E’ una vergogna!

E’ una vergogna che resterà nella storia dell’Europa!

C’è da una parte l’intento subdolo di spaccare l’UE (Russia e Bielorussia) perchè il problema della distribuzione dei migranti è da sempre il pomo della discordia, dall’altra c’è una Polonia che vuole costringere la Comunità Europea a finanziare la costruzione di un muro sul suo confine.

Due fronti ostili e in mezzo migliaia di migranti indotti a lasciare il proprio paese con chissà quali promesse o illusioni e ora si trovano a vagare nei boschi assiderati, affamati, in preda a sofferenze e disagi di ogni genere: davanti il filo spinato e alle spalle uno stato che ti impedisce di tornare indietro.

Nella disumanità bieca della politica, brilla la solidarietà degli abitanti delle zone di confine e dei medici polacchi, che sfidano i divieti imposti dalle autorità per soccorrere quella povera gente (tra cui tanti bambini), che vaga nelle foreste senza riparo.

Chi avrà il coraggio di affrontare il problema dell’immigrazione non con provvedimenti sporadici e dettati dall’emergenza, ma con il ribaltamento delle logiche economiche e politiche seguite fino ad ora?

Il mal d’ Africa e i suoi mali.

Non so se si parla ancora di mal d’Africa, cioè di quella nostalgia, di quella voglia di tornarci, che coglie coloro che l’hanno conosciuta e se ne sono poi allontanati.

Quand’ero piccola c’era un nostro vicino che era stato soldato in Africa e che affermava di sentirne ancora tanto il calore, che anche d’inverno lo si vedeva andare in giro in maniche di camicia.

Ora di Africa si parla ben poco; i nostri giornali hanno una visione del mondo molto limitata: in genere si occupano quasi esclusivamente di politica di casa nostra o al massimo di quella europea, ma dedicano ben poca attenzione al continente nero.

Chi riesce a tenerlo d’occhio è certamente Romano Prodi e lo dimostra questo suo articolo pubblicato ieri sul “Messaggero” non per parlare di mal d’Africa, ma per parlare di uno dei tanti mali dell’Africa.  E’ la nostra dirimpettaia sulle rive del Mediterraneo e l’evoluzione più o meno positiva e pacifica  dei tanti popoli che la abitano, determinerà anche il futuro dei paesi europei: vale la pena dunque occuparsene e darsi da fare per farne un continente pacificato e in grado di contribuire, con le sue infinite risorse, al benessere della comunità mondiale.

Dove va il mondo?

Dove va il mondo?

E’ questa la domanda che viene da porsi leggendo questo articolo a dir poco inquietante. In estremo Oriente c’è una crescente tensione tra la Cina in costante espansione e i suoi antagonisti, E’ in questa ottica che va letta la notizia dell’alleanza militare tra USA, UK e Australia per la produzione di sottomarini a propulsione nucleare.

La notizia, in Italia, è rimasta in primo piano per breve tempo, travolta dalle entusiasmanti notizie dei successi sportivi dei nostri ragazzi (pallavolo, ciclismo e altri minori) ma è di quelle destinate a cambiare gli assetti del mondo, stando a quanto ha detto Romano Prodi dall’Annunziata su RAI3 e non è detto che tale cambiamento si realizzi pacificamente,

L’europa rischia davvero di diventare ancora più ininfluente sul governo del mondo, a meno che riesca con uno scatto di orgoglio a darsi quelle riforme che le consentano di parlare con una voce sola e con la piena consapevolezza che solo così può avere un peso nei destini di questo mondo oltremodo inquieto.

Povere donne!

L’idea di “esportare la democrazia” …….. è in verità un vecchio sogno americano, che con Bush si armò e mise in campo dispendiose risorse economiche.

Queste righe sono state tratte da un articolo di Huffington Post del 16 aprile scorso, in cui si cominciava a parlare del ritiro dei soldati USA e Nato dall’Afghanistan e già si prevedeva il triste epilogo che si sta verificando in queste ore a Kabul: i soldati dell’esercito afghano, addestrati per vent’anni (anche dal nostro contingente), si stanno arrendendo senza opporre alcuna resistenza all’avanzata dei taleban.

Evidentemente l’idea occidentale di libertà non ha conquistato i cuori e le menti dei soldati afghani: mi balena l’idea che, essendo tutti uomini, possa non dispiacere loro la prospettiva di ritornare ad essere gli unici protagonisti della vita sociale e politica del paese, assoggettando le donne al loro arbitrio.

Forse però non è secondario il fatto che l’intervento occidentale, mascherato da “esportatore di democrazia”, nascondesse anche interessi economici e politici che tuttavia a me non risultano molto chiari,

Resta comunque sempre vero, e la storia lo dimostra, che ogni popolo deve conquistarsi la sua libertà, devono maturare le coscienze  e questo richiede tempi lunghi. Nel frattempo temo che per le donne afghane inizi un periodo molto buio e triste.

Oggi avrebbe 140 anni…

Oggi avrebbe 140 anni, proprio come mia nonna Marcellina.

Questa mattina, infatti, la RAI ha ricordato il 140° anniversario della nascita di Alcide De Gasperi, avvenuta a Trento nel 1888, quando il Trentino era sotto il governo austriaco. Già negli anni dell’Università, a Vienna, partecipò a manifestazioni per chiedere il riconoscimento della cultura italiana e in difesa della sua regione e per questo subì un arresto e una breve detenzione in carcere.

Dopo la laurea, seguì le orme di don Sturzo e lo sostituì quando questi fu costretto all’esilio. Da quel momento si impegnò in  politica, intendendola come servizio alla comunità nazionale e come  la “forma più alta di carità” (Paolo VI).

Il suo modo di vivere la politica è  e sarà sempre un luminoso esempio di coerenza al proprio credo religioso, ma anche di limpida laicità, sapendo ben distinguere i suoi doveri di cristiano e quelli che gli derivavano dai ruoli politici sempre più importanti che andava via via ricoprendo.

Riuscì a meritare rispetto per l’Italia sconfitta, devastata dalla guerra, e a porre le basi per rendere realizzabile il sogno di una  nuova Europa.

I politici di oggi, spesso più interessati a conquistare visibilità a ogni costo per poter essere rieletti, dovrebbero tutti avere sulla scrivania una sua foto per non dimenticare mai quale sia il modo più autentico di fare politica.

 

Una rivoluzione silenziosa…

È in atto una rivoluzione silenziosa?

Parrebbe di sì …ecco quello scrive Romano Prodi in un interessantissimo articolo; ne riporto solo due capoversi che mi sembrano molto significativi:

……È tuttavia degno di riflessione aggiuntiva il fatto che, proprio in questi giorni, sta diventando possibile un altro processo di avvicinamento fra le due sponde dell’Atlantico dato che, su entrambe le rive, si sta riflettendo sulla possibilità di imporre una tassazione minima per le grandi imprese multinazionali.

In questo caso possiamo anzi convenire che il compito di Gentiloni, paladino da parte europea nel sostenere che le imposte si pagano dove si formano i profitti e non dove l’impresa ha la sede legale, sia più difficile di quello di Biden, dati gli interessi di alcuni paesi europei a continuare ad essere paradisi fiscali.

Se Gentiloni riuscirà in questa impresa, col supporto di Draghi, molte cose potrebbero cambiare in meglio per l’Italia, ma sarà battaglia dura, credo…

Da noi non se ne parla più…

Da noi si parla poco di Myanmar (Birmania) e quindi si è portati a pensare che la situazione di quel paese si sia normalizzata, ma le notizie che ho appreso poco fa da mia sorella che vive in Thailandia sono purtroppo molto diverse.

Ma qual è la causa del colpo di Stato dei militari e delle successive stragi di giovani manifestanti che chiedono il rispetto del voto popolare? Come al solito è tutta questione di soldi, di materie prime troppo  preziose per lasciarle nelle mani della minoranza che abita nel territorio dove si concentrano le maggiori ricchezze…così come come viene detto in questo articolo che si conclude così:

La motivazione è soprattutto economica visto che la Regione in cui vivono è ricca di risorse naturali:  legname, gas, pietre preziose, oro. Secondo la European Karen Network, “la soluzione alla crisi dei rifugiati Karen in Thailandia è che i militari in Birmania vengano smantellati e che si torni presto ad una democrazia federale in cui i diritti umani siano rispettati”. (SIR – Agenzia di informazione)

La Thailandia ospita già, nelle zone di confine con la Birmania, migliaia di rifugiati che vivono in condizioni di grande disagio, ma altre migliaia di persone sono costrette ad abbandonare le loro case per i bombardamenti decisi dai militari.

Nei giorni scorsi si è tenuto un incontro tra i rappresentanti dei paesi asiatici della zona,  però si è concluso con un nulla di fatto e l’ONU non può intervenire in nessun modo per l’opposizione di Cina e Russia.