Un mese con …Montalbano.

Esattamente un mese fa, cominciava la mia vita da “anatra zoppa” e per far passare le giornate mi è stato di grande aiuto il computer, che mi ha permesso di continuare ad aggiornare blog e pagine social e di mantenere contatti via mail con tante persone la cui amicizia mi è preziosa. Ho anche fatto parole crociate e sudoku, ma soprattutto ho riletto alcuni libri in lingua italiana che ho potuto trovare qui in casa.

E’ così che ho passato molte ore, di giorno e di notte, in compagnia di Montalbano, di Mimì Augello, di Fazio, di Catarella e di una miriade di personaggi minori che popolano le storie di Camilleri.

Leggendo questi libri (sette o otto) uno dopo l’altro, ti accorgi che per forza alcuni schemi si ripetono, che alcuni personaggi secondari cambiano nome ma non caratteristiche e comportamenti. Mi riferisco in particolare ai personaggi femminili che, con il loro fascino e le loro arti seduttive accerchiano il povero Montalbano, che spesso cede all’assalto, se pur con grande pentimento  successivo. Sono quasi sempre personaggi che riescono a simulare passione irrefrenabile, ma che invece vogliono solo condizionare o controllare le mosse del commissario (che è molto conosciuto anche qui in Inghilterra). Sono, questi, personaggi femminili piuttosto negativi cui fanno da contraltare la fedelissima Livia e la cuoca-tuttofare Adelina. Ne deduco che Camilleri non ha simpatia per le donne aggressive e  intraprendenti, mentre ama le donne che seguono modelli di comportamento più tradizionali e meno inquietanti.

Mi è venuto poi da pensare, che Camilleri ha potuto scrivere in siciliano i suoi libri, perchè il suo dialetto si può scrivere facilmente, ha parole piane, conserva molto dell’antica lingua latina nella costruzione delle frasi ; non credo che Lucarelli potrebbe scrivere le storie di Coliandro in bolognese: sarebbero difficilissime da leggere anche per gli stessi emiliani.

Per chi ha avuto la fortuna di vedere la Sicilia, poi, è molto bello lasciarsi guidare da Camilleri dentro ai paesaggi riarsi dal sole, sulle spiagge sabbiose o sugli scogli, per le vie  di paesi antichi percorse dal profumo proveniente dalle pasticcerie o dalle rosticcerie.

Ora però sarà bene che trovi altri libri: basta Montalbano almeno per il momento.

 

 

 

 

 

 

UTE: Non-violenza – Racconti per ridere. (sintesi di Angela D’Albis)

Oggi alle 15.00, la professoressa Russo ci ha parlato di tre seguaci della teoria di Gandhi della non violenza, due italiani (Aldo Capitini e Danilo Dolci) e uno famosissimo, M.L.King, dei quali non era riuscita a parlare la volta scorsa.
ALDO CAPITINI (nato a Perugia il 23 dicembre 1899 e morto nella stessa città il 19 ottobre 1968), è stato un intellettuale, studioso e filosofo antifascista.
Egli si chiedeva come mai la Chiesa avesse potuto fare un concordato con uno stato violento come quello fascista. Per lui il Concordato era vivere il Vangelo. Per questo comincia a staccarsi dalla Chiesa Cattolica, mantenendo, però, sempre uno sguardo religioso sulle persone, ma anche sugli animali che considerava fratelli, come San Francesco.
Per questo motivo è diventato vegetariano, in un periodo storico in cui essere vegetariani non era di moda.
Capitini considerava fratelli tutti gli uomini e li ascoltava tutti, dal più onesto al più disgraziato.
Nel 1924 vinse una borsa di studio presso la Scuola Nazionale Superiore di Pisa.
Il suo professore, Giovanni Gentile, teorico del Fascismo, gli propose di redigere una prefazione a un libro su Gandhi. Capitini si innamorò di questa figura e, non solo l’ammirò, ma la imitò.
Non prese mai la tessera fascista e  questo stroncò la sua carriera universitaria e perse il lavoro precario e poco pagato che gli permetteva di mantenersi.
Tornò a casa dai suoi e si manteneva con saltuarie lezioni private, schedato dalla questura.
Capitini affermava che la non violenza bisogna sperimentarla e continuò a manifestare le sue idee antifasciste. Venne arrestato e mandato in prigione. Rifiutò sia il Fascismo sia la Lotta Armata dei partigiani, perché per lui anche loro erano violenti.
Alla fine della guerra e con la caduta del Fascismo, fu nominato professore universitario e cercò di attuare alcune sue idee.
Cercò di realizzare un primo esperimento di democrazia diretta fondando i Centri di Orientamento Sociale (COS) che durarono solo tre anni (dal 1945 al 1948) perché osteggiati sia dai politici di maggioranza sia di opposizione. Provò poi con i Centri di Orientamento Religioso (COR), perché pensava che vivere il Vangelo potesse diventare una rivoluzione. Anche questi Centri furono osteggiati dalla Chiesa. Capitini riuscì a collaborare con Don Primo Mazzolari e Don Milani.
Capitini combatté anche affinché l’ OBIEZIONE CI COSCIENZA non fosse più un reato in Italia.
Nel 1961 organizzò la Marcia per la pace Perugia-Assisi, che si tiene ancora oggi
In tutta la sua vita, Capitini considerò sempre Gesù Cristo un suo fratello in terra.

La lezione continua con Danilo Dolci, il Gandhi di Sicilia (1924-1997).
Dopo la guerra studia prima alla Sapienza di Roma e poi frequenta il Politecnico di Milano
Durante gli anni universitari decide di lasciare tutto per aderire all’esperienza di NOMADELFIA, comunità animata da don Zeno Saltini.
Dal 1952 si trasferisce in Sicilia in un paese poverissimo dove cerca di far parlare la gente. I Siciliani difficilmente parlano, ma con Dolci parlano tutti e la gente non ha più paura di esprimersi.
In Sicilia promuove lotte nonviolente contro la mafia e per il diritto al lavoro.
Promuove numerose proteste non violente come lo sciopero della fame, lo sciopero alla rovescia (i disoccupati si mettono a lavorare gratis a aggiustano una strada comunale abbandonata).
Vengono arrestati e poi rilasciati tutti, tranne Dolci che viene accusato di scrivere libri in cui denuncia il legame dei politici con la mafia.
Sconta 50 giorni di carcere.
Tuttavia, organizzando un digiuno di 1000 persone riesce a far aprire una diga che dà lavoro a 6000 famiglie e istituisce un Consorzio per la distribuzione dell’acqua della diga, controllata dalla mafia, prima che essa riesca a intervenire.
Ha promosso anche innovazioni nell’ambito educativo, organizzando delle scuole, perché, per lu,i tutto comincia dall’educazione dei bambini.
Di lui hanno detto che “mette in pratica il Dio in cui crede” e “ porta le cose alte a contatto con gli umili”.

martin-luther-kingL’ultimo personaggio che ci presenta la professoressa è: Martin L. King.
Pastore protestante della Chiesa di Montgomery in Alabama, King è stato apostolo instancabile della resistenza non violenta negli anni ’50 e ’60 in America.
Erano anni in cui la discriminazione razziale era molto forte negli U.S:A.
Dopo l’episodio di razzismo nei riguardi di Rosa Parks sull’autobus nel 1955, M. L. King organizzò azioni non violente di boicottaggio e marce di protesta. Fu arrestato varie volte.
M. L. King ha sempre dimostrato coraggio, senso di giustizia, coscienza e cuore.
Parecchi bianchi si unirono a lui.
Finalmente, nel 1956, la corte Suprema dichiarò che la segregazione era contro la Costituzione.
Questo, purtroppo, rimase solo sulla carta e le discriminazioni continuarono ancora per dieci anni.
Nel 1964 il presidente Johnson promulgò una legge che dichiarava la discriminazione illegale.
M. L. King venne assassinato il 4 aprile 1968.
“Chi segue la non violenza deve rinunciare alla vita comoda”.
“La più grande tragedia del nostro tempo non è il chiasso dei cattivi, ma il silenzio spaventoso delle persone oneste”.
M. L: KING

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Alle 16 il prof. Galli termina il suo corso sui “Racconti da ridere” con la quarta parte.
Comincia con Pirandello e ci legge una novella nella quale si parla di un uomo che si sveglia tutte le notti. La moglie è seccata anche perché pensa che il marito sogni belle donne. In questa novella, oltre alla comicità, c’è la visione pessimistica della vita da parte dell’autore.
Il professore ci ha spiegato che spesso l’umorismo nasce dall’esagerazione di certe situazioni che si vivono nella quotidianità.
Ci legge due racconti di Benni. Uno parla di una visita in una casa di cura e l’altro è una presa in giro del Servizio militare..
Poi, il docente ci presenta due racconti di Beppe Severgnini, tratti dal suo Manuale del luogo domestico, uno ambientato in un supermercato, l’altro parla di una famiglia che va a sciare.
Per ultimo, legge alcuni passi tratti dai libri di Paolo Villaggio. Ci dice che Paolo Villaggio è uno degli scrittori più importanti e che il suo personaggio, Fantozzi, rappresenta molte cose. La figura dell’impiegato è spesso usata in letteratura, anche classica e drammatica. Villaggio la usa in versione umoristica.
fantozzi-e-filiniIl primo racconto che il docente ci legge di Villaggio racconta la tragica esperienza di una gita in pullman da parte di un gruppo di impiegati.
Il secondo racconta una sfida calcistica tra quarantenni. I due racconti sono molto divertenti, anche perché trattano di situazioni sociali che spesso abbiamo vissuto anche noi.
Grazie al professor Galli per queste lezioni che ci hanno divertito e rilassato!

UTE: scritti di Leonardo – racconti per ridere. (resoconto di Angela d’Albis).

Il professore Don Ivano Colombo ci ha parlato oggi degli scritti letterari di Leonardo da Vinci, donandoci un’immagine di Leonardo un po’ poco nota. Infatti, noi conosciamo Leonardo più come artista-pittore e scienziato, meno come scrittore, anche perché l’artista ha scritto senza avere intenti letterari.
Il docente ci ha consigliato prima una bibliografia per approfondire, proponendo i seguenti testi:
Silvia Alberti de Mazzeri
LEONARDO, L’UOMOE IL SUO TEMPO
Rusconi, 1983
Leonardo da Vinci
SCRITTI LETTERARI
(a cura di Augusto Marinoni)
BUR Rizzoli, 1952
Francesco Tateo

ALBERTI, LEONARDO E LA CRISI DELL’UMANESIMO

LIL.12 – Laterza, 1971

Dopo questa introduzione, Don Ivano prosegue sottolineando che Leonardo, pur essendo nato da genitori che lo hanno avuto per caso (la madre contadina e il padre notaio) e pur essendo vissuto con il nonno e uno zio senza avere alcuna formazione scolastica, è diventato un genio!
Egli non aveva una cultura umanistica, non conosceva né il greco né il latino (lingua ufficiale del tempo), ma parlava e scriveva nel volgare toscano. Abitando col nonno e con lo zio, però, aveva sviluppato l’amore per la campagna e per la natura.
A Leonardo è mancata la scuola, ma non lo studio personale; è mancato un lavoro intellettuale metodico, ma ha sviluppato innumerevoli interessi che hanno dato i loro frutti.
Leonardo affida le sue riflessioni ad appunti sparsi, che non hanno pretese letterarie. Egli non aveva propensione allo scrivere, anzi provava un certo disgusto per la poesia. Tuttavia, è innegabile che Leonardo abbia avuto un ruolo importante nello sviluppo della nostra letteratura in volgare.
L’opera che ha più valore letterario è “Il trattato della pittura”. Quest’opera costituisce un lavoro impegnativo nel quale Leonardo riflette sulla pittura e la ritiene superiore alla poesia.
“Il trattato della pittura” è anche un’opera divulgativa ed è scritta in lingua volgare. Le parole usate per descrivere la pittura sono così efficaci che quest’opera, a dispetto dell’autore, diventa un testo di alto profilo letterario.
In effetti, Leonardo, volendo descrivere a parole ciò che poi esprimerà nel disegno, usa parole efficacissime e appropriate alla scena che vuole rappresentare. La pagina più bella è quella nella quale descrive “Il Diluvio”, dove lui trova le parole per descrivere un quadro naturalistico con espressioni che sono veramente grandiose.
Leonardo, quindi, è un “illetterato” che non si prefigge di diventare un uomo che produce letteratura.
Tuttavia, ci ha lasciato le sue riflessioni in appunti sparsi che poi sono stati raccolti in:
“ I Pensieri”, dove si nota il suo interesse per tutto ciò che lo circonda e dove troviamo affermazioni che assumono la forma e la sostanza di proverbi o barzellette;
“Le Facezie”: racconti brevi di tipo moraleggiante;
“Le Favole”: testi più impegnati dal punto di vista letterario, legati al periodo milanese di Leonardo, quando, alla corte di Ludovico Sforza detto il Moro, cerca di entrare nelle grazie del signore di Milano, anche per ricevere un compenso in danaro;
“Il Bestiario” una sorta di antologia che ha per protagonisti gli animali;
“Le Profezie”: specie di indovinelli, proposti ai presenti, i quali devono dimostrare di capire ciò che viene detto.
Per finire, Leonardo non disdegna di mettersi a scrivere e anche nella scrittura emerge il suo genio.
Oggi viene riconosciuto che anche per quello che ha lasciato di scritto, egli merita attenzione e rispetto, pur dovendo apprezzare la sua eccellenza nel campo artistico-pittorico e la sua genialità nel campo delle scienze applicate.
Grazie a Don Ivano per questa splendida lezione!

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Alle ore 16.00, il professor Galli ci ha allietato con la lettura di due racconti umoristici, uno americano e l’altro italiano.
Riprendendo il tema della “letteratura del ridere”, il docente ha ribadito che narrare è una componente essenziale della nostra personalità.
Attraverso il romanzo, le diverse identità dei personaggi ci fanno scoprire la nostra identità. Perciò, se apprezziamo un romanzo è perché esso ci parla di noi.
Ci ha parlato, poi, della BIBLIOTERAPIA, un metodo di terapia, prevalentemente utilizzato in ambito psicoterapeutico, che ricorre alla lettura di libri come terapia per individui con disturbi psichici. Il medico propone dei percorsi di lettura scelti e pensati per il singolo paziente e per il momento che sta vivendo. Oggi questa pratica è diffusa in tutto il mondo, soprattutto nei paesi anglosassoni.
Prima di passare alla lettura del primo racconto, il docente ha sottolineato che non è facile far ridere e che ogni nazione ride a suo modo perché spesso l’umorismo è legato alla cultura del luogo e quello che può far ridere un popolo non fa ridere un altro.
Passa alla lettura di un racconto americano “Natale significa dare” di David Sedaris.
E’ un tipico racconto americano dove si ironizza su certe usanze tipiche della nostra società occidentale, usando l’esagerazione.
L’altro racconto è di Stefano Benni: “Papà va in tv”.
E’ un racconto umoristico che ironizza su noi italiani che siamo succubi della televisione e che diventa l’unica fonte di informazione. Anche in questo racconto si esagera la situazione, ma si sottolineano anche alcune negatività dei programmi televisivi che hanno successo solo grazie all’audience.

Ricordando Olmi…..

Ermanno Olmi, regista tra i più celebrati del nostro cinema, scomparso il 7 maggio 2018, ha lasciato una profonda traccia di sè nel mondo culturale per la sua attenzione verso la natura, i sentimenti genuini, la vita semplice e per il suo stile inimitabile.
Per ricordarlo, l’UTE di Erba intende proporre la rilettura di alcuni suoi film particolarmente significativi:
21 gennaio  La leggenda del santo bevitore  (1988)
28 gennaio  Il segreto del bosco vecchio (1993)
  4 febbraio  Genesi (1994)
11 febbraio  Il mestiere delle armi (2000).
Penso che questa iniziativa possa rappresentare un’ottima occasione per capire meglio la profondità del linguaggio cinematografico di Olmi e per apprezzarne la poetica, sotto la guida sapiente del nostro don Ivano.
Raccomando ad amici e soci UTE di cogliere questa preziosa opportunità.

Saresti nato su quella nave

Duemila anni fa sei nato in una stalla, avvolto solo dall’amore di Maria e Giuseppe, mentre già Erode organizzava la tua cattura…. eri pellegrino e fuggiasco…

Se oggi tu ritornassi a nascere, non credo che sceglieresti altro posto se non la nave dei migranti che vaga nel Mediterraneo in cerca di un porto per sbarcare …..

Molti credono di festeggiare degnamente il Natale facendo grandi pranzi, riempiendo di lucine l’albero, il presepe e ogni angolo della casa, ma non credo che Tu, Bambino di Betlemme, possa essere d’accordo… Natale è spirito di fratellanza e di solidarietà verso gli ultimi… e oggi più che mai gli ultimi sono quelli a cui è negato anche il diritto a fermarsi in un porto e devono continuare a girare a vuoto nel freddo di un mare in tempesta…

 

A Laura….

Mi capita spesso di pensare che durante la nostra vita è come se appendessimo alle pareti della nostra anima le immagini di quelli che hanno arricchito o comunque segnato la nostra vita. Col passare degli anni, diminuisce a poco a poco il numero dei volti nuovi che possiamo aggiungere e contemporaneamente capita sempre più spesso di doverne staccare altri: quelli dei compagni viaggio  che sono arrivati alla meta, che ci hanno  preceduto nella stanza accanto….. Il ricordo di molti di loro si affievolisce a poco a poco, ma per altri ti accorgi che se anche il tempo passa, occupano ancora pienamente il loro spazio nella nostra anima.

Nella mia anima sempre più orfana di persone care, tu, Laura, resti sempre presente. Guardaci da lassù e prega per noi.

 

UTE: Natale 2018 (resoconto di Angela D’Albis)

PRESENTAZIONE, LETTURA E ANALISI de: ”IL NATALE” di Alessandro Manzoni
docente: Don Ivano Colombo

CONCERTO NATALIZIO DEL CORO U.T.E

Alle ore 15.00, il nostro docente Don Ivano Colombo, nella sua riflessione sulla festività del Natale, ha presentato, letto e analizzato l’Inno “Il Natale” di Alessandro Manzoni.
Tra gli Inni Sacri, “Il Natale” occupa il terzo posto, quello centrale. Prima ci sono:” La Risurrezione” e “Il nome di Maria”, poi vengono “La Passione” e “La Pentecoste”.
Ne “Il Natale”, Manzoni affronta il mistero dell’Incarnazione. Lo scrive nel 1813, a poca distanza dalla sua conversione che sente ancora viva e la vuole compartecipare agli altri.
L’intento di Manzoni è anche di parlare alla gente e di presentare “il mistero” dell’Incarnazione.
Il docente ci ha spiegato che la parola “mistero” vuol dire semplicemente “fatto”.
La nascita di Gesù è un “fatto”, qualcosa di realmente accaduto, ma che diventa “mistero” perché non può essere spiegato con parole umane.
Tuttavia, allo scrittore interessa non solo il “fatto” della nascita, ma come, con questa nascita, Dio inizi la sua opera di “Salvezza”.
L’Inno “Il Natale” è costituito da 16 strofe, ciascuna di 7 settenari, versi di 7 sillabe.
La rima è piuttosto libera.
Possiamo dividere l’Inno in due parti di 8 strofe ciascuna (8+8).
La prima parte si può ancora suddividere in due parti di 4 strofe ciascuna (4+4).
La seconda parte, invece, la suddividiamo in 6 + 2 strofe.
Nelle prime 4 strofe della prima parte, Manzoni parla della “salvezza” dell’uomo dal peccato e paragona l’uomo a un masso che, una volta caduto, non può più risollevarsi senza un aiuto.
E’ la condizione dell’uomo peccatore che con le sue sole forze non può rialzarsi. Ha bisogno della Grazia (ultime 4 strofe della prima parte). Questa Grazia non è un intervento gratuito di Dio, ma è una “persona”, cioè Gesù.
Nelle prime 6 strofe della seconda parte, c’è il cuore del messaggio natalizio, perché evocano il “fatto”, andando oltre i temi dottrinali.
E’ la parte più narrativa e più scorrevole.
La chiusura dell’Inno (ultime 2 strofe) è una “ninna nanna”.
Il poeta ammira estasiato il bambino che dorme. Tuttavia, la bellezza della figura del bambino viene sciupata dall’evocazione di tempeste, guerre, che stridono con il suo invito a cullare il bambino e cantargli la ninna nanna.
Don Ivano, nel commentare questo Inno, ha sottolineato anche che in esso c’è forma poetica, ma non ispirazione poetica, perché l’autore sembra imbrigliato nella necessità di essere preciso e adeguato nel proporre la dottrina cristiana (cosa non facile da fare in versi).
Ha anche evidenziato che l’Inno del Manzoni appare molto simile agli Inni scritti da Sant’Ambrogio (che da milanese conosceva bene), nei quali il Santo presenta gli stessi concetti.
La conclusione è che, nonostante tutti i limiti evidenziati, Manzoni è riuscito, con questo Inno, a universalizzare il messaggio cristiano e a estenderlo a tutti coloro che vogliono riconoscersi in esso.

Nella seconda parte del pomeriggio, dalle 16 in poi, c’è stato il tradizionale Concerto di Natale che ha visto protagonisti il nostro Coro U.T.E. (magistralmente diretto dal maestro Alessandra Zapparoli e altrettanto magistralmente accompagnato al pianoforte dal maestro e compositore Maurizio Fasoli) e tre giovanissime e bravissime cantanti soliste.

Il Concerto si è svolto in due parti.
La prima parte è stata più classica ed è stata eseguita dal Coro e dalla solista soprano Silvia Corti.
Questa parte ha spaziato nel repertorio classico natalizio (“Adeste fidelis”, “Alleluia di Mozart”. “Tu scendi dalle stelle”, “La vergine degli Angeli”, “Mille cherubini in coro” e altri) e si è concluso con il bellissimo valzer “Tace il labbro” dalla “Vedova allegra” di Franz Lehar.
La seconda parte, più leggera, ha visto come protagoniste tre giovanissime e bravissime cantanti soliste di musica leggera.
Il loro repertorio ha spaziato da “Memory” a “Jingle bell rock”.
Il concerto è terminato con una canzone tratta dal film di animazione “Anastasia” intitolata:” Quando viene dicembre”, eseguita dal Coro e dalle tre soliste insieme.
Il Concerto è stato un successo! La sala era gremitissima e c’era gente in piedi sia in fondo sia nei corridoi laterali.
Un grazie di cuore al coro, ai maestri Alessandra Zapparoli e Maurizio Fasoli, alle cantanti soliste e agli organizzatori per il dono di questa bellissima esibizione.
Buon Natale a tutti!

Quando si dice. scoprire l’acqua calda….

Grande risalto ha avuto su un autorevole giornale inglese l’intervista a un dirigente scolastico che ha portato nella sua scuola una sorprendente innovazione: non ha diviso le classi in tre sottogruppi come si fa tradizionalmente in tutto il UK (sottogruppi di livello diverso cui sono indirizzati programmi diversi), ma ritiene che sia più valido dal punto di vista pedagogico che i bambini interagiscano tra di loro, di modo che i più veloci siano di stimolo e di aiuto ai compagni più lenti……

Devo dire che al sentire questa notizia mi è venuto un po’ da ridere: qui in questo paese, fa scalpore ciò che da noi è sempre stato fatto per un senso di rispetto verso ogni bambino, per non etichettarlo subito al primo ingresso nella scuola, rendendo poi quasi impossibile il superamento di quella bollatura iniziale.

Sembra che qui valgano principi pedagogici ispirati principalmente alla discriminazione, che del resto caratterizza molti settori della società inglese.