Adolescenti e genitori.

Non posso credere che un un figlio arrivi a progettare di uccidere il padre e la madre senza aver dato prima segnali di grave turbamento.

E’ vero che l’adolescenza è l’età più difficile nel corso della vita, è   vero anche che spesso i ragazzi si chiudono a questa età e che diventa arduo capire i loro sentimenti, le loro paure, le loro angosce, ma se le parole diventano inutili, credo che sia sempre possibile “leggere” altri segnali di disagio….i segnali che vengono dal comportamento, dagli atteggiamenti, dalle compagnie frequentate …..E una volta colti questi segnali , possibile che non si possa fare nulla?

Ma forse un genitore sottovaluta il disagio del figlio (o della figlia) perchè lo vede sempre frapponendo fra sé e la persona che gli sta davanti , l’immagine di quel bimbo fragile e dolce che ha tenuto tra le braccia tante volte…..o forse, peggio, i genitori troppo presi dal “tirare avanti la baracca” non riescono a capire la muta richiesta di aiuto che a un certo punto i figli rivolgono loro, magari mascherata da atti di ribellione aperta ….

Quello dei genitori è sempre stato il mestiere più difficile e si sbaglia comunque agli occhi dei propri figli, ma se con umiltà ci si mette in ascolto, qualche errore si può evitare o almeno si può sperare di  rimediare a quelli eventualmente commessi.

L. Armstrong: Il lato soleggiato della strada.

Grab your coat and get your hat, leave your worry at the doorstep
Just direct your feet to the sunny side of the street
Can’t you hear that pitter pat and that happy tune is your step
Life can be so sweet on the sunny side of the street

I used to walk in the shade with those blues on parade
But I’m not afraid ’cause this rover, crossed over

If I never had a cent I’ll be as rich as rockfeller
Gold dust at my feet on the sunny side of the street

With those blues on parade
Because this rover, it crossed over

If I never had a cent I’ll be as loaded as old rockfeller
With that gold dust ’round my feet
On the sunny side of the street
On the side, at that side of the street that is sunny

TRADUZIONE:

Afferra il tuo cappotto e il tuo cappello, lascia le tue preoccupazioni sulla soglia, dirigi i tuoi piedi verso il lato soleggiato della strada. Non senti che quello scalpiccio e quell’allegro motivo è il tuo passo? La vita può essere così dolce sul lato soleggiato della strada. Ero solito camminare nell’ombra con quei momenti bui, ma non ho paura perchè questo vagabondo è passato dall’altra parte (DELLA STRADA). (Anche) Se mai ho avuto un centesimo, sarò ricco come Rockfeller. Polvere d’oro ai miei piedi sul lato soleggiato della strada. Con quei momenti bui , perchè questo vagabondo è passato dall’altra parte. Se non ho mai avuto un centesimo, sarò ricco come il vecchio Rockfeller, con quella polvere d’oro intorno ai miei piedi sul lato soleggiato della strada ….sul lato…a quel lato della strada che è soleggiato…

Letture: Storia della bambina perduta.

“Storia della bambina perduta” è il quarto romanzo della saga “L’amica geniale” di Elena Ferrante.

L’ho letto con piacere perchè il modo di raccontare è sempre accattivante e la storia è piena di colpi di scena;  i personaggi poi sono tanto ben definiti da poterli “vedere” mentre si leggono le loro vicende.

La storia è quasi completamente ambientata in un rione povero di Napoli, in cui la violenza, i soprusi, la droga il malaffare convivono fianco a fianco con tanta gente per bene che cerca di sopravvivere al degrado con dignità e con la gente che invece per necessità o per paura lega le proprie sorti a quelle dei malviventi fingendo di non sapere di cosa si occupino.

Nei quattro volumi si ripercorre la storia d’Italia dagli anni 50 fino ai primi anni duemila : questi sono anche gli anni della mia vita e ripercorrerli insieme alle due protagoniste dei romanzi della Ferrante mi ha riportato alla mente atmosfere ed  eventi  vissuti direttamente o attraverso le cronache dell’epoca. Mi sono sentita rappresentata anch’io nelle pagine del romanzo quando Lenù parla della caduta degli ideali che avevano ispirato la sua giovinezza e quella di tanti suoi amici…… Io pur non avendo mai preso parte alle vicende burrascose del ’68 e degli anni successivi (ero troppo occupata a fare la mamma lavoratrice) però ero cresciuta con l’idea che ognuno dovesse impegnarsi per realizzare un mondo più giusto, più vivibile e con l’ottimismo di chi crede di poter contribuire a rendere migliore la società. Poi però mi sono accorta, soprattutto attraverso i miei figli ormai cresciuti  e i loro amici, che loro erano più disincantati, che il raggio dei loro interessi si era molto accorciato e pensavano più realisticamente o forse più egoisticamente.

Mi ha molto colpito come l’autrice ha  raccontato la sparizione di Tina, la bimba citata nel titolo: credo che si sia ispirata al fatto realmente accaduto della scomparsa  di Angela Celentano  e attraverso il racconto del dolore della madre di Tina ho vissuto da vicino le sofferenze della madre di Angela che abbiamo visto tante volte in televisione.

Scrivere quattro libri sugli stessi personaggi mantenendo sempre vivo  l’interesse del lettore non è impresa da poco , per questo la Ferrante merita tutti gli elogi e i riconoscimenti che le sono stati tributati

Le mondine.

Oggi su Rai3 ho seguito un’interessante trasmissione che parlava degli scioperi delle mondine nei primi anni del novecento.
Mi sono ricordata immediatamente di una vicina di casa di quando ero piccola: era andata in Piemonte a fare la mondina e al suo ritorno aveva le gambe completamente martoriate da piaghe e punture di insetti e raccontava episodi che testimoniavano la vita durissima di quei 40 giorni. Quelle donne stavano immerse nell’acqua sotto il sole, a combattere contro sanguisughe, bisce e zanzare e a sera dovevano accontentarsi di un pagliericcio per dormire: queste condizioni di lavoro le hanno indotte a combattere con estrema determinazione contro lo sfruttamento, ottenendo il riconoscimento di diritti, come le otto ore e la parità di salario con gli uomini, che altre categorie conseguirono solo molto più tardi.

Molto eloquente è la testimonianza che ho trovato in questo sito e che riporto qui di seguito:

Lei era una locale, una mondina del posto, nelle risaie ci è andata appena terminata la quinta elementare e ha continuato fino all’avvento dei diserbanti. Racconta «Avevo dieci anni, mi presero per portare le botticelle d’acqua alle ragazze che lavoravano, poi ho cominciato anch’io a mondare. Facevo un’ora in meno, perché davo una mano a pelare le patate e a pulire le verdure in cucina». I ricordi di Rosa sono ricordi di sanguisughe che si attaccavano alle gambe, di bisce d’acqua repellenti, di insetti che mordevano provocando un bruciore fortissimo. Le sue parole somigliano al copione di un film «Le forestiere, come le chiamavano tutti, scendevano dai treni che arrivavano soprattutto dall’Emilia, poi salivano sui carri per andare alle cascine. Lì firmavano il contratto e ricevevano un cappello per il sole e il chinino contro la malaria. A noi locali bastava un’ora di bicicletta ed eravamo sul posto di lavoro». Quanto guadagnava una mondina? Rosa scuote la testa e si lascia andare a un sospiro eloquente «Cinque lire e un chilo di riso per dieci ore (negli anni ’50, ndr). La fatica era tanta, ma c’era anche tanta allegria. Nei quaranta giorni si vedevano centinaia di donne piegate sulle piantine con i cappelli in testa. Lavoravano e cantavano in coro. Durante la sosta del pranzo le forestiere raccontavano pettegolezzi e fatti divertenti sui loro paesi. Venivano in risaia per guadagnare soldi e per starsene un po’ lontane da casa». Cosa si mangiava a pranzo e a cena ? «Riso, riso, riso. Pasta la domenica, ogni tanto la frutta raccolta sugli alberi. Il brodo fatto con le ossa del maiale, che ricordava il sapore della carne, era un lusso. La sera, chi non andava a dormire correva a ballare. C’era sempre una fisarmonica che suonava, e ai ragazzi del posto le mondine piacevano molto. Li vedevi passare tra le risaie in bicicletta e in lambretta, guardavano le forestiere, ci parlavano, davano appuntamento. Molte si sono sposate e sono rimaste qui».

La Sagra di Carpi.

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Questa è la chiesa di S. Maria del Castello, detta La Sagra, la più antica chiesa di Carpi.
E’ qui che mi sono sposata 47 anni fa in una mattina di grande freddo come oggi, ma allora c’era la neve.
Risale all’ ottavo secolo dopo Cristo ed è stata poi ricostruita nel corso del XII secolo. L’ interno è in perfetto stile romanico, mentre la facciata è di tipo rinascimentale. Essa sorge accanto a una imponente torre alta oltre 49 m. e poco distante sorge il Castello dei Pio , che domina la bella piazza antistante.

Da molto tempo non vedo questa chiesa , ma dovrò visitarla di nuovo a breve, appena mi sarà possibile.

Lo chiamavano Celeste.

Ve lo ricordate? Arrivava davanti alle telecamere sempre con quel  sorrisetto tipico di chi è abituato a credersi superiore a chiunque gli stia di fronte e poi cominciava a parlare con quella sua erre moscia che faceva tanto “fine” e pareva poter insegnare moralità pubblica e privata al mondo intero…

Ora sappiamo invece che non era altro che un corrotto della peggiore specie, perchè pur consapevole delle proprie miserie, voleva convincerci di essere al di sopra di ogni sospetto… e si proclamava cattolico!!!! E’ stato condannato a 6 anni di galera e alla confisca di una fortuna , ma bisognerebbe, se fosse possibile, chiedergli un risarcimento anche per il danno all’immagine della cattolicità….

Poesia: La nebbia (Rodari)

nebbiaTelefonando in Emilia ho sentito che là da giorni incombe una cappa di nebbia impenetrabile.

Me li ricordo bene i nebbioni della bassa, quando devi guidare con la testa fuori dal finestrino dell’auto per vedere la striscia bianca di mezzeria e quando non riesci a trovare la strada che ti porta a casa….La nebbia, come la neve, è bella solo se puoi godertela stando in casa  al calduccio con un buon libro o con un buon film in TV e in buona compagnia.

Rodari ha scritto una poesia sulla nebbia, ma lo ha fatto a modo suo: con il sorriso della speranza…

Oggi la nebbia vuole
farmi scordare il sole.
Mi soffia attorno neri,
disperati pensieri,
ad ogni foglia che cada
piangendo sulla strada.
Ma il sole è ancora là
Un giorno vincerà
con la spada d’un raggio…
Per ridarci coraggio
!

 (G. Rodari)

Non dimentichiamolo mai: sopra la nebbia il sole continua a splendere….

Magico “Un bel dì…”

madama-butterfly-teatro-alla-scala-di-milano_1023169Ieri sera ho fatto in tempo a vedere buona parte della “Madama Butterfly” trasmessa in diretta da RAI1.

Ho acceso sia il televisore del soggiorno sia quello in cucina per avere una specie di effetto stereofonico e mi sono goduta lo spettacolo fino alla fine. Gli applausi finali sono stati tagliati per dare spazio ai programmi della serata, ma i giornali dicono che quelli per la protagonista siano durati 14 minuti e ci posso credere: è stata bravissima sia come interpretazione vocale sia come attrice.

Non nascondo che alla fine del brano “Un bel dì vedremo” avevo le lacrime agli occhi : la musica struggente, le parole del testo, la loro interpretazione  rendevano così bene la tragedia di una donna che non vuole credere di essere stata ingannata e che continua a illudersi anche contro l’ evidenza …..

Mi è sembrato tutto molto bello anche attraverso un minuscolo schermo televisivo e posso solo immaginare l’incanto di potersi godere lo spettacolo dal vivo nella cornice magica del teatro alla Scala.

Ogni tanto la RAI ci fa qualche regalo che giustifica il pagamento del canone.

Chi volesse riascoltare il brano operistico , ecco qui una mirabile interpretazione di Maria Callas…segue il testo.

Un bel dì, vedremo
levarsi un fil di fumo
dall’estremo confin del mare. E poi la nave
appare. Poi la nave bianca
entra nel porto, romba il
suo saluto. Vedi? È venuto!
Io non gli scendo incontro.
Io no. Mi metto là sul ciglio del
colle e aspetto, e aspetto gran tempo
e non mi pesa, la lunga attesa.
E uscito dalla folla cittadina
un uomo, un picciol punto
s’avvia per la collina.
Chi sarà? chi sarà?
E come sarà giunto
che dirà? che dirà? Chiamerà
Butterfly dalla lontana.
Io senza dar risposta
me ne starò nascosta un po’ per celia…
e un po’ per non morire
al primo incontro,
ed egli alquanto in pena chiamerà, chiamerà:
piccina mogliettina olezzo di verbena,
i nomi che mi dava
al suo venire
Tutto questo avverrà, te lo prometto.
Tienti la tua paura,
io con sicura fede l’aspetto.