. Non mancavo mai di mettere la mia letterina piena di buoni propositi sotto il piatto del papà e poi mi toccava di recitare la poesia imparata a scuola….
Col passare degli anni il compito di fare i preparativi del Natale toccò a me, che vivevo con la mia famiglia qui in Brianza, lavoravo e dovevo trovare il modo di conciliare gli impegni scolastici, particolarmente onerosi a Natale, con i regali da acquistare, con il presepe e l’albero da preparare insieme ai miei bambini, con la stanchezza che mi prendeva immancabilmente in quel periodo…. Trascorrevamo la sera della vigilia insieme a zii e cuginetti, mangiando le “crispelle” o la “scacciata” e giocando a carte o al “mercante in fiera”, tutto come previsto dalle tradizioni siciliane della famiglia di mio marito.
Il giorno di Natale, a quei tempi, andavamo spesso dai nonni in Emilia, che facevano trovare qualche regaluccio per i bimbi. Se restavamo a casa, il pranzo di Natale era sempre particolarmente ricco, ma non avevo certo il tempo di fare i tortellini in casa… Era bello però nella notte andare a prendere i regali, là dove erano stati nascosti, e metterli sotto l’alberello o accanto al presepe ed era bellissimo vedere la meraviglia negli occhi dei miei bimbi al loro risveglio!!! Per alcuni anni, nelle giornate di Natale, venivano a farci gli auguri quattro fratellini di una famiglia molto povera; a loro i miei bambini davano un loro giocattolo, per rendere il loro Natale un po’ meno triste.
Ora il mio Natale dipende da come sarà il tempo, se permetterà o meno ai miei figli di venire qui, dipende dagli impegni che hanno i miei nipoti più grandi, dipende da lentezze burocratiche nella consegna di documenti e allora non so come sarà il mio prossimo Natale. Per ogni eventualità ho già messo in freezer i tortellini e le lasagne fatti a mano, ma con l’aiuto di una macchinetta per tirare la sfoglia e ho già pianificato e in parte acquistato i regali per figli, nuora, genero e per i cinque nipoti.
Mi auguro che possano venire tutti: la casa sarà di nuovo piena di movimento, di caos, di risate, come tanti anni fa…. per qualche giorno…

70 anni fa.

Settanta anni fa nasceva la nostra Costituzione! Io penso a quei saggi che l’hanno redatta: provenivano da aree culturali molto diverse tra loro e  la mattina in Parlamento si dividevano in maniera feroce, ma nel pomeriggio riuscivano a dimenticare i loro contrasti per scrivere i principi fondamentali della convivenza civile nel nostro paese.

Penso a quei saggi e non posso che inchinarmi alla loro saggezza, frutto anche delle sofferenze patite negli anni della dittatura. E, mentre penso a loro, mi viene alla mente quasi involontariamente il confronto con i nostri politici di oggi, che non sanno dimenticare gli interessi particolari in nome dell’interesse generale, che non sanno superare le proprie piccole ambizioni e non sanno guardare oltre il proprio orticello. Continuano a dividersi su tutto anche all’interno dello stesso partito.

La Costituzione ha quasi la mia stessa età e forse mostra qualche piccola ruga, ma ciò non toglie che sia un patrimonio prezioso di cui dobbiamo essere grati ai nostri padri e che potremo  consegnare con orgoglio ai nostri nipoti.

 

La notte di Guy Fawkes

guy-fawkesMentre sto scrivendo, continuano (da ore ormai) a esplodere in tutti i quartieri i fuochi d’artificio: è la notte di Guy Fawkes, ricorrenza festeggiata in tutto il Regno Unito e nelle ex-colonie.

Era il 1605 e il cattolico Guy Fawkes con alcuni compagni aveva predisposto un attentato al Palazzo di Westminster: voleva farlo saltare in aria durante la cerimonia di apertura del parlamento presenziata dal re Giacomo I. Una lettera anonima però svelò la congiura e Fawkes fu arrestato e torturato; insieme a lui furono impiccati o decapitati tutti i congiurati.

Da allora la ricorrenza viene festeggiata con fuochi d’artificio, mentre sui falò viene bruciato un fantoccio di stracci che rappresenta il traditore Guy Fawkes.

Un CIF da riscoprire (e il detersivo non c’entra…).

donne-del-cifEra il 1944. L’Italia era in piena guerra civile e, mentre gli uomini combattevano con le armi in pugno, le donne non stavano certo alla finestra ….C’erano le donne che lavoravano nelle fabbriche o sui mezzi pubblici, quelle che facevano parte dei gruppi partigiani e quelle che pensavano già al dopo, a quando la guerra sarebbe finita….

In quella situazione nacque il CIF (Centro Italiano Femminile …..da non confondere col noto detersivo….). Un gruppo di donne, di ispirazione cattolica, si riunì per dare vita a un’associazione che aveva come obiettivo la collaborazione con qualunque istituzione o associazione si prefiggesse di ricostruire materialmente , moralmente, politicamente e socialmente questo nostro paese distrutto da tanti anni di guerra e di dittatura.

Il CIF si diffuse in tutte le regioni e si dedicò all’assistenza di reduci e orfani di guerra, a promuovere tra le donne la coscienza dei propri diritti e del proprio valore sociale, a partecipare attivamente al dibattito politico in campo nazionale e internazionale.

Al mio arrivo a Erba ebbi notizia delle molteplici attività svolte dal CIF cittadino, poi il mondo anche femminile cominciò a correre vorticosamente e del CIF non sentii più parlare a lungo. Qualche tempo fa però, venni a sapere che se a Erba funziona tanto bene la benemerita Università della Terza Età si devono ringraziare soprattutto il Cif e le sue aderenti, che hanno profuso energie e ingegno senza risparmiarsi.

Oltre a questo, a Erba il CIF comunale e quello di Como organizzano e sostengono i corsi di “Volontariamo”, rivolti ai ragazzi delle Scuole superiori, sensibilizzando i giovani verso quel mondo di associazioni che si dedicano al sostegno di  quelli coi quali la vita è stata piuttosto avara e che per questo hanno bisogno della solidarietà altrui.

Fosse anche solo per questo, il CIF merita di continuare a vivere e di essere riscoperto.

 

Cuori grandi.

Uno studioso di storia locale raccontava una sera un fatto accaduto molto tempo fa nei dintorni di Erba.

Un giovane era stato ucciso, ma il suo assassino non era mai stato individuato; qualche tempo dopo arrivarono in paese dei predicatori e durante una delle loro prediche sulla necessità di convertirsi, l’assassino confessò pubblicamente il suo delitto e chiese perdono ai genitori della sua vittima. Questi, riconosciuta la sincerità del pentimento del giovane, non solo lo perdonarono, ma lo adottarono e lo accolsero nella loro casa.

Dopo aver ascoltato questo racconto avevo pensato che queste cose potevano accadere solo nel passato, in una società radicata a valori semplici e forti, ma oggi devo ricredermi: ci sono ancora persone capaci di gesti eroici, capaci di accogliere nel loro cuore le miserie altrui, di superare il ricordo del male ricevuto e di rendere bene per male.