Nonna – pellegrina saluta…

Forse ho già avuto modo di dire come da un po’ di tempo io mi senta una nonna-pellegrina, sempre con la valigia in mano …. e a riprova di quanto questo risponda alla realtà, saluto chi ha la bontà di passare a leggere questa pagina , mentre la valigia mi aspetta già pronta per questo nuovo balzo oltre-Manica.

A risentirci da Londra!

16 Agosto

La Grande  Guerra le aveva rubato il padre giovanissimo (33 anni)  e le rubò insieme anche la fanciullezza : a nove anni si ritrovò prima dei cinque figli di una giovane vedova spesso preda di depressioni penose e ricorrenti. Da quel momento fu lei l’ uomo di casa e anche spesso la mamma dei suoi fratellini. Faceva la sfoglia aiutandosi con un panchetto per arrivare al tavolo, andava nei campi e nella stalla a fare i lavori più pesanti aiutata dal suo fratello secondogenito, cui restò sempre molto legata. Nel corso della sua vita ha riempito ogni sua giornata spendendosi per il bene di chi le stava vicino, sempre, fin quando le forze glielo hanno consentito. E’ stata per tutti noi un grande esempio di generosità, di abnegazione, di spirito di sacrificio, di costanza e di tenacia.

Ho sempre fatto fatica a ricordarmi della data del suo compleanno, perchè non lo ha mai festeggiato : non valeva la pena, a suo dire, di fare simili smancerie per lei.  Ora però  ricordo sempre questa data  e così oggi voglio dirle “Buon compleanno, mamma!” , per farmi perdonare tutte le volte che non me ne sono ricordata.

P.S. Pubblico solo ora questo omaggio a mia madre che non ho potuto pubblicare il 16 agosto.

La non-vacanza.

Sono tornata oggi da una vacanza al contrario: di solito tutti fuggono dalla canicola estiva  tipica della bassa Pianura Padana,  io invece sono andata proprio là e mi sono beccata la settimana più calda dell’ anno;  in vacanza si va per riposare, io invece sono andata a fare la nonna. Stare con Elisa e Davide è sempre un piacere e si può anche sorvolare sull’ afa, il solleone e il sudore che inzuppa gli abiti.

Bricolage estivo.

Avevo sempre acquistato le vernici al supermercato, ma questa volta non sono riuscita a trovare la tinta che stavo cercando per completare la riverniciatura di una porta esterna e così sono andata in un colorificio, fortunatamente aperto in questo periodo di ferie.

 E’ un negozio antico , che rivela tutti i suoi anni dalla disposizione della merce e dall’ arredo . Il proprietario, non più giovane, ha ereditato dal padre l’ attività e tiene il locale in artistico disordine.  Mi sono messa ad aspettare che venissero serviti i clienti arrivati prima di me e ho avuto modo di vedere come il negoziante fosse prodigo di buoni consigli (inframmezzati a qualche battuta e a qualche motivetto canticchiato sottovoce) per i dilettanti verniciatori, stuccatori , imbianchini che approfittando delle ferie si dedicavano al bricolage, non tanto per passione improvvisa, quanto per risparmiare sulla manodopera.

Intanto guardavo attorno , sugli scaffali, per individuare la vernice che poteva fare al caso mio, ma il campionario esibito era piuttosto limitato e mi stavo convincendo di aver sbagliato negozio. Quando è venuto il mio turno ho mostrato il campiocino che mi ero portata da casa e il negoziante ha cercato su vari cataloghi la tinta che più poteva assomigliargli. Alla fine ne ha scelto uno e lo ha modificato leggermente aggiungendo con un macchinario apposito piccole quantità di nero poi  ha posto il barattolo in una specie di “centrifuga” per amalgamare per bene i due colori . Durante queste operazioni , il negoziante, soddisfattissimo del risultato raggiunto, non ha mai smesso di parlare  simpaticamente, nè di  canticchiare . 

L’ iniziale impressione di trascuratezza e decadenza è diventata apprezzamento per uno che ama il suo lavoro e lo svolge con competenza e passione.

La Modenese.

Un’ estate di quasi mezzo secolo fa, andai a fare l’ educatrice in una colonia marina nei dintorni di Riccione, chiamata “La Modenese” .  Costruite nel ventennio fascista per ospitare i figli dei contadini e degli operai, le colonie apparivano come enormi casermoni costruiti sulla spiaggia, in grado di ospitare molte centinaia di bambini  contemporaneamente.

A ogni educatrice veniva  affidata una squadra di 30 bambini dai sei ai 12 anni e ogni camerata ospitava ben due squadre, perciò in ogni stanzone ci si dormiva in sessantadue (comprese le due educatrici). Tutto funzionava secondo schemi e ritmi militari : ricordo le adunate sulla spiaggia per la ginnastica o per vari giochi sotto la guida del capo-colonia (lo chiamo così perchè non ricordo bene la sua qualifica ); ricordo il momento del bagno in mare : in un tratto  ben delimitato si tuffava questa massa enorme di bambini che sguazzavano, mentre noi educatrici li sorvegliavamo e poi tutti sotto l’ ombra delle pensiline a giocare con la sabbia, in attesa del rientro in camerata per prepararsi per il pranzo.

L’ organizzazione era perfetta : c’ erano i turni per il pranzo, i turni per i riposi settimanali, i turni per le docce … tutto come  in una enorme catena di montaggio. Ero partita in compagnia di una mia cara amica, che però non resse  a lungo la fatica e tornò a casa dopo pochi giorni. Io rimasi per tutto il mese come previsto al momento dell’ ingaggio, ma fu un’ esperienza che non desiderai più ripetere e  poco tempo dopo anche le colonie marine furono abbandonate.

Non scorderò mai l’ insalata semovente nel piatto: sotto la lattuga era rimasta intrappolata una grossa lumaca …. ed è inutile dire l’ effetto che mi fece vederla aggirarsi lentamente tra una foglia e l’ altra !!!

Non scorderò mai nemmeno il momento della partenza alla fine della vacanza: tutti  i bambini divisi per squadre e allineati sul marciapiede formavano un serpentone lunghissimo, che procedeva ordinatamente verso la stazione ferroviaria ; ad un fischio del capo tutti  ci fermammo  e ci voltammo verso la sede stradale completamente libera perchè il traffico era stato bloccato ; dopo pochi secondi un altro fischio diede il segnale : si doveva attraversare la strada e in un attimo quel lungo serpente si spostò di corsa sul marciapiede opposto e arrivò così al treno che ci avrebbe ricondotti tutti  a casa .

Fra i trenta bambini  che mi erano stati  affidati , ricordo solo Carla, la più piccola del gruppo. Aveva due occhioni grandissimi , di cui uno leggermente strabico, e portava lenti molto spesse; magrolina e bruna di pelle, aveva sempre  bisogno di essere aiutata,  mi si aggrappava per essere presa in braccio e mi ringraziava con i suoi bacetti umidicci.

Per chi volesse saperne di più sulle colonie può seguire questo link : http://www.imss.fi.it/espo/ssunder18/colonie_apuano.pdf

2 Agosto.

Sono l’ ultima di cinque figli e, quando sono nata io, certo mia madre non ha mai avuto molte possibilità di coccolarmi, per questo forse i miei più remoti ricordi sono legati a mio padre, che rientrato dal lavoro, spesso mi intratteneva a farmi giocare con le carte : mi insegnava a fare il solitario , a giocare a rubamazzetto o a “cheva in pataja”; altre volte ci mettevamo a costruire le case sempre con le carte ed era un bell’ esercizio di controllo della propria manualità , qualche volta invece incastravamo le carte stesse tra di loro formando così dei rozzi piatti.

Ricordo in particolare una sera d’ inverno. Mia madre era impegnatissima a preparare la cena e a rimestare la polenta che bolliva borbottando nel paiolo di rame sulla stufa a legna. Io in braccio a mio padre, gli scarmigliavo i capelli e giocavo afferrandogli  il naso e a un certo punto gli ho detto: – Quando sarò grande io sposerò te….-  Oggi se mio padre fosse ancora vivo compirebbe 105 anni.

Auguri , papà!

Lettera aperta al Sindaco di Erba.

Egr. Dott.ssa Tili,

                                da trent’ anni e più abito in questa nostra città, ma non ho  avuto occasione di percorrerla con calma nei suoi angoli meno conosciuti fino a qualche tempo fa. Durante le passeggiate che ora posso concedermi, ho avuto occasione di riflettere sulla scarsità di spazi riservati all’ incontro all’ aperto per bambini, anziani, mamme ecc. 

 Una volta in ogni cortile c’ erano molti bambini, che avevano modo di giocare insieme ad ogni ora del giorno sotto lo sguardo di genitori, parenti, vicini di casa. Ora i bambini di Arcellasco, Bindella, Incasate  per ritrovarsi a giocare insieme devono andare nel parco cittadino, certo bellissimo, ma pur sempre lontano per chi abita nelle frazioni periferiche.

Per gli anziani poi è anche più difficile avere occasion per stare in compagnia , dato che camminare a lungo non per tutti è possibile e nemmeno è tanto facile trovare chi ti dia un passaggio per raggiungere l”oasi” cittadina. Nonostante la corsa a costruire che caratterizza il nostro tempo, in questa zona esistono ancora spazi liberi : perchè non acquisirne una piccola parte e attrezzarla con qualche semplice gioco per i bambini e qualche panchina ?  Capisco che in tempi come quelli che stiamo vivendo, non è facile reperire fondi  per investire in “benessere”, ma io mi permetto ugualmente di suggerirle quest’ idea , che andrebbe a migliorare la qualità della vita di molti suoi concittadini.  La ringrazio fin da ora  per l’ attenzione che vorrà riservare a questa mia lettera e le porgo i miei più distinti saluti. Diana Catellani

P.S. Lettera inviata in data odierna via e.mail.