Tra attualità e musica.

Oggi  lezione di diritto : le domande dei presenti hanno indotto il dr. Spagnuolo a cambiare programma ed è così che ci ha spiegato in modo chiaro e dettagliato il caso “decadenza sì-decadenza no” di Berlusconi e il caso del giorno “la ministra Cancellieri si deve dimettere?” Tutti i presenti hanno seguito con straordinario interesse la lezione, che nonostante fosse stata improvvisata è stata molto organica ed esaustiva con soddisfazione di tutti.

Subito dopo, con  la lezione di musica, la dr.sa Zapparoli ci ha fatto ascoltare le più famose arie che si cantavano nei locali di Monmartre e nei cabaret europei nel periodo sfavillante della Belle Époque. Il brano simbolo di quel tempo è il travolgente “Can-can” di Offenbach e ad ascoltarlo ritornano alla mente le scene dipinte dagli impressionisti: ballerine volteggianti, luci della ribalta, atmosfere fumose e forse forzatamente allegre.Abbiamo ascoltato brani meno noti che richiamavano alla mente certe romanze di operetta e anche quelli più conosciuti, che venivano cantati al “Salone Margherita” come “A francesa”, “Ninì Tirabusciò” o la dolcissima “A vucchella” , quest’ ultima interpretata dall’ indimenticabile voce di Pavarotti.

Oggi la sala non era molto affollata perchè il maltempo ha trattenuto a casa molti soci, ma credo che tutti i presenti abbiano canticchiato sottovoce  le belle melodie che ci sono state proposte.

 

Film all’ UTE: Jules et Jim.

Jules , austriaco, e Jim, francese, sono due giovani intellettuali che vivono a Parigi . Siamo nel 1907 in piena Belle Époque e tra i due giovani si stabilisce una forte amicizia sulla base di interessi culturali comuni: la passione per la letteratura, per l’ arte, per le amicizie femminili. Tra queste ecco apparire Catharine , una donna libera, spregiudicata, trasgressiva; i  due si lasciano un po’ tiranneggiare da lei, che diventa “il manovratore” delle loro vite. Catharine e Jules  si sposano , ma scoppia la Grande Guerra e i tre si ritrovano lontani, ma comunque vicini sentimentalmente anche se su fronti opposti. Alla fine della guerra, la giovane coppia con la bambina che è nata dal loro matrimonio si trasferisce sulle sponde del Reno, ma i tre  riescono a ritrovarsi e Jules dice all’ amico che il suo matrimonio è in crisi, che  ha paura di perdere la moglie, perciò gli chiede di diventarne l’ amante , così lei non fuggirà. Ma Jim ha già un’ altra donna , che non riesce a lasciare e Catharine si vendicherà portandolo  con sè per un ultimo viaggio in automobile che terminerà in fondo al fiume.

Truffaut ha voluto ritrarre un’ umanità disorientata dall’abbandono dei valori tradizionali, ai quali ha sostituito il senso estetico e l’ edonismo esasperato. Ci sono qua e là particolari che ricordano la Montmarte di quei tempi: il ristorante “La Galette” dove si ritrovavano gli artisti , si vede il quadro in cui Picasso si autoritrae nelle vesti di un pagliaccio insieme alla sua compagna, si vede anche un manifesto di Toulouse Lautrec.

A parte il valore artistico del film (la bella fotografia in bianco e nero, le tecniche di ripresa di grande effetto), io non posso perdonare a Truffaut il fatto di aver riempito il racconto di donne negative, in balia dei  propri capricci ; l’ unica che pare sapere cosa vuole dalla vita è la povera Gilberte, che perdona a Jim i suoi tradimenti e i suoi abbandoni pur di stargli vicino. Gli uomini appaiono quasi privi di volontà propria, come stregati dalla bella e intrigante Catharine, interpretata da una Jeanne Moreau nel pieno del suo splendore.

E’ lei ad un certo punto a cantare una deliziosa canzoncina che potrete riascoltare cliccando QUI.

Burocrazia: un modo per negare i tuoi diritti.

Quando la burocrazia ti schiaccia.

Sono abbastanza vecchia da ricordare quando noi statali avevamo come istituto previdenziale l’ ENPAS,  che, pur operando le normali trattenute sugli stipendi, non ci assicurava però l’ assistenza sanitaria diretta. Dovevamo infatti pagare prima di tasca nostra medicine, esami clinici e visite mediche (solo i ricoveri ospedalieri erano pagati direttamente dall’ ente) e poi dovevamo raccogliere la documentazione, allegarla a una domanda e spedire il tutto tramite raccomandata con A.R. e aspettare a tempo indefinio che la pratica arrivasse a buon fine.  A noi in famiglia (era il periodo in cui avevo due bambine piccole) non è mai riuscito di espletare nei tempi previsti le varie formalità (e francamente, vista la laboriosità, dopo un paio di tentativi ci avevamo proprio rinunciato) così tutte le spese mediche restavano sempre a nostro carico.

Questa tecnica di dissuasione dal chiedere rimborsi e risarcimenti pare oggi sia stata fatta propria da certe compagnia assicurative on line, che ti coprono in caso tu abbia causato danni a terzi, ma, se sei tu il danneggiato, ti abbandonano in balia della più feroce e ottusa burocrazia.

Questo è quello che sta capitando a una persona di famiglia: nel corso di un incidente fra due auto,  una va a fracassare la sua parcheggiata e tranquillamente in attesa del proprietario. Conseguenze: macchina da buttare e assicurazione che se ne lava le mani perchè sei tu che devi istruire tutta la pratica per la richiesta del risarcimento. Davanti alla difficoltà di procurarsi i numerosi documenti richiesti, molti si scoraggiano e rinunciano a chiedere sia i rimborsi delle spese sostenute sia il risarcimento dei danni . Naturalmente a pigliarla in saccoccia è l’ assicurato e l’ assicurazione elimina un sacco di lavoro e quindi può assumere meno personale.

A me sembrava molto strano qualche tempo fa che i prezzi  delle assicurazioni on line potessero essere così bassi e non nascondessero qualche insidia……ora il mistero è del tutto chiarito.

 

Poesia: Canzone d’ autunno.

Chanson d’automne.

 Les sanglots longs
Des violons
De l’automne
Blessent mon coeur
D’une langueur
Monotone.

 Tout suffocant
Et blême, quand
Sonne l’heure,
Je me souviens
Des jours anciens
Et je pleure,

 Et je m’en vais
Au vent mauvais
Qui m’emporte
Deçà, delà,
Pareil à la
Feuille morte.

Paul Verlaine : Canzone d’ autunno. (traduzione)

I singhiozzi lunghi dei violini  dell’ autunno mi feriscono il cuore con un languore monotono. Affannato e pallido quando suona l’ ora, io mi ricordo dei giorni passati e piango. E me ne vado nel vento maligno che mi trascina qua e là come una foglia morta.

                                                   &&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&

Quanta tristezza traspare da questa poesia! ma la musicalità dei versi, me l’ ha resa indimenticabile e fa sì che assomigli a una canzone  più che a una poesia, proprio come dice il titolo.

UTE: arte: Montmartre e Montparnasse: la favola di Parigi all’ inizio del novecento.

Corot: Il mulino di Montmartre.

Montmartre:Il nome della località deriva forse dal latino e potrebbe significare o “Monte di Marte” o più probabilmente “Monte dei Martiri” , perchè lì fu martirizzato Saint Dénis,  il primo vescovo del luogo. Era uno sconosciuto quartiere di periferia, che non faceva parte della città di Parigi, quindi si pagavano meno tasse e gli artisti squattrinati vi potevano trovare appartamenti a buon mercato. Le case degne di questo nome erano ben poche, mentre molte erano le baracche .

Dégas: La Galette

Molti furono gli artisti che abitarono a Montmartre:  Corot, Rénoir, Dégas, Van Gogh, Toulouse Lautrec, Utrillo e Picasso solo per nominare i più conosciuti.

Essi dipingono i paesaggi circostanti e i personaggi che popolano quel quartiere in cui si mescola un’ umanità variegata e spesso ai margini della società.

Corot  dipinge  Montmartre a metà dell’ 800 e vi si vede un mulino a vento e poi la campagna (da sottolineare che solo in quell’ epoca si cominciò a dipingere all’ aperto – en plein air , come dicono i Francesi – perché erano stati inventati i colori in tubetto e quindi non si era costretti a rimanere nei propri laboratori a pestare  e mischiare sostanze coloranti diverse).

Nel 1870, dopo la sconfitta di Sédan contro i Prussiani, si comincia la costruzione della basilica del Sacro Cuore, in cima alla collina, per ricordare i caduti in quella guerra disastrosa, però essa fu terminata solo nel 1914 e inaugurata poi nel 1919, al termine della Grande Guerra (con la soddisfazione di aver battuto i tedeschi).

Toulouse Lautrec: ballo al Moulin Rouge

Con la venuta degli artisti, si cominciano ad aprire ristoranti, trattorie e luoghi di divertimento che nei fine settimana attirano anche i cittadini della vicina Parigi.

Uno dei ristoranti più famosi fu il “Moulin de la Galette” un antico mulino , frequentato per lo più da persone di basso rango; poi fu aperto nel 1889 il “Moulin Rouge” che era solo un finto mulino e nel quale non si mangiava soltanto, ma si poteva assistere a spettacoli frizzanti che culminavano con il ballo del “can can”: qui la clientela era più ricca e raffinata. Vi lavorarono soubrette molto famose , come la Goulue e Jane Avril.

Picasso si autoritrae nei panni di un clown; l' abbigliamento stride con la tristezza dei volti

Altro luogo molto frequentato dagli artisti era il “Circo Medrano”, ma anche il “Lapin agile”, che diventa un vero e proprio circolo culturale, o “Le chat noir” o il “Cabaret Mirliton”.

Toulouse Lautrec, che aveva “copiato” da Degas il modo di inquadrare il soggetto alla maniera dei fotografi, preparava i manifesti per questi locali e i suoi soggetti abituali erano perciò i protagonisti degli spettacoli che vi si svolgevano

 

Ascoltando la radio.

Le mattine in cui resto in casa, mi piace ascoltare la  radio mentre mi occupo delle faccende domestiche. La radio è una compagna discreta, che ti lascia la libertà di fare ciò che ti necessita senza pretendere di tenerti inchiodata nelle sue vicinanze, come fa invece la TV. Da qualche tempo c’ è per me un’ attrattiva in più nelle mattinate radiofoniche: il noto giornalista Giovanni Minoli , sfrattato dalla TV pubblica, prima intervista i protagonisti dell’ attualità, poi ripresenta i personaggi più significativi della nostra storia repubblicana attingendo al vasto repertorio da lui accumulato in tanti anni di gloriosa carriera giornalistica. Qualche giorno fa ha riproposto un bel ritratto del “sindaco santo” di Firenze: Giorgio La Pira. Quelle che seguono sono sue parole pronunciate quando dovette giustificare la requisizione di case sfitte per alloggiare degli sfrattati:

« Ebbene, signori Consiglieri, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia!

Ma non avete il diritto di dirmi: signor Sindaco non si interessi delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.). È il mio dovere fondamentale questo: dovere che non ammette discriminazioni e che mi deriva prima che dalla mia posizione di capo della città -e quindi capo della unica e solidale famiglia cittadina- dalla mia coscienza di cristiano: c’è qui in giuoco la sostanza stessa della grazia e dell’Evangelo! Se c’è uno che soffre io ho un dovere preciso: intervenire in tutti i modi con tutti gli accorgimenti che l’amore suggerisce e che la legge fornisce, perché quella sofferenza sia o diminuita o lenita. Altra norma di condotta per un Sindaco in genere e per un Sindaco cristiano in ispecie non c’è! »

Sono parole che vorremmo sentir pronunciare ancora oggi dai nostri politici. La sua azione non si limitò ai confini della sua città adottiva (lui era siciliano), ma si estese in campo internazionale cercando di promuovere azioni per porre fine alla guerra in Vietnam, per promuovere la pace ad ogni livello e soprattutto per costruire rapporti di amicizia e di collaborazione fra tutti i paesi mediterranei.

Chi volesse saperne di più può leggere QUI e credo che ne valga la pena per  ricordarci che la politica non è necessariamente “sporca”, come purtroppo siamo indotti a pensare ai nostri giorni.

Salvate la Terra!

Temperature sempre più calde.

Leggere questi articoli in questi giorni fa venire una gran paura……Il livello dei mari  si innalza sempre più rapidamente per  i ghiacciai dei poli  che si sciolgono; Il più grande Oceano della Terra è diventato un’ immensa discarica priva di qualsiasi forma di vita a causa della  pesca selvaggia; il polmone della Terra  viene aggredito sempre di più dalla deforestazione dissennata…..
Ce n’ è abbastanza per pronosticare un avvenire molto triste per questo nostro pianeta e per i suoi abitanti . A Varsava si sta discutendo dei cambiamenti climatici e delle risoluzioni da assumere per fermare questa corsa vertiginosa verso il disastro ambientale più totale. Spero che tutti i partecipanti a quel Congresso siano informati della situazione reale in cui versa i Pianeta.

Una bella storia.

Gira da tempo sulla rete questo racconto. Oggi me lo ha proposto l’ amica Rina.  Se cliccate sul link potete trovare la versione in  inglese : è piuttosto facile da leggere e da capire e può servire a qualche amica per ripassare la propria conoscenza della lingua che stiamo studiando. La storia è  molto bella e vale la pena raccontarla anche in italiano; naturalmente la racconto alla mia maniera, non è una traduzione letterale.

” In una stanza di ospedale vi sono due uomini gravemente malati; uno è costretto a stare sempre coricato, l’ altro invece può sedersi sul letto un po’ di tempo ogni giorno e guardare dalla finestra vicina al suo letto. Tra i due si stabilisce una certa confidenza, parlano della loro casa, della loro famiglia, del loro lavoro e quando quello vicino alla finestra puà sedersi sul letto, comincia a descrivere all’ altro ciò che si vede fuori . Descrive  gli alberi, il sole , il cielo, il panorama, i bambini che giocano con le barchette nell’ acqua del laghetto, le anatre e gli auccelli che popolano il piccolo parco, gli innamorati che si prendono per mano….  Questo momento è il più bello delle loro lunghe giornate di malati e quello dei due che non può muoversi trova grande conforto in questi racconti.

Una mattina però il letto vicino alla finestra rimane vuoto: il paziente che vi riposava è morto durante la notte. Allora , quando entra l’ infermiera , il malato superstite chiede di poter cambiare letto per poter guardare dalla finestra, ma quando  arriva lì vicino vede che oltre il vetro della finestra c’ è solo un muro bianco. Chiede allora all’ infermiera che fine abbia fatto il piccolo parco che il suo amico gli descriveva così bene e l’ infermiera risponde che non c’ è mai stato nessun parco e che il compagno di stanza scomparso era completamente cieco……”

Mi pare una storia stupenda che insegna come possiamo portare un po’ di felicità a quelli che ci stanno attorno se cerchiamo di non rattristarli con le nostre lamentele e con i nostri guai , ma badiamo a rendere più bella la loro vita con i mezzi a nostra disposizione.