Letture: Nel mare ci sono i coccodrilli.

Una mia amica e vicina di casa mi ha prestato un libro : “Nel mare ci sono i coccodrilli” di Fabio Geda.

E’ la storia vera di uno dei tanti bambini che vediamo arrivare da soli sui barconi o nascosti nei camion.  Si chiama Enaiatollah Akbari. Poichè era in pericolo di vita nel suo paese natale , in Afghanistan, la sua mamma lo accompagna in Pakistan e, senza preavvisarlo, lo abbandona solo per dargli una possibilità di sopravvivere. Enayat ha solo dieci anni, forse (nel suo paese non esiste un’anagrafe) e da quel momento comincia la sua vita da clandestino, da bambino senza documenti, da bambino che deve lavorare e che cerca ogni giorno di passare vicino alla scuola per riassaporarne l’atmosfera e l’allegria. Lavorando riesce a pagarsi il viaggio per andare in Iran dove continua la sua vita da piccolo schiavo, poi la terribile avventura del passaggio in Turchia e da lì in Grecia e poi in Italia, dove con l’aiuto di un connazionale e di tanta brava gente riesce a trovare finalmente un’opportunità di vivere in dignità. E solo allora troverà il coraggio di rintracciare la sua famiglia e di riincontrare la madre, che abbandonandolo aveva fatto il più grande gesto d’amore …come se gli avesse dato la vita una seconda volta.

Consiglio questa lettura a tutti coloro che vedono in ogni emigrato un parassita, un avventuriero o un nemico…..Enayat è solo uno dei tanti bambini che ci chiedono il diritto di continuare a vivere…

Letture: Storia di chi resta e di chi fugge.

Ebbene sì! In questi giorni trascorsi in attesa del ritorno da scuola di Samu, mi sono dedicata alla lettura in modo intensivo ed è così che ho già letto anche il terzo volume della quadrilogia  di Elena Ferrante ” L’amica geniale” intitolato :”Storia di chi resta e di chi fugge”.

Riassumerne in breve la trama non è così semplice; tanti sono i capovolgimenti nella vita di Lila e Lenù : la prima dopo il matrimonio che la sottrae alla miseria e le dà l’agiatezza, lascia il marito e il rione per amore di un ragazzo che poi la lascerà e lei si vedrà costretta ad andare a lavorare in condizioni disumane in un salumificio. Qui viene a contatto con un mondo sindacale troppo lontano dai problemi concreti di chi lavora e verrà coinvolta , forse suo malgrado, in contestazioni sempre più violente: sono gli anni di piombo e il sangue scorre a più riprese nel rione e fuori. A darle una mano c’è un vecchio amico d’infanzia, col quale si inventerà un lavoro nuovo dopo aver studiato di notte con lui le basi dell’informatica. Questo la indurrà a ritornare nel rione e a riallacciare i rapporti con le vecchie conoscenze. Lenù invece , dopo il suo primo successo letterario si sposa e ha due figlie. Vive a Firenze e ha solo sporadici rapporti con le vecchie conoscenze. La sua vita è piena , tranquilla….forse troppo tranquilla e le incombenze casalinghe rischiano di spegnere in lei la sua vena di scrittrice. Si appassiona ai temi dibattuti iin quegli anni dal femminismo più battagliero, dal movimento studentesco e  finisce per sentire la sua famiglia e il suo matrimonio come una gabbia.

Mi ha interessato molto, perchè a mio modo di vedere  dipinge ciò che è veramente accaduto,  la descrizione di come  sia cambiata in fretta la mentalità della gente : là dove una volta pareva inaccettabile e scandalosa ogni trasgressione a regole secolari, in breve queste vengono messe da parte , dimenticate . L’ansia di riscattarsi dalla miseria fa accettare senza particolari scrupoli situazioni di compromesso anche con chi è notoriamente coinvolto col malaffare e col crimine: i soldi soffocano valori, ideali, onorabilità.

Credo che dovrò per forza acquistare anche il quarto volume…..

Letture: Storia del nuovo cognome – L’amica geniale (vol. 2°)

Avevo letto qualche tempo fa il primo volume de “L’amica geniale” di Elena Ferrante e ora ho avuto modo di leggerne il seguito : Storia del nuovo cognome.

Questi due libri fanno parte di una quadrilogia , che narra le vicende di due amiche , Lila e Lenù, dalla loro infanzia nel primo dopoguerra fino ai giorni nostri.

Questo secondo volume inizia esattamente là dove era finito il primo: dal matrimonio della sedicenne Lila, matrimonio che mostra la sua inconsistenza già dal pranzo di nozze, quando Lila scopre che suo marito non è come aveva sempre mostrato di essere. E da lì inizia una storia di maltrattamenti , di litigi alternati a momenti di apparente bonaccia; intanto Lenù (diminutivo di Elena) continua la sua carriera scolastica ,aiutata in vari modi da incontri fortunati, fino ad arrivare alla Normale di Pisa e alla laurea col massimo dei voti.  Mentre la vita di Lenù si svolge abbastanza lineare, pur tra delusioni, sconfitte e sbandamenti, quella di Lila , che  resta sempre  ribelle e immune dall’ipocrisia dominante, è molto più tumultuosa e passerà dall’agiatezza alla povertà senza rimpiangere nulla, ma sempre con la voglia di conoscere e sperimentarsi che la contraddistingueva già da bambina…. Il finale un po’ a sorpresa lascia la voglia di sapere come continuerà questa storia, che racconta dei rioni popolari di Napoli più di un’inchiesta giornalistica….

Riporto qui un brano che ben illustra la mentalità diffusa tra le donne costrette a subire da sempre la violenza maschile; perchè si possa meglio capirne il senso è bene sapere che ci troviamo al punto in cui la giovane sposa ha già subito parecchie volte la violenza del marito…

……….Ma verso Stefano adesso non manifestava nessuna esplicita aggressività. Certo, la spiegazione era semplice: avevamo visto i nostri padri picchiare le nostre madri fin dall’infanzia.  Eravamo cresciute pensando che un estraneo non ci doveva nemmeno sfiorare, ma che il genitore, il fidanzato, il marito potevano prenderci a schiaffi quando volevano,  per amore, per educarci, per rieducarci…..

Ma Lila ha ben capito che in tutto questo modo di vedere è la parola “amore” che è fuori posto e ne trarrà le conseguenza.

Una lettura piacevole e appassionante.

 

 

Letture: L’isola del giorno prima.

Rivedendo la storia dei meridiani mi sono ricordata di un libro che ho letto qualche tempo fa: L’ISOLA DEL GIORNO PRIMA di Umberto Eco.

l'isola del giorno primaUn giovane piemontese, tal Roberto  de la Grive, inviato da Richelieu a scoprire i misteri che si credeva si celassero agli antipodi , fa naufragio e, unico sopravvissuto, trova rifugio su un relitto incagliatosi da tempo a poca distanza da un’isola misteriosa . Tra il relitto e l’isola passa la linea del cambiamento di data (da qui il titolo). Roberto nella sua solitudine, rivede la sua vita , mentre tenta di sopravvivere.. I suoi flash-back danno modo a Eco di dare sfoggio di una cultura impressionante, tanto pare sconfinata.

Questo è senz’altro un titolo di merito dell’opera, ma a mio parere anche il suo limite : l’autore è più preoccupato di mostrare il suo sapere che di tenere desta l’attenzione del lettore, almeno se quel lettore assomiglia a me. ….infatti io a pochi capitoli dalla fine del libro non sono più riuscita a proseguire nella lettura  e perciò se non svelo il finale non è  per non togliere ai potenziali lettori il gusto di scoprirlo, ma perchè proprio non lo conosco.

 

Stamattina in auto….

Stamattina, andando in auto verso Lecco, ho potuto ammirare ancora una volta la bellezza di questo angolo di Lombardia: nell’azzurro intenso del cielo , spiccavano le cime innevate dei monti lontani ; il sole brillava più che mai dopo gli acquazzoni recenti e faceva scintillare l’acqua dei laghi, mentre il verde dei boschi sembrava più lussureggiante che mai. Se questi posti sono così belli ora, nonostante la cementificazione di questi ultimi decenni, chissà come dovevano apparire nel passato…..E allora mi sono ricordata della descrizione che ne fa Stendhal (circa due secoli fa) all’inizio di “La certosa di Parma” :

Pusiano……Su queste colline ineguali gli alberi nascono come vogliono, la mano dell’uomo non li ha ancora guastati, costretti a rendere. Tra queste colline stupende, movimentate, giù, a precipizio, verso il lago…….C’è nobiltà, e tenerezza, e tutto parla d’amore, non c’è niente che ricordi le brutture della civiltà. I paesi, a mezza costa, si nascondono nel folto degli alberi, e sopra si vedono spuntare i loro bei campanili; i campi sono piccoli, tra i boschi di castagni e di ciliegi selvatici…..E più lontano, stupefacenti, ecco le Alpi, coperte di neve, così severe e brusche……E poi da qualche paese nascosto dietro gli alberi, si sente suonare una campana, e la fantasia ne è provocata, e il suono cade sull’acqua , e diventa più dolce, malinconico, rassegnato……

Chiunque questa mattina abbia potuto ammirare il paesaggio, può testimoniare che Stendhal non ha esagerato….

A proposito di Napoleone…..

Mi è capitato tra le mani “La certosa di Parma” di Stendhal e mi ha molto incuriosito l’incipit….

la certosa di Parma“Il 15 maggio 1796 il generale Bonaparte entrò in Milano alla testa di quel giovane esercito che aveva passato il ponte di Lodi e dimostrato al mondo che, dopo tanti secoli, Cesare e Alessandro avevano un successore. I miracoli di coraggio e genialità di cui l’Italia fu testimone, in pochi mesi risvegliarono un popolo addormentato………Nel Medio Evo i Lombardi repubblicani avevano dato prova di un coraggio non inferiore a quello dei Francesi e si erano meritati la distruzione della loro città ad opera degli imperatori tedeschi. Una volta diventati fedeli sudditi, la loro grande occupazione fu stampare sonetti su fazzolettini di taffetà rosa quando si sposava qualche ragazza nobile o ricca…….. Il 15 maggio 1796 tutto un popolo si rese conto di quanto fosse straordinariamente ridicolo, e in certi casi odioso, tutto ciò che aveva rispettato fino a quel giorno……Si capì che per poter di nuovo essere felici, dopo secoli di torpide sensazioni degradanti, bisognava amare la patria di un amore concreto e cercare di fare qualcosa di eroico…….Quei sodati francesi non facevano che ridere e cantare. Avevano meno di venticinque anni, e il loro generale in capo, che ne aveva ventisette, passava per i più anziano di tutto l’esercito. La loro vivacità, la loro giovinezza, la loro libera disinvoltura erano una risposta davvero divertente alle furibonde prediche dei preti, i quali da sei mesi avevano continuato a proclamare dal pulpito che i francesi erano dei mostri….”

Pur tenendo conto che chi scrive è un francese, e quindi potrebbe non essere del tutto imparziale, tuttavia si capisce bene quale sia stata la caratteristica vincente delle armate napoleoniche: una ventata di giovinezza ed entusiasmo che ha spazzato via la polvere di secoli di torpore , di rassegnazione e di ipocrisia perbenista.

 

Letture: La prima pioggia di settembre….

Sto leggendo “Il primo uomo” l’ultimo romanzo, pubblicato postumo di Camus e, per invogliare qualcuno a leggerlo, riporto questo brano uno dei tanti veramente indimenticabili di questo straordinario scrittore.

Il libro è ambientato ad Algeri, dove l’estate opprime la città per lunghi mesi in cui la vita della gente è pesantemente condizionata dal tentativo di difendersi dal caldo soffocante , fino a che….

…..”Poi all’improvviso il cielo contratto su se stesso sino alla tensione estrema si apriva. La prima pioggia di settembre, violenta, copiosa, inondava la città. Tutte le strade del quartiere cominciavano a brillare, insieme con le foglie lucenti dei ficus, i fili elettrici e i binari del tram. Sulle colline che dominavano la città un odore di terra bagnata proveniente dai campi lontani portava ai prigionieri dell’estate* un messaggio di spazio e di libertà.

bambini felici sotto la pioggiaAllora i ragazzi si precipitavano in strada, correvano sotto la pioggia nei loro vestiti leggeri, sguazzavano felici nei gonfi rigagnoli schiumanti, e si mettevano in cerchio nelle larghe pozzanghere, si tenevano per le spalle, con volti pieni di grida e di risate, rovesciando indietro il capo per accogliere la pioggia incessante…..”

*prigionieri dell’estate sono i cittadini di Algeri oppressi da una lunga , torrida, estenuante estate.

Letture: Il patrimonio.

Come affrontare la malattia che si sa irreversibile quando si è avanti con gli anni?
Questa è la domanda su cui il libro di Philip Roth “Il patrimonio” (ed. Einaudi super ET)mi ha indotto a riflettere.
Philip Roth è un affermato scrittore americano di origine ebraica. In questo libro racconta una storia vera, autobiografica.

Philip viene a sapere che il padre, Herman Roth, ottantaseienne pieno di voglia di vivere e dal carattere forte, ha un tumore al cervello in uno stadio molto avanzato. E’ vero, qualche tempo prima aveva avuto un periodo in cui lamentava disturbi strani, ma poi erano passati e nessuno ci aveva più pensato (credo che in Italia non sarebbe accaduto!).

Ora però Philip ha l’ingrato compito di informare il padre della situazione e di ciò che i medici consigliano per affrontarla. L’intervento sembra in un primo momento la via obbligata: i chirurghi consultati parlano di un intervento di diverse ore, di una riabilitazione lunga e difficile con il distacco di chi considera tutto questo semplice routine.
Prendere una decisione è difficile, ma le circostanze consentono allo scrittore e a suo padre di superare antiche ostilità derivanti dal carattere duro del padre, che pretendeva che anche i suoi figli avessero la sua stessa tenacia e determinazione. I rapporti più frequenti per le visite mediche e i controlli offrono ai due uomini occasioni per ascoltarsi e per comprendersi meglio. E’ durante questo periodo che l’autore ha modo di riflettere sui suoi rapporti con questo padre che non ha avuto modo di istruirsi, ma che ha lottato tutta la vita con grande tenacia per consentire alla sua famiglia una vita dignitosa e ai suoi figli di poter proseguire gli studi, cosa che a lui non era stata consentita.
Lo scrittore fa a questo punto una riflessione che resta impressa: suo padre, come tanti altri nelle sue stesse condizioni, aveva speso la sua vita e le sue energie per dare un’istruzione elevata ai suoi figli e sarà proprio quella istruzione a scavare tra padre e figli un fosso sempre più ampio. Questa considerazione mi ha colpito molto perché anche mia madre, da anziana, rimpiangeva il fatto di avermi fatto studiare, perché se non lo avessi fatto sarei certamente rimasta in paese e non sarei andata a cercare lavoro altrove: l’istruzione allontana le generazioni proiettandole su sfere culturali diverse e in luoghi diversi da quelli in cui sono nati.
Dopo molti consulti e ripensamenti, alla fine si decide che, dato che l’operazione è troppo rischiosa e non dà garanzia di riuscita, tanto vale lasciare che il male, che ha progredito lentissimamente per anni, continui a fare il suo corso. Philip cura amorevolmente il padre in ogni sua necessità e arriva a proporgli una specie di testamento biologico in cui rifiuta l’accanimento terapeutico.
Naturalmente il male prosegue il suo corso e Herman morirà con la sua mano in quella del figlio.
Ho avuto esperienza di anziani affetti da gravi malattie e ho capito che molto spesso i dottori suggeriscono interventi pesanti forse pensando più ad acquisire nuove esperienze da aggiungere al proprio curriculum e alle statistiche, che al bene dell’anziano. Essere operati ai polmoni a ottant’ anni quando si ha alle spalle una vita costellata da altre malattie, non mi pare una buona idea: serve solo ad aggiungere i tormenti dell’intervento alle sofferenze del male che procederà …comunque.
Sono anche del parere che si abbia il diritto di rifiutare cure che hanno il solo scopo di prolungare una angosciosa agonia. Credo che si abbia il diritto di vivere, ma anche il diritto di morire nel modo più naturale e dignitoso possibile.