Liberate Asia Bibi.

asia-bibiDa oltre otto anni, una donna cristiana è detenuta in un carcere pakistano con l’accusa di blasfemia, accusa del resto mai provata.

Si chiama Asia Bibi ed è stata condannata a morte.

Perchè nessuno si mobilita per chiederne la liberazione? Perchè dimenticarsi di lei? Forse perchè è solo una  donna e per di più povera?

Questi sono a mio avviso due motivi che invece dovrebbero indurci tutti a gridare con forza: ASIA BIBI LIBERA!!!!

Una storia assurda.

Gira sul web da qualche giorno una notizia che non so quanto veritiera, dato che ha dell’incredibile…

Una donna musulmana vicino a La Spezia avrebbe rischiato di morire annegata per aver rifiutato di farsi soccorrere dal bagnino, perchè era maschio!!!

Tenendo in braccio la sua bambina si era immersa nell’acqua con abiti lunghi e pesanti, che, inzuppatisi, le hanno presto impedito di muoversi e ritornare a riva. Il marito le avrebbe allora tolto dalle braccia la piccola e si sarebbe allontanato senza più curarsi della donna, che era sempre più in difficoltà. Un bagnino accorso in suo aiuto si sarebbe sentito respingere: una donna può essere toccata solo dal marito, pena il disonore!!

La donna è stata poi salvata da una bagnina femmina che, fortunatamente era intervenuta insieme col collega.

Considerazioni:

* è assurdo pretendere di andare in spiaggia e fare il bagno in mare portando abiti lunghi e pesanti; è assurdo che una donna sia tanto terrorizzata dal marito (che non si interessa a lei) da rischiare consapevolmente la morte; è assurdo che al giorno d’oggi a una donna non sia riconosciuto nemmeno il diritto alla vita e alla salute (ricordiamoci che  questo è un caso limite, ma spesso in ospedale le donne non possono essere curate da un medico di sesso maschile); è assurdo che quel marito (se l’episodio è realmente accaduto) non venga denunciato per mancato soccorso e per maltrattamenti; è assurdo infine pretendere di vivere in un paese e non accettarne le regole: qui da noi, almeno sulla carta, uomini e donne hanno tutti gli stessi diritti, anche se c’è ancora molta strada da fare per rendere pienamente realizzata questa enunciazione.

In molte situazioni le donne del mondo islamico, vivono in un tale stato di soggezione da rasentare la schiavitù e si ha un bel dire che devono essere loro stesse a conquistarsi la consapevolezza dei loro diritti e a combattere per ottenerne il riconoscimento, ma un intervento esterno potrebbe essere necessario. Penso ad esempio a direttive dell’ONU con sanzioni per gli inadempienti, ma penso anche che qui da noi certi atteggiamenti (come quello del marito di questa storia) debbano essere severamente puniti, non si deve far finta di non vedere …l’integrazione passa anche da qui.

Donne d’altri tempi.

donna-che-filaTra le persone che hanno popolato la mia infanzia, ricordo in particolare le donne.
Anche da noi, in  Emilia, si vestivano prevalentemente di colore scuro (tranne le ragazze giovani), portavano generalmente un fazzolettone in testa (credo per motivi igienici), un ampio grembiule sopra la gonna ed erano sempre indaffarate: penso che non sapessero il significato delle parole ” tempo libero”.  A quarant’anni, nelle zone agricole, si era già considerate vecchie e l’abbigliamento doveva essere adeguato a questa condizione.
C’ era in ogni cascina una famiglia patriarcale con  la “rasdora”, la donna più anziana, che in certi casi gestiva le attività e le finanze domestiche e  spesso tiranneggiava le nuore e le eventuali figlie che, avendo rinunciato a sposarsi, restavano in casa e si dedicavano al servizio dei genitori, dei nipotini, degli anziani e dei malati.
Le coppie di giovani sposi che andavano ad abitare da soli erano una minoranza e per questo, spesso, erano oggetto di critiche non solo da parte del parentado, ma anche da parte di tutto il paese.

Le donne lavoravano dall’ alba fino a sera inoltrata: nei campi, in casa, nell’ orto o per accudire i figli e gli animali domestici.
Alcune, più fortunate, lavoravano come sarte, come camiciaie o magliaie e, potendo trattenere per sè una parte di quanto guadagnato con le loro dodici o anche sedici ore di lavoro al giorno, potevano avere una certa indipendenza economica.

Ricordo una vicina che era andata a lavorare come mondina in Piemonte; al ritorno aveva braccia e gambe letteralmente divorate dalle zanzare e dal fango e ricordo ancora che mi impressionai tantissimo al racconto di quella sua esperienza, di cui però non ricordo i particolari.

Le donne portavano il peso del mondo sulle loro spalle, senza che venissero loro riconosciuti i diritti più elementari; ora qualcosa è cambiato, ma resta ancora molto da fare.

Morire per qualche chilo di troppo…

E’ una storia ben triste questa che si legge oggi sui giornali.

Una giovane neo-mamma vuole riprendere il suo peso forma dopo la gravidanza e per questo, per ottenere più in fretta dei risultati, si sottopone a cinque interventi chirurgici e l’ultimo le è stato fatale….

Molti sono gli interrogativi che questa tragedia suscita:

  • A nove mesi dal parto perchè avere tanta fretta di recuperare il peso forma? Perchè dare tanta importanza a qualche chilo in più? Chi l’aveva fatta sentire obesa?
  • Possibile che nessuno in famiglia abbia potuto dissuadere questa ragazza dal sottoporsi a tanti interventi chirurgici in così breve tempo?
  • E come è possibile che i medici della clinica in cui è stato effettuato l’ultimo fatale intervento abbiano deciso di effettuare l’operazione pur conoscendo, almeno si presume, i precedenti? L’obiettivo  di certe cliniche è il guadagno prima di tutto, anche a scapito della salute e della vita dei pazienti?

Questa notizia mi conferma in una convinzione: sempre meglio affidarsi agli ospedali pubblici….

 

Pensiero per un’amica.

fiori d'estateCi eravamo conosciute circa nove anni fa: entrambe aggiornavamo quasi

quotidianamente il nostro blog e avevamo preso l’abitudine di scambiarci visite e commenti.

I suoi post erano molto suggestivi: citazioni di personaggi più o meno famosi, frasi riportate dalle sue numerose letture fatte per esigenze professionali e anche per semplice piacere di leggere.

Come accade quando ci si incontra spesso sulla rete, a un certo punto si arriva anche a farsi delle confidenze, specialmente se si scopre di avere delle affinità, dei pensieri comuni. Ed è così che ci siamo raccontate reciprocamente le nostre vite. Per lei nulla era stato facile: la vita l’aveva provata in mille modi, ma lei, ormai ultraottantenne, pur se ferita, non aveva perso la voglia di imparare, di partecipare alle vicende del mondo, di comunicare anche attraverso le nuove tecnologie. Certo non era una donna comune…

Quando la piattaforma del Cannocchiale cominciò a funzionare un po’ a simghiozzo, la incoraggiai a iscriversi su facebook. Dapprima un po’ diffidente, trovò ben presto grande soddisfazione a comunicare con tanti nuovi amici, dapprima con le sue citazioni, poi con la condivisione di immagini, sempre belle, sempre scelte con cura.

Ogni giorno e, non di rado, anche più volte al giorno, ricevevo il suo saluto ….ora però da troppo tempo non ricevo più nulla e non ho modo di avere sue notizie…. Il mio pensiero è vicino a te, cara amica virtuale.

 

Film: SILKWOOD.

Quando la realtà supera ogni fantasia….

silkwoodOggi ho rivisto su RAI Movie un film di trent’ anni fa, oltremodo avvincente e nello stesso tempo angosciante, se si tiene presente che non si tratta di una storia inventata, ma di una storia realmente accaduta negli USA.

E’ la storia di un’ operaia che lavora in una centrale nucleare, esposta continuamente al pericolo di radiazioni; gli incidenti si ripetono e un giorno anche lei rimane contaminata, ma i medici e i responsabili della centrale minimizzano: è solo una contaminazione superficiale, nessun pericolo.

Dopo questo episodio, la giovane si mette in contatto con i sindacati e con la promessa del loro appoggio si mette a cercare in fabbrica le prove di altre gravi irregolarità che vengono commesse. Questo però le procura molti nemici tra i superiori, ma anche tra i colleghi, che temono di perdere il posto di lavoro.

Le contaminazioni a suo danno si ripetono, finchè è chiaro che per lei non ci sono più speranze. Il sindacato la mette in contatto con un giornalista di una testata importante, lei si reca all’ appuntamento, ma durante il viaggio muore in un incidente di cui nessuno ha mai chiarito la dinamica.

Il film si intitola SILKWOOD, dal cognome dell’ operaia; l’ interprete principale è una giovane, ma già strepitosa attrice: Meryl streep; accanto a lei Kurt Russel e Cher, entrambi bravissimi.

SILKWOOD è un film coraggioso, non solo perchè denuncia il cinismo criminale di certi imprenditori, ma perchè già nel 1984 toccava con delicatezza, sensibilità e rispetto il problema dell’omosessualità. Ancora, nel racconto delle attività della protagonista come rappresentante sindacale, si mette in rilievo come i capi dell’organizzazione, siano più preoccupati di sfruttare il caso politicamente che non di affiancare la giovane in una battaglia che si fa sempre più crudele e nella quale verrà lasciata sola.

Alcune sequenze del film mi hanno richiamato alla mente la questione dell’ Ilva di Taranto: troppo spesso, ancora oggi, imprenditori criminali giocano con la vita e la salute della gente in nome di un’ avidità disumana!!

Solo due guance….quindi….

Non approvo mai la violenza, ma cosa deve fare una donna che si vede aggredire da un marito violento e per di più ubriaco? L’unico consiglio è di piantarlo, ma, ove ci siano ancora speranze di recupero (anche se la vedo dura, perchè non è facile che un  violento si redima) vale forse la pena di seguire il consiglio di questo ministro di uno stato dell’India, che ha consegnato a 700 spose novelle una mini-mazza da cricket per rintuzzare eventuali aggressioni del coniuge.

E’ vero infatti che i non-violenti consigliano di porgere l’altra guancia, ma è vero anche che di guance ne abbiamo solo due…..