Suor Anastasia.

Il rapimeno di due suore missionarie mi ha fatto ricordare un incontro.

Ero arrivata alla stazione ferroviaria di Bergamo dopo una giornata di viaggio; erano le otto di sera e a quell’ ora in marzo fa già buio . Stavo consultando le tabelle degli orari dei treni tra un va e vieni di extracomunitari: gli unici che a quell’ ora popolassero la stazione.
Accanto a me si accostò una suora,  che attirò subito la mia attenzione: era piccola, minuta e certo non più giovanissima, ma con un sorriso che faceva trasparire una grande serenità  Anche lei si interessava degli orari della mia stessa tratta, così seppi che andavamo nella stessa direzione, anzi avevamo la stessa meta.
IC’ era da aspettare e ci mettemmo a chiacchierare. Così seppi che aveva avuto degli intoppi imprevisti ma che voleva comunque essere a casa prima di notte perchè ora svolgeva la sua missione in una casa di riposo per suore ormai troppo anziane per il servizio nelle missioni o nelle parrocchie e le consorelle che avrebbero dovuto sostituirla non erano abituate come lei a svegliarsi di notte.
Quando il treno arrivò, prendemmo posto nello stesso scompartimento e proseguimmo la conversazione.
Ci scambiavamo le nostre esperienze di vita. Veniva dal Veneto e aveva fatto la missionaria in Egitto e Uganda per tanti anni. Mi raccontò come per fare la doccia avevano preparato un marchingegno con un secchio e una corda, che, al momento opportuno, scaricava un po’ d’acqua fredda.
Mi disse che la gente era talmente povera che quando la sua famiglia le mandò un paio di ciabatte nuove, non ebbe il coraggio di indossarle perchè sarebbero sembrate un lusso eccessivo rispetto a ciò che i suoi assistiti potevano permettersi.
Ciò nonostante aveva una grande nostalgia dell’ Africa e della solarità degli Africani.
Il treno viaggiava con un ritardo notevole, ma non ce ne accorgemmo.

Una volta scese alla stazione, mio marito ed io l’ accompagnammo alla sua abitazione e solo ora sto pensando a lei, perchè immagino che le due suore rapite le assomiglino un po’ e spero che il bene che certo hanno profuso serva loro da scudo  in questa circostanza difficile.
E’ un momento difficile per i cristiani  nel mondo e in particolare per i missionari: forse la loro testimonianza così forte e così autentica del Vangelo crea molto disagio in chi certi valori vuole negare per fanatismo o per avidità.

Educare una donna è educare un villaggio….

Riporto qui con gioia la mail che mi è pervenuta stamattina.  Ho appoggiato questa petizione perchè, come dice un proverbio, educare una donna è educare un villaggio; per questo sono estremamente felice che la petizione promossa da Malala abbia avuto un primo effetto.Ciao Diana,

sei stato dalla parte di Malala e di oltre un milione di persone in tutto il mondo quando hai firmato la petizione a sostegno dell’istruzione delle ragazze. Ora il Partenariato Globale per l’Educazione ha annunciato che prevede di espandere il proprio obiettivo per sostenere ben 12 anni di istruzione primaria e secondaria per le giovani più povere di tutto il mondo.

Niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza il tuo sostegno. Grazie a te, molte più sorelle in tutto il mondo avranno ora la possibilità di ricevere un’istruzione. Il tuo supporto avrà un impatto enorme sulle loro vite, le vite delle loro famiglie, le loro comunità, i loro paesi, e il mondo intero.

Ma il nostro lavoro, adesso, non si fermerà qui. Si può fare ancora di più per aiutare le ragazze di tutto il mondo ad accedere gratuitamente a un’istruzione sicura e di qualità – come ottenere che i governi finanzino l’incredibile obiettivo che la tua azione ha già contribuito a fissare – e tu puoi dare una mano a fare in modo che ciò si realizzi.

Nel frattempo condividi la notizia su Facebook e suTwitter.

Grazie per essere stato #withMalala e per aver alzato la tua voce per milioni di ragazze di tutto il pianeta. Insieme le nostre voci possono cambiare il mondo.

Malala Fund via Change.org

www.malala.org

Letture: da ” La peste” ….l’attesa delle madri.

Da “La Peste” di  Camus…

Contesto: in città sta imperversando la peste e il dottor Rieux, stremato dai turni interminabili in ospedale,  va a trovare la sua vecchia madre….

....il dottore stava appunto guardando sua madre, tranquillamente seduta in un angolo della sala da pranzo…….con le mani appoggiate sulle ginocchia, essa aspettava. ….Guardò sua madre . I begli occhi marron fecero risalire in lui anni d’ affetto .

“Hai paura , mamma?”

Alla mia età non si teme ormai gran che”.

“Le giornate sono lunghe e io non sono mai qui”.

“Per me è lo stesso aspettarti, so che devi venire. E quando non ci sei, penso a quel che fai….”

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Casorati: l'attesa
Casorati: l’attesa

Questo passo mi ha ricordato molto mia madre. Quando la nube di Chernobil teneva in.ansia il mondo e si rincorrevano gli appelli a non mangiare l’ insalata che poteva essere contaminata, mia madre  la raccoglieva tranquillamente dicendo :- Se come dicono gli effetti negativi si potranno riscontrare tra vent’ìanni….di cosa devo aver paura? Chi ci sarà tra vent’anni?…

Lei aveva infatti 76 anni  e a quell’ età ,che fra poco sarà anche la mia, poche cose possono spaventare, nè la peste, nè le radiazioni atomiche…

Bella anche l’ espressione con cui la vecchia signora dice  che aspettare è già come essere in compagnia del figlio che sta per arrivare…. Da quando ci si deve arrendere all’ inevitabilità dell’ allontanamento dei figli e alla solitudine, anche l’ attesa è un modo dolce di riempire il  tempo di una madre..

Letture: La casa degli Angeli.

Bangkok significa “città degli angeli” e in una delle sue strade vi è da qualche anno una benemerita istituzione: LA CASA DEGLI ANGELI.

Costruita con i fondi messi a disposizione dalla diocesi di Venezia, è sorta per ospitare i bambini affetti da handicap molto gravi, che una suora emiliana (di S. Croce di Carpi) cura con dedizione , ospitando non solo i piccoli pazienti, ma anche le loro mamme.

Nella cultura buddista è il karma che determina la disabilità e pertanto non ci si può fare nulla, anzi se la madre si dedica alla cura del piccolo disabile, spesso viene allontanata dalla famiglia.

Ecco allora che da 7 anni nella “Casa degli Angeli” queste mamme trovano il modo di essere aiutate da Maria Angela Bertelli, suora fisioterapista,  condividendo le loro sofferenze con le altre mamme, che stanno vivendo la loro stessa terribile esperienza.

Nel libro scritto da Maria Angela sono riportate le storie dei bambini ospiti e delle loro mamme, che arrivano alla casa in preda alla disperazione e a poco a poco trovano la forza per essere di aiuto non solo ai propri piccoli , ma anche ai figli delle altre donne ospiti. Col tempo  tornano a sorridere  e a sperare. Alcune di loro, conquistate dall’ amore e dalla disponibilità di Maria Angela vogliono comprenderne il segreto e scoprono così anche un modo diverso di intendere la vita e la religione.

Leggere queste storie di donne povere, maltrattate, ma fortemente attaccate ai loro figli, fa capire una volta di più quanto possa essere invincibile una madre. ……e certamente l’ opera di Maria Angela ha in questo una buona parte di merito.

 

 

 

Un buon rientro!

E così sono finiti anche questi giorni londinesi. Sono stata contenta di poter essere presente ai primi giorni di Samu nella nuova scuola ,  segnati da un inaspettato premio del preside (così io traduco il termine “headteacher”) per le storie inventate da lui e per il suo diario estivo.  Ciò ha tolto al bambino ogni residua paura del nuovo ambiente e spero che valga il proverbio “Chi ben comincia….ecc. “.

Ieri sono partita da Gatwick e ho notato che tra le varie pubblicità che invitavano a vedere la Grecia, la Spagna, la Turchia….non c’ era un solo cartellone che ricordasse che a Milano c’ è EXPO!!!! Sarà colpa degli Inglesi che non vogliono mai dare soddisfazione agli Italiani o sarà colpa degli organizzatori EXPO?  Forse gli scandali pregressi hanno comportato un taglio nelle spese per la promozione dell’ evento?

Nel viaggio verso casa , mi sono fermata a salutare Giovanni, che mi ha accolto con grandi feste: è bello stare accanto a un cucciolo così pieno di gioia e così affettuoso.

A casa, ho trovato ad accogliermi i regali del mio minuscolo orticello e ho potuto cenare con pomodorini e cetrioli appena colti.

Nel giro di telefonate che solitamente si fanno appena varcato l’ uscio di casa, ho saputo che le grandinate che hanno colpito varie zone, hanno però risparmiato la zona in cui abitano gli altri nipotini emiliani…..ne sono contenta e sono felice di aver sentito che hanno passato una bella settimana al mare in Abruzzo.

Questa mattina poi sono venute a salutarmi le vicine, quelle che fanno parte del “club del mutuo soccorso”, che mi hanno portato frutta e ortaggi .  ..  Ora però devo provvedere al taglio dell’ erba che ha approfittato subdolamente della mia assenza per crescere in maniera smisurata….

Tutto sommato  è  stato un buon rientro, anzi …ottimo direi…

 

Il pianto .

 

E’ la parte finale del “Pianto della Madonna” di Jacopone da Todi: parole scritte tanti secoli fa, ma che dicono il dolore di una madre davanti alla sofferenza del figlio, dolore sempre uguale in ogni tempo e in ogni latitudine.

Per questo le metto qui a commento di questa foto che sta girando per il mondo : una profuga col figlioletto in braccio è a terra affranta davanti al filo spinato posto a difendere il confine macedone dall’ ondata di disperati che fuggono dalla Siria.

Figlio bianco e vermiglio,

figlio senza simiglio

figlio a chi m’appiglio ?

figlio, pur m’hai lassato.

Figlio bianco e biondo,

figlio, volto iocondo,

figlio, perché t’ha el mondo

, figlio, così sprezato ?

Figlio, dolce e piacente,

figlio de la dolente,

figlio, hatte la gente malamente trattato !

Insegnanti con la valigia.

In questi giorni si parla molto di insegnanti e del problema delle nomine che comportano spesso notevoli disagi per chi si vede costretto a spostarsi o a rinunciare al posto tanto a lungo atteso.

Bisogna dire che gl’ insegnanti sono sempre stata una categoria con la valigia in mano per buona parte della loro carriera (??!!?) scolastica.

Io ricordo che a 23 anni , dopo aver svolto vari lavori non sempre pagati e naturalmente in nero, in seguito alla vincita di un concorso, mi  sono vista offrire  il posto da insegnante in uno sperduto borgo  sull’ Appennino Emiliano.

Eravamo nel 1969 e le strade per raggiungere Cavola di Toano, per un buon tratto ricordavano le strade del vecchio Far West: polverose e piene di buche. In una sera di nebbia mi sono vista spuntare davanti al fanale di sinistra l’ erba che cresceva sul ciglio del burrone sottostante: naturalmente non c’ era guard rail nè tanto meno nessuna segnalazione del pericolo.

Insieme a me c’erano due non più giovanissimi vincitori di concorso che venivano dalla bassa come me e come me avevano trovato sistemazioni provvisorie nelle case della frazioncina; l’ unica insegnante di vecchia nomina era una carissima collega profuga giuliana, che aveva trovato ospitalità nella zona dopo la sua fuga dall’ Istria e lì aveva sposato un giovane della zona. Ricordo con particolare “affetto” quei giorni pieni di paura di sbagliare e di entusiasmo, condiviso coi colleghi. Con essi facemmo una sperimentazione di classi aperte ante-litteram, molti anni prima che se ne parlasse nelle riviste o nei convegni.

Per ragioni di famiglia, mi sono poi spostata al nord  in sedi di volta in volta diverse e sempre ho avuto colleghi che venivano da lontano , che accettavano sistemazioni provvisorie e precarie e non erano tutti senza famiglia.

L’ anomalia delle nomine di questi giorni è che chi viene inviato lontano da casa molto spesso non ha mai sperimentato il “nomadismo” nei primi anni di insegnamento, ma lo deve affrontare in età matura.

Del resto se lo Stato deve assicurare a tutti i bambini il diritto allo studio, deve mantenere aperte anche sedi disagiate e a coprirle , si sa, sono sempre gli ultimi arrivati. E’ anche risaputo che da sempre i posti vacanti sono più al nord che non al sud ….forse si poteva ricorrere a graduatorie regionali, ma al nord sarebbero comunque rimasti posti vacanti e molti insegnanti del sud non avrebbero ottenuto una sede….il problema non è certo di facile soluzione….

Francesco (con la sua enciclica) visto da una valdese.

Lo scopo dell’Enciclica era di portare l’attenzione del mondo sulla crisi ambientali collegando con i temi del creato, della pace e della giustizia verso i poveri. Uno scopo raggiunto in modo efficace.
La Chiesa si propone come forza morale e come una possibile forza di moderazione e risoluzione dei conflitti negli ambiti internazionali, nella costruzione di una nuova capacità di regolare gli interessi economici e finanziari con gli interessi della natura e delle persone. Possiamo essere grati per questa voce forte che esprime amore per la terra nel quadro di una fede forte nel Dio creatore; una voce capace di disegnare un mondo migliore, in cui tutti gli esseri umani, anche gli ultimi della terra, siano messi in grado di ritrovare la propria dignità di vita e di partecipare davvero alla trasformazione del mondo nel luogo di bellezza creato da Dio.

Questa che ho riportato qui sopra è la conclusione di un articolo che potete trovare a questo link. E’ stato scritto da una pastora Valdese che analizza l’ enciclica “Laudato sì'”. Se la parte elogiativa è già stata letta più volte su varie fonti, mi ha particolarmente interessato la parte critica , quella in cui si evidenziano i temi trascurati o appena accennati, forse in attesa di tempi più tranquilli. Così la pastora rileva l’ assenza di un approfondimento del ruolo delle donne e della violenza di cui sono fatte oggetto, così evidenzia l’ assenza di una presa di posizione sugli OGM e sul problema del controllo demografico, argomento che , secondo certe teorie scientifiche, sarà ineludibile in un prossimo futuro.

Consiglio vivamente la lettura dell’ articolo linkato sopra , che compare su “mosaico di pace” il blog di Pax Christi.