In queste mattine accompagnavo io a scuola il nipotino; il prefabbricato che sostituisce il vecchio edificio lesionato dal terremoto non è molto distante e lo si può raggiungere comodamente a piedi in meno di dieci minuti.
Quando ero piccola io, erano veramente rari i genitori che accompagnavano i figli a scuola: ci accompagnavamo l’ uno con l’ altro. Si partiva da casa coi figli dei vicini, poi il drappello aumentava di numero a ogni casolare, mentre una mamma o una nonna si affacciava sulla soglia e ci accompagnava per un po’ con lo sguardo .Camminando si chiacchierava , si scherzava, ci si divertiva; ci si conosceva tutti e ci si fidava l’ uno dell’ altro.
Ora invece anche in questo piccolo centro ogni bambino viene accompagnato fino al cancello della scuola da un adulto, che molto spesso non ha tempo da perdere, nè ha tanta voglia di scherzare.
Davanti ai cancelli però i bambini si prendono la loro rivincita e si cercano, si chiamano, formano capannelli, giocano tra di loro. Da un paio di mattine c’ è poi un’ attrazione insolita: una bambina porta con sè un coniglietto a pelo lungo tenendolo al guinzaglio.Tutti lo vogliono toccare o tenere in braccio almeno per un po’ e il povero coniglio non vede l’ ora che suoni la campanella.
All’ apertura del portone tutti salutano il loro accompagnatore ed entrano …. ci sono molti bambini stranieri (cinesi e pakistani) che in genere si tengono un po’ in disparte e mi fa una certa pena vedere bimbe, anche delle prime classi , avvolte nel tradizionale “hijab” (il velo che lascia scoperto il volto) : quel velo, che non può essere frutto di una scelta a quell’ età, mi pare faccia presagire una difficile ( e forse nemmeno voluta) integrazione.