Nella provincia di Foggia è coltivato il 40% di tutto il pomodoro italiano. Siamo secondi solo agli Stati Uniti. Il ruolo della Grande distribuzione organizzata è centrale in questo sfruttamento, perché schiaccia anche le aziende, comprando il prodotto prima del raccolto e imponendo il prezzo. I produttori quindi possono tagliare solo sul “capitale variabile”, cioè la forza lavoro. Che in questo caso rasenta il lavoro schiavile.
Queste righe si possono leggere alla fine di questo articolo di Avvenire, nel quale si parla della morte dei due fratellini nell’incendio verificatosi in un campo ROM della provincia di Foggia.
E’ terribile pensare che anche noi che andiamo sempre alla ricerca del prodotto a minor costo possiamo essere in parte moralmente responsabili della morte di due piccoli innocenti e di tante altre sofferenze.
Certo quando scegliamo una passata di pomodoro non pensiamo a chi l’ha prodotta, a quelli che ci hanno lavorato, o se sono stati rispettati i diritti umani e le leggi del nostro Paese: in quel momento siamo presi dalla preoccupazione di contenere l’importo che ci verrà addebitato alla cassa. Per questo bisognerebbe pensare a contraddistinguere i vari prodotti con un’ etichetta che garantisca il rispetto delle regole in tutta la filiera produttiva. E chi dovrebbe attivarsi in questo senso? Penso che dovrebbero farsene carico proprio le grandi marche di supermercati, visto che sono proprio loro a innescare il circolo vizioso che porta a schiavizzare i più deboli tra i deboli.