GESU’ di G. Pascoli
E Gesù rivedeva, oltre il Giordano,
campagne sotto il mietitor rimorte,
il suo giorno non molto era lontano.
E stettero le donne in sulle porte
delle case, dicendo: Ave, Profeta!
Egli pensava al giorno di sua morte.
Egli si assise, all’ombra d’una mèta
di grano, e disse: Se non è chi celi
sotterra il seme, non sarà chi mieta.
Egli parlava di granai ne’ Cieli:
e voi, fanciulli, intorno lui correste
con nelle teste brune aridi steli.
Egli stringeva al seno quelle teste
brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,
temo per l’inconsutile tua veste;
Egli abbracciava i suoi piccoli eredi:
-Il figlio – Giuda bisbigliò veloce-
d’un ladro, o Rabbi, t’è costì tra ‘piedi:
Barabba ha nome il padre suo, che in croce
morirà.- Ma il Profeta, alzando gli occhi
-No-, mormorò con l’ombra nella voce,
e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.
E’ un Gesù mite e presago della sua fine imminente questo che ci viene tratteggiato nella poesia di Pascoli; un Gesù che appare insensibile agli osanna della gente, ma che accoglie con affetto i bambini che gli corrono incontro scarmigliati e festosi. Pietro appare un po’ meschino con quel suo cercare di allontanarli, temendo che rovinino la veste del maestro e Giuda addita uno dei piccoli come figlio di Barabba, un brigante, invece è proprio a quel bimbo che Gesù riserva il privilegio di salirGli sulle ginocchia….