I Brasiliani vogliono diventare cittadini .

Alla scuola di italiano per stranieri c’ era quest’ anno una bella ragazza brasiliana che si è sposata recentemente con un italiano.

Un giorno , facevamo conversazione e lei disse di essere scettica sulla possibilità del suo paese di ospitare i mondiali di calcio l’ anno prossimo, visto il ritardo con cui si stanno realizzando le costosissime opere previste. Nel suo modo di esprimersi era evidente che non era affatto d’ accordo che si spendessero tanti soldi per il calcio.
Il suo mi era parso un atteggiamento non significativo rispetto al sentire del paese, che ci viene sempre descritto come iperfanatico del calcio…..
Invece ecco qui cosa sta accadendo: in occasione della Confederation Cup in corso nel paese , la gente sta scendendo ripetutamente in piazza a protestare : perchè spendere tanti soldi per i mondiali di calcio quando ci sono urgenze ben più pressanti nel paese,  ad esempio scarsità di ospedali scuole e servizi in genere?
I Brasiliani allora non sono solo Carnevale e goleador , sono anche gente che pensa e che sa prendere posizione in modo energico e che rivendica il diritto di assurgere alla dignità di cittadini e non solo sudditi consumatori.
Qui da noi l’ acquisto di un calciatore può spostare i sondaggi elettorali (ricordate l’ acquisto di Balotelli  in tempo di elezioni?) …forse nulla è cambiato dal tempo in cui si governava a furia di “panem et circenses”, ma in Brasile non è così.

Dal sindaco di Lampedusa…

Credo che questa lettera si commenti da sé e mi piace segnalarla perché scritta ricca di sensibilità  e di umanità.

L’appello del sindaco di Lampedusa all’Unione Europea

Sono il nuovo Sindaco delle isole di Lampedusa e di Linosa
Eletta a maggio, al 3 di novembre mi sono stati consegnati già 21 cadaveri di persone annegate mentre tentavano di raggiungere Lampedusa e questa per me è una cosa insopportabile. Per Lampedusa è un enorme fardello di dolore. Abbiamo dovuto chiedere aiuto attraverso la Prefettura ai Sindaci della provincia per poter dare una dignitosa sepoltura alle ultime 11 salme, perché il Comune non aveva più loculi disponibili. Ne faremo altri, ma rivolgo a tutti una domanda: quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?
Non riesco a comprendere come una simile tragedia possa essere considerata normale, come si possa rimuovere dalla vita quotidiana l’idea, per esempio, che 11 persone, tra cui 8 giovanissime donne e due ragazzini di 11 e 13 anni, possano morire tutti insieme, come sabato scorso, durante un viaggio che avrebbe dovuto essere per loro l’inizio di una nuova vita. Ne sono stati salvati 76 ma erano in 115, il numero dei morti è sempre di gran lunga superiore al numero dei corpi che il mare restituisce.
Sono indignata dall’assuefazione che sembra avere contagiato tutti, sono scandalizzata dal silenzio dell’Europa che ha appena ricevuto il Nobel della Pace e che tace di fronte ad una strage che ha i numeri di una vera e propria guerra.
Sono sempre più convinta che la politica europea sull’immigrazione consideri questo tributo di vite umane un modo per calmierare i flussi, se non un deterrente. Ma se per queste persone il viaggio sui barconi è tuttora l’unica possibilità di sperare, io credo che la loro morte in mare debba essere per l’Europa motivo di vergogna e disonore.
In tutta questa tristissima pagina di storia che stiamo tutti scrivendo, l’unico motivo di orgoglio ce lo offrono quotidianamente gli uomini dello Stato italiano che salvano vite umane a 140 miglia da Lampedusa, mentre chi era a sole 30 miglia dai naufraghi, come è successo sabato scorso, ed avrebbe dovuto accorrere con le velocissime motovedette che il nostro precedente governo ha regalato a Gheddafi, ha invece ignorato la loro richiesta di aiuto. Quelle motovedette vengono però efficacemente utilizzate per sequestrare i nostri pescherecci, anche quando pescano al di fuori delle acque territoriali libiche.
Tutti devono sapere che è Lampedusa, con i suoi abitanti, con le forze preposte al soccorso e all’accoglienza, che dà dignità di esseri umane a queste persone, che dà dignità al nostro Paese e all’Europa intera. Allora, se questi morti sono soltanto nostri, allora io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene consegnato. Come se avesse la pelle bianca, come se fosse un figlio nostro annegato durante una vacanza.

Giusi Nicolini

Barbra per fortuna ha potuto cantare…

Donne discriminate in Israele

Israele dev’ essere un ben strano paese : tanta gente proveniente da tutte le parti del pianeta si è trovata a convivere in questo angolo di mondo, portando però con sé le tradizioni e la cultura dei paesi di origine. E quello che si scopre nell’ articolo, di cui ho riportato il link qui sopra,  è che in una parte della popolazione, e precisamente quella ultraortodossa, la donna vive in una condizione di sottomissione impensabile in un paese moderno: addirittura non possono pregare nè cantare!!!

A stigmatizzare pubblicamente questa situazione è stata Barbra Streisand nel corso di una sua tournée in Israele: fa piacere constatare che gli anni (sono ormai 71) non le hanno fiaccato l’ animo battagliero ….e , grazie al cielo, a lei nessuno ha proibito di cantare…..

Cliccando su questo link la potete ascoltare nella sua famosissima “Woman in love” di cui faccio copia – incolla del testo per chi , come me, deve esercitarsi in inglese. http://www.youtube.com/watch?v=0KJ60uJZ3-Q
Life is a moment to space
When the dream is gone
it’s a lonelier place

I kiss the morning goodbye
But down inside, you know we never know why
The road is narrow and long
When eyes meet eyes and the feeling is strong
I turn away from the wall,
I stumble and fall, but I give you it all

Chrous:
I am a woman in love
And I’d do anything to get you into my world and hold you within
It’s a right, I defend, over and over again
What do I do?

With you eternally mine
In love there is no measure of time
We planned it all at the start
That you and I live in each other’s heart
We may be oceans away
You feel my love, I hear what you say.
No truth is ever a lie,
I stumble and fall, but I give you it all.

(Chrorus)

Ooooh Yes I am a woman in love and I’m talking to you,
You know I know how you feel, what a woman can do.
It’s a right, I defend, over and over again.
What do I do.
I’m a woman in love
And I’ll do anything to get you into my world
And hold you within

Quando la poesia diventa impegno politico…

Maram Al-Masri

Una donna siriana,  cui è  stato tolto il figlio, in nome di una cultura nemica delle donne, vive in Francia e scrive poesie per il suo popolo e per la sua terra. E’ il suo modo di combattere la dittatura che opprime il suo  paese. Copio e incollo qui di seguito una sua bella poesia. Cliccando sul link in alto potrete leggere un articolo pubblicato su “La Stampa” con qualche cenno biografico e alcune altre poesie…

Lettera di una madre araba al figlio


La libertà
è un grido
l’esplosione di una corda
in un petto che non ne può più
La libertà
è la madre della forza,
la Bella tra le belle,
 dea della saggezza,
perché il mondo diventa sordo
ai gridi delle madri,
perché Il mondo
non prende più nelle sue braccia
la gazzella ferita
sfuggita alla pallottola del cacciatore…
Perché ci sono
Tra noi, figlio mio,
montagne,
mari,
venti
e notti senza colore
ritmate
da paure e speranze.
Sii figlio mio
la goccia d’acqua
che insieme alle altre gocce
formerà l’onda
che pulirà la costa del mondo
e addolcirà le rocce acuminate
Figlio mio sii il soffio
che si unirà all’aria
perché la tempesta
strappi le radici dell’ingiustizia
Sii la scintilla
di luce,
che il sole della libertà
illumini il tuo paese.
La tua vita mi è cara …
Come quella dei bambini di tutte le madri.
Io ti dedico
figlio mio
alla libertà
Questa ultima parte della poesia mi pare particolarmente toccante se penso a quanto atroce possa essere stato per questa donna vedersi strappare il figlio e non poterlo seguire passo passo, giorno per giorno come accade a tutte le altre madri.

Portobello a Modena.

A Modena…per chi è in difficoltà

Mi sembra degna di menzione questa iniziativa , denominata Portobello, che prenderà il via fra una decina di giorni a Modena:un supermercato gestito da volontari in cui non si paga in danaro, ma con il lavoro. In questi tempi difficili iniziative come questa dovrebbero sorgere in ogni città .

Donne pakistane : quante Malala!!

Il paese in cui studiare è un crimine.

 

 

 

 

In Pakistan se sei donna e vuoi studiare rischi la vita. Le notizie di assalti a scuole femminili si ripetono periodicamente e ora un autobus   di studentesse  universitarie  è stato fatto oggetto di un attacco terroristico: una bomba esplosa a bordo ha ucciso 12 ragazze e ne ha ferito numerose altre, che sono state trasportate all’ ospedale .  Ma a questo punto anche l’ ospedale è stato attaccato e sono state necessarie ore di combattimenti per riportare la calma.

Quanta paura hanno i talebani delle donne? Quanta paura hanno dell’ istruzione? Sanno che istruire una donna vuol dire dare un’ accelerazione vertiginosa al miglioramento delle condizioni di vita all’ interno delle famiglie e nella collettività e questo può mettere a repentaglio lo strapotere arrogante e miope  dei talebani .

Ognuna delle ragazze coinvolte in questo ennesimo attentato è un’ altra Malala ((la studentessa quindicenne pakistana che si è sempre battuta per il diritto allo studio delle sue coetanee e che per questo ha subito un attentato).

Stando così le cose, sarebbe importantissimo che a Malala  fosse conferito il premio Nobel per la pace (ho anch’ io firmato questa proposta).

Credo che se questo accadesse, sarebbe il riconoscimento dell’ eroismo  di tutte le giovani donne che in quella parte del mondo rischiano la vita per affermare i loro più elementari diritti. Malala è ormai un simbolo , una bandiera che rappresenta tutte le donne che combattono contro il fanatismo di chi va incontro al futuro con la testa rivolta al Medioevo.

 

Chi conosce Emily Davison?

Emily-Davison-350x270Chi era Emily Davison?

Cliccando sul link riportato qui sopra si può leggere la storia di una donna morta 100 anni fa, di cui non sapevo nulla.

Prima dello scoppio della prima guerra  mondiale, in Inghilterra, le suffragette lottavano per il riconoscimento alle donne del diritto al voto. Emily era una di loro e quell’ 8  giugno di 100 anni fa aveva accettato di compiere un gesto dimostrativo plateale per richiamare l’ attenzione dell’ opinione pubblica sull’ ingiustizia che negava alle donne il diritto di votare: a Epsom si stava svolgendo un importante avvenimento ippico ed Emily doveva attaccare la bandiera simbolo del suo movimento alle redini del cavallo del re. Purtroppo fu travolta e riportò ferite tanto gravi da causarne la morte. Fu fatta passare per una fanatica  kamikaze, ma solo ora un attento studi dei fotogrammi dell’ epoca ha ristabilito la verità e a Londra le verrà dedicata una targa ricordo sul luogo della morte.

A Lecco: riapre una pizzeria confiscata alla criminalità.

Dal sito di Libera informazione viene una buona notizia: una pizzeria confiscata nel lontano 1996 alla criminalità organizzata e utilizzata in seguito come archivio, verrà presto riportata alla sua primitiva utilizzazione  secondo un progetto di Libera.

A condurla saranno gestori di riconosciuto valore professionale nel campo della ristorazione e con una particolare attenzione ai valori della legalità. Così là dove la criminalità ordiva le sue trame e i suoi loschi affari, si creerà lavoro buono, onesto trasparente, LEGALE!!!