Era un 1 gennaio…

Non so perché certi ricordi rimangano impressi nella mente anche se non sono legati a eventi di particolare interesse.

Ricordo che nevicava da parecchie ore; c’era tanta neve a ricoprire il cortile e continuava a nevicare abbondantemente: sarebbe stato inutile cominciare a spalare e mio padre era in casa a godersi il caldo della stufa accesa da mia madre di buonora…

Era mattina e a un certo punto arrivò un collega di mio padre (erano entrambi venditori ambulanti) avvolto nel suo tabarro carico di fiocchi di neve.  Mio padre lo accolse festosamente e lo invitò a entrare nella stanza che faceva da cucina e da soggiorno. Si sedettero al tavolo accanto alla stufa e lì sorseggiarono un bicchierino di vermouth o di grappa discorrendo quietamente di problemi di lavoro non senza intervallare i loro discorsi con battute di spirito e risate allegre. Io intanto stavo incollata alla finestra a vedere la neve che cadeva quieta e silenziosa.

Poi non ricordo altro. Eppure quell’immagine di due vecchi amici in serena compagnia mi ritorna alla mente ogni anno nel primo giorno di gennaio.  Forse quella è stata  la prima volta che mi rendevo conto che quel giorno segnava l’inizio di un nuovo anno e tutto quello che accadeva assumeva per me un carattere di straordinarietà.

Buon anno!

E siamo di nuovo qui ad augurarci che l’anno che sta per finire si porti via tutte le tristezze che ci ha regalato e che l’anno che inizierà tra poche ore sia foriero di cose belle e buone per noi e per coloro che amiamo… ma sappiamo che non sarà così.

Ogni anno porta con sè il suo carico di affanni, di tribolazioni e (per fortuna) anche tanti momenti di ordinaria quotidianità, che, a questo punto della vita, possiamo identificare con la felicità.

E’ bello svegliarsi la mattina ritrovando i soliti doloretti, sentire il campanile che batte le ore, mentre i rumori del traffico provengono dalla strada vicina. E’ bello gustare un buon caffé (anche se decaffeinato), trovare qualche messaggio di saluto sul cellulare inviato da chi si ricorda di noi. E’ bello pensare a come riempire la giornata che sta cominciando con gesti di amicizia, con incontri piacevoli, con cose da scoprire e da imparare.

immagini-di-auguri-di-buon-anno-680x1024Se il nuovo anno ci riserverà tanti giorni così, sarà un buon anno e potremo perdonargli  qualche immancabile caduta di stile.

Buon anno a tutti!

P.S. Spero specialmente che questo anno convinca i paesi in guerra a trovare la via del dialogo per dare finalmente ai loro popoli la possibilità di vivere una vita dignitosa .

Letture: Le farfalle di Sarajevo (Priscilla Morris)

Sto leggendo il libro citato nel titolo. Racconta di Zora, insegnante  all’università e pittrice, che vive la tragedia della sua città.

Nelle prime pagine viene descritta la bellezza e la dolcezza del vivere a Sarajevo, una città da sempre multietnica e citata come esempio di pacifica convivenza tra etnie di diversa lingua, cultura e religione. Ma ecco che compaiono dei segni inquietanti, a cui gli abitanti dei vari quartieri non danno il giusto peso: di notte, squadracce di giovinastri mascherati saccheggiano gli appartamenti vuoti e con le masserizie accatastate costruiscono barricate a dividere i  diversi .quartieri. Ogni tanto spuntano inspiegabilmente dei posti di blocco .  Nessuno però vuole credere che si possa arrivare a una guerra: è assurdo, perchè  in città sono sempre vissuti gomito a gomito serbi, croati, musulmani…

Zora ha mandato in Inghilterra, da sua figlia,  il marito e la madre malferma in salute. Lei è rimasta per non interrompere i suoi corsi all’università ed ecco scoppiano i primi scontri …

(copio dal libro)

“Senta, professoressa, ha trenta minuti, Prenda tutto quello che può”( le dice il custode del palazzo  in cui si trova il suo studio) … “Dopo oggi non potrà più tornare qui” ….

Guardando fuori dalla finestra vede, su un tetto più in basso, un cecchino allungato dietro i sacchi di sabbia, col fucile puntato su un incrocio  … apre le borse e ci butta dentro tutto quello che può. …E’ appena passato mezzogiorno. Zora si ritrova in piedi sul marciapiede con una sacca pesante sulle spalle e in  ogni mano una borsa di plastica piena di materiale per dipingere. Sulle tempie le spuntano perle umide, ma non può alzare le mani per asciugarle.

Proprio in quel momento un’esplosione spaventosa scuote la strada. Le si piegano le ginocchia. L’aria si increspa quasi fosse di garza. Zora resta immobile per un secondo – abbastanza per avvertire la scossa di un’altra granata che cade a poca distanza – e poi si mette a correre. Corre come non ha fatto più da quand’era bambina. A perdifiato, con il cuore in tumulto.  …

C’è un rumore continuo di muri che crollano e vetri che s’infrangono. Le fiamme divampano da una fila di macchine parcheggiate sulla riva opposta (del fiume), Zora si lascia sfuggire un grido. Nubi di fumo si dividono svelando che un tram è stato spezzato in due: il tetto accartocciato e l’interno annerito, pezzi di metallo che sporgono come ossa spezzate…”

Chissà quante donne, quanti uomini, quanti bambini stanno vivendo anche in questo momento lo stesso terrore!!

 

 

 

Si può essere felici a Natale?

Mai come quest’anno sento il contrasto doloroso (stavo per dire scandaloso) tra il Natale di casa nostra con la sovrabbondanza di luci, di dolci, di cibo, di traffico e il Natale di chi vive sotto le bombe, senza casa, al freddo, al buio,  senza cibo e senza acqua e con il sottofondo tragico dei crolli, degli scoppi…del pianto dei bambini terrorizzati e delle madri che perdono i loro figli.

Ci si sente così impotenti, così piccoli di fronte a un’ingiustizia tanto inaccettabile … e si può solo pregare cercando, nel contempo, di fare qualcosa di concreto. Caritas Ambrosiana ha in attuazione un progetto destinato a una comunità cristiana di Gerusalemme che cerca di portare aiuto a quella popolazione. I nostri contributi personali di gente comune sono solo piccole gocce, ma insieme possiamo portare un po’ di sollievo a chi è meno fortunato di noi.

Sarà un modo per poter godere più serenamente della gioia del Natale.

 

UTE: L’evoluzione dell’Homo Sapiens- La Cina e la regione dello Xinjiang.

Si deve a Linneo e a Darwin un nuovo modo di considerare l’uomo, cioè ritenendolo una parte del mondo naturale che lo circonda.

In particolare a Linneo si deve la catalogazione di tutti le specie viventi utilizzando un metodo seguito ancora oggi e  dando loro una denominazione binaria (cioè due nomi ispirati al latino); a Darwin invece si deve la teoria dell’evoluzione dei viventi.

Fino a poco tempo fa si era soliti rappresentare l’evoluzione della specie umana con immagini che davano l’ida di un suo andamento rettilineo, unidirezionale, ma recentemente la rappresentazione più accettata è molto più complessa tanto da richiamare l’idea di un grosso cespuglio con tante  ramificazioni di specie ormai scomparse.

Ogni essere vivente è la versione finale di una serie di modificazioni conseguenti ai cambiamenti dell’ambiente.  Esistono esseri viventi capaci di sopravvivere in condizioni ambientali estreme, che sarebbero proibitive per la vita umana.

Una delle teorie di Darwin afferma che tutte le specie derivano da un antenato comune; dobbiamo risalire a 6milioni di anni fa per trovare l’antenato comune tra l’homo sapiens e lo scimpanzè (col quale abbiamo in comune il 99% del DNA). Da quel momento in poi si sono succedute varie specie di hominini che si sono estinte. La comparsa dell’Homo Erectus (bipede) è databile tra 1,8 milioni e 2000mila anni fa, mentre l’Homo Sapiens compare circa 150mila anni fa (in terra africana e poi in Europa). Sempre interessanti e stimolanti le lezioni del dr. Sassi

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LA Cina e la regione dello Xinjiang  – Il relatore di oggi è il giornalista di viaggi Montaro, che ha visitato a lungo la Cina e in particolare la regione dello Xinjiang (termine che significa Nuova Frontiera).  Essa si trova all’estremo nord-ovest della Cina al confine con Pakistan, India, Russia, Mongolia, Afghanistan, Kazakistan e altre repubbliche ex-sovietiche. Questa regione (oggi autonoma) è diventata cinese solo nel secolo XVIII ed è abitata per la metà da Uiguri, popolazione turcofona e musulmana, la popolazione restante è costituita da musulmani provenienti dai paesi confinanti. La densità della popolazione è bassissima anche perchè il suo territorio è in gran parte occupato dalle montagne più alte del mondo e da deserti.

Gli Uiguri hanno a più riprese manifestato tendenze indipendentiste e per questo oggi sono soggetti a vere persecuzioni da parte del governo cinese, che con il pretesto di modernizzare i centri abitati, abbatte le case dei residenti costringendoli a trasferirsi altrove, incoraggia l’immigrazione in questa regione di cinesi di etnia han, rinchiude in “centri di rieducazione” gli Uiguri e i piccoli delinquenti. Il controllo della popolazione è pesante e si avvale delle tecnologie più avanzate (es: il riconoscimento facciale).

Lo Xinjiang è sempre stato un territorio di importanza strategica per i commerci tra est e ovest e tra nord e sud e tale resta ancora oggi, infatti la “Nuova Via della Seta” è un insieme di vie di comunicazione che congiunge lo Xinjiang con un porto del Pakistan. Ne fa parte la strada più elevata al mondo.

La Cina è un mondo dalle diverse sfaccettature e il nostro docente ce ne ha fatto conoscere una tra le tante.

La voce dell’organo risuona di nuovo ad Arcellasco.

inaugurazione organoStamattina nella chiesa di Arcellasco ha avuto luogo una bella e festosa cerimonia per l’inaugurazione dell’organo ottocentesco finalmente restaurato e ritornato agli antichi splendori.

Erano presenti le autorità cittadine: il Sindaco Mauro Caprani, la vicesindaco Sofia Grippo, i consiglieri Zappa e Redaelli; la santa messa, preceduta dalla benedizione dell’organo, è stata celebrata da mons. Gilardi, responsabile diocesano per la Liturgia.

E’ stato emozionante sentir sprigionare di nuovo da quelle canne (oltre 2.200!!)  note limpidissime che hanno riempito le volte della chiesa: che atmosfera solenne e mistica insieme sa creare l’organo!!!

E pensare che nella chiesa paleocristiana (fino all’VIII secolo circa) questo strumento era stato bandito dai luoghi di preghiera qui in occidente: ricordava troppo gli spettacoli sanguinari negli anfiteatri in cui venivano sacrificati i prigionieri, i condannati a morte e i cristiani. Questo ostracismo addirittura fu esteso ai musici, rei di aver usato l’organo nella sua forma più antica (hydraulis= organo ad acqua), pertanto essi dovevano cambiare mestiere se volevano essere battezzati.

Fu Pipino il Breve a riportare in Europa l’organo a canne da Bisanzio dove si era recato in visita all’Imperatore e da allora questo strumento  è stato perfezionato sempre più  ed è diventato lo strumento liturgico per eccellenza.

Quando da ora in poi sentiremo risuonare le note solenni dell’organo, il nostro pensiero andrà con doverosa riconoscenza  ai nostri antenati che ci hanno consegnato questo prezioso tesoro di arte e di artigianato.

 

Discriminazione di genere.

Se seguite “Affari tuoi” condotto da Amadeus, avrete certamente notato che ha le borse sotto gli occhi, le zampe di gallina e rughe varie disseminate per il volto e, giustamente, le lascia vedere con naturalezza. Nessuno pensa che dovrebbe farsi un lifting. E’ bravo, è simpatico, sa mantenere alto l’interesse per il gioco (spesso crudele) che conduce e tanto basta a tutti quelli che lo seguono. Lo stesso si potrebbe dire per Fabio Fazio o per altri personaggi TV non più giovanissimi di sesso maschile.

Se invece parliamo di donne della TV ecco che compare quello strano alone che appiattisce il volto e gli toglie espressione o si vedono facce rese inespressive dal botulino o deformate dagli interventi di plastica facciale. Quando impareremo ad accettare l’idea che anche le dive  o le conduttrici televisive possono invecchiare e continuare ad essere ottime professioniste?

Questa è una discriminazione di genere che noi donne stesse contribuiamo a perpetrare.

Una bella storia di Natale.

Non so se sia per tutti così, ma questa notizia mi ha realmente commosso: Agnese Moro, figlia di Aldo Moro, lo statista rapito e ucciso dalle brigate rosse, ha voluto incontrare gli assassini di suo padre e i loro fiancheggiatori.

Da questi incontri, ripetuti nel tempo, sono nate “amicizie difficili” come le definisce la stessa Agnese, ed è potuto scaturire il perdono liberatorio.

Sì, il perdono può aiutare a sciogliere il troppo dolore delle vittime e il peso insopportabile del rimorso dei carnefici . Il perdono può consentire alle une e agli altri di ricominciare una vita diversa, in cui non ci si deve continuare a sentire soltanto vittime di una crudeltà insensata e ci si può ritrovare in un ruolo diverso e più umano di quello del carnefice, ormai aborrito dentro la propria coscienza.

Credo che questa sia una bellissima storia di Natale, che dovrebbe avere molto più risalto nelle cronache dei nostri giorni, perché dal perdono può nascere la pace tra le persone e tra i popoli.