Ero pieno di rabbia/ e mi sentivo spinto a far del male,/ a prendermela anche con chi non c’entrava.
Poi qualcosa si spezzò: dolore e rabbia/ si sciolsero e sentii solo/ calma e pace dentro di me.
Donna è Bello
Emozioni
Un bocciolo nella mia mente si è aperto:/ centinaia di emozioni ne sono uscite / e dicono quanto ammiro/ e quanto adoro il luogo in cui sono nato.
Il cielo splendente mi dà fiducia,/ la bellezza della vita mi dà allegria,/ gli uccellini cinguettanti intonano dolci melodie.
Ho gli occhi su una persona/ le mie attenzioni sono su di lei.
Grazie al mondo che mi dà fiducia / riuscirò a raggiungere la meta.
Riflessioni
So essere comprensivo e cinico./ C’è in me una parte buona e una cattiva / e nella mia vita farò cose buone e cose cattive/ come ogni essere umano che abita la Terra.
Ma darò il meglio di me:/ il cuore mi farà scegliere.
Quando esco di casa, / il cielo è blu/ e gli uccellini cinguettano allegramente/.
Ma ciò che è più magico / è la risata di un bambino/. La gioventù è allegria, speranza, ottimismo.
Avere un figlio porta allegria, gioia, affetto / per i sofferenti e i solitari.
E’ bello vedere un bimbo che corre/ per le strade libero e gioioso.
Ognuno deve sentirsi fortunato ad avere un figlio: / ti dà doveri e responsabilità, / ma ti riempie di affetto e ti rallegra.
La gioventù è preziosa e vorrei che fosse eterna.
Il mondo in cui abito, / in cui vivo, / in cui condivido/ è un mondo diverso da quello / che altri conoscono e vivono.
Gente di tutte le età/ vestita con lo stesso abito / e con una stella gialla/ è chiusa in quartieri fortificati:/ sembra di vivere nella peggiore prigionia.
Non è permesso mangiare, nè bere/ o essere trattati normalmente.
Nel mio mondo ci sono soldati / che urlano, picchiano/ e sparano a gente innocente;/ nel mio mondo facciamo lavori duri.
Invece di sentire risate e allegria/ sento pianti e malinconia.
Fino a ieri c’era gente che passeggiava libera/ e guardava gli uccellini cinguettare; oggi c’è gente che passeggia libera, ma imprigionata in uno schermo.
Fino a ieri c’era gente che si divertiva in società e nel mondo dei libri; / oggi c’è gente che sta in società, ma tramite uno schermo e nel mondo dei social.
Fino a ieri c’era gente che usava bottiglie in vetro;/ oggi c’è gente che usa bottiglie distruttive in plastica.
Fino a ieri c’era gente che si arrangiava e riusciva ad affrontare le difficoltà;/ oggi c’è gente che trova tutto facile con la tecnologia.
Fino a ieri c’era gente che si sentiva libera e allegra, / invece oggi c’è gente che si sente libera, ma in realtà è imprigionata in internet.
Ditemi: il vero mondo e la vera umanità / è quella di oggi o quella di ieri?
Le belle poesie, imparate sui banchi di scuola, ci accompagnano per tutta la vita.
O graziosa luna, io mi rammento
che, or volge l’anno, sovra questo colle
io venia pien d’angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva
siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia, ché travagliosa
era mia vita: ed è, né cangia stile,
o mia diletta luna. E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l’etate
del mio dolore. Oh come grato occorre
nel tempo giovanil, quando ancor lungo
la speme e breve ha la memoria il corso,
il rimembrar delle passate cose,
ancor che triste, e che l’affanno duri!
In gioventù, le pene, le sofferenze le angosce sono rese più tollerabili dalla speranza: si pensa sempre che qualcosa dovrà pur cambiare.
Giaccio da solo nella casa silenziosa,
la lampada è spenta,
e stendo pian piano le mie mani
per afferrare le tue,
e lentamente spingo la mia fervente bocca
verso di te e bacio me fino a stancarmi e ferirmi
– e all’improvviso son sveglio,
ed intorno a me la fredda notte tace,
luccica nella finestra una limpida stella –
o tu, dove sono i tuoi capelli biondi,
dov’è la tua dolce bocca?
Ora bevo in ogni piacere la sofferenza
e veleno in ogni vino;
mai avrei immaginato che fosse tanto amaro
essere solo
essere solo e senza di te!
Quanto può pesare la solitudine nelle lunghe notti insonni!
Il professor Galli ha tenuto oggi pomeriggio una lezione molto intensa sulla poesia di Ungaretti.
La conferenza è iniziata con alcuni essenziali cenni biografici, per ripercorrere le vicende che più di tutte hanno segnato profondamente la vita del poeta e la sua produzione poetica, poi è seguita subito una rapida analisi delle composizioni più significative.
Quelle che oggi vengono più lette e apprezzate, appartengono al periodo in cui Ungaretti scriveva le sue poesie tra un assalto e l’altro nell’orrore delle trincee, teatro della Prima Guerra Mondiale. Fu un ufficiale, il critico letterario Ettore Serra, a comprendere la forza e il valore di quegli scritti e li fece pubblicare.
Appartengono a questa prima raccolta, intitolata “Allegria”. poesie famose come “Veglia”, San Martino del “Carso”, “Soldati”, “Fratelli”, “Commiato” “Mattina”, Pellegrinaggio”. In queste composizioni è riscontrabile la grande innovazione portata da Ungaretti nel linguaggio poetico: egli usa non parole auliche o altisonanti, ma solo parole povere, comuni, semplici; non usa punteggiatura, non c’è metrica tradizionale, non ci sono rime. Ma le parole essenziali sono frutto di lunga ricerca interiore e di meditazione e anche gli spazi bianchi assumono un significato; i versi sono brevi, scarni, ma esprimono sentimenti profondi ed emozioni intense. Qui il poeta svolge fino in fondo la sua “missione”, che è quella di esprimere con la forza della sua sensibilità particolare ciò che la gente “comune” sente nel cuore, ma non riesce ad esprimere pienamente.
A contrasto con questa prima produzione giovanile, il nostro docente ci ha poi proposto la lettura della poesia “L’isola”, che appartiene al periodo tra le due guerre e che si configura come esempio tipico di poesia ermetica. Qui il linguaggio è più ricercato, la sintassi più complessa, l’interpretazione spesso ambigua.
Un momento particolarmente toccante della lezione è giunto al momento della lettura della poesia “La madre”, quando alla suggestiva immagine, evocata dal poeta, di sua madre inginocchiata davanti a Dio per implorare il perdono del figlio, il prof Galli ha ricordato con commozione le parole di sua madre prima di morire: -Ti aspetto in Paradiso!-
Interessante anche le considerazioni finali del professore: le poesie che amiamo di più non sono necessariamente quelle da tutti considerate le più belle, ma sono quelle che ci toccano il cuore, quelle che esprimono emozioni che abbiamo sperimentato direttamente. Ed è bellissimo per un insegnante riuscire a far “sentire” queste emozioni ai propri alunni: sono momenti che ripagano delle fatiche e delle frustrazioni dell’insegnamento.
Grazie professor Galli!
Riporto qui una poesia riascoltata oggi:
LA VEGLIA.
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
E’ proprio quando sentiamo tutta la fragilità del nostro essere umani, quando la morte ci sfiora o incombe su di noi che ritroviamo ciò che più conta, l’amore, e che apprezziamo fino in fondo il dono prezioso della vita.
Rileggendo le ultime righe non ho potuto fare a meno di riandare con la mente a quella bellissima romanza “E lucean le stelle” che Cavaradossi canta prima di essere giustiziato (nell’opera lirica “Tosca”).