In Ungheria (seconda parte)

Nella storia dell’ Ungheria c’è un punto di partenza che nessuno scorda: il re Santo Stefano, che attorno al mille convinse il suo popolo a rinunciare al nomadismo e al paganesimo per occidentalizzarsi , diventando un popolo di agricoltori e cristiani. Così la migrazione secolare di quel popolo asiatico dedito al saccheggio ebbe termine e lì, nella pianura ungherese, cominciò a prosperare.
Le divisioni interne portarono poi all’ invasione funesta dei Turchi durata 150 anni e da essa i Magiari si poterono liberare solo con l’ aiuto degli Asburgo (Impero austriaco) nel corso del 18° secolo., naturalmente però il prezzo fu piuttosto alto: gli Asburgo occuparono il paese e ne distrussero le fortezze per scoraggiare le velleità di indipendenza mai sopite. Solo all’ epoca della principessa Sissi ottennero il riconoscimento di regno federato sotto la corona di Francesco Giuseppe.
Questo fu il momento di maggior splendore della Grande Ungheria che andava dal Mar Baltico al Mar Nero all’ Adriatico e i molti palazzi in stile liberty ne sono testimonianza. Era il periodo in cui in ogni operetta o commedia teatrale non poteva mai mancare il conte ungherese o la principessa di Transilvania…

Ma Le sorti dell’ Ungheria seguirono le vicende degli Asburgo, che scomparvero con la prima Grande Guerra. Il regno fu smembrato e i Magiari scelsero di diventare una Repubblica; dopo vent’ anni scelsero di nuovo l’ alleato sbagliato e i loro territori furono ulteriormente ridotti fino agli attuali 100.000 Km. quadrati (un terzo dell’ Italia con appena 10 milioni di abitanti).

Ritornando alle origini, S. Stefano si fece aiutare nella sua opera di civilizzazione dai monaci benedettini e in tutto il paese si trovano a ogni piè sospinto vestigia del santo re, di sua moglie Gisella e tante abbazie, oltre alle numerosissime basiliche e cattedrali .

Della dominazione turca non resta nulla: tutto è stato cancellato, tranne qualche bagno turco…

Ora l’ Ungheria guarda decisamente verso quell’ Europa che l’ ha punita duramente in passato, ma che potrebbe assegnare a questo paese, che ricorda orgogliosamente le sue origini asiatiche, il compito di fare da tramite tra un occidente in declino e un’ Asia in potente risveglio.
(Nella foto: Maria Teresa d’ Austria)

In Ungheria (prima parte)

Sono appena tornata dal viaggio in Ungheria: è stata una bellissima esperienza culturale ed umana, perfettamente organizzata e perfettamente condotta.
Abbiamo fatto alcune tappe prima di arrivare nella capitale, percorrendo da sud a nord la parte più occidentale e più ricca del paese.
La prima cosa che mi ha colpito sono state le case dei paesi di campagna: piccole , a un solo piano, con tetti aguzzi e piccole finestre chiuse da doppi vetri divisi tra loro da uno spazio spesso occupato da fiori visibili più ai passanti che agli abitanti della casa. Assomigliavano tantissimo alla casa dei sette nani della favola di Biancaneve, solo che non erano destinate a dei nanetti irreali, ma a dei contadini in carne e ossa che , data la loro atavica povertà, potevano permettersi solo casette minime per lasciare il maggior spazio possibile alla parte coltivabile del terreno a loro disposizione.

Da un borgo all’ altro si estendevano chilometri di campi coltivati , ma le fattorie erano rarissime: segno evidente che il latifondo continua ad essere preminente nell’ agricoltura ungherese (così ci ha detto la nostra guida , Wanda Virag, bravissima e coltissima).

Nei centri delle cittadine in cui abbiamo sostato brevemente, Soprom, Vesprem e Gyor, resta evidente la conseguenza di un quarantennio di comunismo: tutti i palazzi che erano appartenuti alla ricca borghesia di prima della guerra , sono stati confiscati agli antichi proprietari e poi lasciati in abbandono perchè il loro mantenimento era troppo costoso, con l’ unico risultato che oggi un prezioso patrimonio architettonico sta andando in rovina, anche se su ogni casa compare una targhetta che la dichiara “monumento nazionale” o sede di un museo. Quando l’ ottusità va al potere, queste sono le conseguenze inevitabili.

Ogni città poi porta ancora segni evidentissimi degli oltre quarant’ anni di dittatura comunista anche nell’ architettura dei suoi palazzi : interi quartieri di orribili costruzioni di dieci piani , simili a enormi parallelepipedi composti da pannelli in cemento, hanno sostituito le antiche abitazioni. Il tutto ha un’ aria molto triste e squallida.

I resti romani non mancano nemmeno in queste zone, ma è certo che dell’ antica civiltà latina qui sono rimaste solo tracce nei documenti più antichi (anche in queste terre essi venivano redatti in latino, lingua portata qui dai monaci benedettini).

A Budapest!

Domattina partirò per un viaggio in Ungheria organizzato dall’ Università della Terza Età di Erba. Ero stata molto indecisa sull’ adesione all’ iniziativa e qualche giorno fa sembrava che non sarebbe stato possibile partire, invece si è trovata la soluzione ai vari problemini che si erano presentati.

Sarà forse la prima vacanza vera della mia vita: non dovrò cucinare , nè rifare letti o brandine, nè fare la spesa…..pare strano. Chissà se mi piacerà …. se troverò qualche computer collegato con internet negli alberghi in cui ci fermeremo , racconterò le impressioni di questo viaggio.

Per il momento un saluto a tutti quelli che passeranno di qua.

Il “GIORNALE DI ERBA” parla di Elisa e Davide…

Giornale di Erba
Il “Giornale di Erba”, uscito oggi , ha come titolo di prima pagina ,la storia dei miei nipotini , Elisa e Davide, ospiti qui da me per il terremoto che ha colpito il loro paese, Rolo, e che ha reso inagibili le scuole elementari e la scuola materna.
Nel bell’ articolo firmato da Benedetta Magni compare anche l’ intervista a mia figlia che racconta come in Emilia si affronti l’ emergenza e come questa situazione faccia riscoprire lo spirito di collaborazione e di solidarietà vera e semplice che è patrimonio culturale di quella gente.

La danza degli svassi.

Oggi passeggiando sulle rive del Segrino, abbiamo potuto osservare da vicino una coppia di svassi . Erano in un momento di riposo e tenevano la testa abbassata sul dorso, mentre si lasciavano cullare dalle acque placide del lago. Più lontano, in mezzo al laghetto si vedeva una famigliola : tre piccoli svassi e un adulto che continuava a tuffarsi in cerca di cibo per i suoi piccoli.
Davide è rimasto incantato a guardarli , mentre Elisa cercava di fotografarli.

Sono uccelli acquatici molto affascinanti sia per la loro bellezza, sia per la loro abilità nel nuoto che per la capacità di tuffarsi anche a notevoli profondità e per tempi molto lunghi. Ma la cosa più spettacolare di questi uccelli è la danza di corteggiamento , che potrete vedere cliccando sul seguente link.
La danza degli svassi

Partenze e voli ….

E’ stata una giornata densa di avvenimenti e di emozioni. La mattina è stata occupata dai preparativi per la partenza di Samuele e dal rammarico dei tre cuginetti al pensiero di doversi separare.
Hanno passato cinque giorni memorabili per la gioia con cui hanno saputo stare insieme facendosi compagnia e divertendosi un mondo qui nel cortile condominiale .

Dopo un breve pranzo, ci siamo messi in auto: faceva un gran caldo, ma l’ idea di arrivare insieme all’ aeroporto ha fatto dimenticare il disagio dell’ aria torrida nei primi momenti di viaggio. Il traffico era intensissimo, come sempre del resto, ma almeno non abbiamo trovato code e, a parte qualche batticuore provocato da automobilisti che scambiano le strade statali per l’ autodromo di Monza poco distante, siamo arrivati felicemente a destinazione .
Nell’ attesa i bambini hanno giocato ancora: Samuele faceva il jet ed Elisa , che lo teneva per la maglietta, faceva la passeggera, mentre Davide era occupato a pensare che non si poteva lasciare partire Samuele da solo e perciò meditava di comprare un biglietto anche per sé. Al momento dei saluti Samuele si è commosso, ma non voleva farsi vedere a piangere ….

Al ritorno, siamo andati in cortile e abbiamo assistito ad una scena bellissima.
Elisa ha individuato ai piedi del pino un uccellino che , probabilmente al primo volo, si trovava in difficoltà e ha rischiato di farsi calpestare, così mimetizzato tra l’ erba. Mi sono avvicinata e , dopo qualche tentativo andato a vuoto, sono riuscita a prenderlo tra le mani: Elisa e Davide lo hanno toccato: era piccolissimo e il suo cuore batteva all’ impazzata.
Dovevamo impedire che rimanesse vittima di qualche gatto di passaggio o di qualche passante distratto, ma dove posarlo?
Oltre la rete metallica che delimita il cortile, sopra un albero, abbiamo visto un altro uccellino che emetteva in continuazione dei richiami e abbiamo pensato che dovesse essere la madre del piccolo, perciò abbiamo deciso di posarlo a terra in un angolo dove solitamente non passa nessuno e vicino alla madre.

Ci siamo allontanati e siamo stati a guardare …. dopo pochi minuti, la madre (o il padre) si è posata in alto su un albero lì accanto, forse per farsi vedere dal piccolo, poi gli è volata sempre più vicino, fino a scendere accanto a lui. Da lì poi gli ha mostrato varie volte le piccole tappe che avrebbe dovuto compiere: prima un piccolo volo per arrivare sul muretto basso di fronte, poi un altro balzo verso l’ altro lato del muretto infine l’ attraversamento della rete e il raggiungimento dell’ albero su cui doveva essere il loro nido.
Era commovente vedere quell’ uccellina/o così piccolo (doveva pesare pochi grammi) ripetere con tanta ostinazione i suoi inviti e le sue dimostrazioni pratiche. A un certo punto si son visti due uccellini in volo e quando di lì a poco ci siamo avvicinati il piccolo non c’ era più… era riuscito a riguadagnare il nido.
Cercando sul computer abbiamo visto che potrebbe trattarsi di un fringuello e questa sera Davide ha disegnato tutta la scena in un modo veramente stupendo (naturalmente ha aggiunto quel gatto che noi temevamo potesse fare il guastafeste, ma che non si è visto per niente e, sempre naturalmente, ha disegnato se stesso che combatte contro il malefico gatto / drago).
Domattina avremo modo di utilizzare questo disegno per quelli che noi chiamiamo i “compiti”: anche se non si va a scuola perchè il terremoto ha provocato la chiusura anticipata della sua scuola non ci si deve lasciare andare alla pigrizia….

Una storia dal terremoto…

Don Ivan

La morte di questo sacerdote era stata raccontata in modo strano in un primo tempo: si era detto che era morto per salvare la statua della Madonna e la cosa era stata commentata in modo molto critico da tanti.
– Perchè rischiare la vita così? Una statua è pur sempre solo una statua….-

Leggendo l’ articolo sui funerali del sacerdote si apprende invece che questi si era introdotto nella chiesa pericolante insieme a un tecnico per fare l’ elenco delle opere d’ arte da salvare, ma la fatalità ne ha determinato la morte prematura. E’ morto perciò come tutti quelli che sono stati sorpresi dalla seconda scossa sul luogo di lavoro, compiendo coraggiosamente il loro dovere.

Convivere col terremoto.

Convivere col terremoto : un’ esperienza altamente traumatica. Ti fa toccare il massimo della precarietà. Ti si affacciano tante domande: Cosa accadrà domani o nei prossimi giorni? La mia casa reggerà?Dove andrò a vivere finchè dura l’ emergenza? Come farò coi bambini se non funzionano le scuole? E gli anziani possono vivere in una tenda?
Tutta la vita rimane sconvolta e non hai più nessuna delle certezze che ti hanno sorretto nel passato.
Sto vivendo da vicino questo dramma e constato che ogni mio tentativo di portare conforto vale ben poco.

Non resta che sperare che l’ emergenza finisca in fretta , prima che le vite di tanti vengano sconvolte.