Letture: Le farfalle di Sarajevo (Priscilla Morris)

Sto leggendo il libro citato nel titolo. Racconta di Zora, insegnante  all’università e pittrice, che vive la tragedia della sua città.

Nelle prime pagine viene descritta la bellezza e la dolcezza del vivere a Sarajevo, una città da sempre multietnica e citata come esempio di pacifica convivenza tra etnie di diversa lingua, cultura e religione. Ma ecco che compaiono dei segni inquietanti, a cui gli abitanti dei vari quartieri non danno il giusto peso: di notte, squadracce di giovinastri mascherati saccheggiano gli appartamenti vuoti e con le masserizie accatastate costruiscono barricate a dividere i  diversi .quartieri. Ogni tanto spuntano inspiegabilmente dei posti di blocco .  Nessuno però vuole credere che si possa arrivare a una guerra: è assurdo, perchè  in città sono sempre vissuti gomito a gomito serbi, croati, musulmani…

Zora ha mandato in Inghilterra, da sua figlia,  il marito e la madre malferma in salute. Lei è rimasta per non interrompere i suoi corsi all’università ed ecco scoppiano i primi scontri …

(copio dal libro)

“Senta, professoressa, ha trenta minuti, Prenda tutto quello che può”( le dice il custode del palazzo  in cui si trova il suo studio) … “Dopo oggi non potrà più tornare qui” ….

Guardando fuori dalla finestra vede, su un tetto più in basso, un cecchino allungato dietro i sacchi di sabbia, col fucile puntato su un incrocio  … apre le borse e ci butta dentro tutto quello che può. …E’ appena passato mezzogiorno. Zora si ritrova in piedi sul marciapiede con una sacca pesante sulle spalle e in  ogni mano una borsa di plastica piena di materiale per dipingere. Sulle tempie le spuntano perle umide, ma non può alzare le mani per asciugarle.

Proprio in quel momento un’esplosione spaventosa scuote la strada. Le si piegano le ginocchia. L’aria si increspa quasi fosse di garza. Zora resta immobile per un secondo – abbastanza per avvertire la scossa di un’altra granata che cade a poca distanza – e poi si mette a correre. Corre come non ha fatto più da quand’era bambina. A perdifiato, con il cuore in tumulto.  …

C’è un rumore continuo di muri che crollano e vetri che s’infrangono. Le fiamme divampano da una fila di macchine parcheggiate sulla riva opposta (del fiume), Zora si lascia sfuggire un grido. Nubi di fumo si dividono svelando che un tram è stato spezzato in due: il tetto accartocciato e l’interno annerito, pezzi di metallo che sporgono come ossa spezzate…”

Chissà quante donne, quanti uomini, quanti bambini stanno vivendo anche in questo momento lo stesso terrore!!

 

 

 

Si può essere felici a Natale?

Mai come quest’anno sento il contrasto doloroso (stavo per dire scandaloso) tra il Natale di casa nostra con la sovrabbondanza di luci, di dolci, di cibo, di traffico e il Natale di chi vive sotto le bombe, senza casa, al freddo, al buio,  senza cibo e senza acqua e con il sottofondo tragico dei crolli, degli scoppi…del pianto dei bambini terrorizzati e delle madri che perdono i loro figli.

Ci si sente così impotenti, così piccoli di fronte a un’ingiustizia tanto inaccettabile … e si può solo pregare cercando, nel contempo, di fare qualcosa di concreto. Caritas Ambrosiana ha in attuazione un progetto destinato a una comunità cristiana di Gerusalemme che cerca di portare aiuto a quella popolazione. I nostri contributi personali di gente comune sono solo piccole gocce, ma insieme possiamo portare un po’ di sollievo a chi è meno fortunato di noi.

Sarà un modo per poter godere più serenamente della gioia del Natale.

 

La voce dell’organo risuona di nuovo ad Arcellasco.

inaugurazione organoStamattina nella chiesa di Arcellasco ha avuto luogo una bella e festosa cerimonia per l’inaugurazione dell’organo ottocentesco finalmente restaurato e ritornato agli antichi splendori.

Erano presenti le autorità cittadine: il Sindaco Mauro Caprani, la vicesindaco Sofia Grippo, i consiglieri Zappa e Redaelli; la santa messa, preceduta dalla benedizione dell’organo, è stata celebrata da mons. Gilardi, responsabile diocesano per la Liturgia.

E’ stato emozionante sentir sprigionare di nuovo da quelle canne (oltre 2.200!!)  note limpidissime che hanno riempito le volte della chiesa: che atmosfera solenne e mistica insieme sa creare l’organo!!!

E pensare che nella chiesa paleocristiana (fino all’VIII secolo circa) questo strumento era stato bandito dai luoghi di preghiera qui in occidente: ricordava troppo gli spettacoli sanguinari negli anfiteatri in cui venivano sacrificati i prigionieri, i condannati a morte e i cristiani. Questo ostracismo addirittura fu esteso ai musici, rei di aver usato l’organo nella sua forma più antica (hydraulis= organo ad acqua), pertanto essi dovevano cambiare mestiere se volevano essere battezzati.

Fu Pipino il Breve a riportare in Europa l’organo a canne da Bisanzio dove si era recato in visita all’Imperatore e da allora questo strumento  è stato perfezionato sempre più  ed è diventato lo strumento liturgico per eccellenza.

Quando da ora in poi sentiremo risuonare le note solenni dell’organo, il nostro pensiero andrà con doverosa riconoscenza  ai nostri antenati che ci hanno consegnato questo prezioso tesoro di arte e di artigianato.

 

Discriminazione di genere.

Se seguite “Affari tuoi” condotto da Amadeus, avrete certamente notato che ha le borse sotto gli occhi, le zampe di gallina e rughe varie disseminate per il volto e, giustamente, le lascia vedere con naturalezza. Nessuno pensa che dovrebbe farsi un lifting. E’ bravo, è simpatico, sa mantenere alto l’interesse per il gioco (spesso crudele) che conduce e tanto basta a tutti quelli che lo seguono. Lo stesso si potrebbe dire per Fabio Fazio o per altri personaggi TV non più giovanissimi di sesso maschile.

Se invece parliamo di donne della TV ecco che compare quello strano alone che appiattisce il volto e gli toglie espressione o si vedono facce rese inespressive dal botulino o deformate dagli interventi di plastica facciale. Quando impareremo ad accettare l’idea che anche le dive  o le conduttrici televisive possono invecchiare e continuare ad essere ottime professioniste?

Questa è una discriminazione di genere che noi donne stesse contribuiamo a perpetrare.

Una bella storia di Natale.

Non so se sia per tutti così, ma questa notizia mi ha realmente commosso: Agnese Moro, figlia di Aldo Moro, lo statista rapito e ucciso dalle brigate rosse, ha voluto incontrare gli assassini di suo padre e i loro fiancheggiatori.

Da questi incontri, ripetuti nel tempo, sono nate “amicizie difficili” come le definisce la stessa Agnese, ed è potuto scaturire il perdono liberatorio.

Sì, il perdono può aiutare a sciogliere il troppo dolore delle vittime e il peso insopportabile del rimorso dei carnefici . Il perdono può consentire alle une e agli altri di ricominciare una vita diversa, in cui non ci si deve continuare a sentire soltanto vittime di una crudeltà insensata e ci si può ritrovare in un ruolo diverso e più umano di quello del carnefice, ormai aborrito dentro la propria coscienza.

Credo che questa sia una bellissima storia di Natale, che dovrebbe avere molto più risalto nelle cronache dei nostri giorni, perché dal perdono può nascere la pace tra le persone e tra i popoli.

Ricordando un’amica…

L’ ho sentita l’ultima volta al telefono una decina di giorni fa ed eravamo rimaste d’accordo che sarei andata a trovarla presto, ma subito dopo sono cominciate ad arrivare notizie che mi riempivano di tristezza: Mariuccia stava male.

(Nella foto qui sotto il ricordo del giorno in cui è stata eletta presidente onorario dell’UTE).

Gruppo Direttivo con Mariuccia G. Pellegrini_esterna 2Ora se n’è andata là dove non si soffre più. E’ stata una donna coraggiosa, che ha saputo credere nei suoi sogni e ha saputo perseguirli con tenacia e con fiducia incrollabile. Ha creato dal nulla l’Università della Terza Età di Erba e a questa sua creatura ha dedicato il meglio delle sue risorse e delle sue energie. Sapeva contattare i docenti e stabilire con loro rapporti di amicizia e di stima reciproca; sapeva ascoltare con pazienza e con empatia le confidenze di chi frequentava l’UTE e si sentiva accolto in un clima di familiarità e di rispetto. Ora la “sua creatura” (lei chiamava così l’UTE, sta per compiere trent’anni di vita ed è diventata un punto di riferimento importante per tanti nella nostra città.

Ho avuto modo di collaborare con lei e di sperimentare la sua generosità e la sua sensibilità.

Ci mancherai, Mariuccia! Ora ricordati di noi da lassù così come noi continueremo sempre a ricordarci di te con profonda gratitudine e riconoscenza.

 

Il trenino della Valassina….

Da qualche tempo, mia nipote Elisa è qui con me per poter frequentare l’Università Cattolica di Milano. Naturalmente deve servirsi della linea ferroviaria  che collega Erba a Milano- Cadorna.

Se un tempo bastavano 55 minuti per percorrere i 40 Km circa di questa tratta, ora occorrono, quando tutto va bene, un’ora e dieci minuti e certo io non so spiegare il perché  (avranno aumentato il numero delle fermate?). Il fatto è che la puntualità è un optional su questa linea, un’eccezione che si verifica solo raramente.  Tre giorni fa ci son volute quasi due ore per coprire il percorso e ieri il treno è partito con più di mezz’ora di ritardo, ma forse in questo caso si può pensare che il disservizio sia da imputare allo sciopero. Normalmente comunque l’orario di arrivo non è quasi mai rispettato, ma questo pare non preoccupare la Regione Lombardia, anzi sta legittimando i disservizi, visto che rinnova a scatola chiusa il contratto con la società che gestisce da anni questa linea.

 

Una città nuova ? Speriamo…

Chi viene a Erba, per la prima volta, credo che resti veramente perplesso vedendo come quello che dovrebbe essere il cuore della città sia invece occupato da vecchi fabbricati industriali fatiscenti e lasciati in abbandono da decenni. Essi, è vero, stanno lì a testimoniare un passato glorioso di laboriosità e imprenditorialità, ma ora che il mondo della produzione è cambiato costituiscono un elemento di “disdoro” (inteso come contrario di “decoro”) che rattrista al solo vederli.

Da tanto tempo, in ogni campagna elettorale, il tema delle aree dismesse ha rappresentato un punto importante nei programmi elettorali di tutti i candidati, ma poi tutto è rimasto allo “statu quo”,  certo per la difficoltà di indurre i proprietari a prendere iniziative in merito a questo problema, che è certamente complesso, vista la vastità delle aree interessate e la loro dislocazione proprio in centro città.

Ora, grazie a disposizioni della regione, pare sia possibile alle autorità cittadine imporre ai proprietari tempi certi per intervenire, pena l’abbattimento dei vecchi edifici con spese a loro carico.

E’ auspicabile che si arrivi davvero a una riqualificazione del centro di Erba. So che ci sono da anni progetti  che attendono di essere presi in esame, speriamo che chi dovrà decidere del futuro di questa città tenga presente criteri di razionalità, di efficienza e anche di bellezza per il bene dei suoi cittadini e non ceda a tentazioni speculative: una colata di cemento sarebbe intollerabile.

Sarà possibile realizzare una città bella e accogliente, a misura di uomo? Speriamo di sì e intanto possiamo sognare…