S.Martino: storia, storie, lessico…

Oggi è S. Martino, la data che anticamente segnava la fine dei contratti agricoli e di affitto. Alla fine della raccolta dei frutti della campagna, si potevano chiudere i conti e  salutare i vecchi proprietari terrieri per cominciare una nuova vita altrove. Fare sanmartino era sinonimo di traslocare.

Ma chi era S. Martino di Tours? A prima vista si direbbe un francese, invece era ungherese di nascita,ma anche SAN-MARTINO-3 italiano per aver vissuto da piccolo a Pavia dove il padre aveva ottenuto un podere dopo il pensionamento dall’esercito; l’appellativo di Tours gli viene dall’essere morto in quella città francese di cui fu vescovo. Era infatti diventato cristiano dopo l’episodio più famoso della sua vita: il dono del mantello. Prendo da Wikipedia un brano che lo racconta.

 

In quanto circitor, eseguiva la ronda di notte e l’ispezione dei posti di guardia, nonché la sorveglianza notturna delle guarnigioni. Durante una di queste ronde avvenne l’episodio che gli cambiò la vita (e che ancora oggi è quello più ricordato e più usato dall’iconografia). Nel rigido inverno del 335 Martino incontrò un mendicante seminudo. Vedendolo sofferente, tagliò in due il suo mantello militare (la clamide bianca della guardia imperiale) e lo condivise con il mendicante. La notte seguente vide in sogno Gesù rivestito della metà del suo mantello militare. Udì Gesù dire ai suoi angeli: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito». Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. Il mantello miracoloso venne conservato come reliquia ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi dei Franchi.

Il termine latino per “mantello corto”, cappella, venne esteso alle persone incaricate di conservare il mantello di san Martino, i cappellani, e da questi venne applicato all’oratorio reale, che non era una chiesa, chiamato cappella.

Da questo brano sono stimolata a due riflessioni:

  • Martino non è cristiano, ma si comporta come tale. Dobbiamo abituarci a pensare che la sequela del bene non è prerogativa esclusiva di nessun credo.
  • Ho imparato l’etimologia della parola cappella e del suo derivato “cappellano”: grazie Wikipedia!

Chi salvò l’Europa.

monaci e agricolturaNel periodo che seguì la caduta del’Impero Romano, tutta l’Europa per secoli , come è noto, fu preda di continue incursioni barbariche che cancellarono anche il ricordo dell’antico splendore   delle civiltà classiche. A salvare non solo il patrimonio culturale e letterario preesistente, ma anche a valorizzare l’agricoltura, l’allevamento, Monaco-amanuense-300x231l’artigianato, a bonificare e dissodare terreni e a inventare macchine e tecnologie di grande efficacia furono i monaci benedettini. Per questo tutta l’Europa deve molto al monachesimo nato a Norcia, nel cuore dell’Umbria, terra che ha conservato per secoli e secoli le testimonianze di quel periodo storico.

Ora però il terremoto le ha cancellate forse  per sempre .

Una nuova avventura.

carpesino 1 MancardiAvete presente i calendari più famosi pubblicati ogni anno? Da quanto mi risulta non hanno finalità prettamente culturali, tranne alcune lodevoli eccezioni.

Il gruppo culturale cui appartengo ha deciso di prepararne uno sulla storia della parrocchia di Arcellasco, partendo dalle foto che hanno riscosso il maggior consenso durante la mostra estiva.  Le notizie sono state desunte dal Chronicum, il diario redatto dagli antichi parroci.

Non è stato facile sintetizzare le notizie, evidenziando quelle più significative e trascurando quelle meno importanti.

Ora siamo al punto in cui dobbiamo assemblare foto, didascalie , proverbi e flash storici, suddividendoli mese per mese. E’ un lavoro che ci impegna moltissimo ogni sera, ma è anche estremamente interessante e sto imparando tante cose di questa zona, in cui risiedo da oltre quarant’anni senza averne mai colto fino in fondo  le antiche contrapposizioni tra borgate, che forse spiegano tanti aspetti della vita odierna della comunità.

E’ proprio vero che non è mai troppo tardi per imparare.

Storia di Chico (terza ed ultima parte).

Erano rimasti a casa solo mio marito e  Chico. La cosa non era abituale. Telefonando a casa venni a sapere che il cagnolino stava male: non voleva mangiare, non voleva uscire e restava sdraiato immobile tutto il giorno. Eravamo preoccupati e mio marito si decise a portarlo dal veterinario. Questi lo visitò per bene poi quando volle guardargli in bocca, Chico veloce come un fulmine gli morse a sangue un dito. Il dottore arrabbiatissimo esclamò:- Se lo porti via! Questo cane sta meglio di me! sta facendo solo teatro! – E non volle nemmeno che gli venisse pagata la visita.

-Teatro? cosa ne sa un cagnolino di fare scene?-  Ci chiedevamo ….sembrava impossibile….. Eppure bastò che alla spicciolata rientrassimo tutti alla base perchè Chico cominciasse a scodinzolare felice e a saltare per la casa come al solito. L’assenza dei ragazzi e mia lo aveva immalinconito.

Passarono gli anni e mio marito dovette subire una pesantissima operazione. Dopo il ricovero venne dimesso con tanto di drenaggi e sacchetti pendenti. Faceva fatica a rilassarsi  e restava sulla poltrona fino a tardissimo ogni notte. Io rimanevo con lui, ma dopo alcuni giorni, quando la situazione sembrò abbastanza tranquilla , una sera dissi a mio marito che dovevo per forza coricarmi: ero troppo stanca. Salii in camera e stavo già per sdraiarmi, quando sentii arrivare Chico : era una piccola furia ! Girava su se stesso vorticosamente, andava sotto il letto e ne usciva , abbaiava (cosa che non faceva mai di sera) e non si diede pace finchè non scesi di nuovo. Aveva capito che il capobranco era in difficoltà e non voleva che lo lasciassi solo!

Negli ultimi anni era diventato pigro e se ci preparavamo  per andare a passeggio correva subito vicino a noi chiedendo che gli mettessimo il collare, ma se capiva che si usciva per fare la spesa (forse dal diverso tipo di scarpe che indossavamo o dai preparativi diversi) alzava appena la testa dalla sua cuccia come per dire “ciao!” e riprendeva a dormire.

Solo chi ha avuto un cane in casa sa che quanto ho raccontato non è frutto di fantasia; i cani partecipano davvero alla vita della famiglia e a volte aiutano anche al miglioramento delle relazioni familiari.

…. Storia di Chico (parte seconda).

I primi tempi furono piuttosto difficili. Chico non aveva capito che certe cose non si possono fare dove capita e per insegnargli a stare al mondo lo portavamo fuori a intervalli regolari, ma era troppo piccolo e non c’erano guinzagli su misura , perciò quando lo portavamo nel prato vicino il problema era che si rischiava di perderlo perchè spariva in mezzo all’erba. I vicini dicevano:- Dovete mettere un cartello con la scritta “attenti al cane: non calpestatelo!!”

Ma crebbe in fretta e allora lo portavamo su un prato in riva al  lago. La sua felicità nel vedersi libero in uno spazio così grande era commovente: cominciava a correre velocissimo con quelle sue gambette corte e quando era proprio al culmine del godimento nel sentirsi vivo e libero spiccava certi balzi impressionanti perchè per qualche istante pareva rimanere sospeso in aria . E come gli piaceva rotolarsi nell’erba fresca!!! Metteva gioia vederlo così felice.

Ho già detto come non tollerasse intrusioni nel suo territorio da parte di qualunque altro essere vivente non umano  e quando stava ancora imparando questo suo “mestiere” , spesso capitava che, abbaiando e correndo all’impazzata per impaurire il malcapitato intruso, non azionasse in tempo il suo sistema frenante e così andava a finire in un canaletto di drenaggio alla fine del giardino. In quei casi, forse per ingannare eventuali nemici,  non abbaiava, ma emetteva dei piccoli versi più simili a un cinguettio che al guaito di un cane impaurito. E quando finalmente riuscivamo a trovarlo e a ripescarlo, tremava come una foglia.

A un certo punto mia figlia, la maggiore, che Chico considerava un po’ come sua mamma, se ne andò in Inghilterra. Quando tornava e andavamo a prenderla all’aeroporto non sapeva contenere la sua gioia , ma quando poi lei si apprestava a fare la valigia per ripartire, lui capiva subito cosa stava per  accadere: andava a nascondersi sotto il lettone e non c’era verso di farlo uscire. Soffriva terribilmente.

A cinque anni a un certo punto smise di correre e di giocare: era diventato cieco! La sua razza è stata  selezionata  in Inghilterra  perchè i cagnolini cacciassero i topi nelle miniere e perciò hanno nella vista il loro punto debole. Fu operato di cataratta alla clinica universitaria della facoltà di veterinaria di Milano . Dovevo mettergli ogni giorno delle gocce negli occhi e lui, che aveva capito tutto, appena prendevo in mano il flaconcino del medicinale si metteva seduto sulle zampe posteriori e aspettava fermo, immobile che completassi l’operazione.

Storia di Chico (prima parte)

cucciolo yorkshiere– Ci mancava solo il cane!!! –  Questo fu il mio primo pensiero ( che non mancai di esprimere con un certo vigore e a voce adeguatamente alta visto il mio stato d’animo) quando mi vidi portare in casa dentro una scatola da scarpe un cosino scuro delle dimensioni di un topino di campagna che qualcuno pretendeva di fare passare per un cucciolo di cane.

Era anche stato pagato molto caro e questo mi rendeva anche più ostile nei suoi confronti. Aveva un mese o poco più e stava tutto sul palmo di una mano. Ogni tanto, dopo un momento emozionante per lui, sembrava entrasse in coma e per alcuni minuti eravamo tutti lì attorno per vedere se respirava ancora.

Eravamo in Sicilia e dovevamo rientrare a casa. Mille e trecento chilometri!!! Poteva quel cosino superare tante ore di viaggio? E come avrebbe reagito al cambiamento di clima, di ambiente e alla lontananza dalla madre? I timori erano tanti, ma lui , così piccolo, riuscì a superare ogni difficoltà.

Arrivati a casa, per prima cosa gli comprammo una brandina, ma la più piccola esistente in commercio era sempre troppo grande e troppo alta per lui. Quando Chico  (nome deciso dai miei figli), quando voleva salirci sopra, si metteva seduto di fronte ad essa e tenendosi dritto dritto la fissava immobile fino a che qualcuno non si accorgeva della sua richiesta.

Nonostante fosse così piccolo, alla vista dei gatti che in quel periodo assediavano il nostro giardino, faceva tanto chiasso che quelli trovarono più conveniente andarsene altrove. Gli stessi strepiti faceva anche contro merli , passeri o farfalle che osassero invadere il suo territorio. Era  solo uno yorkshire di taglia media, ma sapeva farsi rispettare.

La domenica andando alla messa….

moda-anni-40-4La Domenica mattina, non facevamo colazione, perchè si doveva rispettare il digiuno dalla mezzanotte per poter fare la Comunione.

Ci vestivamo col vestito buono, quello della festa: io ricordo una gonna blu con bolero dello stesso colore e camicetta bianca. Allora poi ci si metteva il cappellino di paglia (in estate) e ricordo anche una borsetta bianca a secchiello.

Andavamo alla messa delle nove e mezza e ricordo la chiesa piena di bambini. Vengo dall’ Emilia conosciuta per il suo anticlericalismo, ma allora i bambini frequentavano tutti o quasi la parrocchia, forse perchè i genitori di ogni tendenza politica riconoscevano il valore educativo delle attività che vi si svolgevano e forse anche perchè non c’ erano alternative.

A me piacevano molto i canti; ce n’ era uno che, l’ ho scoperto solo molto dopo, riproduceva nel ritornello la stessa melodia dell’ inno tedesco …, forse era una traccia del fatto che il clero aveva simpatizzato con gli occupanti  e prima con gli alleati tedeschi (la guerra era finita da poco)  Certo io allora non mi ponevo certe domande e non ero in grado di fare certe considerazioni.
Finita la messa si usciva in gruppo e si andava all’ oratorio femminile, ma lungo il percorso c’ era la sosta per comprare il panino o il castagnaccio caldo (in inverno) Si assisteva alla lezione di catechismo e poi fuori in cortile a giocare a palla prigioniera, o a divertirsi su alcune giostrine o sull’ altalena .. Verso mezzogiorno si tornavava a casa, ma prima a volte mi fermavo a comprare il Corriere dei Piccoli:  la Tordella, Bibì. Bibò, Bonaventura, Sor Pampurio mi avrebbero fatto compagnia durante la settimana.

Anche i ragazzi più grandi attendevano la domenica. Per mia sorella  era l’ occasione  per  indossare l’ abito nuovo, le scarpe buone  e amche per mettere un filo di trucco (molto leggero però, altrimenti chi li sentiva papà e mamma!!)

I miei fratelli si mettevano in ghingheri e si spalmavano la brillantina sui capelli, guardandosi a lungo nello specchietto che era appeso vicino all’uscio della cucina… Tutti cercavano di dare il meglio di sè, perchè dopo la messa i giovani e le ragazze passeggiavano in piazza e sotto i portici . Era l’ unico giorno in cui ci si incontrava in paese ed era per tutti un’ occasione per far festa. e per lanciare occhiate eloquenti a chi suscitava maggior interesse.e simpatia.