E’ stato un ritorno nella Terra di Abramo, dove tutto ebbe inizio. Francesco, il Papa che fa della fratellanza universale (fratellanza che si estende anche alla natura) il cardine del suo papato, non si è dimenticato, come purtroppo è successo ai media internazionali, dei fratelli iracheni, martoriati da guerre ricorrenti in questi ultimi decenni.
Lo ha spinto in quei luoghi antichi l’amore per l’esigua e coraggiosa comunità cristiana, ma anche l’amore per un popolo che ha molto sofferto e che ora è impegnato in una difficile opera di ricostruzione. Ha voluto ricordare a tutti che se le sofferenze non si possono dimenticare, è però necessario non inseguire progetti di rivalsa o di vendetta che porterebbero solo altro dolore. Ha voluto dare speranza a chi si è visto togliere tutto e non ha più nemmeno la possibilità di immaginarsi un futuro. Ha voluto affermare che la fede non giustifica mai la violenza: il Dio unico, in cui tutte le religioni monoteiste credono, è Creatore e Padre di tutti gli uomini che quindi non hanno altra possibilità di salvezza che amarsi, come fratelli.
Si può solo auspicare che l’esempio di coraggio e di vera carità che Francesco ha dato al mondo intero possa smuovere i cuori induriti dal dolore, dall’odio e dall’indifferenza e segni un punto di ripartenza verso la pace in quelle terre da troppo tempo dilaniate da lotte fratricide.