UTE: Filosofia e letteratura.

Filosofia: etica ambientale in connessione con l’ enciclica di Papa Francesco (docente prof. Mario Porro).

Il termine “ecologia” è stato coniato nel 1866 da uno studioso tedesco per indicare lo studio delle relazioni tra esseri viventi.

Nella cultura giudaico-cristiana l’ uomo viene considerato  come dominatore della natura: solo l’ uomo reca in sé  immagine di Dio, mentre nelle culture orientali molti esseri viventi sono considerati sacri.

Nella cultura greca il mito di Prometeo e di suo fratello Epimeteo spiegano come l’ uomo sia arrivato (tramite il dono del fuoco ) a impadronirsi della tecnica che gli ha consentito di progredire sempre più, mentre gli animali ripetono all’ infinito gli stessi comportamenti.

La concezione narcisistica che mette l’ uomo al di sopra di tutti gli altri viventi e dell’ universo ha ricevuto nella storia alcuni fondamentali ridimensionamenti:

*La rivoluzione copernicana, che non pone più la Terra al centro dell’ universo.

*La teoria evoluzionistica di Darwin: l’ uomo deriva dalla scimmia.

*La teoria di Muir, che prevede l’ imperativo di salvaguardare la natura selvaggia.

*La teoria di Aldo Leopold, ecologo americano che nel secondo dopoguerra propone l’ Etica della Terra: “ l’individuo è un membro di una comunità costituita da parti interdipendenti. L’etica della terra semplicemente dilata i confini della comunità per includere il suolo, le acque, le piante e gli animali: la Terra“.

* Nel 1960 con Rachel Carson si parla del “grido della primavera silenziosa” , cioè della primavera senza uccelli e si comincia ad affrontare la problematica ecologica anche dal punto di visa filosofico.

*In seguito Lee White (spero si scriva così, ma non ho trovato riscontri)afferma che bisogna tornare a San Francesco, per instaurare una specie di democrazia tra tutte le creature ( Cantico delle Creature ).

Nell’ enciclica “Laudato si'” Papa Francesco si appella a TUTTI i popoli perché si prendano cura della Terra, che è dono di Dio e che dovremo consegnare a chi verrà dopo di noi.

I danni all’ ambiente sono conseguenza di scelte economiche che tendono al profitto a breve termine , mentre l’ equilibrio della Terra è regolato da logiche a lungo termine.

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Letteratura: Natura e poesia classica. (prof. Meggetto).

Nei poeti classici dell’ antica Grecia  sono rare le descrizioni della natura , così come nella poesia latina, ma non mancano versi di grande bellezza.

ALCMANE : Notturno (traduzione di S. Quasimodo).

Dormono le cime de’ monti

e le vallate intorno,

i declivi e i burroni;

dormono i rettili, quanti nella specie

la nera terra alleva,

le fiere di selva, le varie forme di api,

i mostri nel fondo cupo del mare;

dormono le generazioni degli uccelli dalle lunghe ali.

 

ALCEO: La conchiglia  marina.

La conchiglia marina

Figlia della pietra e del mare canuto…
tu incanti il cuore dei fanciulli,
conchiglia marina.
Naturalmente la nostra docente ci ha proposto molti altri frammenti di poesia , che i presenti hanno potuto gustare anche per la sua splendida dizione .
Le due lezioni hanno incontrato il gradimento dei presenti che hanno dimostrato la loro soddisfazione con lunghi applausi.
SAFFO. Le stelle intorno
Le stelle intorno alla bella luna
velano il volto lucente,
quando piena, al suo colmo,
argentea,
splende su tutta la terra.

 

 

 

 

Poesia: Sera d’ ottobre (Pascoli).


Lungo la strada vedi su la siepe
ridere a mazzi le vermiglie bacche:
nei campi arati tornano al presepe
tarde le vacche.Vien per la strada un povero che il lento
passo tra foglie stridule trascina:
nei campi intuona una fanciulla al vento:
Fiore di spina!…

 

Non piangere: il tuo sorriso è la mia pace.

Quando viene a mancare una persona che hai stimato, amato e ammirato , ti viene sempre da pensare che la morte sia la più grande delle ingiustizie, il peggiore dei mali e senti un senso di profonda ribellione.  Poi sai che è inutile , nulla può essere cambiato e cerchi qualche parola che ti possa dare un po’ di conforto…..come queste parole del poeta inglese Henry Scott Holland.

LA MORTE NON È NIENTE

La morte non è niente.
Sono solamente passato dall’altra parte:
è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano
quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:
pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore,
ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami:
il tuo sorriso è la mia pace.

Poesia: Nell’ aria della sera (Olindo Guerrini)

Nell’aria della sera umida e molle

Era l’acuto odor de’ campi arati
E noi salimmo insieme su questo colle
Mentre il grillo stridea laggiu’ nei prati.

L’occhio tuo di colomba era levato.
Quasi muta preghiera al ciel stellato;

Ed io che intesi quel che non dicevi
M’innamorai di te perche’ tacevi.

 

Di questa poesia mi piace l’ atmosfera serena, silenziosa, profumata di umidità e di terra e mi piace questa intesa  , che nasce dagli sguardi: non c’ è bisogno di parole se due anime sono in piena sintonia tra di loro e con il creato che li circonda.

Il pianto .

 

E’ la parte finale del “Pianto della Madonna” di Jacopone da Todi: parole scritte tanti secoli fa, ma che dicono il dolore di una madre davanti alla sofferenza del figlio, dolore sempre uguale in ogni tempo e in ogni latitudine.

Per questo le metto qui a commento di questa foto che sta girando per il mondo : una profuga col figlioletto in braccio è a terra affranta davanti al filo spinato posto a difendere il confine macedone dall’ ondata di disperati che fuggono dalla Siria.

Figlio bianco e vermiglio,

figlio senza simiglio

figlio a chi m’appiglio ?

figlio, pur m’hai lassato.

Figlio bianco e biondo,

figlio, volto iocondo,

figlio, perché t’ha el mondo

, figlio, così sprezato ?

Figlio, dolce e piacente,

figlio de la dolente,

figlio, hatte la gente malamente trattato !

Perchè mi hai detto di amare….

Nel fare una ricerca  insieme a una cara amica, mi sono imbattuta in scritti di  Michel Quoist, un sacerdote/poeta francese molto in voga negli ambienti cattolici negli anni 60/70.

 Mi sono ricordata di quei tempi pieni di entusiasmi e di ideali …. e con un briciolo di nostalgia copio qui una delle sue preghiere/poesia che tanto mi piacevano allora, con la loro atmosfera un po’ dolente….


Signore, perché mi hai detto di amare tutti gli uomini,
miei fratelli?
Ho cercato, ma torno a Te sgomento…

Signore, ero tanto tranquillo a casa mia,
avevo ordinato la mia vita, mi ero sistemato.
La mia casa era arredata e mi ci trovavo bene.

Solo, andavo d’accordo con me stesso.
Al riparo dal vento, dalla pioggia, dal fango.
Sarei rimasto puro, chiuso nella mia torre.
Ma nella mia fortezza, Signore, hai scoperto una falla,
mi hai costretto a socchiudere la porta.

Come una raffica d’acqua in viso, mi ha destato il grido degli uomini;
come un vento burrascoso, mi ha scosso un’amicizia;
come s’infiltra un raggio di sole, la Tua grazia mi ha inquietato
…ed imprudentemente ho lasciato socchiusa la porta.

Signore, ora son perduto!
Fuori gli uomini mi spiavano.
Non sapevo che fossero tanto vicini;
in questa casa, in questa via, in quest’ufficio;
il vicino, il collega, l’amico.
Non appena ho socchiuso, li ho visti,
con la mano tesa, lo sguardo teso, l’anima tesa
che chiedevano come mendicanti alle porte delle chiese.

I primi sono entrati in casa mia, Signore.
Vi era pure un po’ di posto nel mio cuore.
Li ho accolti, li avrei curati, li avrei accarezzati, le mie pecorelle, il mio piccolo gregge.
Saresti rimasto contento, Signore, ben servito, ben onorato, con decoro, con finezza.
Fin lì, era ragionevole…

Ma quelli che seguivano, Signore, gli altri uomini, non li avevo veduti; i primi li nascondevano.
Erano più numerosi, erano più miserabili, mi hanno aggredito senza dar l’allarme.
È stato necessario restringersi, fare posto in casa mia.

Ora, son venuti da ogni dove, a ondate successive, che si sospingevano l’un l’altra, si urtavano.
Son venuti da ogni dove, dalla città tutta, dalla nazione, dal mondo; innumerabili, inesauribili.
Non son più isolati, ma a gruppi, in catena, legati gli uni agli altri, mescolati, saldati, come pezzi di umanità.

Non son più soli, ma carichi di pesanti bagagli;
bagagli d’ingiustizia, bagagli di rancore e di odio, bagagli di sofferenza e di peccato…
Trascinano il Mondo alla loro sequela, con tutto il suo materiale arrugginito e contorto,
o troppo nuovo e mal messo, mal impiegato.

Signore, mi fanno male!
Sono ingombranti, sono invadenti.
Hanno troppa fame, mi divorano!

Non posso più far nulla; quanto più entrano e tanto più spingono la porta e tanto più la porta si apre…
Ah, Signore! La mia porta è spalancata!
Non ne posso più! È troppo per me! Non è più una vita!
E la mia situazione?
E la mia famiglia?
E la mia tranquillità?
E la mia libertà?
Ed io?
Ah! Signore, ho perso tutto, non sono più mio;
non c’e più posto per me a casa mia.
Non temere nulla,  hai guadagnato TUTTO,
Perché mentre gli uomini entravano in casa tua,
Io tuo Padre,
Io, tuo Dio,
mi sono infiltrato tra loro.

(Padre Michel Quoist)

Imparerai – di Luis Borges.

Via Facebook mi è arrivata questa meravigliosa pagina di Luis Borges e non ho potuto non copiarla qui, tanto mi ha colpita….

“Dopo un certo tempo imparerai la differenza tra dare la mano e soccorrere un’anima…

Imparerai che amare non significa appoggiarsi e che compagnia non sempre significa sicurezza. Inizierai ad imparare che i baci non son contratti, né omaggi, né promesse…

Inizierai ad accettare le tue sconfitte a testa eretta, alta, guardando dritto davanti a te, con l’allegria di un adulto e non con la tristezza di un bambino. Scoprirai che molte volte solo sfiori le persone che ti importano di più, e pertanto dobbiamo sempre dir loro che le amiamo, in quanto mai saremo sicuri di quando sarà l’ultima volta che li vedremo. Imparerai che le vere amicizie vanno crescendo nonostante le distanze, che non importa quello che si ha, bensì chi si ha nella vita… Scoprirai che i veri amici sono la famiglia che noi abbiamo scelto. Vedrai che richiede molto tempo il riuscire ad essere la persona che vogliamo essere e che il tempo è breve. Imparerai che non importa dove sei arrivato, ma dove sei diretto e, se non lo sai, qualsiasi posto è utile… Imparerai che se non controlli i tuoi atti questi ti controlleranno e che l’essere flessibile non significa essere debole o non aver responsabilità, perché non importa quanto delicata e fragile sia una situazione, in quanto esistono sempre due lati. Imparerai che gli eroi son le persone che fecero il necessario affrontandone le conseguenze.

Imparerai che la pazienza richiede molta pratica… Scoprirai che certe volte la persona che tu ti aspetti ti possa schiacciare quando cadi, forse sia una delle poche che ti aiutano ad alzarti.

Maturare ha più a vedere con quanto imparasti con le esperienze che non con gli anni che hai vissuto. Imparerai che c’è in te del tuo paese molto più di quello che supponi…

Imparerai che mai si deve dire a un bambino che i suoi sogni sono stupidaggini, poiché poche cose sono tanto umilianti e sarebbe una tragedia se ci credessero, perché avresti tolto loro la speranza… Imparerai che con la stessa severità con cui giudichi sarai anche giudicato e, a un dato momento, condannato. Imparerai che non importa in quante parti il tuo cuore fu diviso, il mondo non si arresta perché lo si ripari… Imparerai che il tempo non è qualcosa che può ritornare, pertanto devi coltivare il tuo giardino e decorare la tua anima invece di aspettare che qualcuno ti porti fiori. Imparerai che quando senti rabbia hai il diritto di averla ma ciò non ti dà il diritto di essere crudele. Scoprirai che solo perché qualcuno non ti ama nel modo che vorresti, non significa che non ti ami con tutto ciò che può, in quanto ci sono persone che ci amano ma non sanno come dimostrarlo, né è sempre sufficiente essere perdonato da qualcuno, qualche volta dovrai imparare a perdonar te stesso. Imparerai che non dobbiamo cambiare gli amici se siamo disposti ad accettare che gli amici cambino. Ti renderai conto che potrai passare bei momenti con il tuo miglior amico facendo qualsiasi cosa oppure nulla, solo per il piacere di sfruttare la sua compagnia… Scoprirai che son necessari anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla e che tu pure potrai fare cose di cui ti pentirai per il resto della tua vita. Imparerai che le circostanze e l’ambiente che ci circonda hanno influenza su di noi, ma noi siamo gli unici responsabili di ciò che facciamo. Comincerai ad imparare che non dobbiamo compararci con i più, salvo quando vogliamo imitarli per migliorare. Imparerai a costruire tutti i tuoi cammini, perché il terreno del domani è incerto per i progetti e il futuro ha l’abitudine di cadere nel vuoto.

Dopo un certo tempo imparerai che il sole brucia senza che tu ti esponga troppo…

Accetterai, inoltre, che le persone buone qualche volta ti possano ferire e dovrai perdonarle…

Imparerai che parlare può alleviare i dolori dell’anima.

Allora saprai realmente di poter sopportare, che sei forte e potrai andare molto più lontano di quello che avresti pensato quando credevi di non farcela. È che realmente la vita vale quando si hanno il valore e il coraggio di affrontarla…”

Poesia: Ritratto della mia bambina .

Oggi ricorre l’ anniversario della morte di Saba, un poeta anomalo, che ha saputo parlare di cose spesso ignorate dai poeti con parole semplici, comuni. Ecco qui una sua composizione molto delicata.

La mia bambina con la palla in mano,
con gli occhi grandi colore del cielo
e dell’estiva vesticciola: “Babbo
-mi disse – voglio uscire oggi con te”
Ed io pensavo : Di tante parvenze
che s’ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull’onde biancheggia, a quella scia
ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde;
anche alle nubi, insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo;
e ad altre cose leggere e vaganti.