Film : Ti amerò sempre.

L’ avevo già visto tempo fa e mi era rimasto impresso; l’ ho rivisto oggi e mi sono commossa di nuovo.

“Ti amerò sempre” comincia con l’ uscita dal carcere di una  donna, Juliette, , che viene accolta in casa dalla sorella, nonostante questa non le sia stata vicina durante i lunghi anni di detenzione e il motivo è presto chiaro: Juliette è stata condannata per l’ uccisione del proprio bambino.  Juliette appare indifferente a tutto e insofferente della curiosità morbosa di chi intorno a lei vorrebbe sapere il perchè di quel suo gesto di cui non ha voluto spiegare nulla nemmeno durante il processo.

Lei cerca  inserirsi in una vita normale, ma tutto è tremendamente difficile. Piano piano però , l’ amore delle nipotine e della sorella, con la quale rievoca i momenti felici dell’infanzia, le fa riprendere il contatto con la realtà e coi suoi sentimenti…..E così infine riesce a spiegare alla sorella come sia avvenuta la tragedia: lei stessa (è medico) aveva diagnosticato al figlio una malattia mortale ; lo vedeva soffrire sempre di più e a un certo punto lo ha preso tra le braccia e gli ha fatto una iniezione che ha posto fine per sempre alle sue sofferenze.

Dopo,  nulla più ha avuto importanza per Juliette che ha accettato la prigione come giusta conseguenza del suo aver messo al mondo un bambino condannato a una morte precoce.

Il ruolo principale è interpretato da una straordinariamente sensibile e misurata Christine Scott Thomas e credo che non dimenticherò mai la scena in cui la nipotina più grande dal suo lettino chiede che qualcuno le legga una favola. Il papà accorre e Juliette, ricordando quando anche suo figlio le faceva la stessa richiesta, chiude un attimo gli occhi sopraffatta dal dolore e poi fa solo un lungo sospiro……

Non credo che questo film voglia giustificare l’ eutanasia, credo invece che inviti ad avere compassione per chi si trova ad affrontare dolori senza fine e che ci inviti  a non giudicare troppo in fretta,  nemmeno quando tutto ci spinge a condannare senza incertezze.

 

 

Pomeriggio di festa.

Pomeriggio di festa . Il telefono tace.

Devo fare tante cose ancora, ma mi sento cosi’ pigra… ; poi mi annoio e prendo in mano il lavoro a maglia mentre guardo un film che riesce sempre a coinvolgermi (Nato il 4 luglio).

E mi ritrovo a pensare a quante volte nella storia le generazioni dei “vecchi” hanno irretito i più giovani con le loro grandi menzogne : vale la pena di morire per la gloria,…in guerra si può dimostrare la propria grandezza,….bisogna salvare la patria…è successo molte volte anche nella storia recente.

Anche quelli che hanno gestito questo paese senza tenere conto delle ripercussioni sui nostri figli e sui nostri nipoti,  hanno raccontato una catena infinita di bugie, facendoci pensare che il benessere che avevamo conquistato non potesse più essere messo in discussione, mentre invece oggi i giovani non riescono a far valere il  diritto a costruire il proprio futuro e si trovano sulle spalle il peso di un debito di cui non sono responsabili.

E cosa dire di quei giovani che vengono utilizzati come kamikaze per attentati disumani o di quelli che accorrono a infoltire le file dell’ ISIS?  Inseguono falsi ideali col miraggio di  affermare valori che il mondo d’oggi non riconosce più.  Anche loro come il ragazzo americano di “Nato il 4 luglio” o come i giovani che si arruolavano per andare nelle trincee della Grande Guerra cantando inni pieni di vuota retorica, si accorgeranno del grande inganno di cui sono solo vittime sacrificali.

Il telefono tace ancora e  il chiacchierio della televisione fa da sottofondo ai miei pensieri…

 

Film: VAI E VIVRAI.

” Vai e vivrai”  è un bellissimo film che racconta di un ragazzo etiope, non ebreo, che vive con la madre in un campo profughi in Sudan (anno 1984) per sfuggire alla siccità e alla fame.

Quando con un blitz gli Israeliani vengono al campo per portare via gli ebrei etiopici, il ragazzo , spinto dalla madre, si accompagna ad una donna ebrea che ha perso i suoi figli e che gli dà il nome di Schlomon (Salomone , nome del figlio morto). Così il ragazzo, che deve nascondere di non essere ebreo, entra in Israele.

Poco dopo però anche questa madre adottiva muore per gli stenti e Schlomon viene adottato da una famiglia ebrea non praticante, che lo circonda di affetto. Schlomon deve tuttavia vedersela col razzismo di ebrei integralisti , ma riesce ad integrarsi, anche se non può dimenticare la madre, che lo ha allontanato, e il suo paese. Dopo varie peripezie Schlomon diventerà medico , riuscirà a ritornare in patria e a riabbracciare la madre che lo aveva allontanato da sè nella speranza che potesse sfuggire agli orrori del campo profughi e a sopravvivere.

E’ un film coinvolgente, molto ben interpretato e molto ben diretto dal regista romeno Radu.

Indimenticabile la sequenza in cui  dalle immagini “esce ” il dolore della madre che caccia il figlio per salvargli la vita,  mentre affiora in vari momenti  la nostalgia e il tormento del figlio che per molto tempo  non capirà il gesto della madre.

Indimenticabile anche la figura della madre adottiva ebrea, che sa difendere il suo bambino dai pregiudizi  razziali e religiosi; indimenticabile la scena in cui Schlomon, interrogato su chi abbia dato origine alla religione ebraica, risponde “Gesù” tradendo così la sua formazione cristiana e lasciando stupefatti i suoi compagni di classe.

 

Film: Attacco a Leningrado.

Ieri sera ho visto un film in TV: “ATTACCO A LENINGRADO”.

Siamo nel 1941 e i tedeschi hanno assediato la città, che rimane ben presto senza viveri e senza carburanti ,mentre il terribile inverno russo stringe sempre di più la sua morsa mortale su una città popolata di fantasmi.  Le protagoniste principali sono due donne: una giornalista inglese e una giovane poliziotta russa. Entrambe aiutano con grande coraggio i familiari ,e non solo loro, a sopravvivere in condizioni disumane.

Leggendo le recensioni che si trovano in vari siti dedicati al cinema, in nessun  commento ho trovato il riferimento a un romanzo,  che racconta la stessa storia, anche se con alcune differenze. Il libro, al quale , a mio avviso, gli sceneggiatori si sono ispirati, si intitola “L’assedio” ed è della scrittrice inglese Helen Dunmore.

Il romanzo è molto avvincente, spesso commovente, e fa rivivere la tragedia della morte per fame e per freddo di migliaia e migliaia di uomini, donne , bambini, costretti a far bollire le cinture di pelle per aver qualcosa da masticare o a bruciare i libri e i mobili per potersi scaldare, mentre nelle stanze attigue giacciono i cadaveri congelati dei familiari che si son dovuti arrendere.

Il film a mio avviso è molto meno coinvolgente del romanzo, anche perchè deve per forza far apparire come eroina della situazione una giornalista inglese rimasta intrappolata nella città assediata. Tuttavia bisogna riconoscere al regista e agli sceneggiatori il merito di riportare alla memoria una tragedia di cui si sente ben poco parlare.

Donne e cinema.

Consiglio vivamente la lettura di questo articolo, pubblicato su “DonnaEuropa”, che commenta i risultati di uno studio sull’ immagine della donna nelle maggiori cinematografie mondiali , studio commissionato dall’ ONU. L’ Occidente ci fa una brutta figura rispetto alla cinematografia orientale, ma ci sarebbe da chiedersi se chi fa cinema ha interesse a fotografare la realtà del proprio paese o vuole piuttosto solleticare la curiosità e l’ interesse del pubblico per indurlo a entrare in una sala cinemtografica

Se la cinematografia orientale  è più rispettosa della dignità della donna, sappiamo però che nella realtà è proprio in Cina e in India che avviene la selezione di generi già prima della nascita o anche  dopo: la figlia femmina viene abortita o soppressa dopo il parto; inoltre nelle cronache dei nostri giorni fanno spesso scalpore orribili femminicidi (preceduti spesso da stupri e abusi, anche su bambine piccolissime)  avvenuti in India, Pakistan e dintorni….

In conclusione, questo studio , a mio avviso , ha senso solo se si prefigge di sensibilizzare gli operatori cinematografici di ogni paese a sollevare la questione della parità di dignità e di diritti tra uomo e donna e non può pretendere di fotografare la condizione reale delle donne nelle varie parti del mondo.

 

Film: Samsara.

E’ un film piuttosto recente (del 2011) , nonostante questo l’ ho già visto passare in TV più di una volta.

E’ ambientato nel Ladakh, nel Tibet indiano , in un villaggio di contadini in cui un giovane monaco , che ha lasciato il monastero in cui è vissuto fin da piccolo (perchè non si può rinunciare a ciò che non si conosce e non si ha), si stabilisce dopo aver sposato una bellissima giovane  del posto. Il giovane si inserisce nelle attività del villaggio, ma vuole tentare di rompere certe consuetudini, come quella di lasciarsi sfruttare da chi acquista i prodotti del villaggio o di non lasciar giocare i bambini con giocattoli che non siano stati costruiti da loro stessi. Purtroppo va incontro al fallimento, perchè per ritorsione il raccolto viene incendiato  e inoltre si ritrova  in balia dei propri sensi   che lo portano all’ adulterio….. Questo lo induce a pensare che forse la via che i monaci gli avevano indicato , la via che porta al dominio delle passioni umane, è proprio la sua via e, pur soffrendo, lascia la moglie e il figlio per tornare al suo monastero: ora può rinunciare alla vita che ha potuto sperimentare.

Le immagini di una bellezza incredibile ci mostrano una natura splendida per le sue luci, i suoi colori, la sua vastità e i suoi silenzi , sottolineati dal soffio del vento che  percorre quelle valli .

Se vi capita , guardatelo, ne vale la pena. Dimenticavo: SAMSARA sta ad indicare l’ infinito scorrere della vita.

Schiavi di ieri, schiavi di oggi…

Viaggio nell’ orrore

L’ articolo, che ho linkato qui sopra, parla dell’ ultima strage di migranti su un barcone stracolmo di gente stipata come animali . La lettura dell’ articolo suscita orrore e fa ricordare alcune scene di un film di Spielberg che ho rivisto in TV proprio pochi giorni fa: Amistad.

Un gruppo di uomini neri viene giudicato in un tribunale americano per aver ucciso l’ equipaggio della nave che li stava portando a Cuba come schiavi. L’ avvocato che li difende però riesce a dimostrare che sono nati liberi e che, quindi per la Costituzione americana avevano il diritto di difendere la loro libertà. Quando con l’ aiuto di un interprete il capo dei neri riesce a raccontare la sua storia, la sua cattura, il viaggio sulla nave negriera, ecco che si assiste a scene che certo corrispondono alla realtà di quei tempi : uomini, donne, bambini stipati all’ inverosimile, senza possibilità di muoversi, incatenati , picchiati e addirittura buttati in acqua perché le provviste imbarcate non sono sufficienti .

E’ in questo punto del film che la ricostruzione storica coincide tragicamente con la realtà di oggi….. nuovi schiavi, nuovi negrieri …e la storia si ripete a distanza di due secoli trascorsi inutilmente.

Per gratitudine….

Scena dell' esperimento di telepatia:Massimo vuole indurre la scopa a muoversi con la sola forza del suo pensiero....

Vent’ anni fa moriva Troisi. Sento tanta gratitudine per lui per i momenti di grande divertimento che mi ha regalato, sia come primo attore della SMORFIA, sia come interprete di film indimenticabili come “Ricomincio da tre” o “Non ci resta che piangere” ….

Ci sono scene che mi fanno ridere anche solo rievocandole nella mente e scacciano i pensieri molesti che a volte la occupano. Chi volesse rivederne qualcuna può cliccare Qui