Casualmente, navigando su internet, mi sono imbattuta in una poetessa che non conoscevo.
Mahvash Sabet è iraniana ed è stata condannata per la sua appartenenza a una fede minoritaria nel paese. Dalla sua prigionia durata 9 anni, ha continuato a scrivere poesie. Ne pubblico una, copiata da questo sito.
Le stelle
per l’angosciosa sete del deserto
che anela allo scroscio della pioggia.
Il mio cuore soffre per il soffio del vento,
che spira sulle acque deserte.
La luna illumina il prato, nel livido tremore del lago.
La piana s’accende di una vivida luce.
Dov’è la folta chioma del salice dormiente,
che si chinava sulle verdi spalle delle acque?
Dov’è la penetrante fragranza della rosa rossa,
che impregnava il dorato giardino della gioia?
Perché trascorre nel dolore questa vita
e nel buio della notte non sorridono le stelle?
Quanta struggente malinconia traspare da questi versi! Il richiamare alla mente le cose belle della natura provoca nell’autrice, chiusa in una buia cella, un dolore profondo: lei ne è stata privata…..