Ute: Kafka: Il castello – Il Giubileo

Il prof. Porro ha ripreso oggi il tema delle opere di Kafka. Prima di tutto ha richiamato i tratti essenziali della sua biografia, indispensabili per comprendere le tematiche del grande scrittore boemo. Non si possono infatti capire opere come “La Metamorfosi” senza conoscere i suoi rapporti difficili con la famiglia e , soprattutto, col padre.

Kafka comincia a scrivere i primi racconti già a 20 anni, ma la sua attività letteraria si intensifica nel 1912, quando conosce Felice Bauer, giovane prussiana di cui si innamora. E’ infatti di quell’anno, oltre ad altri racconti e a un nutrito epistolario, uno dei suoi scritti più celebri “La Metamorfosi” già citata, che ha come tema conduttore la rinuncia alle responsabilità di una vita a cui il protagonista non riesce a dare un senso.

Molto conosciuta è anche la “Lettera al padre” in cui affiora tutto il peso di un padre opprimente, che sa instillare solo sensi di colpa e nessuna autostima, imponendo leggi che non rispetta ed esprimendo solo giudizi negativi in ogni situazione.

Nel 1914 Kafka si fidanza con Felice, ma lo scoppio della guerra fa rinviare le nozze. Nello stesso anno comincia a scrivere il suo romanzo più conosciuto “Il Processo”, storia di Joseph, che una brutta mattina viene arrestato; sottoposto a un lungo processo, non sa come difendersi, perché nessuno gli chiarisce di cosa sia accusato e verrà poi condannato a morte.

Un altro racconto enigmatico è “Durante la costruzione della muraglia cinese” una raccolta di racconti postuma, che prende il nome da uno dei racconti ivi contenuti, che ha come tema l’incomunicabilità tra i singoli individui con l’imperatore, che rappresenta la divinità: la vita è assurda e non ha certezze.

E’ del 1922 l’ultimo dei suoi romanzi” Il Castello” rimasto incompiuto. E’ una storia spesso oscura e a volte surreale, centrata sui temi della burocrazia, della legge come ordine globale, e quindi dell’alienazione e della frustrazione continua dell’uomo; esso tenta di integrarsi in un sistema, che lo invita, ma contemporaneamente lo allontana, emarginandolo.

Kafka muore nel 1924 di tubercolosi (a soli 40 anni)

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IL GIUBILEO (don Ivano Colombo): Il giubileo trae origine dalla Bibbia: ogni 50 anni bisognava far riposare i terreni, liberare gli schiavi e condonare i debiti; c’è chi dice che non sia mai stato attuato.

In epoca cristiana esso risale all’anno 1300. Nel XIII secolo infatti la gente aveva atteso la fine del mondo per l’anno 1233 (1200 anni dalla morte di Cristo), poi anche nel 1260 si era diffusa questa credenza con riferimento a un passo dell’Apocalisse. Visto che non si era verificato il tanto temuto evento nelle date sopracitate, la gente si convinse che la fine del mondo doveva per forza accadere nel 1300, perciò la notte di Natale del 1299 i fedeli di Roma e dintorni si recarono alla sede del Pontefice per chiedere a furor di popolo un’indulgenza plenaria, che consentisse di accedere al Paradiso senza dover sottostare alle pene del Purgatorio.

Fu nel febbraio del 1300 che Papa Bonifacio VIII indisse il primo anno giubilare in cui, recandosi in pellegrinaggio alla basilica di S. Pietro (non quella attuale) e compiendo alcune pratiche di pietà si poteva ottenere l’indulgenza plenaria, che cancella tutte le pene connesse ai peccati già perdonati con la confessione. In seguito furono dichiarate basiliche giubilari anche S. Paolo fuori le mura, S. Giovanni in Laterano e S. Maria Maggiore. Il giubileo doveva inizialmente essere celebrato ogni 100 anni, poi ridotti a 50 e infine a 25 per consentire a ogni generazione di poterne usufruire.

Il grande afflusso di pellegrini (i Romei) dà origine alle vie (come la Francigena) che conducono alla città di Roma; lungo tali vie sorgono poi i punti di sosta in cui i pellegrini potevano rifocillarsi e riposare.

La trama

UTE: Come far fronte a stress ed ansia nella terza età. (Todaro)

Ieri tutti i soci UTE hanno salutato con grande affetto e gioia il ritorno della Dr.ssa Lucia Todaro, dopo la sua forzata pausa. Con rinnovato entusiasmo, la nostra docente ci ha parlato di un tema che interessa tutte le età della vita: come controllare l’ansia e lo stress, che hanno alcuni sintomi in comune, ma sono stati emotivi diversi, che, se non controllati, possono sfociare in forme patologiche.

Cosa si intende per STRESS: è una risposta psicologica e fisiologica verso eventi ESTERNI valutati come eccessivi o pericolosi (la stessa situazione può essere vissuta in modo diverso da persone diverse).

Le fasi dello stress vanno dall’allarme, alla resistenza, all’esaurimento, caratterizzato quest’ultimo da stanchezza, apatia, tristezza… Lo stress ci rende irritabili, può produrre ipoglicemia, difficoltà di concentrazione, dolori articolari, problemi digestivi, può influire sul sistema immunitario e portare ansia, insonnia, inappetenza (o bulimia) e diminuzione del desiderio sessuale ( o un abnorme aumento). Spesso chi è stressato ricorre a fumo, alcol, farmaci, che tuttavia danno risposte immediate, ma di breve durata. Si dovrebbe invece ricorrere a risposte diverse come: almeno 6 minuti di lettura per distogliere la mente dalla causa dello stress, mezz’ora di camminata, una doccia rilassante, ascoltare musica, ridere.

Cosa si intende per ANSIA: risposta fisiologica a situazioni di pericolo reale o valutate come tali, una sorta di sistema di allarme, che nasce da stimoli INTERNI, da una interpretazione personale delle cose. L’ansia anticipa problemi che potrebbero insorgere e li fa vivere come se fossero presenti. Il farmaco dà sollievo immediato, come già detto, ma è spesso seguito da un senso di vulnerabilità.

I sintomi sono diversi: si è portati a rimuginare, sono presenti accessi di sudorazione, problemi digestivi, attacchi di panico, bisogno di rassicurazione, movimenti ripetitivi, difficoltà respiratoria , insonnia, tendenza a rinviare impegni e decisioni, tachicardia, scarsa concentrazione.

Rimedi: attuare una corretta respirazione ventrale, parlare con qualcuno o anche fra sè e sé delle nostre preoccupazioni, scrivere i propri pensieri ossessivi, rileggerli e poi stracciare in minuscoli pezzi il foglio su cui sono stati scritti.

Occorre tuttavia accettare stress e ansia come elementi del vivere quotidiano; bisogna comprendere la possibilità di prevenire l’insorgere dell’ ansia; bisogna poi convincersi che le situazioni si possono affrontare e superare, ma anche valorizzare (gioco di Pollyanna; cercare anche nelle situazioni più difficili quel po’ di positivo che certamente visi trova).

La lezione è finita con la lettura di storielle divertenti, ma significative: la nostra cara Lucia Todaro è riuscita ancora una volta a portare una visione rasserenante di un problema certamente diffuso: Grazie, Lucia!

Ute: L’Africa nella letteratura italiana- Africa: condizioni socio- economiche.

Il prof. Galli riprende il suo discorso sulla letteratura italiana al tempo del colonialismo facendo rilevare come le dittature (comando di uno solo) sfocino sempre nel totalitarismo che non si limita all’imposizione di un assetto politico, ma arriva ad imporre un sistema di valori e un modo di vivere.

Il fascismo si proclamava erede della “romanità” e per questo pretendeva il dominio sul Mar Mediterraneo e sulle terre che vi si affacciavano. In quel periodo si intraprende una politica coloniale che, come abbiamo già visto, porta l’Italia a guerre di conquista con alterna fortuna. Contemporaneamente, la produzione letteraria riflette questi avvenimenti e vengono pubblicati molti romanzi e riviste sul tema. I romanzi hanno molto successo, perché si imperniano generalmente su storie d’amore tra militari italiani e belle ragazze africane e questo consente agli autori di raccontare anche situazioni un po’ osé (cosa che non sarebbe stata pensabile in altri contesti). Con le leggi razziali del 1938 che proibivano i rapporti tra italiani e indigeni, la letteratura coloniale tramontò definitivamente.

Tra i molti autori che si sono cimentati in questo genere possiamo ricordare nomi illustri come Riccardo Bacchelli con “Mal d’ Africa”, in cui sostiene il diritto degli Africani all’autogoverno. Mario Tobino nel “Deserto della Libia” denuncia l’impreparazione del nostro esercito; Giuseppe Berto , volontario in Africa, in “Guerra in camicia nera” sostiene la necessità della guerra come valvola di sfogo per la nostra emigrazione; Ennio Flaiano con “Tempo di uccidere” vinse il Premio Strega; Indro Montanelli pubblicò “XX battaglione eritreo” : fascista convinto e volontario in Africa, solo più tardi riconobbe che la guerra era stato un errore. Tra tanti romanzi spicca poi la poesia di Vittorio Sereni che cerca di opporsi all’ermetismo dell’epoca.

Lezione molto interessante tenuta con la solita appassionata competenza.

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AFRICA : CONDIZIONI SOCIO-ECONOMICHE – La prof. Miriam Colombo affronta un tema di non facile soluzione: molto vasto e variegato il continente africano, ma si può comunque tentare una sintesi,

L’agricoltura è certamente l’attività prevalente, ma ha carattere di sussistenza e quindi la produzione alimentare è scarsa anche per l’avanzare della desertificazione e per la carenza di acqua.

Accanto a questa agricoltura a carattere prevalentemente familiare, esiste invece un’agricoltura di piantagione finalizzata all’esportazione a condizioni imposte dai mercati. L’allevamento di animali allo stato brado non è in grado di soddisfare la richiesta di cibo. E’ in atto un deprecabile sfruttamento delle foreste per l’esportazione di legname pregiato.

Uno dei mali più preoccupanti del continente è il LAND-GRABBING : potenze straniere, con la violenza e corrompendo i governi locali, acquisiscono vasti territori da coltivare o di cui sfruttare le materie prime senza nessuna ricaduta per le comunità locali.

L’Africa è il continente meno industrializzato del pianeta pur avendo molte risorse minerarie e potenzialità economiche notevolissime, ma attualmente ancora tali risorse vengono sfruttate da imprese straniere che utilizzano la mano d’opera a basso costo e, spesso, anche il lavoro minorile. Ci sono tentativi di organizzazione tra stati africani per affrontare insieme i tanti problemi del continente.

Alla decolonizzazione cominciata nel secondo dopoguerra (anni 50-60 del secolo scorso) è seguita una generale instabilità politica, dovuta alla mancanza di una vera classe dirigente e al fatto che gli stati nati durante la colonizzazione non corrispondono alle realtà storiche e sociali delle popolazioni locali. Se a questo si aggiungono l’ingerenza delle potenze ex-coloniali e quella delle multinazionali avide di impadronirsi dei tesori dell’Africa si capisce il perché di tante guerre sul suolo africano: in Libia, Nigeria, Repubblica Centroafricana, Somalia, Guyana del Sud. In queste guerre vengono arruolati anche i bambini, che vengono strappati alle loro famiglie.

Un fenomeno ancora molto presente è la mortalità infantile dovuta a carenze ambientali, a malnutrizione dovuta alla povertà, a malattie endemiche.

Ute: Confini e territorio della Diocesi di Milano – Il lievito madre.

Oggi don Vismara ha continuato il suo breve ciclo di lezioni sulla diocesi di Milano prendendo le mosse da un documento del 1200, scritto da Goffredo da Bussero,

in cui viene raccontata la vita dei santi a cui sono dedicate le chiese della diocesi di Milano. L’elenco presenta alcune lacune, ma vi viene citata la Pieve di Incino e l’altare ivi dedicato a Santa Eufemia. Non è certa l’appartenenza continuativa della nostra Pieve alla diocesi di Milano, infatti c’è chi ipotizza che per un certo periodo essa fosse soggetta alla diocesi di Como.

Tra i personaggi che più hanno lasciato la loro impronta nella storia della diocesi di Milano, spicca certamente S. Carlo Borromeo che fu vescovo di Milano dal 1565 al 1584. La diocesi era in uno stato deplorevole sia dal punto di vista organizzativo che morale e religioso. S. Carlo divise innanzitutto la città di Milano in sei zone affidandone la responsabilità a sei prefetti nominati da lui; divise anche il restante territorio in regioni: Rba faceva parte della V regione insieme a Lecco e Monza.

Attualmente la diocesi è composta da sette zone pastorali, che comprendono 63 decanati e 1.100 parrocchie. La carenza di presbiteri e le mutate condizioni sociali richiederanno ben presto una radicale revisione di tale organizzazione.

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IL LIEVITO MADRE – La dr.ssa Anna Sartori, della rinomata pasticceria di Erba, oggi ci ha parlato di un argomento interessante senza farci mancare il delizioso momento di degustazione che da sempre accompagna i suoi incontri.

Per preservare le caratteristiche peculiari del lievito madre è sorto un consorzio di produttori per portare chiarezza in un ambito che presenta molti motivi di confusione. Tale consorzio si avvale della collaborazione di docenti universitari, i cui studi si stanno concentrando su ciò che, pur essendo invisibile, rende prezioso ogni lievito: i microrganismi che contribuiscono a trasformare parte degli zuccheri in gas e acidi vari rendendo i cibi più gustosi e più digeribili.

Come avviene una degustazione? Naturalmente sono coinvolti tutti i nostri sensi: dalla vista all’olfatto, dall’udito al tatto e, ovvio, al gusto.

Parlando in particolare del panettone, si può dire che esso è un prodotto artigianale quando contiene ingredienti di origine certa, prodotti in quantità limitata il cui costo influisce sul prezzo finale.

Per artigianalità si intende l’abilità di produrre prodotti unici fondandosi sulla propria esperienza. Per ottenere il lievito madre bisogna fare un impasto di acqua e farina, lasciarlo riposare fino alla formazione di lieviti e batteri. Occorre poi una quotidiana e sapiente cura che prevede il “rinfresco dell’impasto tre volte al giorno o il lievito potrebbe “morire”; ciò premesso è evidente che è una lavorazione che richiede elevata professionalità e che non è esente da rischi.

Proprio per difendere gli artigiani che utilizzano il lievito madre e lo producono in proprio è necessario che i loro prodotti siano accompagnati da un certificato che ne attesti il valore intrinseco.

Alla fine di questa dettagliata e interessante spiegazione, la dr. ssa Sartori ha fatto distribuire a ogni socio presente un piccolo vassoio contenente tre assaggi di panettoni: uno industriale, uno semiartigianale e uno completamente artigianale.

Per quel che mi riguarda ho confuso i primi due, ma ho capito senza esitazioni quale fosse quello artigianale per la delicatezza del profumo, per il sapore pieno ma delicato e per la consistenza morbida.

Certamente una bella lezione col proverbiale “dulcis in fundo” Grazie dr.ssa Anna! Grazie UTE!!

Dal “QUADERNO”: Il racconto di Giorgio

Ecco un altro racconto che fa parte del libro pubblicato per il 30° anniversario dell’UTE.

MIO PADRE: ricordi di guerra e di prigionia (Giorgio Tagliabue)

Antonio Carlo Tagliabue, detto Carlo, è nato a Parravicino d’Erba il 21 luglio1910 ed è deceduto a Erba il 6 luglio 1997 a 87 anni. Ha sempre avuto la residenza ad Albavilla.

Dal 3 settembre 1941, fu inviato sul fronte russo come sergente del 2° Reggimento di Artiglieria Alpina (Tridentina).

Faceva parte del gruppo “Valcamonica” specializzato nelle trasmissioni che si era stabilito nella postazione “Antelao” sul fiume Don.

Durante la ritirata, il 26 gennaio 1943 partecipò alla battaglia di Nikolajewka, ma riuscì a rientrare in Italia. Aveva i piedi congelati e fu ricoverato a Lecco il 15 Aprile del 1943. Richiamato in caserma a Vipiteno, l’8 settembre del 1943 fu catturato dai tedeschi con gli altri commilitoni; caricato su un vagone bestiame fu deportato nella Polonia del nord, vicino al confine russo, nel campo di lavoro e prigionia di Stablak , dopo essere passato per Innsbruck e Königsberg .

Essendo falegname, veniva destinato alla fabbricazione di baracche di le- gno tra patimenti indescrivibili per la fame, il freddo e i soprusi. Mio pa- dre, per vincere i morsi della fame, andava a ricercare le bucce delle patate buttate tra i rifiuti dai tedeschi; un suo amico, per tale “furto”, fu inseguito da un soldato tedesco che lo colpì alla schiena col moschetto con tanta violenza che il poveretto rimase invalido per il resto della sua vita. All’a- vanzata dei Russi, i prigionieri furono mandati al fronte a scavare trincee con pericolo di essere colpiti sia dai russi che dai tedeschi.

Un giorno, mio padre e i suoi compagni di prigionia si erano rifugiati tra i ruderi di un cascinale distrutto, quando sentirono parlare in russo. Allora cominciarono a gridare per farsi riconoscere come italiani e si sentirono rispondere : “Talianski carascov” (italiani amici). Il comandante del drap- pello russo aprì il giubbotto: era una donna e offrì a mio padre e agli altri una bottiglia di vodka che sorseggiarono tra lacrime di gioia.

In seguito fu portato con tutti gli altri internati della zona a Gumbinnen (ora Gusef – Russia), dove era stato organizzato un centro di raccolta di tutti i prigionieri liberati per programmarne il rientro in patria. Lì mio pa- dre ritrovò i commilitoni che provenivano dalla nostra zona e tra questi c’era Armando Nava, il quale in seguito scrisse il libro “Jesau 1943-1945” in cui raccontò quei duri anni di prigionia.

Da Gumbinnen, dopo tante peripezie, rientrò a casa, tra gli ultimi reduci, il 12 ottobre1945. A Carcano, frazione di Albavilla, lo avevano già dato per disper- so ed era già stata celebrata una messa in suo ricordo, ma quel giorno arrivò, a piedi vicino a casa, un poveretto malconcio che cercò di abbracciare mio

fratello Dante, ma questi, spaventato non riconoscendo il padre, raccolse dei sassi e glieli tirò addosso. Era finalmente a casa!!!

Da quel momento ricominciò a vivere una vita fatta di lavoro e di felicità per gli affetti e la libertà ritrovati. Ogni volta che sentiva il valzer “Il bel Danubio blu” gli tornava alla mente di aver intravisto con angoscia quel grande fiume dallo spioncino del carro bestiame che lo aveva portato verso una destinazione ignota come “schiavo di Hitler”

Tutti gli anni ad Asso si ritrovavano i reduci dal campo di Gumbinnen per ricordare le sofferenze del passato e per celebrare una messa a suffragio di quelli che non hanno fatto ritorno. Io ricordo che mio padre mi portava spesso con sé, quando ero bambino, per andare a visitare quel suo compagno di prigionia rimasto invalido per aver rubato una buccia di patata.

UTE: Confini e territorio della Diocesi di Milano – Il gemello di Olonia: romanzo degli ebrei di Tradate.

Don Alessandro Vismara, parroco di Buccinigo, è tornato oggi in Sala Isacchi per parlarci della diocesi più grande d’Italia, cioè della Diocesi di MIlano.

Le sue origini risalgono alle origini del Cristianesimo, quando la nuova religione si andava diffondendo soprattutto tra le comunità giudaiche della diaspora nelle città. A Milano ( nel IV secolo era già la più importante del nord-Italia ed era molto popolata) c’era un folto gruppo di Ebrei che costituirono il primo nucleo di fedeli.

Il Vescovo della città aveva sia il potere religioso che quello civile, ma la diocesi non aveva un territorio definito e il vescovo guidava i fedeli che vedevano in lui un punto di riferimento. Sant’Ambrogio nominò tra gli altri anche i primi vescovi di Como, Novara, Torino. Questi vescovi erano detti suffraganei perché avevano diritto di voto nelle assemblee convocate dal Vescovo di Milano, detto anche Metropolita, che veniva da tutti riconosciuto come guida.

La configurazione del territorio della diocesi è andata via via delineandosi nel corso dei secoli e la sua espansione fu limitata a sud dalle diocesi di Lodi e Pavia mentre a nord si spinse fino in territorio svizzero, dove ancora esistono delle enclave di rito ambrosiano. Una nota particolare merita il territorio di Campione, che fu oggetto di un lascito da parte di Totone da Campione al Vescovo di Milano (784 d.C). L’arrivo dei Longobardi fu un periodo di grandi distruzioni, poi, una volta convertitisi al Cristianesimo, il loro comportamento divenne più moderato.

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IL GEMELLO DI OLONIA – Mario Alzati è uno storico diventato poi scrittore di romanzi.

Nel libro che oggi ha presentato in Sala Isacchi racconta una storia vera, come tutte le vicende contenute nei suoi libri; racconta le vicende di un ragazzo chiamato Angioletto.

Lui non voleva fare il contadino come suo padre e divenne garzone del panettiere del paese. Un giorno venne a sapere di essere stato adottato e, dopo lunghe ricerche, scoprì una realtà che lo turbò profondamente. Molti anni prima, una ricca coppia di sposi non poteva avere figli; il marito propose alla moglie di trovare una donna che accettasse di farsi mettere incinta da lui dietro compenso. Dopo i primi tentennamenti la moglie accettò e la donna prescelta partorì due gemelli: la cosa non era prevista e uno dei due neonati venne affidato all’orfanatrofio, mentre l’altro venne cresciuto ed educato e diventò un importante imprenditore. Quel bimbo era proprio Angioletto che, venuto a conoscenza di questa storia, si sentì vittima di una profonda, crudele ingiustizia e pensava che la sua vita fosse inutile, ma il parroco del paese gli offrì un’occasione per dare un senso alla esistenza: poteva aiutare degli Ebrei scappati da Milano per cercare di varcare il confine con la Svizzera …

E’ da questo punto del romanzo che prende il via una serie di storie imperniate sulle vite di questi ebrei che Angioletto, il parroco e il capostazione di Tradate riescono a salvare dai campi di concentramento.

Se cercate dove sia Olonia, non la troverete: è il nome che avrebbe dovuto avere la città risultante dalla fusione di due comuni vicini: Gorla Maggiore e Gorla Minore; ma l’ostilità verso questa prospettiva da parte degli abitanti dei due paesi, convinse le autorità a lasciare le cose come stavano. Olonia è il nome di una città che non è mai diventata realtà.

Ute: Le Signorie minori: I Gonzaga – Storia del computer

Oggi la nostra docente Alberta Chiesa, apprezzata sempre da tutti i soci, ci ha parlato della Signoria dei Gonzaga, la cui corte nella città di Mantova, nel periodo di maggior splendore, fu una delle più importanti d’Italia e d’Europa.

A Mantova era nato Virgilio, che nelle Bucoliche cantò i paesaggi dolci e ameni della sua terra. Mantova fu per un certo periodo governata dalla Signoria dei Canossa che attorno al mille controllava buona parte dell’Appennino reggiano e parte della Lombardia. Dopo la morte di Matilde la città fu governata da un vescovo e successivamente (nel 1116) da sei consoli; più tardi (nel 1187) fu nominato un Podestà che diede il via ai lavori di deviazione del Mincio, dando origine ai tre laghi che tutt’ora circondano Mantova. Come accadeva in ogni comune, anche a Mantova si ebbe un periodo di grandi lotte tra le famiglie che si contendevano il controllo della città e alla fine prevalse l’alleanza tra le famiglie Bonaccolsi e Corradi da Gonzaga (1284). Per circa 40 anni la città fu governata dalla famiglia Bonaccolsi, poi nel 1328 Luigi Gonzaga diventò Signore della città.

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UTE: Le specie aliene – I profeti minori Naum, Abacuc e Aggeo

I tempi cambiano e anche le conoscenze naturalistiche si evolvono. Ricordate quando navigatori ed esploratori riempivano le loro navi con animali e piante esotiche con cui popolare zoo e orti botanici? Certamente non sapevano le conseguenze di quei loro comportamenti…

Il dr. Sassi oggi ci ha illustrato i problemi derivanti dal proliferare delle specie aliene. Prima di tutto però conviene definire che cosa si intenda con questo termine: viene definita specie aliena quella che proviene da altri ecosistemi e che mette a rischio l’equilibrio ecologico dell’ambiente che l’accoglie.

Attorno a noi, nei prati e nei boschi, è possibile trovare sempre più spesso piante che hanno trovato il modo di adattarsi alle condizioni ambientali dei nostri territori, occupando spazi in cui un tempo crescevano piante autoctone. Ci sono piante importate qui fin dal 1600 e specie (animali soprattutto) di nuovissima importazione, come i pappagalli “parrocchetto dal collare” che ormai si trova a gruppi in certi parchi. Essi si nutrono di semi, ma anche di gemme e possono per questo danneggiare gli alberi.

Il persico del Nilo è un grosso pesce dalle carni pregiate, che è stato immesso nelle acque del Lago Vittoria; lì ha distrutto la fauna ittica autoctona con grave danno per le attività economiche delle popolazioni costiere che basavano il loro sostentamento sulla pesca.

Dopo queste prime nozioni il nostro docente ha proseguito la sua bella lezione mostrandoci diverse diapositive di piante e animali provenienti da terre lontane e che sono riuscite a modificare i nostri boschi.

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I PROFETI MINORI – Mons. Angelo Pirovano conclude quest’anno il ciclo dedicato ai profeti parlando dei meno conosciuti.

Del profeta Naum (il cui nome significa “Dio ha consolato”), si sa solo che è nato ad Elcos nel periodo della dominazione Assira finita nel 612 a. C. ad opera dei Babilonesi.

Il libro si compone di soli tre capitoli e inizia con un salmo; prosegue poi sostenendo che Dio agisce e interviene nella storia e Ninive viene distrutta per volere della giustizia divina.

Abacuc, vissuto al tempo di Geremia scrive durante l’occupazione babilonese, dopo aver avuto una visione. Il suo libro si divide in tre parti: lamentazioni, imprecazioni, preghiera. Il tema più presente in questo libro è quello della contrapposizione tra l’empio e l’uomo giusto: perché i giusti devono subire soprusi e sofferenze, mentre gli idolatri trionfano? La risposta di Dio è che il giusto vivrà con la serenità che viene dalla certezza che Dio è vicino a lui, Dio è giusto e potente ed esige dall’uomo la fede.

L’originalità di Abacuc sta nell’affermazione che il giusto avrà alla fine la sua ricompensa.

Aggeo vive il momento in cui gli Ebrei tornano nella loro terra dopo la schiavitù, in seguito alla vittoria dei Persiani sui Babilonesi (538 a. C.). Il suo libro si compone di due capitoli e trentotto versetti; in esso Aggeo descrive le tristi condizioni di vita del suo popolo che trova i suoi antichi territori occupati da altre popolazioni. Egli afferma che la grandezza del popolo ebreo non è legata all’etnia, ma alla fede nell’unico Dio.