UTE: Leonardo: la festa del Paradiso (sintesi di A. D’Albis) – Poesia: La piana da Verdun

Prima di parlarci della Festa del Paradiso, grandiosa scenografia organizzata da Leonardo da Vinci per un portentoso spettacolo, commissionatogli da Ludovico il Moro in occasione delle nozze tra Gian Galeazzo Maria Sforza e Isabella d’Aragona, la professoressa Manuela Beretta ci racconta qualcosa della Milano dei tempi di Leonardo e della corte sforzesca presso la quale lavorò.

Milano fu per Leonardo il terreno fertile per far germogliare le sue capacità, fu la culla del suo genio.

Milano aveva una posizione geografica favorevole; era una grande città per quell’epoca (contava 100/150mila abitanti); era ben servita da vie di comunicazione, circondata da grossi borghi e, soprattutto, era costruita su canali d’acqua che agevolavano gli scambi commerciali permettendole di essere concorrenziale anche sui prezzi delle merci.

Soprattutto, la Milano dei tempi di Leonardo era un grandissimo cantiere a cielo aperto.

La professoressa ci ha mostrato una mappa di Milano dell’epoca di Leonardo nella quale si vede che la città era circondata da mura (l’attuale centro storico) e che il Castello non era al centro della città, ma sulle mura di difesa.

Ai tempi di Leonardo c’erano tre grandi cantieri aperti ai quali egli stesso prestò la sua opera.

Il primo grande cantiere è proprio il Castello che venne ampliato e modificato.

Il secondo grande cantiere è il Duomo.

Prima della sua costruzione, nella piazza c’erano due Chiese: Santa Tecla e Santa Maria Maggiore.

Agli inizi del ‘400 si cominciò a costruire il Duomo intorno alla Chiesa di Santa Maria Maggiore, che venne abbattuta successivamente, mentre la Chiesa di Santa Tecla fu abbattuta nel 1458 a opera della Fabbrica del Duomo.

Oggi alcune parti di queste chiese sono visitabili nei sotterranei del Duomo, resti ritrovati durante gli scavi per la costruzione della Metropolitana.

Anche la piazza era diversa da come la vediamo oggi. C’erano dei porticati che avevano funzione di negozi; era una piazza di mercato e di commercio.

“Piazza dei Mercanti” era la piazza da cui si accedeva alle sei vie dedicate ai vari mercanti: Armorari, Orefici, Cappellari, Spadari, Speronari e Fustagnari.piazza-mercanti

 

A testimonianza dello spirito commerciale milanese, c’era una costruzione porticata, comunemente chiamata “Portico dei Figini”.

Sotto i Portici si aprivano numerosissime botteghe

Esso venne demolito nel 1864, quando si decise la costruzione della famosa Galleria che collega Piazza Duomo con Piazza della Scala (aperta qualche anno prima).

Il terzo cantiere di Milano fu l”’Ospedale maggiore”, fondato da Francesco Sforza per riunire tutti i luoghi di cura per i poveri della città.

Questa struttura, gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale, è ora sede dell’Università Statale di Milano.

Dopo questa interessante presentazione di Milano ai tempi di Leonardo, la professoressa Beretta ci parla della dinastia degli Sforza, che subentrò a quella dei Visconti con Francesco Sforza, marito di Bianca Maria Visconti (unica erede della famiglia Visconti).

A Francesco Sforza successe il figlio Galeazzo Maria, che venne assassinato nel 1476.

Ad ereditare il ducato fu il giovanissimo figlio Gian Galeazzo Sforza, per il quale governarono inizialmente la madre, Bona di Savoia, con l’aiuto del cancelliere Cicco Simonetta.

Questa situazione non piacque agli zii del ragazzo, soprattutto a Ludovico il Moro, il quale prese le redini della città nel 1480, fece uccidere Cicco Simonetta, esiliò Bona Sforza, e rimase a corte con il nipote, diventandone il tutore.

Poiché a quel tempo ci si garantiva il potere intrecciando alleanze con altre corti, uno dei modi più comuni era quello dei matrimoni.

Per questo motivo, anche nella famiglia Sforza ci furono dei matrimoni combinati: la sorellina di Gian Galeazzo, Anna Maria, sposò Alfonso I d’Este; lo stesso Ludovico il Moro sposò Beatrice d’Este, consolidando l’alleanza con Ferrara; e Gian Galeazzo sposò Isabella d’Aragona, figlia del re di Napoli.

Il matrimonio fu celebrato con una cerimonia pubblica in Duomo il 5 febbraio 1489. La sposa, con il suo seguito, iniziò il suo viaggio nel dicembre dell’anno precedente, scortata da 6 navi dei parenti del futuro marito che, al ritorno, aumentarono a causa del seguito di Isabella.

Il viaggio non fu semplice, perché effettuato d’inverno. Ma perché scelsero proprio quella stagione impervia? La docente ci spiega che le date dei matrimoni venivano scelte dagli Astrologi di Corte tra quelle più propizie.

Poiché la festa di matrimonio non fu pomposa come desiderava la famiglia, a causa della morte della madre della sposa, il 13 gennaio 1490, un anno dopo le nozze, Ludovico il Moro volle regalare alla coppia un’altra festa e ordinò a Leonardo da Vinci di organizzarla.

E’ “La Festa del Paradiso”, una commedia scritta da Bernardo Bellincioni, poeta di corte,  e messa in scena, appunto, da Leonardo. Questa rappresentazione si svolse in una sala del castello, grande e lunga (9 metri x 18), la sala “verde”, davanti a tanti ospiti illustri e damigelle e gentildonne tra le più belle e ricche della città.

Con questa macchina, Leonardo dette prova della sua grande abilità di ingegnere e inventore. Su un meccanismo mobile, Leonardo rappresentò il Paradiso.

Purtroppo, non abbiamo nessun disegno di Leonardo che attesti come fosse questo Paradiso. Possiamo solo immaginarlo leggendo la testimonianza di altri, tra cui Jacopo Trotti, ambasciatore estense che ne stese la cronaca.

Trotti scrive: “Il Paradiso era simile a un mezzo uovo, rivestito al suo interno di oro, con tantissimi lumi a imitare le stelle e con aperture dove stavano i sette pianeti. Tutto intorno i dodici segni dello zodiaco illuminati dentro bolle di vetro; dentro ognuna di quelle sfere di vetro, piene d’acqua e illuminate, sedevano attori abbigliati come i pianeti e i segni zodiacali e tutta quella volta celeste era in continuo movimento. Poi al centro del Paradiso era Giove….”

Alla fine della rappresentazione, continua il Trotti, dopo che Giove ebbe cantato le lodi di Isabella d’Aragona, anche le tre Grazie e le sette Virtù cantarono le lodi di Isabella e la festa finì.

Il successo per Leonardo fu enorme, ma anche Ludovico il Moro ebbe il suo tornaconto.

Infatti, nonostante la spesa enorme sostenuta per questa festa, essa fu per Ludovico, come era nella mentalità dell’epoca, una grande occasione di propaganda politica.

Termina così questa interessante lezione della professoressa Beretta, purtroppo ultima per questo anno accademico. Grazie!

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Oggi i docenti Ghioni, Gottardi e Vasirani ci hanno intrattenuto con la presentazione di una raccolta di poesie (silloge) molto avvincente: La Piana da Verdun.

L’autore è il nostro docente Gottardi, che con vibrante sensibilità ha raccontato in versi i ricordi dei racconti relativi alla Grande Guerra uditi nella sua infanzia. La famiglia Gottardi viveva allora nel Trentino, regione che ha vissuto quell’evento bellico in un modo diverso da tutte le altre regioni italiane. Sottomessa all’impero asburgico, vedeva i suoi figli posti davanti a una scelta lacerante: o arruolarsi per combattere contro l’Italia, che consideravano la loro patria, o  sottrarsi all’arruolamento per unirsi alle truppe italiane. I sospetti irredentisti venivano costretti ad abbandonare le loro case e i loro beni e a diventare profughi. I bambini dovevano crescere in fretta per procurarsi il necessario per sopravvivere visto che i padri erano al fronte.

Tutto questo raccontano le quindici poesie del Gottardi, con versi scarni e con la semplicità e l’efficacia del dialetto (brianzolo e trentino), riuscendo a suscitare ogni volta emozioni profonde: il dolore per la perdita di tante giovani vite (un’intera generazione), la ribellione contro l’assurdità e la follia della guerra, ma anche la speranza che l’istruzione possa scongiurare ogni forma di violenza.

I commenti del dr. Ghioni sono stati per tutti i presenti un valido aiuto a calarsi nel mondo poetico dell’autore e ad apprezzarne la profonda sensibilità.