Genocidio armeno.

Segnalo questo link,. Dopo le parole di Papa Francesco, che hanno tanto fatto irritare la Turchia, credo sia inevitabile documentarsi un p’ di più su quanto accadde cento anni fa non tanto lontano da qui.

Quello che colpisce , oltre all’ enorme numero di vittime, è il fatto che se ne abbia notizia solo per l’ opera coraggiosa di un militare tedesco, che assistette agli avvenimenti e che fotografò le torture, le impiccagioni, le marce della morte, sfidando autorità turche e gerarchie militari tedesche.

Il Negazionismo , che cerca di far passare lo sterminio degli ebrei per una bufala dell storia, ha funzionato benissimo nel caso del genocidio armeno…..ma SOLO per un secolo !!!  Alla fine però il tempo è sempre galantuomo e la verità negata viene sempre a galla.

9 marzo 1842.

Centosettantatre anni fa, il 9 marzo dl 1842, debuttava a Milano l’ opera “Nabuccodonosor” di Verdi

QUI potrete trovare molte notizie sull’ opera e sul suo autore. Gran parte del successo (che dura ancora oggi) del “Nabucco” è dovuta alla magia  del coro  “Va pensiero” in cui gli Ebrei prigioneri in Babilonia ricordano con struggente nostalgia la loro terra lontana.

Ne ho trovato una bellissima interpretazione diretta dal maestro Muti. Val sempre la pena di riascoltarlo:

http://youtu.be/gaXE0v0bJoE

Magna Charta: 800 anni fa.

Ho visto in Tv una trasmissione  di argomento storico programmata in occasione dell’ VIII cemtenario  della Magna Charta Libertatum, promulgata dal re Giovanni Senza Terra nel 1215 messo alle strette dai baroni inglesi, stufi dello strapotere del re,

Nella Magna Charta si afferma per la prima volta un diritto fondamentale a garanzia delle liberta’ individuali : l’habeas corpus, cioe’ ogni accusa va sostenuta da prove concrete . Questa semplice e per noi, oggi ,ovvia affermazione  pose fine (o almeno intendeva farlo) agli imprigionamenti arbitrari.

Ecco cosa dice Wikipedia in proposito:

L’habeas corpus è il diritto di richiedere a un giudice l’emissione di un ordine (writ), diretto a un’autorità pubblica che ha eseguito un arresto, per rendere ragione della detenzione di quella persona, ed è considerato uno dei più efficienti sistemi di salvaguardia della libertà individuale contro detenzioni arbitrarie ed extragiudiziali. Su richiesta della persona arrestata, con il writ il magistrato ne ordina l’esibizione avanti a sé in udienza (“Habeas corpus, ad subjiciendum judicium!”: ne sia esibito il corpo, per sottoporlo a giudizio!), per verificare se egli sia ancora vivo, l’accusa e le circostanze dell’arresto. L’Habeas Corpus è un appello al giudice contro una detenzione ingiustificata. Si tenga presente che l’arresto o la cattura di chiunque, nel medioevo o nell’era moderna, erano disposte e attuate immediatamente dalla stessa autorità amministrativa (Sceriffi, “gaolers” e altri ufficiali…), senza motivazione esplicita, spesso a fini non penali (tributari, debiti privati, ordine pubblico…). Il ricorso al giudice della Corona (cioè un emissario diretto del Re), costituì  la prima e più importante garanzia verso gli abusi, potendosi scavalcare così l’Ufficiale che aveva eseguito l’arresto.

 

 

La signora Felicita.

Quando la mattina mi svegliavo presto per  prendere il treno per andare a scuola, cercavo sempre di ritagliarmi alcuni minuti di dormiveglia, in cui godermi il tepore delle coperte, prima di saltare giù dal letto. In quei momenti accadeva sempre la stessa cosa  che mi faceva capire quale tempo stesse facendo fuori, anche senza aprire la porta-finestra che dava sul balcone.

Prima era il rumore secco di una serratura , poi lo sbattere del cancello della casa di fronte, poi si udivano dei passi decisi e ben cadenzati: se risuonavano in modo eccessivo, voleva dire che la strada era gelata, se si sentivano normalmente il tempo era buono o pioveva, se erano accompagnati da un inconfondibile scricchiolio era caduta la neve. A fornirmi  questo bollettino meteorologico inusuale era la signora Felicita, che ogni mattina, con qualunque tempo , a quell’ ora si recava alla Messa .

Era una donna tanto  piccola e  minuta, che mia madre la chiamava “Felicin” . Aveva il viso incavato e i capelli grigi sempre ben ordinati in una piccola crocchia sulla nuca. Era già anziana, ma non rinunciava mai a portare le sue immancabili scarpette col tacco ed era questo che rendeva i suoi passi così “sonori”.

Viveva con la sorella, di poco più giovane . Era stata sposata , ma non aveva avuto figli ; suo marito  l’ aveva  lasciata sola ed era già morto al tempo di cui sto raccontando. Nonostante questo, so che ogni anno, quando ricorreva l’ anniversario della morte del marito, faceva sempre celebrare una messa a suffragio della sua anima: certo l’ aveva perdonato e gli voleva ancora bene. Risparmiava su tutto, non per avarizia, ma per poter fare beneficenza ad ogni occasione.

Si dava un gran da fare ad aiutare in parrocchia, che era diventata per lei forse un sostitutivo della famiglia che non aveva più. Aveva sempre il sorriso pronto, anche se talvolta non esitava a dispensare consigli e critiche non richiesti.

Ricordo, ad esempio, che una domenica d’ estate, io avevo messo il vestito della festa, come si usava allora. Era un abitino bianco con profili blu e rossi e la gonna  poco sopra al ginocchio, come imponeva  la moda che si era affermata in quel periodo. La signora Felicita mi fermò lungo la strada e mi fece osservare che sarebbe stato meglio allungarla un po’….Lì per lì ci rimasi un po’ male, ma riuscii a replicare che io compravo gli abiti nei negozi, non me li cucivo io, e quindi non potevo fare altro che scegliere tra ciò che veniva esposto  e il vestito che indossavo non aveva nemmeno un orlo da poter disfare.

La signora Felicita parve capire, anche se non era  soddisfatta temendo che potessi dare il cattivo esempio ….. Non me la presi, perchè ero ben consapevole che la mentalità degli anziani  portava a vietare l’ ingresso in chiesa alle bimbe che indossavano vestiti con maniche troppo corte o che non avessero il velo in testa…..

Ci volle ben poco però perché si affermasse il diritto di portare le gonne corte, visto che tutte le ragazze vestivano così.

Quando la mattina mi sveglio e resto a poltrire un po’, accendo la radio  per sentire le notizie di cronaca e del meteo e spesso mi ricordo di quel rumore di passi ….

 

 

 

19 gennaio.

diana-ilva-e-vanna Gennaio: Compleanno di mia sorella Ilva , la maggiore di noi tre e in questa occasione le voglio  regalare questa foto-ricordo.

Anno 1961 : monastero Cappuccine di Carpi. E’ la festa della vestizione di Vanna e mia sorella Ilva ed io posiamo per una foto sul portone della clausura.

Come eravamo giovani tutte e tre!!!  Da allora sono passati tanti anni, e abbiamo vissuto tanti eventi, lieti e dolorosi, ma quello che conta è che siamo ancora in grado di sorridere come allora.

Tanti auguri, Ilva, che la vita ti riservi ancora tanti anni sereni, tanta salute e tanti momenti belli da vivere con le persone che ti sono vicine e che ti vogliono bene e grazie per  essere sempre stata per me un esempio di forza, di fede e di dedizione alla famiglia.

” I Vicerè”.

Una scena dal film tratto dal romanzo "I Vicerè"

Stanotte ho finito di leggere “I Vicerè” di De Roberto, un romanzo che parla delle vicende di una nobile famiglia siciliana nel trentennio che segue l’ unificazione dell’ isola con il Regno d’ Italia.

E’ stato interessante riscoprire le terribili logiche che guidavano la vita di questi clan familiari, nei quali il destino dei figli nascituri era già prima del parto deciso dai genitori, con l’ unico obiettivo di preservare l’ unità del patrimonio familiare e quindi la potenza del casato. Così ai primogeniti doveva essere assegnato ogni privilegio, mentre gli altri figli erano destinati al convento o a una vita a volte miserevole.

E’ stato anche interessante entrare nella vita dei monasteri in cui venivano relegati i rampolli cadetti : erano persone che non avevano mai avuto nessuna vocazione religiosa e che quindi cercavano di concedersi ogni soddisfazione terrena consentita dall’ unico obbligo di mantenere le apparenze e di difendere i privilegi di cui godevano anche all’ interno del convento.

Interessante anche seguire le varie acrobazie politiche di chi, nel casato si occupava di politica e vedeva nei mutamenti sociali del momento un pericolo da cui difendersi soltanto adeguandosi, anche a costo di vivere una situazione schizofrenica tra ciò che suggeriva la propria convinzione personale, maturata in tutto il proprio percorso di vita, e le idee di democrazia che si venivano affermando e che quindi andavano sostenute nelle situazioni pubbliche. Il tutto naturalmente al solo scopo di conservare in modo gattopardesco il potere e l’ influenza della famiglia e del proprio ceto nel contesto sociale e nel territorio: così tutto sembrerà cambiare in modo vorticoso in apparenza per restare profondamente uguale a sempre nella sostanza.

La lettura non è stata sempre agevole, visto lo stile ottocentesco dell’ autore, ma in compenso il quadro storico sottostante le vicende dei protagonisti ha tenuto desta la mia attenzione e mi ha “costretta” a leggere fino all’ ultima pagina.

Thanksgiving Day (Giorno del ringraziamento)

Negli Stati Uniti hanno appena festeggiato il “Giorno del Ringraziamento”. E’ un’ usanza che risale al 1623, quando i Padri Pellegrini , da poco arrivati in terra americana, si riunirono per ringraziare Dio per il raccolto di quell’ anno. Alla festa furono invitati anche i nativi americani, che avevano aiutato i coloni,  indicando loro quali piante coltivare e quali animali allevare: nell’ anno precedente infatti molti dei nuovi arrivati non erano riusciti a superare l’ inverno per la scarsità di cibo.

Da allora negli Stati Uniti il quarto giovedì di novembre si continua a festeggiare il giorno del Ringraziamento.

 

Nonnasprint ? Eccola….

Mi  hanno riferito che ieri qualcuno all’ Ute, vedendomi arrivare, è uscito con questa espressione : – E’ arrivata la nonnasprint!- Forse non ricordava il mio nome (anch’ io non conosco il suo) e voleva far riferimento al nome di questo blog, ma ha fatto un po’ di confusione….

Posso essere indulgente con l’ autore del lapsus, che certo è da attribuire ai suoi (e anche miei) ricordi di gioventù, quando in TV tra i programmi per ragazzi spopolava la serie “Giovanna, la nonna del Corsaro Nero” , la cui sigla cominciava così:

Un grande urrà per Nonnasprint , la vecchia che è più forte di un bicchiere di gin….

Ecco cosa dice Wikipedia di  Giovanna,_la_nonna_del_Corsaro_Nero, l’ autentica nonna sprint.

Ed ecco la sigla :watch?v=6uil6vxCk9Q