La spigolatura.

E’ uno dei primi post che ho scritto su Eldas e che ora riporto anche qui per ricordare un tempo che ormai pare così lontano, ma ancora così vivo nella memoria.

La mattina ci alzavamo alle prime luci dell’alba, ci portavamo un po’ di pane e un po’ d’acqua e andavamo sui campi appena mietuti, dopo aver chiesto il permesso al padrone, che mai si sarebbe sognato di negarcelo.
Arrivavamo sul campo coi piedi bagnati di rugiada e l’aria ancora fresca rendeva meno pesante la fatica. Ricordo mia madre ,col capo avvolto in un fazzolettone, china sulle stoppie taglienti che ci ferivano le caviglie, scrutare il terreno per individuare le spighe dimenticate o cadute durante la mietitura. Io e mia sorella la imitavamo e facevamo a gara per fare le mannelle più grosse, che poi riponevamo in un sacco, ben legate con la stessa paglia delle spighe.

Ci facevano compagnia gli uccellini che a quell’ora riempivano l’aria coi loro cinguettii e che forse non erano troppo contenti di vedersi sottrarre quel ben di Dio. Qualche lontano muggito ci diceva che alla fattoria era l’ora della mungitura.

Percorrevamo il campo in lungo e in largo con lo sguardo fisso a terra e quando si trovava un mucchietto di spighe sfuggito ai mietitori era una festa, potevamo ingrossare le nostre mannelle in fretta.

Col passare delle ore il sole picchiava sempre di più sulle nostre teste e la fatica era sempre più evidente sulle nostre facce arrossate e sudate, ma ormai il sacco era pieno; il mio papà arrivava in bicicletta, lo  caricava sulla canna e noi   potevamo tornarcene a casa.

Al giorno d’ oggi, la cultura dello spreco ci ha contaminato così a fondo che sembra incredibile che non troppo tempo fa si facesse concorrenza agli uccellini per procurarsi la farina per l’inverno.