Film: The specialists-Fuori del comune.

Ho appena visto su Rai Play questo film francese, che racconta di due amici impegnati nell’assistenza e nella riabilitazione di ragazzi e adulti che nessuna organizzazione pubblica accetta perchè troppo impegnativi, troppo difficili.

Armati soprattutto di spirito di solidarietà e di buona volontà riescono ad aiutare famiglie stremate da anni di isolamento e di indifferenza da parte delle istituzioni, forti anche del fatto che agiscono più col buon senso che con le regole ottuse della burocrazia.

Proprio per questo, a un certo punto, l’organizzazione di Bruno, uno dei due amici, viene sottoposta a una scrupolosa indagine ministeriale: troppe irregolarità, personale non specializzato, ambienti non adeguati, autorizzazioni sanitarie mancanti …

Ecco dove si evidenzia l’assurdo: uno Stato inadempiente, che non riesce a farsi carico delle necessità dei suoi cittadini più bisognosi, si mette a cercare il proverbiale “pelo nell’uovo” proprio là dove persone di buona volontà a costo di sacrifici ineguagliabili si preoccupano di sopperire alle colpevoli lacune delle istituzioni.

Il finale è scontato: Bruno reagisce alle contestazioni che gli vengono rivolte dicendo agli ispettori che non ha problemi a cessare la sua attività a patto che essi trovino una sistemazione per tutti i suoi ragazzi e a questo punto la sua organizzazione viene riconosciuta e autorizzata a continuare la sua meritoria attività.

Questo film mette un dito su una piaga molto dolente anche in Italia: quante famiglie sono lasciate troppo sole davanti alla disabilità fisica o mentale di  bambini o adulti non autosufficienti?

Nessuna delusione.

C’è chi parla di delusione perchè il film di Sorrentino “E’ stata la mano di Dio” non ha avuto nessun riconoscimento, ma era prevedibile:  certe forzature, fatte presumibilmente per fare scalpore, non hanno convinto la giuria del premio Oscar, così come non avevano convinto me.

Film: le vite degli altri

Come consigliato dal prof. Cossi, ho cercato su Rai play il film “Le vite degli altri”.

E’ ambientato nel 1984 nella Germania dell’est, dove la Stasi imponeva un pesante regime poliziesco: tutti venivano spiati e chi appena accennasse a una critica si vedeva stroncare la propria carriera e a volte anche la vita.

Nella storia narrata nel film ci sono due personaggi importanti: Gerd Wiesler, un agente della polizia segreta, inflessibile e fanatico sostenitore del regime comunista e Georg Dreyman , un commediografo, che riesce ad avere una vita abbastanza tranquilla per il suo atteggiamento apolitico: lui preferisce non occuparsi di certi problemi. Non è così invece per un regista  suo amico, al quale viene proibito di lavorare. Quando questi, giunto alla disperazione si suicida, Dreyman comincia a riflettere e a trovare assurdo il regime che sopravvive opprimendo i cittadini, per questo intraprende un’attività clandestina di propaganda antigovernativa. La sua compagna, attrice di grande talento, viene presa di mira da un politico potente, che per poterla avere per sè, ordina che il drammaturgo venga spiato giorno e notte.  Questo incarico viene affidato a Gerd, che introducendosi nella vita di Georg, a poco a poco impara ad apprezzarne i sentimenti e aggiusta i suoi rapporti di sorveglianza per non far scoprire l’attività clandestina del commediografo.  Quando però la sua compagna viene torturata e costretta tradirlo, è proprio Gerd a salvarlo rimuovendo dal suo appartamento le prove della sua attività clandestina.

Il film ritrae bene l’atmosfera di oppressione e di continua tensione in cui si vive sotto un regime totalitario: dove non esiste libertà di pensiero e di parola, anche una semplice battuta di scherzo può diventare un reato gravissimo; puoi temere di essere denunciato anche dalle persone più vicine a te, la tua vita è in balia di funzionari prepotenti e assetati di potere.

Ha ragione il prof. Cossi: questo è un film da vedere!

 

Film: la Conferenza.

“Quando ciò che non avresti mai potuto credere possibile diventa realtà ….”

Questo potrebbe essere il sottotitolo da dare al   film “La conferenza”. E’ la ricostruzione, basata sui verbali scritti da Adolf Heichmann,  della conferenza tenutasi a Wannsee (periferia di Berlino) nel 1942, nella quale si è pianificata nei particolari la “soluzione finale del problema ebraico”.

I convenuti, tutti responsabili di alto livello dei vari ministeri del Reich, discutono con fredda determinazione di sradicare gli Ebrei da tutta l’Europa. Si tratta di 11 milioni persone!!!! Ma certo chi presiede la riunione e illustra il piano non parla di persone, parla di elementi da eliminare e a chi fa obiezioni circa l’enormità dell’impresa, si oppone la gelida enumerazione dei convogli ferroviari a disposizione, dei campi di sterminio allestiti, delle strutture per “smaltire” i morti.  Si pone poi l’accento sulla necessità di fare in modo che non accada più che “ci siano ebrei che riemergono dalle fosse comuni” rendendo inevitabile uno spreco di munizioni… Si parla di quanto verranno rimpinguate le casse dello stato con la confisca dei beni e con lo sfruttamento degli schiavi.

Qualcuno dei partecipanti pare non essere molto d’accordo, pare avere qualche scrupolo, un accenno di remora morale, ma viene subito zittito  e, davanti alla possibilità di essere accusato di scarso patriottismo, mette a tacere anche la coscienza.

Ascoltare quei dialoghi, sapendo che sono effettivamente avvenuti, fa rabbrividire e fa capire, con orrore, a quale livello di aberrazione possano arrivare gli uomini. Perciò occorre sempre vigilare … per restare umani.

Film: Marylin ha gli occhi neri.

E’ un grande Stefano Accorsi quello che vediamo in questo film: interpreta la parte di Diego, un cuoco che soffre di numerosi tic e che ha perso il  lavoro perché ogni tanto “sbrocca” se le cose non vanno per il verso giusto.

E’ perciò seguito in un centro di riabilitazione insieme a un gruppo di persone affette da disturbi psicologici diversi. Tra queste c’è Clara, una aspirante attrice che dice tante bugie da non riuscire più a distinguerle dalla verità tanto da  riuscire a convincersi di essere come Marylin Monroe, anche se lei ha gli occhi neri.

Clara, prendendo spunto dal fatto che Diego è davvero un ottimo cuoco, inventa un sito in Internet dedicato a un fantomatico ristorante cui dà il nome di Monroe e lo pubblicizza tanto bene da guadagnarsi delle buone recensioni. E allora a Diego viene un’idea brillante: perchè non aprire davvero un ristorante? Comincia così un’avventura che porterà tutto il gruppo degli ospiti del centro a lavorare con successo e a conquistarsi una insperata nuova dignità.

Dicevo della bravura di Accorsi: è sembrato sempre credibile, non è mai scaduto nella macchietta, ma ha saputo ben esprimere anche il dramma di chi per la malattia mentale  rischia di veder allontanare gli affetti più cari. Altrettanto brava è Miriam Leone nei panni di Clara: dunque una gran bella coppia cinematografica.

Film: Monaco: sull’orlo della guerra.

Si è portati a pensare che nessuno in Germania abbia mai contrastato il folle disegno di Hitler, invece pare non sia stato così. Il film che ho appena visto su Netflix racconta infatti la storia vera di un mancato tentativo di sventare i piani criminali del Fürher.

Due amici, ex studenti di Oxford (uno inglese e l’altro tedesco), si trovano loro malgrado a rivestire i panni dell’agente segreto durante il summit che si tenne a Monaco nel 1938 per scongiurare l’invasione della Cecoslovacchia e la minaccia di una guerra imminente.

Pauli, il ragazzo tedesco, se in un primo tempo ha visto in Hitler il capo che restituisce orgoglio a una Germania umiliata dopo la Grande Guerra, ora ha le prove documentali che Hitler e i suoi generali hanno un piano criminale per imporre il proprio predominio a tutta l’Europa. Chiede pertanto che nella delegazione inglese sia presente il suo amico Hugh di cui conosce l’avversione per il regime tedesco. A lui Pauli riesce a consegnare il documento segreto, ma il primo ministro Chamberlain non lo ritiene attendibile. A Pauli non resta che pensare di uccidere Hitler quando, come ogni giorno, gli porterà il resoconto della stampa estera, ma al momento di agire, la sua mano esita e l’attimo propizio sfugge per sempre. Il primo ministro e gli altri capi politici europei  firmeranno  un accordo che non avrà altro risultato che ritardare lo scoppio della guerra di pochi mesi, forse utili agli stati europei per prepararsi meglio.

Nel drammatico incontro in cui Pauli svela all’amico il suo piano suicida dice alcune parole che mi hanno colpito: “Non possiamo scegliere il momento in cui vivere, possiamo solo reagire ” e, quando Hugh lo scongiura di non portare a termine il suo piano perchè c’è sempre la speranza che qualcosa possa cambiare, Pauli replica che in questi casi la speranza è solo aspettare che qualcun altro faccia quello che potresti fare tu.

Condivido questa idea per cui è dovere di ogni individuo impegnarsi in prima persona, nella misura in cui le sue capacità e possibilità glielo consentono, per contribuire a risolvere i problemi del proprio tempo, sia in campo politico, che sociale senza aspettare che siano gli altri ad occuparsene.

 

 

Film: Mio fratello rincorre i dinosauri.

E’ un altro bel film italiano che affronta il problema della disabilità, mettendo a fuoco il disagio di chi ha un fratello disabile e, per forza di cose, si sente o trascurato dai genitori o comunque si sente in imbarazzo davanti ai coetanei.

Qui è Jack a raccontare la storia: ha un fratello down e due genitori che cercano di vivere la loro situazione nel modo più sereno possibile, coinvolgendo tutta la famiglia nell’avventura di crescere un figlio con problemi. Jack però, arrivato all’adolescenza, si vergogna di dire alla sua prima ragazza che ha un fratello down e comincia così a dire una serie di bugie, con la più netta disapprovazione dell’amico di sempre. Arriva persino a cancellare da You Tube i video girati dal fratello, per timore che la sua bugia venga scoperta, e poi fa in modo che tutti ne diano la responsabilità a un fantomatico gruppo neonazista. Quest’ultima mossa fa sì che i suoi familiari e la sua ragazza(molto impegnata politicamente) promuovano una manifestazione nella piazza della cittadina e sarà a quel punto che Jack confesserà a tutti, pubblicamente, le sue responsabilità e, aiutato dalla famiglia, imparerà ad accettare la diversità del fratellino (che ama tanto).

E’ un film ben interpretato e ben costruito che sa parlare di un problema importante con leggerezza e delicatezza.

Film: Mio fratello, mia sorella.

Il film inizia con una cerimonia funebre: è morto Giulio, professore di astronomia e lascia in eredità ai figli, Nikola e Tesla, che non si vedevano da vent’anni, la casa di sua proprietà in cui abita la stessa Tesla con i due figli, Sebastiano, affetto da malattia mentale e Carolina. Non potendo al momento vendere l’immobile i due eredi sono “costretti” a coabitare. E’ così che si viene via via scoprendo il motivo per cui Nik si è allontanato da casa vent’anni prima e si capisce il dramma che sta vivendo Tesla che si annienta giorno per giorno nella cura del figlio malato.

Secondo me la sceneggiatura è un po’ carente soprattutto nel finale, ma sono certo apprezzabili le interpretazioni di Claudia Pandolfi, di Alessandro Preziosi e del ragazzo malato.

Non nascondo che mi sono sentita profondamente commossa quando Tesla riesce finalmente a comunicare al fratello tutto il suo dolore da troppo tempo represso, la sua annosa  fatica di mostrarsi sempre forte nonostante la sua solitudine (il marito è fuggito lontano dai problemi della famiglia): è stato un momento molto intenso e mi ha fatto pensare a quante mamme nella realtà vivono la stessa situazione, sopportando un dolore che non ha fine. Mi è piaciuto anche come sia stato messo in luce un’altra solitudine: quella di Carolina, che vede la mamma completamente assorbita dalla cura del fratello e si sente non accudita, non amata: anche questo può succedere nella realtà.

Il finale tuttavia è un po’ ambiguo, forzatamente consolatorio e ha il grave difetto di far intendere che solo con la morte del figlio malato la situazione può trovare uno sbocco e tutti possono  trovare finalmente  la loro serenità. idea che certamente non è condivisibile. Deve esistere un modo per consentire a chi ha persone disabili in famiglia di poter continuare a vivere, magari con il supporto di strutture di assistenza improntate al rispetto per la vita e per la dignità di ogni essere umano.