Poesia di Pasqua

GESU’  di G. Pascoli

ges_bambini2_webE Gesù rivedeva, oltre il Giordano,
campagne sotto il mietitor rimorte,
il suo giorno non molto era lontano.
E stettero le donne in sulle porte
delle case, dicendo: Ave, Profeta!
Egli pensava al giorno di sua morte.
Egli si assise, all’ombra d’una mèta
di grano, e disse: Se non è chi celi
sotterra il seme, non sarà chi mieta.
Egli parlava di granai ne’ Cieli:
e voi, fanciulli, intorno lui correste
con nelle teste brune aridi steli.
Egli stringeva al seno quelle teste
brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,
temo per l’inconsutile tua veste;
Egli abbracciava i suoi piccoli eredi:
-Il figlio – Giuda bisbigliò veloce-
d’un ladro, o Rabbi, t’è costì tra ‘piedi:
Barabba ha nome il padre suo, che in croce
morirà.- Ma il Profeta, alzando gli occhi
-No-, mormorò con l’ombra nella voce,
e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.

E’ un Gesù mite e presago della sua fine imminente questo che ci viene tratteggiato nella poesia di Pascoli; un Gesù che appare insensibile agli osanna della gente, ma che accoglie con affetto i bambini che gli corrono incontro scarmigliati e festosi. Pietro appare un po’ meschino con quel suo cercare di allontanarli, temendo che rovinino la veste del maestro e Giuda  addita uno dei piccoli come figlio di Barabba, un brigante,  invece è proprio a quel bimbo che Gesù riserva il privilegio di salirGli sulle ginocchia….

 

Ute: poesia dialettale: Tren de nott.

Ore 15: Poesia dialettale comasca (docenti Ghioni E. – Gottardi F.)

I commenti  illuminanti del dr. Ghioni e la lettura efficacissima del sig. Gottardi ancora una volta ci hanno consentito di immergerci nella magia della poesia dialettale comasca, che forse non è conosciuta  come meriterebbe. Eccone qui un esempio…..

  Treno de nott (Gisella Azzi)     

Testo originale  
Treno da trenta vagon,
che te vee, te vee
per sta campagna scura
cor minga, cor minga
inscì fort: gh’hoo paura!La banchetta l’è pienna; e tucc sti gent
che vann a lavorà
inscì lontan de cà,
varden el finestroeu e dìsen nient.La banchetta l’è dura, l’è de legn
(la banca che gh’è là
taccaa al camin, a cà,
l’è nò inscì dura)…Chì, nissun fa segn:

vàrden el finestroeu e disen nient:
ma foeura gh’è nagott
de vedè: gh’è la nott
negra come ‘l carbon; e dent per dent

domà ‘na quaj stazion la passa via,
la cor senza fermass:
che bordell, che frecass!
(Coss’è che la farà la mia Lucia

a st’ora chì? I fioeu sarann in lett
giamò indormentaa.
Lee la gh’avrà insegnaa
a dì su l’orazion…quand che i scarpett

borlen giò in terra, cont i pescitt biott
– ven voeuja de cagnàj –
tucc i ser, i bagaj
giugàtten, fann dannà, baloss!)…Che nott!

Che scur a gh’è! Ma adess on quaj ciarin
là in fond, bell sberlusent,
el par on poo parent
di lugher de la brasca, in del camin,

però minga inscì viscor; (i lugher!
Vedèi ammò a volà
dent in la cappa, a cà!)
questi hinn fregg, come i stell. Cambiemm pensér.

Quand che ‘l soo’l scalderà ‘l vagon e i oss
avremm passaa ‘l confin;
e sto pan moresin,
che adess el canta ammò, el sarà poss.

. . . . . . . . . . . .

Treno da trenta vagon,
che te vee, te vee
per sta campagna scura
cor minga, cor minga
inscì fort: gh’hoo paura!

La banchetta l’è pienna; e nun, poer gent,
che vemm a lavorà
inscì lontan de cà,
vardom el finestroeu. E dìsom nient.

TRADUZIONE:  Treno di trenta vagoni, che vai, vai per la campagna scura, non correre così forte: ho paura! I sedili son pieni e tutta questa gente che va a lavorare così lontano da casa, guarda il finestrino e non dice niente. Il sedile è duro, è di legno (la panca che c’ è accanto al camino, a casa, non è così dura) Qui nessuno fa segno: guardano il finestrino e non dicono nulla, ma fuori non c’è nulla da vedere: c’è la notte nera come il carbone, solo qualche stazione passa via, corre senza fermarsi: che rumore, che fracasso!(cosa starà facendo la mia Lucia? I bambini saranno a letto, già addormentati. Lei avrà insegnato loro a dire la preghiera…mentre le scarpette cadono in terra, coi piedini nudi….vien voglia di mangiarli -prenderli a morsi – tutte le sere i bambini giocherellano, fanno dannare, i birichini!)

Che notte! Com’è buio! Ma adesso un po’ di luce là in fondo, splendente assomiglia alle scintille della brace nel camino, però non così vivace (Poterle ancora vedere volare dentro la cappa del camino a casa!). Questa luce è fredda come le stelle….ma pensiamo ad altro… Quando il sole scalderà il vagone e le mie ossa, avremo passato il confine e questo pane  morbido ancora croccante, sarà raffermo.

Treno di trenta vagoni che vai, vai per questa campagna scura, non correre, non correre così forte: ho paura! I sedili sono pieni; e noi povera gente, che andiamo a lavorare così lontano da casa, guardiamo il finestrino. E non diciamo niente….

Poesia di primavera.

Ed ecco sul tronco
si rompono gemme:                                       
un verde più nuovo dell’erba
che il cuore riposa:
il tronco pareva già morto,
piegato sul botro.

E tutto mi sa di miracolo;
e sono quell’acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c’era.

S. Quasimodo

 

E’ scoppiata la primavera e si rinnova la sua meraviglia. Quasimodo sa però individuare qual è la cosa più sorprendente: vedere il verde incredibile delle gemme appena sbocciate su un tronco che pendeva come  morto sui bordi d’ un fosso (botro). E’ come una promessa di resurrezione…..e il poeta si immedesima in quel verde e nell’ acqua limpida del fosso.

Cade la pioggia di Carlo Michelstaedter

«Cade la pioggia triste senza posa   

 a stilla a stilla

 e si dissolve. Trema

 la luce d’ogni cosa. Ed ogni cosa

 sembra che debba

 nell’ombra densa dileguare e quasi

 nebbia bianchiccia perdersi e morire

 

Mi pare che questa poesia interpreti bene lo stato d’ animo di molti che vedono questo lungo estenuante succedersi di giorni piovosi in questo inverno che pare  un lungo interminabile autunno…

Per le giovani mamme…..

Credo che non ci sia al mondo niente di più bello  di una mamma che allatta il suo bambino. Sono due vite in stretta simbiosi che si danno reciprocamente la gioia di esistere. Siamo fortunate noi donne che possiamo vivere momenti così intensi. Dedico questa poesia alle mie figlie, a mia nuora e a tutte le giovani donne che accolgono con coraggio e amore il dono di una nuova vita…

Per una mamma (Angiolo Silvio Novaro)
Suonano nel tuo cuore
campane di gioia.

Madre e figlio- di Klimt

Il bimbo è nato
dischiuso come fiore
di rinata primavera.
Cullalo tra le braccia
stringilo dolce al cuore
sogna per lui limpidi cieli
tu che hai dato la vita
ad un germoglio d’amore.
……

Che cosa sono le nuvole?

A gentile richiesta della mia amica Piera, ecco la poesia di Pasolini, musicata da Modugno, che abbiamo ascoltato nell’ interpretazione di Beppe Fiorello:

Che cosa sono le nuvole?
di Domenico Modugno e Pier Paolo Pasolini

Che io possa esser dannato
se non ti amo
e se così non fosse
non capirei più niente.
Tutto il mio folle amore
lo soffia il cielo
lo soffia il cielo… così.
Ah, ma l’erba soavemente delicata
di un profumo che dà gli spasimi!
Ah, ah, tu non fossi mai nata!
Tutto il mio folle amore
lo soffia il cielo
lo soffia il cielo… così.

Il derubato che sorride
ruba qualcosa al ladro
ma il derubato che piange
ruba qualcosa a se stesso.
Perciò io vi dico
finché sorriderò
tu non sarai perduta.

Ma queste son parole
e non ho mai sentito
che un cuore, un cuore affranto
si cura con l’udito.
E tutto il mio folle amore
lo soffia il cielo
lo soffia il cielo… così.

Poesia: Farò della mia anima…

Farò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene.
Ti amerò come le praterie amano la primavera,
e vivrò in te la vita di un fiore
sotto i raggi del sole.
Canterò il tuo nome come la valle
canta l’eco delle campane;
ascolterò il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta
la storia delle onde.

Kahlil Gibran

Bellissima poesia che sa creare immagini di una dolcezza e di una profondità uniche.

A proposito di Petrarca……

Movesi il vecchierel……..

Movesi il vecchierel canuto e bianco
del dolce loco ov’ha sua età fornita
e da la famigliuola sbigottita
che vede il caro padre venir manco;

indi traendo poi l’antiquo fianco
per l’estreme giornate di sua vita,
quanto piú pò, col buon voler s’aita,
rotto dagli anni, e dal cammino stanco;

e viene a Roma, seguendo ‘l desio,
per mirar la sembianza di colui
ch’ancor lassú nel ciel vedere spera:

cosí, lasso, talor vo cerchand’io,
donna, quanto è possibile, in altrui
la disïata vostra forma vera.

Come un vecchio lascia la sua casa e la sua famiglia per andare a Roma in pellegrinaggio per vedere il volto di Colui che vedrà poi in Cielo, così il poeta cerca nelle altre donne i tratti dell’ amata.

Viene da chiedersi se il mettersi in pellegrinaggio verso Roma , da vecchi,fosse un’ usanza diffusa…e viene da chiedersi anche se ofsse un modo per risolvere il problema degli anziani: da pellegrini potevano contare sull’ assistenza delle persone di buon cuore che incontravano via via e nello stesso tempo toglievano alla propria famiglia il peso di una bocca in più…chissà se era veramente così…non ci avevo mai pensato prima….