Quando la natura ci fa sentire piccoli…

Il terremoto in Turchia di questa notte, raccontato in questo articolo di Avvenire, ha provocato una vera catastrofe: già ora si registrano più di mille morti, ma alcuni ipotizzano che si possa arrivare a contarne fino a 10.000 !!!

Di fronte a notizie come questa, ci si sente piccoli, impotenti, in balia di forze incontrollabili e immani e viene subito da pensare a quanto sia senza senso fare delle guerre per qualche pezzo di terra in più.  Se Putin può forse sentirsi forte perché ha distrutto intere città in un anno di guerra, ora dovrebbe impallidire: questo terremoto, oltre a danneggiare molte città in pochi secondi, ha fatto spostare la penisola Anatolica di tre metri!!!!

Siamo tutti “naufraghi” su questo piccolo pianeta che fluttua nel cosmo e dovremmo capire che l’unica nostra possibilità di sopravvivenza è darsi una mano ogniqualvolta se ne presenti la necessità… E credo che tutti quelli che ne hanno la possibilità debbano contribuire a portare un po’ di aiuto a che in pochi secondi ha perso tutto.

Truffa sventata in Via Lecco.

La nostra, mi pareva un’isola felice: da molto tempo non si verificavano furti o tentavi di truffe, ma stamattina, pochi minuti fa, un malvivente ha quasi messo a segno il ben noto trucco dell’acqua inquinata.

Un giovanotto in tuta blu si è finto un impiegato dell’azienda che gestisce l’acquedotto locale, dicendo che un guasto agli impianti aveva provocato una grave contaminazione dell’acqua. Ha invitato la sua vittima a controllare aprendo il rubinetto di cucina. In quel momento ha spruzzato una sostanza irritante, che ha disorientato e confuso la mia vicina. Fortunatamente lei  ha avuto la lucidità necessaria per pensare di chiamare la figlia che il furfante aveva detto di aver già avvisato. Visto che stava per essere smascherato il truffatore se l’è data a gambe senza riuscire a sottrarre alcunché.

Ora i vigili stanno controllando la zona. Una raccomandazione: non aprite mai a chi non conoscete.

Soledar.

Leggendo questo articolo di Avvenire

Non restano che le bocche scure dei palazzi bombardati.  Esse urlano…. sono grida di dolore e di sdegno che chiedono: perchè? Ma solo il rombo dei missili e dei carri armati dà, giorno e notte,  una sola insensata risposta

La fettina di carota.

Ieri sera in seconda serata su Rai1, tra le varie testimonianze sui campi di sterminio, ho risentito un0 straziante racconto di Liliana Segre.

Le era venuto un ascesso sotto un’ascella e, nell’infermeria del campo, una donna glielo aveva asportato  con le forbici, dicendole di non svenire perchè non l’avrebbe aiutata. Tornò nella baracca in preda a una sofferenza fisica atroce  e a una terribile angoscia: aveva tredici anni, si sentiva piccola, sola e abbandonata a una sorte disumana. Una donna, prigioniera come lei, vedendola così prostrata, prese un fazzoletto lercio e ne trasse una fettina di carota, una preziosa fettina che poteva fare la differenza tra la vita e la morte e gliela offrì. La piccola Liliana si sentì confortata dal sapore dolce di quel dono e disse “Grazie”.

Il commento della Segre: da tanto tempo non avevo detto “grazie!”

L’orrore del lager aveva tolto tutto a quella prigioniera: i suoi affetti, i suoi averi, i suoi progetti di vita, ma non era riuscito a cancellare il suo  senso di umanità.

L’eredità dei giusti.

È “L’eredità dei giusti” (titolo della serata di ieri sera, partecipata nonostante il vento freddissimo) che essi hanno lasciato a tutti noi : battersi e operare x la giustizia, perdonare il nemico, anche il più feroce, donare le proprie energie e pronunciare parole buone, per costruire un mondo migliore, tutto ciò con Amore, l’ultima parola che David Sassoli ha ripetutamente pronunciato morendo.

Questo è il commento della mia amica C.F. che ha assistito, come me, alla seconda serata del “mese della Pace”.  Si è trattato di un recital dell’attore Simone Severgnini e del Giardino delle Ore, imperniato sul “ricordo” di alcuni  giusti dei nostri giorni: Gino Strada, Desmond Tutu,  Thich Nath Hahn, Luca Attanasio, David Sassoli.

Sono uomini che hanno dedicato la propria vita a rendere migliore il mondo in cui viviamo, ognuno ha operato in campi diversi: Strada come medico là dove le guerre seminano dolore e morte; Desmond Tutu, in Sudafrica, contro l’apartheid; Thich Nath Hahn, monaco buddista noto per il suo impegno per la pace; Luca Attanasio, il giovane ambasciatore gentile ucciso durante una missione di solidarietà; David Sassoli, l’uomo che ha nobilitato il mestiere della politica con il suo impegno nella costruzione di un’Europa più forte, con la sua onestà, con la forza delle sue idee e dei suoi affetti.

Sono persone che ci  hanno lasciato come preziosa  eredità il loro esempio; se ognuno di noi si impegnerà a seguire le orme dei loro passi, certamente il mondo diventerà un luogo migliore per noi e per i nostri figli.

 

Una lunga odissea.

Mercoledì sera, ho partecipato ad una breve “cerimonia” in occasione dell’inizio della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. E’  un momento suggestivo e cerco sempre di partecipare.  Accanto ai momenti di preghiera c’è stata la testimonianza di due immigrati: una donna Ucraina, fuggita dal suo paese con la sua bambina poco dopo lo scoppio della guerra, e un ragazzo nigeriano. Quest’ultimo, di religione cristiana, nella sua lunga testimonianza ha raccontato di essere fuggito dal suo villaggio dopo che, in un’incursione da parte di un gruppo di terroristi, la sua casa è stata incendiata, causando la morte dei suoi genitori  e il rapimento di due suoi figli ancora molto piccoli.

Lui e la moglie si sono messi in viaggio seguendo strade diverse. L’attraversata del deserto è stata penosissima: ai bordi della pista erano disseminati i resti di cadaveri, cibo e acqua scarseggiavano al punto che ognuno per sopravvivere è stato costretto a bere la propria urina. Dopo un breve soggiorno in Libia, dove si era ricongiunto alla moglie, a bordo di gommoni sono giunti in Italia, ma non avevano documenti e hanno tentato di raggiungere la Germania, da cui però sono stati respinti di nuovo in Italia. Dopo tante peripezie sono giunti a Erba, dove la Caritas li sta aiutando.

Questo ragazzo non si è soffermato molto sui particolari delle varie tappe della sua lunga odissea, ma non è difficile immaginare quante sofferenze abbia dovuto affrontare.

Nell’ascoltarlo pensavo a quanto sia ingiusto il mondo che siamo venuti creando nel tempo e come stiamo anche oggi perpetuando ingiustizie vecchie di secoli. Credo che se fino a pochi decenni fa i diseredati del mondo erano rassegnati al loro destino perchè non conoscevano altri modi di vivere possibili, ora le nuove comunicazioni hanno abbattuto queste barriere e chi può cercherà sempre più di prendersi quel briciolo di felicità e di benessere a cui ogni essere umano ha diritto.

Parlare di guerra per parlare di pace…

Ieri sera al teatro Excelsior, Nello Scavo e Lucia Capuzzi, due giornalisti di “AVVENIRE”, ci hanno raccontato le loro esperienze nei paesi più tribolati del nostro mondo.

Nello Scavo ha raccontato, quasi con pudore, la crudeltà e le atrocità della guerra in Ucraina, dove si è recato di persona, e ci ha fatto veramente sentire l’assurdità di una guerra a cui ormai ci stiamo un po’ abituando e che stiamo vivendo a volte come un video-gioco davanti alla TV. Parlando poi di migrazione ha ben spiegato come dietro al traffico di esseri umani , si nascondano interessi molto ampi e complessi e come sia insensato negare i diritti essenziali a tanta parte di umanità: alla fine negare i diritti porta solo a creare ingiustizie che prima o poi presentano il conto. Scavo ha parlato anche della guerra dei Balcani, la sua prima missione (come free-lance, per dirla con un eufemismo di moda oggi, o come “spiantato, disoccupato della comunicazione” come ha detto lo stesso giornalista). E a questo proposito ha testimoniato come la pace in quelle zone, tra Kosovo e Serbia, sia fragile… La guerra ha  lasciato dietro di sé uno strascico di odio e rancore tale, che nemmeno trent’anni di “pace” (ma forse è più giusto dire armistizio lungo trent’anni) sono riusciti a far dimenticare e che si tramanda alle nuove generazioni come una tragica, feroce eredità.

Lucia Capuzzi, innamorata del Sud America, ma recentemente inviata in Afghanistan, ci ha parlato della lotta delle donne afghane, private ormai di ogni diritto, nel silenzio più totale dei media occidentali. La missione di portare la democrazia a suon di bombe è fallita, tanto vale lasciare quel disgraziato paese al suo destino e alla sua povertà disperante. Nelle strade del sud del paese si vedono solo uomini: le donne sono relegate in casa e non hanno diritto a uscire nemmeno accompagnate; a Kabul girano per le strade come fantasmi, avvolte nei burqa, ma non possono andare al parco e nemmeno possono accedere alle università. In Iran poi è in atto una repressione feroce contro le donne e contro tutti coloro che le sostengono. (Bene ha fatto Mattarella ieri a parlare con chiarezza all’ambasciatore iraniano). E cosa dire delle popolazioni indigene dell’Amazzonia che stanno lottando per la loro sopravvivenza contro la deforestazione portata avanti con insensata pervicacia da Bolsonaro?

Entrambi i due coraggiosi giornalisti, dopo aver raccontato tanti orrori, hanno anche raccontato episodi che autorizzano a nutrire la speranza: in mezzo anche alle situazioni più dolorose, ci sono sempre uomini e donne che continuano a lottare contro le violenze e a piantare semi di speranza: è questo che deve darci lo stimolo a essere anche noi, nel nostro piccolo, costruttori di pace.

P.S.: Grandi applausi hanno accompagnato gli interventi dei due coraggiosi  giornalisti, ma il più sentito, almeno da me, è stato quello indirizzato a Lucia Capuzzi quando Nello Scavo ci ha detto che lei, dopo essere stata fermata e imprigionata dai talebani, una volta liberata non è fuggita dal paese, ma è rimasta fino ad ottenere una lettera di scuse dal governatore locale. Dobbiamo essere molto grati a giornalisti dello stampo dei nostri due relatori, ci permettono di conoscere realtà lontane consentendoci di valutarle e di prendere posizione , schierandoci dalla parte della giustizia.

Dice Daniel Goleman…

Ho sentito parlare di Daniel Goleman dalla dr.ssa Lucia Todaro nella sua ultima lezione all’UTE e mi è venuta la curiosità di saperne di più.

E’ così che ho acquistato il libro “Lavorare con intelligenza emotiva” di cui riporto qui alcune righe:

La motivazione ad affermarsi e a lasciare il proprio segno nel mondo è più pressante quando abbiamo tra i 20 e i 50 anni.  Però intorno ai 45/50 anni la gente rivaluta i propri obiettivi …perché arriva una riconsiderazione di ciò che conta realmente nella vita. …. Raggiunta la mezza età, ci sono moltissimi alti dirigenti o avvocati (di successo ndr) che vorrebbero invece impegnarsi nel sociale o aprire un ristorante ….. o gestire una piccola azienda. Ma il loro vero lavoro li annoia.

Quando si comincia a pensare che buona parte della propria vita è ormai alle spalle, vale la pena davvero di riscoprire i veri valori della vita e cercare gratificazione nelle piccole cose di ogni giorno e  negli affetti delle persone care.

In altra parte del libro vengono illustrati i difetti più comuni tra i dirigenti di un certo livello e tra questi difetti c’è anche il bisogno di apparire perfetti, che porta a rifiutare ogni critica, anche quando questa è realistica e documentata e ad incolpare gli altri dei propri errori o fallimenti. Non deve essere facile dover collaborare con dirigenti di questo tipo: stress e frustrazioni sono inevitabili!!