Halloween all’ italiana…

Nonno Pippo raccontava: in  Sicilia, erano i morti a portare i doni ai bambini. La mia mamma i giorni precedenti il 2 Novembre, continuava a ricordarmi di fare il bravo altrimenti i morti non mi avrebbero portato nessun regalo e la sera del 1° Novembre poi mi raccomandava di dormire presto e di non svegliarmi, perchè se i morti venuti a portare i doni mi avessero trovato sveglio mi avrebbero portato con sè nel loro regno freddo e buioi.Io perciò ero combattuto tra  ansia di ricevere i doni (e a quei tempi non c’ erano tante altre occasioni per averne) e  terrore .

Uno dei primi regali che ricordo era un bel carrettino di legno, che mi piacque molto e ci giocai felice; ma dopo un po’ di ore non lo trovai più e mia madre mi disse che i morti erano venuti a riprenderselo. Ci rimasi molto male.

L’ anno seguente per la festa dei morti ecco ricomparire il fantomatico carrettino che puntualmente scomparve prima di sera …..La storia si è ripetuta per parecchi anni .

Sarà per questo che non mi è mai piaciuto visitare i cimiteri?

Una vecchia foto.

Ho rivisto una foto di tanti anni fa.

Ci sono i miei tre figli. allora piccoli, in un cortile piuttosto squallido, dove la speculazione edilizia non aveva lasciato spazio neanche per un filo d’ erba.
Paolo appare come un tenero orsacchiotto biondo, dalle guanciotte paffute; Giovanna,  coi capelli a caschetto e la frangetta, ha la solita aria scanzonata in un viso dolcissimo  e Grazia ha un sorriso appena accennato e un atteggiamento quasi materno verso Paolo, mentre i soliti riccioli ribelli le ricoprono la fronte.

Le giornate allora non erano mai abbastanza lunghe, tante erano le cose da fare. Ricordo che mi affacciavo dal balcone per controllare che fossero ancora lì tutti e tre coi loro amichetti e subito riprendevo il lavoro. Non erano momenti facili, ma li avevo tutti vicini e sapevo che avrei fatto qualunque cosa per essere loro d’ aiuto in caso ne avessero avuto bisogno.
Ora ho tanto tempo, ma loro sono lontani  e l’unico aiuto che posso dare è una parola detta al telefono e una visita di tanto in tanto…

28 ottobre 1970

E` ancora notte fuori, quando mi sveglio con brividi violenti che mi scuotono tutta. La febbre sale vertiginosamente … “Oh, no” – mi vien da pensare subito – ci risiamo!!”

Poi subito mi rendo conto che non sara` come le due volte precedenti , perche` mancano solo una decina di giorni al termine della gravidanza. Sveglio mio marito e in fretta prendiamo la valigia gia` pronta da qualche giorno e andiamo all`ospedale che dista poche centinaia di metri.

Segue ricovero immediato …. poi verso mattina  …vengo portata in sala travaglio, dove dopo alcune violente contrazioni vengo presa da una specie di strana sonnolenza. Mi riprendo quando l`ostetrica di turno mi invita a passare in sala parto e li` mi accorgo che qualche cosa sta preoccupando chi mi assiste ….pochi minuti dopo due braccia robuste mi schiacciano come fossi un tubetto di dentifricio ed ecco che si sentono i primi vagiti. E` nata! E` una femmina! Pesa quasi 4 chili! Era quello che avevo desiderato, una femminuccia!  Ero diventata mamma!

(Le donne fanno meno fatica ad accettare i misteri della fede, perche` sperimentano dentro di se` il miracolo e il mistero della vita, cosi` almeno e` per me…).

E` successo proprio 43 anni fa: era nata mia figlia Grazia . Oggi le ho preparato una tortina celiaca del tutto sperimentale, sia per gli  ingredienti, sia per gli attrezzi di fortuna usati. Quando Samuele verra` a casa da scuola, prepareremo insieme un`atmosfera di festa per augurarle:

BUON COMPLEANNO!!!  

Storia di una monaca….(prima parte)

Sto imparando a manipolare le vecchie foto al computer ed eccomi a tentare il primo esperimento con alcune vecchie immagini che ricordano momenti significativi della vita di mia sorella Vanna, che oggi ha compiuto 53 anni di vita monastica.

Eccola, diciassettenne , alcuni giorni prima della sua entrata in convento e poi nel giorno della sua vestizione insieme a me e a mia sorella Ilva.

 

2 Agosto 1980: strage di Bologna – Io c’ ero…

Ripubblico questa testimonianza toccante, per i lettori di recente acquisizione ; Vincenzo racconta….

Ero allo Stadio per lavoro,quando ho sentito quel botto così forte che mai avrei pensato  venisse dalla stazione, che sta a qualche Km da dove mi trovavo.
Di quel che successe dopo, ricordo l’ urlo delle sirene ,le strade bloccate, il traffico in tilt.

Quando arrivai in sede, già altri erano andati sul posto per i vari TG.
Sul luogo del disastro fui presente solo dal pomeriggio .
Le ambulanze non bastavano e gli AUTOBUS allora vennero utilizzati per il trasporto delle vittime e dei feriti. Sul posto tante macerie ,un formicaio di persone indaffaratissime a scavare e a trasportare corpi straziati. C’ era tanta polvere e un gran vociare. sotto il sole che scottava.

I sentimenti di tutti erano angoscia e incredulità per la dimensione della tragedia.
(racconto di mio fratello Vincenzo, che quel giorno era in servizio alla RAI di Bologna)

Dopo oltre trent’ anni tutto questo resta confinato in qualche cerimonia di commemorazione , come congelato dentro una vetrina da cui non possono uscire il dolore e la rabbia di chi quei fatti li ha sentitti sulla propria pelle e che ancora non ha avuto risposta ai suoi tanti “perché”.

Sarebbe il tuo compleanno….

Canarini: erano la tua passione. Ne avevi moltissimi nelle gabbie e li curavi per molte ore ogni giorno. Eri diventato un vero esperto , tanto da vincere dei premi nei concorsi indetti da associazioni varie e molti ricorrevano ai tuoi consigli .

Ricordo quando, armato di stuzzicadenti, imboccavi i piccoli appena nati, se la loro mamma , cresciuta in gabbia, non era in grado di occuparsene. Riuscivi a salvarli : da esserini poco più grandi di un bruco, diventavano via via graziosissimi uccellini canterini. E tu spesso restavi lì seduto ad ascoltare quei canti .

Oggi sarebbe il tuo compleanno, se fossi ancora qui. La mia preghiera possa raggiungerti e farti sentire ancora il mio affetto.  Ciao, papà!

24 giugno : la “guassa” di S. Giovanni

Riti solstiziali per la notte di S. Giovanni

Il 24 giugno, festa di S. Giovanni, ha sempre avuto un ‘ importanza particolare. Ricordo che, quando ero piccola, essendo quelli i primi giorni di vacanza, potevamo solitamente indugiare a letto un po’ di più, ma la mattina di S. Giovanni invece ci alzavamo di buon’ ora: non dovevamo perdere la “guazza di S. Giovanni”.

Fatta colazione, andavamo “sota ai pom” (un lungo prato che si estendeva sotto un  filare di meli) e lì dovevamo chinarci a bagnare le mani nella rugiada caduta sull’ erba durante la notte. La raccomandazione delle nostre mamme era quella di bagnarci bene il viso e soprattutto gli occhi e la fronte: quella rugiada doveva proteggere i nostri occhi e la nostra testa dalle malattie per tutto l’ anno successivo.

Nel link citato sopra si possono trovare molte altre usanze e tradizioni popolari di varie parti del mondo legate a questa ricorrenza .

Buon onomastico a tutti i Giovanni e alle Giovanna!

 

Profumo di caprifoglio.

Oggi ,

passeggiando qui attorno con Davide, ho raccolto un rametto di caprifoglio da un cespuglio che cresce ai lati della strada. E’ stato il suo profumo intenso e gradevole a farmi accorgere della sua presenza.  I fiori sono poi particolarmente elaborati.

Mi fanno ricordare una siepe che rivestiva la recinzione di un giardino in via Villabianca : era il giardino della “siora    Savina” e quando le sere di maggio si andava al rosario nella sua cappellina , il profumo di quel caprifoglio si spandeva per l’ aria insieme ai canti delle donne alla fine della preghiera.