In questi giorni ho letto per la prima volta (e un po’ mi vergogno di non averlo fatto prima) il romanzo di Grazia Deledda “Canne al vento”. Una videoconferenza sulla resilienza che ci viene richiesta dalla pandemia, mi ha fatto venire in mente che non potevo più ignorare questo libro, scritto dall’unica donna italiana che abbia ricevuto un premio Nobel per la letteratura.
Conoscevo già la storia di Efix, il servo fedele, e delle sue padrone grazie a uno sceneggiato televisivo del 1958 (avevo 12 anni!!!). La trama è presto detta: Ruth, Ester e Noemi sono tre sorelle, ultime di una famiglia un tempo ricca e potente, che vivono tra gli stenti, sorrette soltanto dal loro fedelissimo servo, che le sostenta coltivando l’ultimo podere rimasto alla famiglia. Efix si dedica con tanta abnegazione alle sue padrone per espiare una colpa segreta: è stato lui a provocare accidentalmente la morte del padre delle tre donne il giorno in cui Lia, una loro sorella, è fuggita dal paese per cercare una vita diversa da quella cui era costretta.
Un giorno arriva una lettera: Giacinto, figlio di Lia, sta arrivando al paese e chiede ospitalità alle zie. E’ un ragazzo bello e affascinante, reduce da vicende burrascose; le donne del paese se lo mangiano con gli occhi e lui, per fare bella figura, prende soldi a prestito dall’usuraia falsificando la firma di una zia e di don Predu, il ricco cugino che vorrebbe sposare Noemi.
Quando l’usuraia pretende la restituzione del suo denaro, Giacinto rischia di finire in prigione e fugge a Nuoro, lasciando nella disperazione le zie, costrette a vendere l’ultimo pezzo di terra, Grixenda, la fidanzata e Efix che sentendosi responsabile per non averlo sorvegliato, lo va a cercare e per espiare finalmente tutti i suoi sensi di colpa che lo divorano si mette a mendicare. Poi, sentendosi ormai vicino alla fine, ritorna al paese dalle sue padrone, che non ha mai dimenticato. Di lì a poco morirà, contento di sapere che Giacinto si è messo sulla buona strada, lavora e sta per sposare Grixenda e che anche Noemi finalmente accetta di sposare il ricco cugino.
La Deledda ha descritto con grande maestria tutto un mondo che ormai è scomparso, dove realtà, superstizione, sentimento religioso, tradizioni, leggende, sogni si mescolano in continuazione. Sono inoltre bellissime le sue descrizioni del paesaggio sardo.
Mentre leggevo, immaginavo Efix con le sembianze di Carlo D’Angelo, Giacinto con quelle di Franco Interlenghi e Cosetta Greco nei panni di Noemi. Erano attori che venivano dalle vecchie scuole di recitazione in cui si imparava a declamare ogni battuta con una pronuncia perfetta.
Ora dicono che non sia più richiesto lo studio della dizione e gli attori, che possono contare sull’apporto dei microfoni , spesso sussurrano le loro battute complicando la vita a chi come me non ha più orecchie nuove di zecca.
Ho richiesto il libro alla biblioteca comunale di Erba che in questo periodo assicura la consegna dei libri a domicilio: un servizio prezioso!!