E’ trascorso senza troppe sottolineature e senza troppi clamori un anniversario che verrà studiato dai nostri nipoti sui banchi di scuola, come uno degli eventi fondamentali del XX secolo: l’8 dicembre 1991, 30 anni fa, infatti veniva dichiarata al mondo la fine dell’URSS e del suo regime comunista che era stato figlio della rivoluzione russa del 1917.
I giovani non possono capire come sia cambiato il mondo da allora, quando due blocchi ostili si fronteggiavano in quella che fu chiamata guerra fredda, quando il rischio di una guerra atomica era un’eventualità non troppo remota.
Noi Italiani abbiamo visto cambiare rapidamente il nostro modo di stare insieme e di fare politica. Ricordo quando, prima di entrare in cabina elettorale, non pensavi tanto alle persone a cui stavi accordando la tua fiducia, quanto al fatto che col tuo voto avresti potuto sconvolgere gli equilibri del mondo intero e questo ha immobilizzato la politica del nostro paese per quasi cinquant’anni e per questo siamo dovuti passare attraverso le tragedie del terrorismo degli “opposti estremismi”, per questo la politica ci rabboniva con privilegi assurdi per certe categorie (come le baby pensioni o il riconoscimento facile di invalidità inesistenti). Allora, quando il debito pubblico si è effettivamente creato, non se ne sentiva mai parlare…
Poi il rapido crollo dell’URSS.
Qui da noi in campo politico fu come aprire i cancelli arrugginiti di una vecchia caserma. da allora gli elettori italiani si sono sbizzarriti a crearsi nuovi miti e ad abbatterli poco dopo e tutto è diventato più imprevedibile. Da allora il mondo nostrano dei partiti ha visto rivoluzioni epocali con la creazione di nuove alleanze e nuovi poli di attrazione. Non ci sono più le ideologie a orientare le scelte della gente e questo ha avuto ripercussioni di segno opposto in molti campi.
Una persona di mia conoscenza, fuggita dal suo paese che faceva parte dell’URSS, proprio nel periodo del suo crollo, racconta del caos, del disorientamento della gente, della crisi economica spaventosa e della sua scelta, per certi versi obbligata, di emigrare verso l’ovest, visto come unica possibilità di sopravvivere.
Non essendo stata impegnata politicamente e non avendo mai dovuto subire i duri trattamenti riservati ai dissidenti, quella mia amica rimpiange del mondo comunista la sicurezza del posto di lavoro alla fine del percorso scolastico: forse non avresti avuto occasioni straordinarie di successo, ma certo non eri costretto a emigrare per guadagnarti un tozzo di pane.