Durante uno dei quotidiani temporali che allietano quest’ estate mai cominciata, qualche sera fa, a un tratto, uno schianto terribile fece tremare i vetri della casa: pensai a un fulmine caduto proprio qui vicino e sperai che non avesse provocato qualche guaio.
Naturalmente non ci pensai più… poi andando dopo un paio di giorni sul balcone, notai che c’ era qualcosa di diverso, ma non riuscii a capire subito cosa fosse cambiato…. dopo un po’ mi resi conto che sulla collina a sinistra riuscivo a vedere dei palazzi che non avevo mai visto prima….Abbassai lo sguardo e capii: sul verde della collina spiccava il colore giallastro di un tronco squarciato e ai suoi piedi giaceva la parte superiore dell’ enorme abete che da sempre aveva dominato la collinetta.
Pareva un gigante abbattuto e umiliato. Certamente doveva essere un abete secolare a giudicare dalla sua mole, chissà a quante bufere aveva resistito, eppure in un attimo aveva dovuto arrendersi.
Ora ogni tanto si sentono le voci di chi si affaccenda attorno a quel gigante con arnesi vari per ricavarne legna e per rimuovere ciò che non può servire. La vista di quel tronco straziato , che protende la sua ferita verso il cielo , mi rattrista e mi fa ripensare a una poesia che penso abbiamo studiato tutti sui banchi di scuola.:
La quercia caduta
di Giovanni Pascoli
Dov’era l’ombra, or sé la quercia spande
morta, né più coi turbini tenzona.
La gente dice: Or vedo:era pur grande!
Pendono qua e là dalla corona
i nidietti della primavera.
Dice la gente: Or vedo:era pur buona!
Ognuno loda, ognuno taglia. A sera
ognuno col suo grave fascio va.
Nell’aria, un pianto… d’una capinera
che cerca il nido che non troverà.