Poesia: La mia sera (G. Pascoli)

tramontoIl giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c’è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell’aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell’umida sera.

È, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d’oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell’ultima sera.

Che voli di rondini intorno!
che gridi nell’aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l’ebbero intera.
Nè io… e che voli, che gridi,
mia limpida sera!

Don… Don… E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra…
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch’io torni com’era…
sentivo mia madre… poi nulla…
sul far della sera.

In questa poesia il Pascoli dimostra la sua incredibile capacità di descrivere in versi  i paesaggi e i fenomeni naturali, accostando ad essi anche riferimenti alla sua vita e ai sentimenti più teneri e profondi, che qui vengono appena accennati, ma forse è proprio in questo non detto  che è da ricercare l’ efficacia comunicativa della poesia.

Poesia: Sogno (G. Pascoli)

Per un attimo fui nel mio villaggio,
nella mia casa. Nulla era mutato.
Stanco tornavo, come da un vïaggio;
stanco, al mio padre, ai morti, ero tornato.

Sentivo una gran gioia, una gran pena;
una dolcezza ed un’angoscia, muta.
— Mamma? — È là che ti scalda un po’ di cena —
Povera mamma! e lei, non l’ho veduta.

 

Gioia e pena, dolcezza e angoscia: sembrano termini così contrastanti che si direbbe non possano coesistere nello stesso momento nell’animo umano. In un sogno però questo può accadere, perchè accanto alla gioia e alla dolcezza di rivedere i volti di persone amate e ormai scomparse, si uniscono la pena e l’angoscia di saperli non più tra noi. Il poeta  sta quasi per ritrovare il volto della madre, ma forse il sogno è finito troppo presto….

Anche in età avanzatissima e pur se la madre è scomparsa da molto tempo, ognuno di noi la invoca istintivamente nei momenti più difficili, ricordando il senso di protezione e di sicurezza che ci davano la sua mano, la sua presenza  e la sua voce.

Tutto vale (Walt Whitman)

 

Credo che una foglia d’erba non sia meno di un giorno di
lavoro delle stelle,
e ugualmente è perfetta la formica, e un granello di sabbia,
e l’uovo dello scricciolo,foglie-dautunno
e una raganella è un capolavoro dei più alti,
e il rovo rampicante potrebbe adornare i salotti del cielo,
e la più stretta linea della mia mano se la può ridere di
ogni meccanismo.

 

 

Se mi fermo ad osservare qualsiasi essere vivente, anche il più piccolo, resto sempre incantata: la Natura mi sorprende e la sua perfezione mi porta a pensare alla perfezione di Colui che l’ha creata.

 

Poesia: Ottobrata.

ottobrataRidono tutte in fila le linde casette
ne’l dolce sole ottobrino,
quale colore di rosa,
qual bianca, come tante comari vestite
de’l novo bucato a festa.
 Su le tegole brune riposano enormi
zucche gialle e verdastre,
sembianti a de’ crani spelati,
e sbadiglian da qualche fessura
 uno stupido riso a ‘l meriggio.
Seduto su un uscio
un vecchietto sonnecchia
pipando, e un gatto nero gli dorme
tra i piedi.
Galline van razzolando intorno;
si sente il rumor de la spola
e d’una culla a ‘l ritmo
di lenta canzone; poi voci
fresche di bimbi, risa di donne;
 poi brevi silenzi,
Il bel vecchietto russa,
 inclinato su l’omero il capo
bianco, ne il sole. lo guardo
 la placida scena e dipingo.  (G. D’Annunzio)

Ho trovato questa poesia, che non conoscevo, e . che viene attribuita a D’Annunzio. E’ certo un D’Annunzio minore quello che avvertiamo in questa composizione  descrittiva: accanto all’attenzione per i particolari della scena, non si avverte nessun coinvolgimento emotivo dell’autore e quindi nemmeno chi legge prova emozioni. Per me non è vera poesia.

Poesia: Passaggio notturno. (V. Cardarelli)

stazione-di-notteGiace lassù la mia infanzia.
Lassù in quella collina
ch'io riveggo di notte,
passando in ferrovia,
segnata di vive luci.
Odor di stoppie bruciate
m'investe alla stazione.
Antico e sparso odore
simile a molte voci che mi chiamino.
Ma il treno fugge. Io vo non so dove.
M'è compagno un amico
che non si desta neppure.
Nessuno pensa o immagina
che cosa sia per me
questa materna terra ch'io sorvolo
come un ignoto, come un traditore.

In un paese come il nostro, in cui si è avuta e si ha tutt'ora una intensa migrazione interna ed esterna, chissà quanti hanno provato questo sentimento duplice  che il poeta rievoca: da una parte la grande nostalgia per la terra natale, per gli amici dell'infanzia, per gli odori che hanno accompagnato quegli anni; dall'altra parte la vita che ti ha  portato via da quei luoghi continua a tenertene lontano e non ti pare di appartenere più a nessuna terra.

EMILY DICKINSON – La speranza

uccellino-speranzaLa speranza è un essere piumato
che si posa sull’anima,
canta melodie senza parole e non finisce mai.

La brezza ne diffonde l’armonia,
e solo una tempesta violentissima
potrebbe sconcertare l’uccellino
che ha consolato tanti.

L’ho ascoltato nella terra più fredda
e sui più strani mari.
Eppure neanche nella necessità
ha chiesto mai una briciola – a me.

 

La speranza si posa sull’anima e la riempie di melodia: bellissima questa metafora. E’ la speranza che ci permette di attraversare le tempeste più impetuose e  di continuare a vivere senza lasciarcene travolgere.

Poesia: Meriggiare pallido e assorto.

Eugenio Montale - Meriggiare pallido e assorto

Poesie scelte: EUGENIO MONTALE, Ossi di seppia (Torino, Gobetti Editore 1925).

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe dei suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

Le immagini estive evocate dal Montale sono suggestive e ci dipingono un momento in cui la quiete del paesaggio, immerso nella calura di un primo pomeriggio assolato, è come sottolineata dai fremiti di vita di tanti piccoli esseri viventi che non interrompono i loro ritmi di vita.

Tutto questo però non rallegra il poeta che paragona la sua vita a un muro da scalare,  sormontato da cocci di bottiglia.