Raccontando il Natale….

Il mio Natale: una volta , qualche tempo fa….oggi….
In Emilia, nel paese in cui sono nata, i bambini trovavano i regali ai piedi del letto il 13 Dicembre, perché era Santa Lucia che ci faceva trepidare di ansia e ci portava cose semplici, ma straordinarie: un libro o un giocattolo, qualche cioccolatino, un pupazzetto di zucchero, un mandarino!!
Per questo il Natale non era atteso per i doni sotto l’albero, ma per la festa che si sarebbe fatta in famiglia e il cui peso gravava quasi interamente sulle spalle già un po’ curve di mia madre.
L’antivigilia lei cominciava a preparare lo stracotto, che riempiva la casa di un inconfondibile buon profumo.
Nel primo pomeriggio della vigilia, poi, si metteva a impastare la sfoglia per i tortelli di zucca da mangiare la sera. Al suo richiamo, ci radunavamo tutti intorno al tavolo per provvedere a riempire e a richiudere le pastelle. Era un’operazione che impegnava tutta la famiglia: la nonna, le mie sorelle, mio padre e c’ero anche io, che ero la più piccola e che ogni tanto mi mangiavo qualche pizzico di ripieno. Era così buono: un po’ dolce e con quel sapore di amaretti che restava in bocca ….

La sera, dopo aver mangiato i tortelli, c’era sempre un pezzetto, (ma proprio un pezzetto) di anguilla marinata e il “cenone” era finito. Nel dopocena, si dovevano fare i tortellini per il giorno seguente e mia madre di nuovo al tagliere a impastare e a tirare col mattarello una sfoglia, che lei avvolgeva ogni tanto sul mattarello per poterla sollevare e guardare controluce per vedere se fosse sottile al punto giusto. La sua perizia faceva sì che “il pastèli” fossero quasi tutte della stessa grandezza. Noi, incaricate di riempirle, dovevamo misurare bene la quantità di ripieno, perché se qualche tortellino risultava troppo grande o troppo piccolo, mio padre protestava perché avrebbe disturbato la perfetta armonia che andava costruendo sul tavolo, allineando in perfetto ordine i tortellini che solo lui, dicevamo, sapeva richiudere alla perfezione.
L’operazione si protraeva per gran parte della sera e alla fine c’era chi andava a letto e chi andava alla Messa di mezzanotte, che a me piaceva in modo particolare per le luci e i canti che creavano un’atmosfera magica.
In quella occasione o la mattina seguente, tutti mettevano addosso qualcosa di nuovo: c’era chi sfoggiava il cappotto appena acquistato, chi i guanti, chi un copricapo di lana o anche solo un paio di calze.
Nella giornata di Natale non si facevano cose particolari all’infuori di gustare un pranzo più ricco del solito: ai tortellini in brodo, facevano seguito il lesso misto e il pollo arrosto con contorno di insalata e si finiva col panettone che mio fratello aveva avuto in regalo dai suoi datori di lavoro. Non mancavo mai di mettere la mia letterina piena di buoni propositi sotto il piatto del papà e poi mi toccava di recitare la poesia imparata a scuola….
Col passare degli anni il compito di fare i preparativi del Natale toccò a me, che vivevo con la mia famiglia qui in Brianza, lavoravo e dovevo trovare il modo di conciliare gli impegni scolastici, particolarmente onerosi a Natale, con i regali da acquistare, con il presepe e l’albero da preparare insieme ai miei bambini, con la stanchezza che mi prendeva immancabilmente in quel periodo…. Trascorrevamo la sera della vigilia insieme a zii e cuginetti, mangiando le “crispelle” o la “scacciata” e giocando a carte o al “mercante in fiera”, tutto come previsto dalle tradizioni siciliane della famiglia di mio marito.
Il giorno di Natale, a quei tempi, andavamo spesso dai nonni in Emilia, che facevano trovare qualche regaluccio per i bimbi. Se restavamo a casa, il pranzo di Natale era sempre particolarmente ricco, ma non avevo certo il tempo di fare i tortellini in casa… Era bello però nella notte andare a prendere i regali, là dove erano stati nascosti, e metterli sotto l’alberello o accanto al presepe ed era bellissimo vedere la meraviglia negli occhi dei miei bimbi al loro risveglio!!! Per alcuni anni, nelle giornate di Natale, venivano a farci gli auguri quattro fratellini di una famiglia molto povera; a loro i miei bambini davano un loro giocattolo, per rendere il loro Natale un po’ meno triste.
Ora il mio Natale dipende da come sarà il tempo, se permetterà o meno ai miei figli di venire qui, dipende dagli impegni che hanno i miei nipoti più grandi, dipende da lentezze burocratiche nella consegna di documenti e allora non so come sarà il mio prossimo Natale. Per ogni eventualità ho già messo in freezer i tortellini e le lasagne fatti a mano, ma con l’aiuto di una macchinetta per tirare la sfoglia e ho già pianificato e in parte acquistato i regali per figli, nuora, genero e per i cinque nipoti.
Mi auguro che possano venire tutti: la casa sarà di nuovo piena di movimento, di caos, di risate, come tanti anni fa…. per qualche giorno…

70 anni fa.

Settanta anni fa nasceva la nostra Costituzione! Io penso a quei saggi che l’hanno redatta: provenivano da aree culturali molto diverse tra loro e  la mattina in Parlamento si dividevano in maniera feroce, ma nel pomeriggio riuscivano a dimenticare i loro contrasti per scrivere i principi fondamentali della convivenza civile nel nostro paese.

Penso a quei saggi e non posso che inchinarmi alla loro saggezza, frutto anche delle sofferenze patite negli anni della dittatura. E, mentre penso a loro, mi viene alla mente quasi involontariamente il confronto con i nostri politici di oggi, che non sanno dimenticare gli interessi particolari in nome dell’interesse generale, che non sanno superare le proprie piccole ambizioni e non sanno guardare oltre il proprio orticello. Continuano a dividersi su tutto anche all’interno dello stesso partito.

La Costituzione ha quasi la mia stessa età e forse mostra qualche piccola ruga, ma ciò non toglie che sia un patrimonio prezioso di cui dobbiamo essere grati ai nostri padri e che potremo  consegnare con orgoglio ai nostri nipoti.

 

La notte di Guy Fawkes

guy-fawkesMentre sto scrivendo, continuano (da ore ormai) a esplodere in tutti i quartieri i fuochi d’artificio: è la notte di Guy Fawkes, ricorrenza festeggiata in tutto il Regno Unito e nelle ex-colonie.

Era il 1605 e il cattolico Guy Fawkes con alcuni compagni aveva predisposto un attentato al Palazzo di Westminster: voleva farlo saltare in aria durante la cerimonia di apertura del parlamento presenziata dal re Giacomo I. Una lettera anonima però svelò la congiura e Fawkes fu arrestato e torturato; insieme a lui furono impiccati o decapitati tutti i congiurati.

Da allora la ricorrenza viene festeggiata con fuochi d’artificio, mentre sui falò viene bruciato un fantoccio di stracci che rappresenta il traditore Guy Fawkes.

Un CIF da riscoprire (e il detersivo non c’entra…).

donne-del-cifEra il 1944. L’Italia era in piena guerra civile e, mentre gli uomini combattevano con le armi in pugno, le donne non stavano certo alla finestra ….C’erano le donne che lavoravano nelle fabbriche o sui mezzi pubblici, quelle che facevano parte dei gruppi partigiani e quelle che pensavano già al dopo, a quando la guerra sarebbe finita….

In quella situazione nacque il CIF (Centro Italiano Femminile …..da non confondere col noto detersivo….). Un gruppo di donne, di ispirazione cattolica, si riunì per dare vita a un’associazione che aveva come obiettivo la collaborazione con qualunque istituzione o associazione si prefiggesse di ricostruire materialmente , moralmente, politicamente e socialmente questo nostro paese distrutto da tanti anni di guerra e di dittatura.

Il CIF si diffuse in tutte le regioni e si dedicò all’assistenza di reduci e orfani di guerra, a promuovere tra le donne la coscienza dei propri diritti e del proprio valore sociale, a partecipare attivamente al dibattito politico in campo nazionale e internazionale.

Al mio arrivo a Erba ebbi notizia delle molteplici attività svolte dal CIF cittadino, poi il mondo anche femminile cominciò a correre vorticosamente e del CIF non sentii più parlare a lungo. Qualche tempo fa però, venni a sapere che se a Erba funziona tanto bene la benemerita Università della Terza Età si devono ringraziare soprattutto il Cif e le sue aderenti, che hanno profuso energie e ingegno senza risparmiarsi.

Oltre a questo, a Erba il CIF comunale e quello di Como organizzano e sostengono i corsi di “Volontariamo”, rivolti ai ragazzi delle Scuole superiori, sensibilizzando i giovani verso quel mondo di associazioni che si dedicano al sostegno di  quelli coi quali la vita è stata piuttosto avara e che per questo hanno bisogno della solidarietà altrui.

Fosse anche solo per questo, il CIF merita di continuare a vivere e di essere riscoperto.

 

Cuori grandi.

Uno studioso di storia locale raccontava una sera un fatto accaduto molto tempo fa nei dintorni di Erba.

Un giovane era stato ucciso, ma il suo assassino non era mai stato individuato; qualche tempo dopo arrivarono in paese dei predicatori e durante una delle loro prediche sulla necessità di convertirsi, l’assassino confessò pubblicamente il suo delitto e chiese perdono ai genitori della sua vittima. Questi, riconosciuta la sincerità del pentimento del giovane, non solo lo perdonarono, ma lo adottarono e lo accolsero nella loro casa.

Dopo aver ascoltato questo racconto avevo pensato che queste cose potevano accadere solo nel passato, in una società radicata a valori semplici e forti, ma oggi devo ricredermi: ci sono ancora persone capaci di gesti eroici, capaci di accogliere nel loro cuore le miserie altrui, di superare il ricordo del male ricevuto e di rendere bene per male.

Dedicato ai nostalgici dei treni in orario…

cronache-di-poveri-amantiNon è raro, purtroppo, sentir magnificare i tempi in cui i treni arrivavano in orario e in cui si poteva andare in giro col portafoglio in mano… È accaduto anche pochi giorni fa su Facebook e questo mi ha fatto riprendere in mano un libro che avevo già letto tanti anni fa e di cui ricordavo bene solo l’ambientazione storica.  Ne riporto qui alcune righe che raccontano di una spedizione punitiva notturna contro i dissidenti…Gli squadristi hanno appena fatto irruzione in una casa e hanno ucciso un onorevole scomodo….

“….I fascisti sono scesi veloci e sicuri, hanno lanciato un “A noi”, prima di risalire sulla macchina, sono partiti cantando : All’armi! All’armi!…..

….Gli spari e le grida hanno risuonato sulle mura, sui lastrici….i colpi delle rivoltellate, le canzoni squadriste, hanno echeggiato in ogni strada recandovi il terrore. E’ l’antica fazione dominante che ripete le sue stragi col favore della luna…. Stanotte la Polizia è consegnata: la ronda degli ammoniti è rientrata dalla perlustrazione segnalando “n. n.” nel suo rapporto. Intanto le Bande Nere compiono l’eccidio…… Il priore di San Lorenzo ha spalancato l’uscio della sacrestia, ha acceso una lampada sulla soglia, semmai un braccato voglia cercarvi rifugio …..Le strade sono deserte, i caffè notturni hanno abbassato le saracinesche: è spenta ogni luce….Con gli squadristi è la morte. Ciascuno di essi ne reca il ritratto sul cuore…”

E’ di questo che tanti provano nostalgia?  Io non credo…. La nostra società, il nostro paese non sono certo perfetti e tutti ne auspichiamo il miglioramento, ma da questo a preferire la dittatura di un manipolo di sanguinari ce ne corre….

Il libro da cui sono tratte queste righe (in molti lo avranno già capito) è “Cronache di poveri amanti” di Vasco Pratolini.

Donne d’altri tempi.

donna-che-filaTra le persone che hanno popolato la mia infanzia, ricordo in particolare le donne.
Anche da noi, in  Emilia, si vestivano prevalentemente di colore scuro (tranne le ragazze giovani), portavano generalmente un fazzolettone in testa (credo per motivi igienici), un ampio grembiule sopra la gonna ed erano sempre indaffarate: penso che non sapessero il significato delle parole ” tempo libero”.  A quarant’anni, nelle zone agricole, si era già considerate vecchie e l’abbigliamento doveva essere adeguato a questa condizione.
C’ era in ogni cascina una famiglia patriarcale con  la “rasdora”, la donna più anziana, che in certi casi gestiva le attività e le finanze domestiche e  spesso tiranneggiava le nuore e le eventuali figlie che, avendo rinunciato a sposarsi, restavano in casa e si dedicavano al servizio dei genitori, dei nipotini, degli anziani e dei malati.
Le coppie di giovani sposi che andavano ad abitare da soli erano una minoranza e per questo, spesso, erano oggetto di critiche non solo da parte del parentado, ma anche da parte di tutto il paese.

Le donne lavoravano dall’ alba fino a sera inoltrata: nei campi, in casa, nell’ orto o per accudire i figli e gli animali domestici.
Alcune, più fortunate, lavoravano come sarte, come camiciaie o magliaie e, potendo trattenere per sè una parte di quanto guadagnato con le loro dodici o anche sedici ore di lavoro al giorno, potevano avere una certa indipendenza economica.

Ricordo una vicina che era andata a lavorare come mondina in Piemonte; al ritorno aveva braccia e gambe letteralmente divorate dalle zanzare e dal fango e ricordo ancora che mi impressionai tantissimo al racconto di quella sua esperienza, di cui però non ricordo i particolari.

Le donne portavano il peso del mondo sulle loro spalle, senza che venissero loro riconosciuti i diritti più elementari; ora qualcosa è cambiato, ma resta ancora molto da fare.

Tutti zitti!!!

-Tutti zitti!! –

Questa è la frase che spesso i bambini si sentono rivolgere in famiglia quando i grandi stanno ascoltando i notiziari o le rubriche politico-economiche trasmesse dalla radio o dalla tivu.

Io invece la sentivo sibilare sottovoce da mio padre, quando, la domenica mattina, verso l’ ora di pranzo, aspettava l’ arrivo dei suoi colombi viaggiatori.
Lui era un appassionato allevatore di questi uccelli e, in primavera,  partecipava coi suoi esemplari  più quotati e più pregiati alle gare organizzate dall’  associazione colombofila .

Un paio di giorni prima, i colombi, che lui riteneva più in forma, venivano messi in una gabbia e portati alla sede dell’ associazione che provvedeva alla spedizione via treno dei “viaggiatori” e a tutte le formalità connesse. Ricordo  che una volta come destinazione finale  sentii parlare della città di Otranto, che per me, che non conoscevo anncora la geografia, assunse quasi un fascino esotico.
Poi la domenica mattina cominciava l’ attesa; mio padre chiedeva anche la nostra collaborazione per sorvegliare il tetto della colombaia e avvertire subito quando fosse comparso il suo “campione”. Io immaginavo quei coraggiosi piccoli uccelli sorvolare montagne, pianure e città volando instancabilmente e trovare quasi per miracolo la via di casa, proprio la nostra.

Eravamo tutti in attesa con lo sguardo fisso in alto. Quando finalmente il colombo si posava sul tetto, cominciava il momento di maggiore sofferenza, perchè per poter testimoniare il suo arrivo  e rivendicare la vittoria, bisognava sfilargli dalla gamba  l’ anello di riconoscimento, ma questo al colombo a volte sembrava non interessare proprio e sostava sulla grondaia a lungo, andando avanti e indietro forse per rilassarsi dopo tante ore di volo.

Intanto però mio padre diventava più nervoso e ci imponeva non solo il silenzio, ma direi anche l’ immobilità per non disturbare il rientro in colombaia del suo “campione”.
Quando avveniva il rientro ecco che mio padre si precipitava  a sfilare l’ anello di riconoscimento e a bloccare l’ apposito orologio, che doveva testimoniare l’ora di arrivo.

Ricordo che vantava parecchie vittorie e molti nei dintorni ricorrevano ai suoi consigli su come ottenere dei veri campioni.

Ecco un bel ricordo di mia cugina Lia, legato ai colombi viaggiatori:

Soltanto dopo la fine della guerra, i miei mi portarono a Bologna al Rizzoli per farmi visitare. Il viaggio si fece in pullman ( mi sembra quasi di ricordarlo: mia madre diceva che ero una chiacchierina e parlavo con tutti. Ricordo le macerie  ma questa è un’altra storia ). Con noi avevamo una gabbietta con …un piccione viaggiatore dello zio Dante!! per poter avvertire i famigliari, a casa, che eravamo arrivati a destinazione sani e salvi, dato che le strade non erano ancora sicure.

È un ricordo dolce quello dello zio Dante. Penso che ogni tanto si arrabbiasse, ma io lo ricordo sempre sorridente. Ricordo quando arrivava a Fabbrico con la bicicletta che aveva le manopole del manubrio protette da una specie di cuffia fatta con la pelle del coniglio rovesciata per proteggere le mani dal freddo. Com’era morbida e liscia quella manopola in cui, ogni volta, non mancavo di infilare le mani!!!

Bellissimo questo ricordo: Grazie, Lia!

E anche mia sorella Ilva ha qualcosa da raccontare a questo proposito:

Bellissimo il ricordo del papà, mentre lo leggevo rivivevo la scena e la partecipazione di tutti noi fratelli e di Vincenzo che essendo il piu grande di noi aveva l’incarico di portare l’orologio presso la giuria per attestare l’ora dell’arrivo del colombo. Io rocordo i nomi che dava ai suoi colombi: Veloce,  Punten,  Canon….e tanti altri , ma questi erano l’orgoglio del papà e ne andava fiero.

Grazie di cuore, Ilva, per aver arricchito ancor di più questo ricordo.