Bambini al tempo del covid.

Sì, i bambini al tempo di covid. In questo articolo viene evidenziata la sofferenza di tanti bambini strappati violentemente alle loro abitudini, ai loro compagni, alle loro maestre e costretti a vivere in un ambiente domestico segnato dai rapporti violenti degli adulti e con gli adulti.

Ma anche nelle situazioni più ideali i bambini ricorderanno questi giorni come momenti difficili.

Se in un primo tempo hanno forse vissuto la novità del lockdown come una vacanza insperata, se le prime lezioni on line sono state accettate come una divertente novità, con l’andare del tempo hanno sentito tutto il peso dell’isolamento, la fatica dell’uso della tecnologia non sempre efficiente, la mancanza di giochi all’aperto con gli amici.

Ho visto tutto questo anche nei miei nipoti (cinque): la maggiore si sente defraudata per non poter festeggiare, come aveva progettato, il suo diciottesimo compleanno e non vede l’ora che da lunedì prossimo sia possibile rincontrare gli amici. Davide e Samuele (13 e 12 anni) sentono la fatica delle lezioni on line, di computer non al massimo dell’efficienza, di dover limitare i propri rapporti alla cerchia di famiglia, di non avere a disposizione spazi verdi , e sono spesso irrequieti e insoddisfatti. I due più fortunati sono Giovanni e Gioele (6 e 3 anni) che hanno papà e mamma che possono lavorare da casa in orari flessibili, i nonni materni  a un tiro di cerbottana, un grande spazio verde dove andare in bicicletta, giocare a fare i giardinieri, correre liberamente. Tuttavia ogni tanto manifestano il desiderio di incontrare i compagni di scuola materna e le maestre.

Chissà che idea si è fatto Gioele del coronavirus, forse gli attribuisce le bambini e coronavirussembianze e le caratteristiche dell’immancabile “cattivo” presente nei cartoni animati, perchè tutto serio serio ha detto alla mamma:- Io sono coraggioso del coronavirus !-

Quando i papaveri facevano ” plop”….

papaveri e grano

Una volta i papaveri facevano bella mostra di sè soprattutto tra le spighe del grano maturo , ora invece si vedono solo ai bordi dei campi o delle strade (colpa dei diserbanti?).

Ricordo quando bastava un fiore di papavero per inventare dei giochi che ci occupavano per lunghi momenti sereni: seduti all’ombra di un albero, staccavamo i grandi petali rossi di un papavero ; chiudevamo leggermente a pugno la mano sinistra e appoggiavamo un petalo là dove tra pollice e indice restava uno spazio vuoto circolare. A questo punto con la mano destra aperta battevamo forte sul petalo: l’aria compressa violentemente lacerava il petalo producendo uno schiocco sonoro: PLOP!!!. Il petalo lasciava le nostre mani macchiate di rosso scuro.

Anche il calice, così irto di piccole protuberanze appuntite, ci forniva l’occasione , premendolo forte sulla pelle, per eseguire labili tatuaggi. Tra noi bambini si faceva a gara per vedere chi riusciva a fare lo schiocco più “robusto” e a fare i tatuaggi più complessi.

Ora nessuno ricorda più quei giochi e i bambini sono sempre in cerca di giocattoli sempre più assurdi e costosi da usare per un attimo per poi dimenticarli.

 

Sorellitudine.

diana-ilva-e-vannaCome eravamo giovani!!!

Quando si è giovani, ognuno di noi è sempre “troppo perso dentro ai fatti suoi”, come dice Vasco Rossi.

Gli avvenimenti ti assorbono, il lavoro ti succhia tempo ed energie e può accadere che si trascurino anche gli affetti più cari.  A mano a mano però ,col passare del tempo, quando le cose riacquistano il loro giusto posto nella gerarchia dei valori, allora ci si riscopre vicine anche se lontane geograficamente.  E così ci si sente più sorelle che mai. Ilva e Vanna, grazie di esserci.

Gerarchia di valori.

In una pausa tra un test e l’altro in preparazione del prossimo esame, Samuele sta giocando alla Play-Station con un suo compagno di classe.  Natale è passato da poco e l’amico gli chiede quali regali abbia ricevuto; Samuele gli risponde che non ha ancora ricevuto regali, visto che i giorni di Natale eravamo occupati con radiografie e ingessature per rimediare alle conseguenze della mia caduta.

L’amico incredulo ribatte che non è possibile un natale senza regali, ma Samuele risponde:- La mia mamma ha dovuto occuparsi della famiglia e non ha avuto tempo per i regali: la famiglia viene prima dei regali.

Un Natale da ricordare.

Un ben triste Natale si sta prospettando: tre giorni fa scendendo dalle scale, ho messo male un piede e sono caduta rovinosamente fratturandomi la caviglia. Subito fatto il 999, un’ambulanza è venuta a prendermi e due bravi infermieri mi hanno prestato le prime cure. Al Pronto Soccorso di Lewisham ci hanno fatto aspettare un po’: anche qui il personale chiede ferie per Natale,  non lo sappiamo? E perchè dobbiamo cadere proprio nelle feste di Natale? Erano ormai passate tre buone ore prima che arrivasse l’ortopedico. Prima tutti dicevano: – E’ una brutta frattura, bisogna operare subito o al massimo domattina.!- L’ortopedico invece ha subito deciso che c’era gonfiore e che si doveva aspettare prima di operare, quindi ha provveduto ad anestetizzarmi il piede e alla composizione delle fratture; sono serviti tre radiografie e due gessi prima di trovare la quadra.

Poi la cosa più difficile è stato trovare un posto letto  e un portantino per portarmi in reparto….. mi sono trovata così in  geriatria in compagnia di tre anziane signore dalla vita notturna  turbolenta: chi piangeva, chi parlava a immaginari interlocutori.

La prima notte, una signora si lamentava e chiamava aiuto, ma non riusciva a suonare il campanello e quindi l’ho fatto io. Da allora la signora anziana dall’aria distinta, al mattino, quando si poteva sedere sulla poltrona, mi faceva un gesto di saluto e si è dispiaciuta vedendomi andare via.

Quando venivano a prendere le prenotazioni per i pasti, come al solito non capivo  che qualche parola qua e là e quindi ripetevo quella che mi era sembrata più comprensibile, ma alla fine credo che non ci siamo intesi bene, perchè ne sono usciti dei pasti veramente insoliti.

Ora sono a casa di mia figlia a Greenwich e il mio rammarico più grande è quello di aver dovuto mutare il mio ruolo: son venuta per aiutare e ho invece bisogno di aiuto. Ringrazio mia figlia, che con tutto quello che ha da fare, mi ricopre di attenzioni e di premure.

S. Lucia.

Oggi è S. Lucia e qui, in questa parte di Emilia dove mi trovo, molti bambini stamattina avranno trovato i doni sotto l’albero.  Non ho trovato spiegazioni per il fatto che sia proprio questa santa a portare i doni  e non è vero che la notte di S. Lucia sia la notte più lunga che ci sia (forse lo è per i bambini che aspettano i regali), infatti il solstizio d’inverno si avrà solo fra qualche giorno. Forse la spiegazione di tutto è in quel nome “Lucia”, derivante chiaramente da “lux” (luce) che la fa invocare nel periodo più buio dell’anno per  impetrare  il ritorno della luce.

Nei miei ricordi di bambina mi rivedo svegliarmi quando era ancora buio a cercare in fondo al letto il piccolo tesoro lasciato lì durante quella notte magica: qualche caramella, qualche cioccolatino, l’immancabile mandarino, un libro o un giocattolo, un pupazzetto di zucchero …. Fuori a volte nevicava, ma non mi sognavo certo di non andare a scuola, naturalmente a piedi come sempre: avrei potuto raccontare anch’io alla maestra quanto ero stata fortunata!

La magia però veniva presto smascherata e con la magia finivano anche i regali …..

Ritornando alla storia di Lucia, si sa che era una fanciulla di buona famiglia di Siracusa e che fu denunciata come cristiana da un suo pretendente respinto durante le persecuzioni di Diocleziano. Fu condannata al rogo, ma il fuoco non la uccise e fu quindi decapitata.

Ora è venerata, oltre che nella sua città natale, di cui è patrona, anche in molti paesi del Nord-Europa, dove la luce in questa stagione è un bene raro…

 

Povero Angelo!!

angelo-custodeGioele è rimasto al nido fino alle quattro del pomeriggio per la prima volta e quando ha visto la mamma si è commosso e gli sono venuti i lacrimoni. Giovanni era già uscito con la zia ed è salito in macchina tutto contento.

Una volta a casa, Gioele ha continuato per un po’ la sua protesta per quella lunga giornata fuori casa, poi si è messo a giocare di nuovo sereno come sempre.

Giovanni invece era affamato e si è messo a fare merenda con le pesche sciroppate che gli piacciono tanto e con i Ringo. Gli ho chiesto :

  • -Che cosa avete fatto a scuola? –
  • -La maestra ha parlato dell’Angelo Custode.-
  • – E dov’ è il tuo Angelo? –
  • – E’ qui – risponde Giovanni toccandosi con un dito la punta della spalla destra; facendo quel gesto sente il freddo della cerniera della sua felpa aperta e allora aggiunge: – Mi sa che questa cerniera lo sta pungendo…!!!

Sulla spiaggia.

vucumpraCirca trent’anni fa, quando i nostri figli erano piccoli,  andavamo in campeggio: era impensabile fare le vacanze in albergo  o affittare un appartemento per cinque.  E, sempre per ragioni economiche, andavamo  sulla Costa Azzurra, dove i campeggi erano meno costosi di quelli italiani.

Eravamo sulle spiagge di Saint Raphael, spiagge libere, ma ben attrezzate con docce e servizi igienici gratuiti.  Anche allora  le spiagge erano percorse da venditori ambulanti, ma, mentre sulle spiagge italiane i vu’ cumpra’ erano ancora nostrani, in Costa Azzurra c’erano molti venditori di colore.

Ricordo con quali maniere sgarbate i francesi trattavano quei giovani africani (certo provenienti dalle loro ex-colonie) e ricordo anche come tutti in famiglia restavamo  sorpresi e amareggiati da quelle swcene incresciose….. E fu proprio per reazione che invitammo un giovane senegalese a mostrarci la sua merce e facemmo acquisti: qualche braccialetto, una cintura….  e scattammo una foto in sua compagnia.

Ci sorprendeva l’atteggiamento razzista dei bagnanti francesi e ora non mi so arrendere all’idea che oggi possano succedere cose così.