Entriamo, dopo un tortuoso percorso per individuarne l’entrata, nella struttura di riabilitazione che ospita una cara collega della mia amica L., che vuole portarle gli auguri di Buona Pasqua.
La troviamo nella sua carrozzina, intenta a giocare a tombola con molti altri ospiti, ma lei lascia subito il tavolo e le cartelle per venire in una saletta attigua a chiacchierare. E’ molto felice della visita e ben presto cominciano gli “a m’arcord”. Erano entrambe due giovani maestrine, sessant’anni fa, e nel tragitto in auto che le portava al paesino in cui si trovava la loro scuola, non facevano che cantare le canzoni di Domenico Modugno, in particolare “Nel blu dipinto di blu”, e la loro passione per quella musica era tale che persino l’automobile, che era blu, fu chiamata “Domenica”. Nella conversazione fitta tra le due, affioravano i nomi di colleghe più o meno care o di amici per cui avevano nutrito simpatia e la voce si incrinava nel ricordo di tanti che ormai non ci sono più.
Esaurita la carica di emozione dell’incontro, la conversazione verte sul presente e allora ecco la nostalgia per la propria casa, il rammarico di non poter più gestire da sè la propria pensione e di dover chiedere il permesso ai parenti per fare un piccolo regalo o un po’ di beneficenza…. “….Ma sono soldi miei” diceva e gli occhi le si inumidivano: la sofferenza maggiore non è per la menomazione fisica, che impedisce di muoversi liberamente, ma per la perdita dell’autonomia, per dover dipendere dagli altri, per avere accanto persone talmente invalide da non poter sostenere un dialogo qualunque …. Quando cominciano i saluti, è doloroso vedere con quanta insistenza vorrebbe trattenerci ancora…. La struttura è bella ed accogliente, l’assistenza è certo ad un ottimo livello, ma la nostalgia per un tempo che non può più tornare fa salire un nodo in gola a tutte e tre.