Anniversario.

Il 24 giugno appena trascorso cadeva il 38*anniversario del trasloco nella casa di Erba, dove abito tutt’ora.
Anni prima, un gruppo di persone, prevalentemente impiegati pubblici, aveva costituito una cooperativa al fine di ottenere un contributo dell’istituto “case popolari” per la costruzione di appartamenti. Furono molte le peripezie burocratiche, tanto che alcuni soci, scoraggiati, abbandonarono la cooperativa e fu chiesto a mio marito di entrare a sostituiirne uno. Noi avevamo appena acquistato un’auto nuova e non avevamo i soldi che ci venivano richiesti come quota di partecipazione e non era nemmeno possibile ottenere un prestito bancario. Ci venne in soccorso mia sorella e dopo un paio d’anni e molti sacrifici ecco che la casetta a schiera era pronta ad accoglierci.
Era un giugno freddo e piovoso e, grazie all’enorme baule della nostra auto, facemmo gran parte del trasloco da soli. In quel periodo nonna Grazia era con noi e i nostri tre bambini restavano con lei durante le operazioni di carico e scarico delle cose di casa, ma tutti insieme avevamo poi collaborato alla pulizia dei locali e al riordino di armadi e mobili vari.
Le operazioni proseguirono per alcuni giorni,poi finalmente il 24 giugno 1980 entrammo definitivamente nella casa nuova.
Mi sembrava cosi’ grande e bella!! Ricordo che sul retro, il nostro orto confinava con un bel boschetto di pioppi e betulle (che ora non c’e’ piu’) e al mattino ci svegliavamo al canto di tanti uccellini che abitavano su quegli alberi.
Come ho detto, faceva ancora freddo in quei giorni di fine giugno e i muri trasudavano ancora un po ‘ di umidita’ cosi’ la nonna si lamentava per i suoi dolori e pensava con nostalgia al sole della Sicilia e infatti poco tempo dopo se ne ando’ nella sua bella isola per non fare piu’ ritorno qui al Nord.
Il grande cortile era il regno di tutti i bambini, che lo riempivano ogni giorno coi loro giochi e i loro gridi gioiosi, mentre noi mamme potevamo controllarli dalle finestre. Che bella infanzia hanno vissuto i nostri figli: liberi, ma protetti e al sicuro.

Ora non ci sono piu’ bambini e quel cortile solo raramente e’ attraversato da qualche vicino che con passo lento approfitta di quello spazio per sgranchire le gambe malferme.
Eravamo tutti giovani, allora, ora qualche casa e’ vuota e nelle altre restano degli anziani che quando si incontrano hanno come tema di coversazione i propri acciacchi e le difficolta’ dell’invecchiare…..

Giorni di esami…

esami-di-maturita-seconda-provaOggi tanti ragazzi si stanno cimentando con la prova scritta di italiano, valida per il conseguimento della maturità

Leggendo i giornali e sentendo le interviste ai ragazzi, mi viene da pensare al mio esame, distante ormai più di mezzo secolo.

Ricordo le alzatacce per ripassare con un’amica tutte le discipline (allora erano tutte da portare agli esami) e in particolare ricordo l’angoscia per preparare  filosofia e pedagogia.  Avevamo cambiato tanti professori e praticamente il programma non era stato svolto o, forse, ce l’eravamo presa comoda tutti quanti, vista la figura piuttosto evanescente del professore, e ora i nodi stavano arrivando al pettine, ma, mentre alcuni miei compagni erano andati a lezione da insegnanti privati, io dovevo cavarmela da sola.

Sottoponendomi a un vero tour de force, prendendo appunti e facendo schemi riassuntivi, riuscii a recuperare una buona parte del programma, ma non tutto e contavo sulla buona sorte, che non mi tradì.

Fui invece tradita dall’esame di matematica: era stata per molto tempo la materia più ostica per me, ma negli ultimi due anni delle superiori mi ero riconciliata con questa disciplina e ultimamente avevo sempre ottenuto buoni voti nelle verifiche. Alla prova d’esame invece, che non era affatto difficile, il mio sub-conscio probabilmente ha voluto punirmi e mi ha fatto letteralmente sovvertire il procedimento di soluzione: solo un orale decente e l’indulgenza della commissione esaminatrice mi consentì di conseguire ugualmente la promozione.

 Gli esami non sempre riescono a mettere in luce tutte  le reali potenzialità e i limiti di uno studente, ma servono comunque a misurare le proprie capacità di affrontare gli ostacoli, capacità che poi nella vita verrà messa a dura prova in tante, infinite situazioni.

Ai ragazzi che stanno affrontando questa prova dico il mio più caloroso: “In bocca al lupo!”

Bambini in fuga.

Per provare a restare umani, dovremmo forse ricordare quello che è accaduto in un tempo abbastanza lontano perchè i giovani non lo conoscano, ma abbastanza vicino da essere ricordato ancora con dolore dai meno giovani.

Vale perciò la pena di provare a leggere questo libro che racconta una storia vera e sconosciuta, ma ricca di umanità.

Per non dimenticare…

Grazie all’amica Riccarda (amica virtuale, conosciuta solo su internet, ma preziosa) posso copiare qui l’intervento  della senatrice a vita Liliana Segre. Le sue parole sono certamente le più belle sentite ieri nell’aula di Palazzo Madama.

“ Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi senatori, prendendo la parola per la prima volta in quest’Aula non posso fare a meno di rivolgere innanzitutto un ringraziamento al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale ha deciso di ricordare l’ottantesimo anniversario dell’emanazione delle leggi razziali, razziste, del 1938 facendo una scelta sorprendente: nominando quale senatrice a vita una vecchia signora, una persona tra le pochissime ancora viventi in Italia che porta sul braccio il numero di Auschwitz.

Porta sul braccio il numero di Auschwitz e ha il compito non solo di ricordare, ma anche di dare, in qualche modo, la parola a coloro che ottant’anni orsono non la ebbero; a quelle migliaia di italiani, 40.000 circa, appartenenti alla piccola minoranza ebraica, che subirono l’umiliazione di essere espulsi dalle scuole, dalle professioni, dalla società, quella persecuzione che preparò la shoah italiana del 1943-1945, che purtroppo fu un crimine anche italiano, del fascismo italiano.

Soprattutto, si dovrebbe dare idealmente la parola a quei tanti che, a differenza di me, non sono tornati dai campi di sterminio, che sono stati uccisi per la sola colpa di essere nati, che non hanno tomba, che sono cenere nel vento. Salvarli dall’oblio non significa soltanto onorare un debito storico verso quei nostri concittadini di allora, ma anche aiutare gli italiani di oggi a respingere la tentazione dell’indifferenza verso le ingiustizie e le sofferenze che ci circondano. A non anestetizzare le coscienze, a essere più vigili, più avvertiti della responsabilità che ciascuno ha verso gli altri.

In quei campi di sterminio altre minoranze, oltre agli ebrei, vennero annientate. Tra queste voglio ricordare oggi gli appartenenti alle popolazioni rom e sinti, che inizialmente suscitarono la nostra invidia di prigioniere perché nelle loro baracche le famiglie erano lasciate unite; ma presto all’invidia seguì l’orrore, perché una notte furono portati tutti al gas e il giorno dopo in quelle baracche vuote regnava un silenzio spettrale.

Per questo accolgo con grande convinzione l’appello che mi ha rivolto oggi su «la Repubblica» il professor Melloni. Mi rifiuto di pensare che oggi la nostra civiltà democratica possa essere sporcata da progetti di leggi speciali contro i popoli nomadi. Se dovesse accadere, mi opporrò con tutte le

energie che mi restano.

Mi accingo a svolgere il mandato di senatrice ben conscia della mia totale inesperienza politica e confidando molto nella pazienza che tutti loro vorranno usare nei confronti di un’anziana nonna, come sono io. Tenterò di dare un modesto contributo all’attività parlamentare traendo ispirazione da ciò che ho imparato. Ho conosciuto la condizione di clandestina e di richiedente asilo; ho conosciuto il carcere; ho conosciuto il lavoro operaio, essendo stata manodopera schiava minorile in una fabbrica satellite del campo di sterminio. Non avendo mai avuto appartenenze di partito, svolgerò la mia attività di senatrice senza legami di schieramento politico e rispondendo solo alla mia coscienza.

Una sola obbedienza mi guiderà: la fedeltà ai vitali principi ed ai programmi avanzatissimi – ancora in larga parte inattuati – dettati dalla Costituzione repubblicana. Con questo spirito, ritengo che la scelta più coerente con le motivazioni della mia nomina a senatrice a vita sia quella di optare oggi per un voto di astensione sulla fiducia al Governo.

Valuterò volta per volta le proposte e le scelte del Governo, senza alcun pregiudizio, e mi schiererò pensando all’interesse del popolo italiano e tenendo fede ai valori che mi hanno guidata in tutta la vita.

Liliana Segre, Senato della Repubblica, 5 giugno 2018

Un pomeriggio interculturale.

img_20180604_113343_resized_20180604_113407447Quanta energia gioiosa sprigionava ieri dal coro ghanese che ha animato il pomeriggio in parrocchia!!!  Per 45 minuti o più i giovani africani hanno continuato a cantare e a ballare senza interruzione, comunicando a tutti i presenti la loro voglia di vivere… E più si protraeva il canto, più sembrava aumentare l’intensità del coinvolgimento emotivo.

Non credo che  sia facile  ora per loro vivere qui  e non credo che non abbiano dovuto superare difficoltà  per arrivare da noi, ma tutto questo non impedisce loro di amare la vita e di saperne godere intensamente i momenti di serenità. Dovremmo imparare da loro ….

In seguito,  Vladimir Coroletchi, un attore moldavo facente parte della Compagnia Teatrale “Il Giardino delle Ore”, ha interpretato un monologo, di cui è anche l’autore, col quale ha voluto dire quanto sia arida la nostra vita se cerchiamo solo rapporti superficiali e successo economico.  A un certo punto può capitarci qualche cosa che fa risaltare la vanità di quanto siamo andati perseguendo e che ci induce a riflettere. Il sapore vero della vita sta nel donare e nel donarsi agli altri, per rendere meno infelice chi ci sta vicino e ha bisogno del nostro aiuto.

Molto bravo il giovane Vladimir e molto originali alcune “invenzioni” di scena.

Film: torneranno i prati…

Per concludere l’anno accademico, Don Ivano ha proposto, a sorpresa, la proiezione del film di Ermanno Olmi “torneranno i prati” (tutto scritto minuscolo, come minuscole sono le storie  dei soldati che compaiono nel film).

Racconta, con lo stile poetico e struggente del miglior Olmi, la vita nelle trincee della Grande Guerra. Soldati costretti a vivere sepolti nelle trincee, tormentati dal freddo, dal fango, dai topi, ma ancor di più vittime di capi imbelli, incompetenti, disumani, che considerano i soldati solo come “pezzi” da lanciare in assalti insensati e inutili.  Gli ordini arrivano da lontano, da stanze ben riscaldate e sicure, in cui  i capi studiano a tavolino le loro mosse, senza tenerne in minimo conto la razionalità. …. e disubbidire voleva dire essere fucilati sul posto… Dalle immagini  in bianco e nero del film, emergono le storie minime dei soldati, che anche se considerati come numeri, come pezzi senza valore, conservano intatta la loro umanità. Bellissime le scene iniziali del film, in cui un soldato napoletano in una chiara notte di luna piena  canta  “Tu ca nun chiagne” e la sua voce dilaga nel silenzio, toccando i cuori dei soldati, italiani e austriaci, che gli chiedono di cantare ancora …. E il soldato intona un’altra bellissima canzone piena di nostalgica tristezza “Fenesta ca lucive” , che tutti ascoltano mentre i loro pensieri volano lontano …La guerra insensata continua a mietere vittime innocenti, ma un giorno finirà e torneranno i prati, tornerà la vita anche su quelle montagne, ma proprio quei prati nasconderanno il ricordo di tanti giovani morti e delle loro sofferenze.

E’ uno di quei film  che ti caricano di un’emozione intensa, tanto da farti star male e che proprio per questo risultano indimenticabili.

Poesia: Le lacrime degli avi.

Ho trovato questa poesia di Patrice Lumumba, un uomo che ha amato il suo Congo fino alla morte…p

L’Africa sarà libera…..

Piangi, amato mio fratello negro!
Le tue ceneri furono sparse per la terra dal simun
dall’uragano ..
tu, che non hai mai innalzato piramidi.

Per tutti i tuoi potenti boia,
tu, catturato nelle razzie, tu, battuto
in ogni battaglia in cui trionfa la forza,
tu, che hai imparato in una scuola secolare
un solo slogan: schiavitù o morte,
tu, che ti sei nascosto nelle jungle disperate,
che hai affrontato tacendo migliaia di morti

Si asciughino ai raggi del sole
le lacrime che il tuo avo versò,
tormentato in queste lande luttuose!il nostro popolo, libero e felice,
vivrà e trionferà nel nostro Congo.
Qui, nel cuore della grande Africa!

 

Questa è solo una piccola parte della lunga e accorata poesia che ripercorre la storia tragica dell’Africa…..mi riprometto di provare a tradurre la versione integrale.

Oggi a Palermo.

Avrei voluto essere a Palermo, oggi.

Avrei voluto essere in mezzo a quei 70.000 ragazzi arrivati da ogni parte d’Italia, per dire che la mafia non vincerà, che non durerà per sempre…. per dire che non è stato inutile il sacrificio  di Falcone e di Borsellino perchè il loro nome, dopo 26 anni è più vivo che mai.

Noi, che abbiamo vissuto quei momenti, ricordiamo ancora i brividi di paura che abbiamo provato davanti alle immagini televisive di quei giorni, ricordiamo lo sgomento di fronte a quella dichiarazione di guerra … E’ doveroso però fare in modo che, anche chi non c’era, chi non era ancora nato, sappia ciò che è accaduto’ e continui sulla strada lunga e difficile che porterà all’affermazione della legalità.