Poesie scelte: EUGENIO MONTALE, Ossi di seppia (Torino, Gobetti Editore 1925).
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe dei suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Le immagini estive evocate dal Montale sono suggestive e ci dipingono un momento in cui la quiete del paesaggio, immerso nella calura di un primo pomeriggio assolato, è come sottolineata dai fremiti di vita di tanti piccoli esseri viventi che non interrompono i loro ritmi di vita.
Tutto questo però non rallegra il poeta che paragona la sua vita a un muro da scalare, sormontato da cocci di bottiglia.