Pomeriggio in biblioteca: dal libro al film.

Giovedì pomeriggio in biblioteca comunale: Don Ivano Colombo ci ha guidato a scoprire analogie e differenze tra la novella di Pirandello “La giara” e la sua trasposizione cinematografica ad opera dei fratelli Taviani.

La proiezione del filmato è stato preceduto da una presentazione di Pirandello, scittore di romanzi, novelle e pièces teatrali di grande successo. La sua cultura risente dell’influenza della cultura greca e inoltre  si rifà alla corrente filosofica della fenomenologia tedesca.

A questa breve premessa è seguita una lettura davvero avvincente della novella “La Giara”, la cui prosa è talmente efficace da far vivere i personaggi come in una rappresentazione teatrale: è tipico della cultura siciliana questo gusto della teatralità. Don Ivano è riuscito a far rivivere in quella sala della biblioteca un Don Lollò sanguigno e grottesco ad un tempo.

Con la visione dell’opera dei fratelli Taviani abbiamo poi potuto apprezzare la recitazione di  Franco Franchi e di Ciccio Ingrassia non nelle solite vesti di giullari, ma in quelle  di attori impegnati nel rendere al meglio, riuscendoci, i due protagonisti della novella pirandelliana.

I fratelli Taviani si sono attenuti al testo nel rendere bene l’atmosfera della masseria di don Lollò, ma hanno aggiunto un loro tocco personale che ha messo in luce l’asservimento delle donne e dei lavoratori nella Sicilia del latifondo.

 

Un mese con …Montalbano.

Esattamente un mese fa, cominciava la mia vita da “anatra zoppa” e per far passare le giornate mi è stato di grande aiuto il computer, che mi ha permesso di continuare ad aggiornare blog e pagine social e di mantenere contatti via mail con tante persone la cui amicizia mi è preziosa. Ho anche fatto parole crociate e sudoku, ma soprattutto ho riletto alcuni libri in lingua italiana che ho potuto trovare qui in casa.

E’ così che ho passato molte ore, di giorno e di notte, in compagnia di Montalbano, di Mimì Augello, di Fazio, di Catarella e di una miriade di personaggi minori che popolano le storie di Camilleri.

Leggendo questi libri (sette o otto) uno dopo l’altro, ti accorgi che per forza alcuni schemi si ripetono, che alcuni personaggi secondari cambiano nome ma non caratteristiche e comportamenti. Mi riferisco in particolare ai personaggi femminili che, con il loro fascino e le loro arti seduttive accerchiano il povero Montalbano, che spesso cede all’assalto, se pur con grande pentimento  successivo. Sono quasi sempre personaggi che riescono a simulare passione irrefrenabile, ma che invece vogliono solo condizionare o controllare le mosse del commissario (che è molto conosciuto anche qui in Inghilterra). Sono, questi, personaggi femminili piuttosto negativi cui fanno da contraltare la fedelissima Livia e la cuoca-tuttofare Adelina. Ne deduco che Camilleri non ha simpatia per le donne aggressive e  intraprendenti, mentre ama le donne che seguono modelli di comportamento più tradizionali e meno inquietanti.

Mi è venuto poi da pensare, che Camilleri ha potuto scrivere in siciliano i suoi libri, perchè il suo dialetto si può scrivere facilmente, ha parole piane, conserva molto dell’antica lingua latina nella costruzione delle frasi ; non credo che Lucarelli potrebbe scrivere le storie di Coliandro in bolognese: sarebbero difficilissime da leggere anche per gli stessi emiliani.

Per chi ha avuto la fortuna di vedere la Sicilia, poi, è molto bello lasciarsi guidare da Camilleri dentro ai paesaggi riarsi dal sole, sulle spiagge sabbiose o sugli scogli, per le vie  di paesi antichi percorse dal profumo proveniente dalle pasticcerie o dalle rosticcerie.

Ora però sarà bene che trovi altri libri: basta Montalbano almeno per il momento.

 

 

 

 

 

 

Ri-Letture: Il giorno della civetta.

Costretta come sono a una forzata inattività, è un’ impresa trovare come riempire le giornate  e una delle soluzioni migliori resta sempre la lettura.

E’ così che ho riletto  “Il giorno della civetta” di Sciascia , uno dei  libri in italiano disponibili qui a casa di mia figlia.

Credo che Sciascia sia ancora insuperato nel descrivere la mentalità mafiosa, sia dei boss, che dei loro “manovali”. Li accomuna lo scetticismo nella forza della legge e nella giustizia: per i capi la legge è qualcosa da eludere, da piegare ai propri fini, per gli ultimi adepti è qualcosa che permette a chi la rappresenta di schiacciarti o meno, a seconda del suo interesse del momento se non del suo capriccio.

Altro tema ben sviscerato è quello di come l’esistenza della mafia venga negata soprattutto da chi ne trae profitto, soprattutto da chi ad alto livello trama nell’ombra, e tira i fili delle sue marionette.

Ma la scena che tutti ricordiamo e che viene più spesso citata è quella in cui il vecchio  boss locale si trova davanti al capitano Bellodi, ex partigiano e custode onesto e fedele della legge. Questi ha sgretolato il muro di ipocrisia e falso perbenismo del boss, andando a indagare sul suo immenso patrimonio, non derivante certamente dal reddito delle sue attività ufficiali.

Il boss è alle strette, ma sa di avere le spalle coperte da alte complicità, per questo ammira  il coraggio del capitano, che sfida consapevolmente le trame di un potere oscuro e minaccioso, e pronuncia le parole più famose del romanzo:

«Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi. E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre. Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo.»

Ciò che resta di questo libro è un senso di speranza: il capitano nonostante sia stato sconfitto e il suo lavoro quasi ridicolizzato, sa che tornerà in Sicilia per continuare ad affermare la supremazia della Legge e dello Stato. Il capitano Bellodi è un po’ la prefigurazione di tanti eroici servitori dello Stato che hanno sacrificato e sacrificano anche oggi la loro vita al senso del dovere al perseguimento della giustizia.

Letture: La preghiera del mare.

preghiera-del-mareE’ un libro che si legge in pochissimo tempo, scritto da K. Hosseini (quello de “il paese degli aquiloni”) con la prefazione di Roberto Saviano. E’ una lettera che un padre scrive al proprio figlio. Ne ricopio qui qualche stralcio…

…La mattina ci svegliavamo al fruscio dei rami d’olivo mossi dal vento, ai belati delle capre della nonna, al rumore delle pentole in cucina. L’aria era fresca e il sole disegnava a oriente una pallida striscia color albicocca.

Sembra impossibile che si stia parlando dell’Afghanistan, che oggi non ha più nulla di idilliaco nelle immagini che i media ci fanno pervenire. E’ l’Afghanista di prima della guerra interminabile  che lo sta straziando. Copio ancora…

Nella città vecchia sempre piena di trambusto, c’era una moschea per noi musulmani, una chiesa per i nostri vicini cristiani e un grande suk dove contrattare su tutto: ciondoli d’oro, prodotti freschi, abiti da sposa…

Questi sono i ricordi del padre. Ricordi di un paese in pace, tollerante, fiorente….. Il bimbo ora vede solo guerra, bombe, funerali ….e la gente scappa, scappa finchè giunge in riva al mare…. dove si trova con tanti altri disperati a guardare con speranza e terrore la vastità e la profondità delle acque… e allora il padre dà la mano al proprio figlio per rassicurarlo per trasmettergli una speranza che forse lui non riesce ad avere e prega il mare a cui affida la cosa più preziosa che ha.

La commozione suscitata dalle parole viene accentuata da disegni ad acquerello molto suggestivi ed efficaci….

L’incontro nell’isba

Stiamo lavorando alla raccolta di materiale vario per ricordare il centenario della fine della Grande Guerra e mi è capitato di avere tra le mani il notissimo racconto di Mario Rigoni Stern “UN SERGENTE NELLA NEVE”.

Tra quelle pagine dense di sofferenza, di gesti eroici e di piccole vigliaccherie di una umanità spinta a vivere in condizioni estreme tra la neve delle steppe, il gelo, la fame, la paura, tra quelle pagine, dicevo, ce n’è una che vale la pena di riportare qui….

“L’incontro nell’isba”

un-sergente-nella-neve“Compresi gli uomini del tenente Danda saremo in tutto una ventina. Che facciamo qui da soli? Non abbiamo quasi più munizioni. Abbiamo perso il collegamento con il capitano. Non abbiamo ordini. Se avessimo almeno munizioni! Ma sento anche che ho fame, e il sole sta per tramontare. Attraverso lo steccato e una pallottola mi sibila vicino. I russi ci tengono d’occhio. Corro e busso alla porta di un’isba. Entro. Vi sono dei soldati russi, là. Dei prigionieri? No. Sono armati. Con la stella rossa sul berretto! Io ho in mano il fucile. Li guardo impietrito.

Essi stanno mangiando attorno alla tavola. Prendono il cibo con il cucchiaio da una zuppiera comune. E mi guardano con i cucchiai sospesi a mezz’aria. – Mnié khocetsia iestj1, – dico. Vi sono anche delle donne. Una prende un piatto, lo riempie di latte e miglio, con un mestolo, dalla zuppiera di tutti, e me lo porge. Io faccio un passo avanti, mi metto il fucile in spalla e mangio. Il tempo non esiste più. I soldati russi mi guardano. Le donne mi guardano. I bambini mi guardano. Nessuno fiata. C’è solo il rumore del mio cucchiaio nel piatto. E d’ogni mia boccata. – Spaziba2, – dico quando ho finito. E la donna prende dalle mie mani il piatto vuoto. – Pasausta3, – mi risponde con semplicità. I soldati russi mi guardano uscire senza che si siano mossi. Nel vano dell’ingresso vi sono delle arnie. La donna che mi ha dato la minestra, è venuta con me come per aprirmi la porta e io le chiedo a gesti di darmi un favo di miele per i miei compagni. La donna mi dà il favo e io esco.

Così è successo questo fatto. Ora non lo trovo affatto strano, a pensarvi, ma naturale di quella naturalezza che una volta dev’esserci stata tra gli uomini. Dopo la prima sorpresa tutti i miei gesti furono naturali, non sentivo nessun timore, né alcun desiderio di difendermi o di offendere. Era una cosa molto semplice. Anche i russi erano con me, lo sentivo. In quell’isba si era creata tra me e i soldati russi, e le donne e i bambini un’armonia che non era un armistizio. Era qualcosa di molto più del rispetto che gli animali della foresta hanno l’uno per l’altro. Una volta tanto le circostanze avevano portato degli uomini a saper restare uomini. Chissà dove saranno ora quei soldati, quelle donne, quei bambini. Io spero che la guerra li abbia risparmiati tutti. Finché saremo vivi ci ricorderemo, tutti quanti eravamo, come ci siamo comportati. I bambini specialmente. Se questo è successo una volta potrà tornare a succedere. Potrà succedere, voglio dire, a innumerevoli altri uomini e diventare un costume, un modo di vivere.” 

Questa pagina è di un’intensità tale da essere ricordata tra le più belle che io abbia mai letto…

 

Letture: Non ti muovere.

Lui è un chirurgo, lei una giornalista affermata. Hanno una figlia, Angela, che un giorno uscendo da scuola torna a casa in motorino. Ha il casco in testa, ma lei non lo ha allacciato….. e cade ….è in pericolo di vita. La mamma è in viaggio per lavoro e il padre è solo  davanti alla camera operatoria in cui un neurochirurgo amico cerca di salvare la vita di Angela.

Ed è in questa situazione di tempo sospeso che quel padre ripercorre il periodo in cui Angela è nata.

Era un momento in cui il rapporto con la moglie si era un po’ affievolito e lui incontra casualmente Italia,una donna povera, non più giovanissima, non bella, non elegante, non istruita che lo aiuta in un momento in cui si  trova per strada con la macchina in panne e lui per ripagarla non sa fare altro che stuprarla.

Il rimorso lo induce poi a cercarla per chiedere scusa, per risarcirla in qualche modo e così inizia una relazione adulterina in cui il protagonista crede di trovare l’amore vero, per la dolcezza e la dedizione di lei…. Ma lui è un uomo pieno di contraddizioni e più volte tenterà di dimenticare questa donna, senza riuscire a dare una svolta alla sua vita.

E’ nel momento più intenso di questa storia che la moglie dà alla luce Angela e Italia capisce quello che le resta da fare….. e la sua decisione le risulterà fatale.

E Angela riuscirà a sopravvivere al grave incidente? ….non ve lo dico…..

L’autrice, la Mazzantini, sa senz’altro scrivere in modo piacevole e qui ha anche cercato di utilizzare termini desueti che mi hanno sorpreso, ma ha un limite a mio modo di vedere…..Ho letto due suoi romanzi e mi pare che abbia utilizzato in entrambi la stessa struttura narrativa, basata sul lasciarsi-riprendersi dei protagonisti delle sue storie sempre un po’ ai limiti… Tutto sommato però questa lettura mi ha tenuto buona compagnia per alcuni giorni e questo può bastare.non-ti-muovere

 

Letture: La colonna di fuoco.

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Strage degli Ugonotti nella notte di S. Bartolomeo

Devo ringraziare Ken Follett, l’autore dell’ultimo libro letto: mi ha trasportato indietro di cinque secoli e mi ha fatto ripercorrere passo passo un tratto di storia che non mi era mai rimasto particolarmente chiaro nella mente.

Ne “La colonna di fuoco” infatti l’autore racconta i fatti storici che hanno caratterizzato il XVI secolo, arricchendoli sì di personaggi inventati, di cui segue le vicende della vita quotidiana, ma nello stesso tempo rispetta  rigorosamente la verità storica degli eventi.

Tre figure di donne emergono in quel periodo tormentato da persecuzioni religiose sia da parte dei cattolici che da parte dei protestanti: Elisabetta I d’ Inghilterra, Caterina de’ Medici e Maria Stuarda.

Le prime due vengono ritratte come donne estremamente intelligenti che cercavano di far prevalere la tolleranza religiosa, contro i fanatici di entrambe le parti, mentre la terza appare una povera donna in balia di eventi che non sa interpretare nè tantomeno condizionare e finisce decapitata; i protestanti la bollarono come traditrice, i cattolici la onorarono come martire. In un tempo in cui le donne non godevano certo di pari diritti ripetto agli uomini, è però evidente come allora, e così oggi, la posizione sociale sia un fattore utile per  annullare tutti i gap.

Il libro termina con la scoperta della congiura di Guy Fawkes, un nobile cattolico inglese che intendeva far saltare in aria il re d’Inghilterra e tutti i suoi collaboratori, fatto che ancora oggi viene ricordato a Londra con grandi festeggiamenti a base di fuochi d’artificio (a Londra ho avuto modo di assistervi).

Anche se l’autore racconta evidentemente i fatti da un’ottica protestante (i cattolici nel libro sono in genere fanatici e assetati di sangue purificatore, mentre i protestanti sono più miti e più propensi alla tolleranza), la strage degli Ugonotti viene raccontata come frutto di macchinazioni politiche che poco hanno a che vedere con le motivazioni religiose, così come del resto tutte le persecuzioni che per secoli hanno insanguinato l’Europa.

Questo libro fa parte di una trilogia ambientata in vari periodi storici e il modo appassionante in cui è stato scritto mi fa pensare che proverò a leggere anche gli altri due.

In mezz’ora …tutta una vita…

Copio da ” UN ANNO SULL’ALTIPIANO” di Emilio Lussu.

(Contesto: siamo sull’Altipiano di Asiago nel 1916; i soldati sono stremati da continui assalti insensati … i soldati muoiono come mosche…poi una lunga pausa …)

un-anno-sull-altipiano-emilio-lussuUn giorno, ci fu annunziato l’assalto per l’indomani, ma fu rinviato. Si poteva quindi contare su un giorno di vita assicurata. Chi non ha fatto la guerra, nelle condizioni in cui la facevamo, non può rendersi un’idea di questo godimento. Anche un’ora sola, sicura, in quelle condizioni , era molto. Poter dire, verso l’alba, un’ora prima dell’assalto:”ecco, io dormo ancora mezz’ora, io posso ancora dormire mezz’ora, e poi mi sveglierò e mi fumerò una sigaretta, mi riscalderò una tazza di caffè, lo centellinerò sorso a sorso e poi mi fumerò ancora una sigaretta” appariva già il programma di tutta una vita…

Ecco l’esperienza di giovani ventenni di un secolo fa…. I nostri giovani che non hanno dovuto sperimentare tali sofferenze, sappiano apprezzare la pace che l’Europa Unita ha consentito …