Stamattina ho partecipato al funerale della sorella di una carissima amica. Sono entrata in chiesa in anticipo e c’ erano solo pochi parenti. Li ho salutati, ho fatto le condoglianze e mi sono seduta in attesa dell’ inizio della cerimonia. Guardavo la bara e pensavo a chi ci era chiusa dentro: una vecchietta di 93 anni, dei quali ben 63 trascorsi in un convento di clausura vicino a Roma sotto il nome di suor Amalia e mentre recitavamo il rosario pensavo a quanti miliardi di rosari avrà recitato Amalia in vita sua, quante ore passate in preghiera ….. quante privazioni, se si possono chiamare privazioni le rinunce a tante cose superflue che spesso ci appesantiscono e opprimono….
Eppure ognuno che l’ ha ricordata, durante la cerimonia funebre, ha sempre posto l’ accento sul suo sorriso, sulla sua serenità contagiosa, sulla sua gioia di vivere…..ecco quello che colpisce di più: non tanto la scelta quasi folle di rinchiudere la propria giovinezza in un convento, ma il vivere questa carcerazione volontaria nella gioia….come in un anticipo di Paradiso, come se la propria scelta avesse fatto scattare un “pass” speciale per vivere nella Gerusalemme Celeste pur continuando ad appartenere alla terra.
Questa serenità , questa gioia, sono caratteristica comune alle comunità claustrali e rappresentano una misteriosa e destabilizzante provocazione per noi comuni mortali….