Insegnare , mestiere difficile…

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Riunione docenti di classi parallele (molti anni fa).
Io – Qualcuna di voi mi sa dare suggerimenti sulle strategie per aiutare i bambini X e Y a superare questa difficoltà ? Ho provato in tanti modi, preparando attività personalizzate, ma non ho ottenuto molto….
Collega – E perché ti poni tanti problemi? Io se la maggioranza della classe mi segue vado tranquilla; vuol dire che quel che sto facendo va bene. Se c’ è chi non segue per motivi suoi non è colpa mia….-
Questo dialogo si svolgeva tra maestre elementari, le quali a mio avviso hanno il preciso obbligo morale e deontologico di stimolare le potenzialità di ogni bambino, che ha il diritto nella scuola dell’ obbligo di non sentirsi emarginato già dai suoi primi passi nella scuola.

Nelle scuole superiori il discorso è notevolmente diverso: chi studia e s’ impegna va premiato, i fannulloni vanno giustamente puniti. Tuttavia se come si legge nell’ articolo, la maggioranza della classe risulta insufficiente credo che non sia solo colpa dei ragazzi che non si impegnano. Credo che ci sia un vizio nell’ impostazione della didattica : l’ insegnante ha testato in modo sufficiente il livello di preparazione della classe per stabilire da quali basi partire per programmare il proprio lavoro?
Se il docente non avrà fatto questa indagine preliminare, rischia di costruire sul nulla e di vedere vanificato il suo lavoro e di fare dei suoi alunni dei frustrati perenni.

La scuola italiana ha molti problemi, ma il primo da risolvere è la preparazione dei docenti: conoscere bene la propria materia non presuppone il fatto di saper insegnare : questo è un mestiere che si impara sul campo , ma bisogna avere la sensibilità e l’ umiltà di mettersi ogni giorno in discussione.

Cantare insieme in libertà…(lasciando andar la voce dove va..)

Quando ancora ero alle superiori, in estate sono andata più volte a fare da educatrice /assistente a bambini e adolescenti in montagna. Erano gruppi organizzati dalla diocesi in modo molto semplice e informale.

Di quelle esperienze ricordo con gran piacere il senso di benessere che mi dava l’ aria di montagna, la bellezza  e l’ incanto dei paesaggi, sia che fossero prati verdi dove l’ erba ondeggiava ad ogni soffio di vento, sia che fossero orizzonti sconfinati limitati da “cime ineguali” splendenti di neve; tutto questo era reso ancora più piacevole dall’  atmosfera di amicizia che si stabiliva sia tra gli adulti sia tra adulti e ragazzi.

La sera , quando i ragazzi erano ormai addormentati nelle camere,  noi educatrici ci riunivamo per prendere accordi sulle attività del giorno successivo e alla fine c’ era sempre chi proponeva : – Facciamo una cantatina?- Allora si intonava un canto di montagna,  o di lavoro o canti folkloristici. Questo serviva moltissimo a cementare l’ amicizia all’ interno del gruppo, a sentirsi “comunità”.

Il giorno seguente gli stessi canti accompagnavano le nostre escursioni o le soste nei rifugi al calore di un camino acceso.

Da allora la passione per il canto corale mi ha accompagnato sempre e mi ha indotto a far parte di una corale prima  e poi a riservare sempre al canto qualche momento  anche nell’ orario settimanale della programmazione per le mie classi.

Uniformare la propria voce a quella dei compagni e esprimere insieme la stessa emozione contribuisce molto a suscitare e rafforzare lo spirito di gruppo  e crea un senso di appartenenza che dà sicurezza .

Memorizzare

http://www.repubblica.it/scienze/2011/01/24/news/memoria-11577456/?ref=HRERO-1

Mi pare che a volte gli scienziati si dedichino a ricerche complesse che sfociano talora nella proverbiale “scoperta  dell’ acqua calda”. Nell’ articolo si dice che alcuni ricercatori hanno “scoperto” che la memorizzazione è utile ai fini del consolidamento delle nozioni acquisite e del migliore sfruttamento delle nostre capacità conoscitive: e chi ha mai sostenuto il contrario?

C’ è stata a un certo punto una ribellione verso un insegnamento prettamente nozionistico e avulso da ogni esperienza pratica, … ricordate le famose scale del Sistema Metrico Decimale che ci venivano proposte alla memorizzazione prima ancora di aver tenuto in mano un metro o un decimetro?

Io ricordo il mio terrore davanti ai problemi della compravendita: io avevo imparato a memoria la formula, ma non avevo chiara la differenza tra ricavo e guadagno .

Per questo, quando sono stata dall’ altra parte della cattedra ho sempre puntato prima su esperienze concrete finalizzate a capire cosa si intendesse per metro, decametro e via dicendo e solo in un secondo tempo a memorizzare le formule.  Se giochi al mercato e fai finta di comprare  e vendere delle cose capisci cosa sia il costo e cosa si intenda per ricavo. Se poi  in seguito ricorri  alla memorizzazione delle formule, il cervello le fisserà per sempre insieme al loro reale e concreto significato.

Avendo avuto tre figli, ho avuto anche modo di veder attuata la strategia che prescindeva quasi totalmente dalla memorizzazione: essa è validissima per sviluppare la logica, ma costringe a una gran dispersione di energie: quando un concetto è chiaro , ripeterlo periodicamente è non solo utile , ma indispensabile per andarlo a ripescarlo velocemente nel cassetto giusto del tuo cervello.  Giusto ieri ripassavo le tabelline con Elisa: questo è un argomento in cui la memorizzazione è indispensabile e prima la si consegue, più proficui saranno i risultati.

Cosa dire poi delle poesie a memoria? Se proposte  senza eccedere nella quantità e puntando alla qualità , non solo costituiscono un buon esercizio per potenziare la memoria, ma forniranno a poco a poco un piccolo bagaglio di sentimenti, atmosfere, paesaggi, sensazioni espressi con armonia e buon gusto che ci verranno sempre alla mente nel corso della vita.

Bambini speciali

http://www.corriere.it/cronache/10_ottobre_04/nino-luca-insegnanti-sostegno_f491f6fa-cf95-11df-8a5d-00144f02aabe.shtml

Sono storie di bambini “speciali” che vedono sfumare le loro speranze di valorizzazione delle loro potenzialità.. L’ insegnante di sostegno rappresenta nella scuola questa possibilità, ma i tagli della Gelmini non discernono tra spese inutili e spese importanti.

Nella mia esperienza scolastica ho avuto spesso l’ occasione di trovarmi a collaborare con insegnanti di sostegno : ne ho incontrato di preparatissime, che avevano frequentato corsi di specializzazione per handicap particolari e che sapevano mettere in atto interventi mirati ed efficaci; ne ho incontrate altre, forse meno preparate, ma con grande disponibilità . Con tutte si è sempre potuto offrire non solo al bambino con handicap, ma a tutta la classe, momenti altamente istruttivi ed educativi.. 

In questi giorni si è sentito parlare di classi differenziali ( e addirittura di rupe Tarpea !!! ) per i bambini meno fortunati; invece io dico per esperienza diretta che avere in classe un bambino con handicap, se ci sono le risorse necessarie, come lo è l’ insegnante di sostegno, può rappresentare per i bambini cosiddetti “normali” una grande opportunità umana, educativa e di apprendimento.