Di Alessandro D’Avenia avevo già letto il suo romanzo “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, che ho regalato a mia nipote Elisa per Natale e “Ciò che inferno non è”.
Questo altro libro , a mio avviso è molto meno coinvolgente anche per il tema trattato : Leopardi, la sua fragilità e la bellezza della fragilità. Non vorrei essere cattiva, ma mi pare uno di quei libri che gli scritori che hanno riscosso successo con le loro opere sono poi costretti a scrivere per contratti stipulati con la casa editrice, che vuole sfruttare al massimo l’onda favorevole. Bisogna tuttavia riconoscere all’autore una notevole bravura nel creare pagine veramente belle….come quella di cui copio qui di seguito un breve brano….
Caro Giacomo (si intende Giacomo Leopardi),
un giorno assolato, all’ombra di un albero immesno, che ci riparava con la sua ombra buona, una studentessa mi chiese per cosa spendo la mia vita. Io le risposiporgendole un fiore di campo, una margherita piccolissima: ” Per difendere la bellezza delle cose fragili”.
Viviamo in un’epoca in cui siamo titolati a viveresolo se perfetti.Ogni insufficienza, ogni debolezza, ogni fragilitàsembra bandita. Dalla terra degli sbagliati scampano temporaneamente quelli che mentono a se stessi costruendo corazze di perfezione, ma c’è un altro modo per mettersi in salvo ed è costruire, come te, un’altra terra, fecondissima, la terra di coloro che sanno essere fragili. La leggerezza degli uccelli dipende proprio dal peso delle loro ali: è una leggerezza forte, non frutto di superficialità, ma di aspra lotta. Tu hai vissuto in un corpo dalle ali pesantissime e ti sei librato più leggero di tutti, per tutti farci volare.