Letture

In questo periodo di inattività del blog, ho letto alcuni libri di cui ora dirò tre parole:

“Lo squalo”: è un romanzo di  Peter Benchley che ho trovato nella piccola biblioteca di Sala Argento. E’ proprio quel romanzo da cui è poi stato tratto il film omonimo diretto da Spielberg. Leggo su Wikipedia che in America ottenne un enorme successo. E’ senz’altro un libro avvincente per l’argomento trattato e per la suspence che riesce a creare e perchè mette in evidenza come, di fronte alle leggi del guadagno anche il valore della vita umana viene messo in secondo ordine. In definitiva è stata una lettura piacevole.

Ho poi acquistato in offerta al supermercato “Codice a zero” di Ken Follett insieme a “Che la festa cominci” di Niccolò Ammanniti.

Il primo è una spy-story ambientata al tempo della guerra fredda (1958) che prende spunto dal ritardo (dato reale) con cui è stato lanciato il primo missile spaziale americano. La lettura è appassionante, ricca di colpi di scena e di storie che si intrecciano abilmente tra passato e presente; il tutto è arricchito da notizie tecniche sui preparativi per il lancio di un missile .

Il secondo dovrebbe essere un romanzo umoristico, quindi non è del genere che prediligo. Troppo surreali le vicende e troppo sgangherati i protagonisti della storia : il palazzinaro multimiliardario, i protagonisti della movida capitolina e una banda di miserabili satanisti…il tutto prelude a un finale apocalittico da cui si salveranno pochi personaggi. Vengono messi alla berlina la boria di chi si sente onnipotente in forza dei suoi soldi, la vanità, l’egoismo e il cinismo di chi ha come unico scopo il successo e il proprio tornaconto.

Prima di tutti questi avevo letto “Una risposta dal cielo” scritto dalla mia cara amica Maura Rusconi. E’ un’autobiografia scritta a più voci: ogni protagonista ha modo di spiegare i suoi sentimenti, le sue paure, le sue incertezze, perciò le vicende narrate vengono viste da diverse angolazioni spesso con deduzioni contrastanti. Quanto è difficile volersi bene!! A volte capita di ferire proprio le persone che amiamo di più per non riuscire a comprenderne fino in fondo i comportamenti e la sensibilità. I miei complimenti a Maura: leggendo il suo libro ho capito di più certe sue malinconie, la sua sensibilità così fine e la sua bontà d’animo, che me l’ha sempre fatta apprezzare come collega e come amica.

A volte ritornano …

Questo blog è stato pressoché inutilizzabile per parecchio tempo: questioni legate alla privacy consentivano solo a me di accedere a qualche pagina.

Ora, mio figlio Paolo è riuscito a sistemare le cose e tutto è tornato a funzionare come succede da quasi 15 anni. Scrivere su questa pagina è diventata per me quasi una terapia: poter esprimere qui pensieri e considerazioni varie in libertà mi rilassa e mi fa sentire bene.

Ringrazio perciò mio figlio e saluto quelli che avranno voglia di passare di qui e riporto qui una frase che ho trovato su google:

A VOLTE RITORNANO PERCHE’ NON AVEVANO FINITO DI ROMPERTI LE SCATOLE!!!!

Nonni e nipoti: dono reciproco.

Ormai da parecchi anni, la ricorrenza della festa patronale vede il gruppo culturale della parrocchia impegnato nell’allestimento di una mostra. Abbiamo cercato di mettere a fuoco diversi temi: le vecchie foto di famiglia, gli hobbies di artisti e collezionisti, il modo della scuola, documenti della prima guerra mondiale, le attività dell’oratorio nel centenario della sua istituzione …. e quest’anno, in sintonia con i tanti interventi di Papa Francesco su questo tema, abbiamo raccolto foto che ritraggono nonni e nipoti insieme.

E’ stato difficile reperire il materiale, che poi abbiamo suddiviso in diversi gruppi tematici: tenerezza, gioia, orgoglio della nonnitudine, vacanze, insieme è bello fare… Una sezione a parte è stata dedicata alle foto più antiche, spesso talmente piccole da dover essere scansionate e ristampate.

Una cosa che balza immediatamente agli occhi confrontando foto vecchie e recenti è il grande cambiamento socio-culturale intervenuto negli ultimi decenni. Dalle foto più datate si percepisce una certa rigidità nei rapporti: le persone sono in posa, spesso con gli abiti della festa e con espressioni molto austere: nessun sorriso! Le foto più recenti ritraggono atteggiamenti spontanei, informali, che mettono in risalto le emozioni vissute nel momento fermato dalla macchina fotografica.

I visitatori hanno manifestato gradimento e apprezzamento e ora non resta che il lavoro di smantellamento di quanto è stato fatto in un mese di lavoro.

Ricordo.

ERa arrivata mia sorella suora dalla Thailandia e tutto il parentado si era ritrovato a casa dei miei. Giovanna era l’ultima nata. Ecco cosa scrive Grazia sotto questa foto pubblicata su Facebook:

Graz RapGuardando questa foto mi mancano i nonni e gli zii e tutti i cugini. Sarebbe bello tornare indietro nel tempo per uno di quei pranzi della domenica tutti intorno al tavolo coi tortellini in brodo fatti in casa, il pollo in padella e l’insalata di radicchio fresca dall’orto. Per non parlare del pane arrotolato e della crostata di marmellata o del budino di uva che ai tempi ci sbafavamo ignare del glutine maledetto. E il lambrusco con l’ acqua? E poi le giocate a carte nel soggiorno coi mobili rosa Big Buble? Essendo sempre stata un po’ a disagio con il rumore della gente che parlava in casa (rimbombava) mi ricordo che facevo spedizioni solitarie fuori in giardino, dopo la tenda il sole cocente di mezzo giorno e l’afa non me le potro’ mai scordare. Andavo anche in ‘bugadera’ a spiare i canarini e poi scappavo perche’ mi facevano paura. O andavo di sopra e aprivo la porta della stanza da letto dei nonni che ho sempre sentito proibita. Mi piaceva l’odore di pulito e di naftalina che veniva dalle lenzuola e dai mobili. Per non parlare della stanza della bisnonna tutta piena di scatole e robe vecchie. Ecco ho condiviso la mia parte di felicita’.

E la risposta di Giovanna:

Erano i tempi in cui bastava dire”mamma” e tutto si risolveva.

E io aggiungo: Erano i tempi in cui potevo proteggere le mie bimbe (Paolo non era ancora nato), fare il possibile per farle sentire al sicuro …. poi ” la vita separa quelli che si amano” (parole tratte da “Les feuilles mortes) e una mamma può solo soffrire in silenzio, da lontano per le fatiche e le difficoltà che inevitabilmente i figli vivono.

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Non si può vivere con il rancore …

“Non si può vivere con il rancore e l’odio dentro di sé, è come rimanere per sempre incatenati. Per un certo periodo l’ho fatto, ma mi rendevo conto che continuavo a portare quelle catene, che in qualche modo ero ancora imprigionata da quel pensiero, da quel tormento, da quella voglia di vendetta. No, non si può vivere così. E allora ho detto: “Dio , dammi la forza di perdonare” … (Il perdono) mi ha reso una persona libera, non più prigioniera di niente e di nessuno. Ho goduto della libertà vera.

Sono parole di Ines Figini, una donna internata nei lager tedeschi solo per aver pronunciato parole di solidarietà con i compagni di lavoro; non era ebrea e non era impegnata politicamente. La sua è stata una prigionia durissima, in cui ha sofferto il freddo, la fame, la paura, i maltrattamenti comuni a tutti coloro che hanno vissuto quella terribile esperienza. Ines è riuscita a tornare a casa e a riprendere a vivere proprio perché ha saputo perdonare. Non ha dimenticato, anzi ha testimoniato fino alla fine dei suoi giorni l’orrore dei campi di concentramento, ma lo ha fatto non per spirito di vendetta, ma perché nessuno dimentichi a cosa può portare il desiderio di sopraffazione.

La storia di Ines è raccontata in un libro: Tanto tu torni sempre” di G. Caldara e M. Colombo.

Era un 1 gennaio…

Non so perché certi ricordi rimangano impressi nella mente anche se non sono legati a eventi di particolare interesse.

Ricordo che nevicava da parecchie ore; c’era tanta neve a ricoprire il cortile e continuava a nevicare abbondantemente: sarebbe stato inutile cominciare a spalare e mio padre era in casa a godersi il caldo della stufa accesa da mia madre di buonora…

Era mattina e a un certo punto arrivò un collega di mio padre (erano entrambi venditori ambulanti) avvolto nel suo tabarro carico di fiocchi di neve.  Mio padre lo accolse festosamente e lo invitò a entrare nella stanza che faceva da cucina e da soggiorno. Si sedettero al tavolo accanto alla stufa e lì sorseggiarono un bicchierino di vermouth o di grappa discorrendo quietamente di problemi di lavoro non senza intervallare i loro discorsi con battute di spirito e risate allegre. Io intanto stavo incollata alla finestra a vedere la neve che cadeva quieta e silenziosa.

Poi non ricordo altro. Eppure quell’immagine di due vecchi amici in serena compagnia mi ritorna alla mente ogni anno nel primo giorno di gennaio.  Forse quella è stata  la prima volta che mi rendevo conto che quel giorno segnava l’inizio di un nuovo anno e tutto quello che accadeva assumeva per me un carattere di straordinarietà.

Letture: La masseria delle allodole. (Antonia Arslan)

genocidio-armenoE’ stato assegnato a mio nipote Davide come lettura per le vacanze estive e ne ho approfittato per leggerlo.

E’ la storia di un gruppo di armeni e, in particolare, di una famiglia: gli Arslanian.

Siamo nel 1915, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia. In una tranquilla cittadina dell’odierna Turchia, vive questa famiglia agiata e benvoluta da tutti e la prima parte del libro, la cui autrice è una  discendente dei protagonisti, è dedicata alla presentazione dei membri della famiglia e alla loro vita fatta di buone abitudini, di sentimenti semplici e profondi, di rispetto , di rapporti sereni con la comunità circostante. E’ la rappresentazione di un mondo che cerca di vivere al meglio la propria quotidianità, cercando di non pensare a quanto era già successo pochi decenni prima a causa dell’odio dei Turchi contro gli armeni. Ma poco prima di morire il vecchio patriarca della famiglia ha come il presentimento profetico dell’orrore che incombe sulla sua famiglia.

Di lì a poco infatti giunge un’ordinanza insensata e densa di presagi nefasti: tutti i capifamiglia armeni devono presentarsi alla polizia. Sempad, nuovo capofamiglia dopo la morte del padre, pensa di sfuggire al pericolo  rifugiandosi nella vecchia  masseria delle allodole e poco dopo la moglie lo  raggiunge con tutta la famiglia e qualche amico. Ma quella che doveva essere un rifugio sicuro diventa, per la delazione di una spia, una trappola mortale per tutti i maschi  che vengono trucidati per poterne saccheggiare le ricchezze. Le donne vengono deportate e avviate verso la morte attraverso un viaggio fatto di fame, stenti e violenze inaudite. Solo per l’aiuto di un gruppetto di amici, due donne e un bambino si salveranno e potranno raggiungere l’Italia dove si ricongiungeranno a un membro della famiglia, qui emigrato quando era appena tredicenne.

La lettura di questo libro è l’occasione per poter riflettere, ancora una volta, come alla base di ogni genocidio ci sia solo l’avidità di chi vuole trovare nella “razza” (la scienza dice che non ci sono razze  diverse, ma un’unica razza, quella umana) il pretesto per derubare e dare sfogo agl’istinti più bestiali.

Purtroppo il genocidio armeno, che i Turchi ancora oggi cercano di negare, è stato solo l’anticipazione di quello che avverrà vent’anni dopo in Europa contro ebrei e minoranze in genere.

Il libro si legge velocemente, è ben scritto e le vicende narrate sono coinvolgenti soprattutto perchè hanno il sapore della verità.

 

25 luglio: 80 anni fa.

Dopo quasi 21 anni al potere, il 25 luglio 1943 in Italia cadeva il governo fascista. La data – di cui quest’anno ricorre l’80esimo anniversario – è quella della riunione del Gran Consiglio del fascismo nella quale si decise la deposizione di Benito Mussolini, che aprì la strada alla nomina di Pietro Badoglio alla guida del Paese da parte del Re Vittorio Emanuele III.

Per chi avesse bisogno di rispolverare la memoria di quegli eventi, consiglio questo articolo.

Esattamente 80 anni fa finiva la parabola di Mussolini dittatore. Salito al potere in modo “democratico” (aveva ricevuto l’incarico di primo ministro dal re, come previsto dalla Costituzione di allora) venne destituito con una votazione in una seduta del Gran Consiglio, non documentata da nessun documento ufficiale, infatti non esistono verbali di quella seduta, ma solo ricostruzioni fatte dai vari protagonisti di quella lunga notte.